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Cominciamo con la prima pagina del Messaggero Veneto
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Battuta la Eldo Caserta 89-74 Ossigeno per la lotta salvezza
La Snaidero vince e può sperare ancoraUDINE. La Snaidero torna al successo nell’ottava di ritorno di serie A dopo cinque sconfitte di fila e tiene accesa la speranza nella rimonta salvezza. Vittima di turno al Carnera è stata l’Eldo Caserta, battuta 89-74 (29-18, 49-33, 64-52) e nei cui confronti Udine, fanalino di coda, ha ribaltato anche il -12 patito all’andata, caso mai servisse perché ha da rimontarle 6 punti in classifica a 7 turni da fine stagione regolare. Trascinatore degli uomini di Sacchetti, partiti subito bene con Anderson, Ortner e Romero, è stato Antonutti, autore di 25 punti. Domenica bis casalingo con l’Armani Milano.
Maroni ha firmato il nulla osta per il rimpatrio degli extracomunitari, indagati a Trieste. Uno frequentava il centro islamico di Udine
Al Qaeda, due espulsi dal Friuli Vg Sono un tunisino e un marocchino, accusati di fare proselitismo per la jihad. Parlavano anche di attentati Il primo viveva a San Giovanni al Natisone e lavorava a Cormòns. L’altro nel Trevigiano
UDINE. Incastrati da intercettazioni in cui si parlava di bombe da far esplodere. Due nordafricani sono stati bloccati ed espulsi dall’Italia con l’accusa di avere legami con Al Qaeda. Si tratta del tunisino Sghaier Miri – che viveva a San Giovanni al Natisone – e di Mohammed Essadek, marocchino residente a Gaiarine (Treviso). Sono stati fermati su disposizione di Maroni per motivi di sicurezza e rimpatriati. L’inchiesta è stata condotta dalla Questura di Pordenone sotto il coordinamento della Procura di Trieste.
Berlusconi: grazie, è un traguardo
Fini chiude l’era An: sì al Pdl unitario no al pensiero unicoROMA. Senza paura nel Pdl, a costruire il futuro, preoccupandosi prima dell’identità degli italiani e dopo della propria. Di nuovo Gianfranco Fini chiede alla destra italiana di uscire da una casa con la certezza di non farvi più ritorno. Non quella “del Padre”, come fu a Fiuggi. Ma quella di Alleanza nazionale, che ieri ha chiuso i battenti per entrare nel Pdl. Che, udite udite, «non può e non deve essere un partito di destra». E fa una certa impressione sentirlo dire al delfino di Giorgio Almirante. Nel giorno di una nuova “svolta”, Fini sprona An a traslocare i suoi valori in una casa più grande, «il Pdl, che dovrà essere ampio, plurale, inclusivo, unitario, interclassista».
Unitario sì, «ma non partito del pensiero unico, perchè c’è una contraddizione tra pensiero unico e popolo della libertà, col pensiero unico manca la libertà». Una «storica missione», la costruzione della nuova casa, «da vivere senza paura, gettando il cuore oltre l’ostacolo».La continuità con la destra del Msi e di An sta nei valori, primo tra tutti quello di patria. «Oggi finisce An, nasce il Pdl, continua il nostro amore per l’Italia. La stella polare è ancora e sempre la patria, l’interesse della nazione e non della fazione - dice Fini -. E allora la sfida è capire quale sarà l’Italia tra 10-15 anni. E dare risposte non solo alle paure ma soprattutto alle speranze degli italiani, perchè il consenso si può raccogliere alimentando paure o coltivando la speranza». Disegnare «un progetto per l’Italia di domani». Questo si candida a fare Fini, senza subalternità a nessuno. La leadership è di Berlusconi, «ma non può essere culto della personalità, perchè non solo chi è leader può avanzare un contributo di idee, orientamenti e soluzioni». Il Pdl «non è il partito di una persona, ma della Nazione». E allora a lungo raggio ne sarà