
EUROPA TRA GLOBALIZZAZIONE, IMMIGRAZIONE E INTEGRAZIONE
Benché i movimenti migratori siano stati una costante lungo la storia, nel periodo attuale d’espansione del capitalismo globale, questi flussi migratori acquisiscono un’entità rilevante, nonché una portata planetaria. Tale fenomeno è aumentato significativamente negli ultimi decenni, man mano che si consolidava il processo di globalizzazione e senza dubbio continuerà ad aumentare nel prossimo futuro. Per poter fare un’analisi più accurata bisogna porsi di fronte all’evidenza e alla presa di coscienza che il mondo è cambiato, e anche molto vorticosamente. Nemmeno il tempo di metabolizzare la caduta del Muro di Berlino, la dissoluzione del sistema comunista prima e quello socialista dopo, che un nuovo evento fece tremare le coscienze di tutto l’Occidente: l’attacco terroristico contro gli Stati Uniti d’America l’11 settembre del 2001. Così, anche a causa delle intense e consolidate relazioni tra Europa e Usa, il vecchio continente si è trovato di fatto coinvolto, seppur indirettamente, nelle vicende che hanno interessato la società americana. Tutti fattori che hanno segnano l’inizio di una nuova era compreso il declino di quel forte ottimismo scaturito dalla fine della guerra fredda, che aveva indotto a credere nell’idea che l’Europa prima e il mondo dopo poteva coabitare e condividere rapporti sociali e valori in una reale pacificazione, dove libertà e democrazia avrebbero svolto un ruolo importante per tutta la comunità. La paura impellente di eventuali ritorsioni anche in Europa e l’emergere dei disagi interni sia degli extracomunitari sia dei comunitari hanno in ogni modo accelerato il processo di regolamentazione e di legittimazione della sicurezza interna. Di conseguenza, anche in Europa, si è reso necessario avviare il dibattito/confronto intorno ai diritti umani, alla loro effettività, alla legittimità delle deroghe ad essi, ai mutamenti che interessano la comunità, compresa quella politica, (in particolar modo la nuova ripartizione di poteri), alla legittimazione del diritto, delle proprie identità e al rapporto di reciprocità dei valori di libertà e sicurezza. Il tutto appesantito da altre importanti e delicate questioni tra cui, l’integrazione dei numerosi extracomunitari arrivati dall’est e dal sud del mondo e i delicati processi di annessione dei nuovi paesi che prima appartenevano al blocco sovietico. Ben evidente è il fatto che alcuni anni fa si era un pò più agevolati nella risoluzione di questi processi, per un semplice motivo: il minor numero di stati membri, peraltro tutti appartenenti ad una tradizione giuridica e politica in buona parte condivisa. Ora, invece, con l’allargamento ad est, a paesi di tradizione socialista, il compito è divenuto più arduo. Il dibattito generatosi intorno a questi temi è tuttora aperto, in quanto riguarda fenomeni che interessano tutti i paesi europei e sul quale bisogna riflettere anche, e soprattutto, in vista di una concreta realizzazione di una politica di condivisione e di una pacifica convivenza reciproca. Premesso che agli inizi del XX secolo il termine multiculturalismo, nelle società prettamente cosmopolite, risuonava con impeto e aveva preso piede, oggi, nel XXI secolo, il suo uso enfatizzato ha fatto emergere evidenti contraddizioni, cosicché buona parte degli stati europei di fronte ad un continuo uso/abuso, senza contrapporlo con una politica finalizzata ad una vera e reale integrazione, si sono trovati senza soluzioni e prospettive chiare per il futuro. Nasce così un pessimismo fondato, fino al punto da ritenere iniqua questa formula. Si scopre che alla base di tutto c’è la necessità di ridare valore al concetto dell’identità. In effetti, il multiculturalismo non ha fatto altro che svalutare il concetto d’identità creando cultura di massa dove tutto e tutti sono messi nello stesso piano con la presunzione di far credere che gli appartenenti ad una determinata società potevano essere ritenuti uguali. Se consideriamo quello che successo in varie parti dell’Europa del nord, scopriamo che qualcosa non ha funzionato, società, ritenute le patrie per eccellenza del multiculturalismo, dove il cavallo di battaglia era l’incorporazione delle differenze sociali e culturali, notiamo che le differenze sono sfociate inevitabilmente nella ghettizzazione o nell’auto-ghettizzazione creando scontati squilibri. Un altro fenomeno che ha contribuito ad una forma di disorientamento, per lo più individuale e comunque diversificato, è stato l’avanzare in forma spietata della globalizzazione. Infatti, più si affermava a livello planetario e più le società erano aggredite, e per difendersi davano vita ai propri particolarismi riprendendo coscienza della propria personalità; ma è assodato che questo costa senza dubbio fatica. Nel frattempo c’è chi si inventa identità nuove di zecca e altri ancora, stanno cercando disperatamente di crearsi identità fittizie in un mondo in cui tutto diventa puramente esteriorità. Molti paesi ingabbiati in un vicolo cieco senza sfogo, stanno adottano forme d’azione convulse, alimentate da frustrazioni d’ogni genere che sfociano irrimediabilmente nella xenofobia. Arrivati a questo punto c’è da dire, se il multiculturalismo ha fallito, se la via imposta della globalizzazione ha creato disorientamento e l’approssimarsi di varie forme d’identità hanno dato vista (si spera) involontariamente un’ideologia xenofoba, non rimane altro che una sola soluzione: ritornare alle origini, cioè riacquistare la consapevolezza delle singole identità nazionali. Infatti, non esiste nessuna controindicazione che con l’affermazione delle singole identità nazionali si ostacoli la costruzione di un’Europa unita nel segno di un’integrazione reale verso tutti gli immigrati che sentono e hanno la voglia di farne parte. L’immigrazione costituisce un problema solo quando, ogni singola identità nazionale è incerta. Viceversa è, grazie a un’identità nazionale ritrovata che si risolveranno le difficoltà legate all’accoglienza e all’inserimento dei nuovi venuti. Un’Europa strutturalmente capace dove all’interno di ogni singolo Stato portatore di un’identità nazionale forte e all’altezza del compito, potrà lasciare aperta la mente a tutti, compresi gli input esterni delle diverse culture, e ciò non significa uniformarsi a usi e costumi diversi dai propri; si tratta di rispettare e condividere i diversi aspetti e le peculiarità di ciascuna cultura, invitando ed accogliendo ogni diversa provenienza o radice. Personalmente non credo al tanto pubblicizzato slogan ‹‹cittadino del mondo››, e in questo ci viene in aiuto il modello d’integrazione degli immigrati in Francia che Nicolas Sarkozy propone. Condivido alla stessa tregua le frasi dello scrittore e filosofo francese Guillaume Faye, quando dice che ‹‹la costruzione attuale dell'Unione europea e imperfetta, come ogni grande disegno storico in fase di realizzazione››. Serve l’aiuto di tutti e questo costerà impegno e sacrifici. Nulla avviene secondo gli scenari chimerici degli intellettuali, perché ‹‹ogni arte è sofferenza›› diceva Nietzsche. Ma proprio perché questa costruzione è imperfetta bisogna saltare sul treno della Storia per correggerla e prepararla a nuovi obiettivi verso nuovi orizzonti.
articolo di VINCENZO TANZI
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