leader chi sarà capace di dare risposte all’Italia che cambia, in un mondo che cambia.Altro che «correnti di An nel Pdl», altro che difesa della nicchia e dell’identità. «La sola identità di cui dobbiamo preoccuparci - bacchetta Fini i “colonnelli” - è quella degli italiani nei prossimi 15-20 anni». Non si tratta si rinnegare nulla, perchè «Fiuggi è stato il primo seme del Pdl». Già allora Fini aveva chiamato a raccolta tutti gli italiani, abbattendo l’angusto recinto della destra. Un passo fatto «per convinzione e non per convenienza», tanto che mai si è tornati indietro. Così come oggi «nessuno ci costringe, scegliamo noi coscientemente di porre una pietra della storia d’Italia, di aggiungere un altro anello alla stessa catena».Piace molto alla platea, più fredda in altri passaggi, questo riconoscimento. Così come Fini strappa l’ovazione quando dice che «non c’è stato nessuno sdoganamento». «È una parola che non mi piace, perchè è relativa alle merci e non alle idee. Non c’è stato nessun regalo, nessuna grazia ricevuta, siamo solo stati in grado di affermare le nostre idee». Nessuno pensi però a «costruire nel Pdl una corrente di An». «Se questo era l’obiettivo, allora meglio tenersi un partito del 10-12%».Nessuna polemica aperta verso Silvio Berlusconi, in un discorso che guarda al futuro. Fini riconosce che la Forza Italia del Cavaliere «non è stata una meteora, un partito di plastica» e che l’unione degli azzurri con An «ha vissuto momenti difficili, alti e bassi, ma mai rotture insanabili». Ora c’è un altro tratto di strada importante da fare insieme, facilitati da valori comuni, che sono poi quelli del Ppe: laicità (che non è negare il magistero della Chiesa), centralità e dignità della persona, economia sociale di mercato. Insieme si dovranno fare anche le riforme, perchè questa sia «una legislatura costituente». Prima tra tutte il presidenzialismo, «anche se non ci può essere un Parlamento messo in un angolo, a cui si chiede non disturbare il manovratore. Le Camere devono avere più controllo e potere di indirizzo».Ma è soprattutto il Fini che si pone a paladino dei diritti in una società multirazziale e multiculturale, quello del discorso che scioglie An. Colui che si candida non per l’oggi, ma punta a raccolgiere consenso dando risposte ai problemi dei nostri tempi: l’immigrazione dovrà essere controllata, ma senza discriminazioni («se il valore di riferimento è il primato della persona umana, non si può discriminare qualcuno solo perchè clandestino»), la religione non potrà invadere la sfera pubblica, davanti alla crisi servirà dialogo, Stati generali dell’economia, un patto tra categorie e generazioni. «Sarebbe un'enorme miopia pensare solo agli organigrammi del Pdl e non alle idee», si candida a governare il paese in futuro il leader di un partito che da ieri non c’è più. Accettando il rischio: «Dobbiamo metterci tutti in discussione, a partire da me. Io accetto la sfida. Per qualcuno verranno meno rendite di posizioni, per altri si apriranno opportunità inaspettate».
Non si placano le polemiche dopo i tagli ai finanziamenti regionali
Intervengono consorzi e Pro loco
Standisti disposti a tassarsi pur di salvare Friuli DocUDINE. Pronti ad autotassarsi pur di salvare Friuli Doc. Gli standisti della grande festa cittadina da un lato gridano allo scandalo per i tagli della Regione dall’altro si dicono disposti a fare di tutto pur di salvare la manifestazione. Ecco perché, auspicando comunque che la Regione torni sui propri passi, molti dei 300 standisti che sono intenzionati a partecipare alla 15ª edizione di Friuli Doc, in programma dal 17 al 20 settembre, si dicono pronti a fare un sacrificio economico.
I friulani perdono per 2-0 a Genova, ma recriminano per un rigore negato e alcune decisioni discutibili
Squadra in silenzio stampa per protesta
Intanto il commissario tecnico Lippi convoca in azzurro il tridente bianconero
Udinese ko, è bufera sull’arbitro Pozzo in tv: ci hanno defraudati, Ayroldi scandaloso, non lo vogliamo più
GENOVA. Ayroldi da Molfetta, ancora lui. Un anno fa, a Napoli, aveva espulso Pepe per simulazione a metà campo, favorendo la vittoria dei partenopei; ieri ha incrociato di nuovo la strada dell’Udinese e sono stati ancora guai. Sì perché se l’Udinese non è uscita da Marassi con almeno un punto, che avrebbe meritato, ma ha incassato un ko per 2-0 lo deve per lo più alle sviste del direttore di gara, che nella ripresa non ha fischiato un clamoroso rigore su Floro Flores, avviando di fatto l’azione del primo gol rossoblù. Non bastasse, a un’Udinese che cercava il pari e che non sembrava risentire delle fatiche di Uefa Ayroldi ha negato una chiara occasione da gol non concedendo il vantaggio a uno scatenato Sanchez, dopo un fallo subito da Floro Flores, e dimenticando una mezza dozzina di volte il cartellino giallo in tasca per punire i continui falli dei genoani sul cileno. Sull’ultimo di questi, nemmeno fischiato, il “Niño Maravilla” non ci ha visto più, ha applaudito l’arbitro (sbagliando) che lo ha espulso. Nel recupero, l’altro gol di Milito che mette ko l’Udinese, che si consola con la convocazione in azzurro di Di Natale, Quagliarella e Pepe. A fine gara bocche cucite di Marino e squadra. A tuonare solo il dg Leonardi: «Collina ci ascolti, questo arbitro non lo vogliamo più».
Rischio sfratto per 150 mila famiglieROMA. Dopo l'allarme lavoro, il rischio sfratto. Mentre il Governo prepara il “Piano casa” come stimolo per la crescita, per Cgil e Sunia ben 150 mila famiglie potrebbero presto restare senza abitazione. E quanto rileva lo studio dal titolo “La crisi economica acuisce il fenomeno degli sfratti per morosità” da cui emerge che è sempre più forte la difficoltà delle famiglie in affitto sostenere gli attuali livelli di mercato. «Data l'insostenibilità dei canoni, delle spese per l' abitazione e dell'aggravarsi della situazione economica e occupazionale - spiegano Cgil e Sunia - senza misure di sostegno al reddito delle famiglie in affitto, nel triennio 2009/2011 si prevede che altre 150.000 famiglie perderanno la propria abitazione subendo uno sfratto per morosità incapaci di far fronte al pagamento dell'affitto». «Il mercato dell'affitto privato, infatti - si legge ancora - è caratterizzato da quella famiglia tipo che oggi più che mai subisce gli effetti della crisi economica: il 20,5% dei nuclei sono unipersonali, il 67% delle famiglie in affitto percepisce un solo reddito e in queste il 39,6% è rappresentato da operai e il 29,2% da pensionati, più di un quinto dei capofamiglia ha oltre 65 anni e un quarto è costituito da donne». Uno 'spaccato sociale che, alla luce della gravissima crisi economica, potrebbe avere conseguenze nefaste per uno dei beni essenziali: la casa. «Per le famiglie dove spesso l'unica entrate è un reddito da lavoro dipendente o una pensione - si legge - l'affitto incide con percentuali insostenibili: tra il 40 e il 50% a Genova e Torino, tra il 50 e il 70% a Bologna e Firenze, oltre il 70% a Milano e Roma. In generale, le spese totali per l'abitazione gravano sul reddito mediamente tra il 50 e il 70%, con i casi eclatanti di Milano e Roma, dove l'incidenza oscilla tra l'82 e il 92%. A fronte di un reddito medio da lavoro dipendente sostanzialmente invariato, gli affitti sono aumentati del 16% nel corso del 2008». Dall'indagine condoitta da Sunia e Cgil su un campione di 1.000 famiglie sottoposte a sfratto per morosità emerge come «l'acuirsi della crisi economica stia colpendo le famiglie di lavoratori dipendenti e pensionati anche sul fronte abitativo. Sul campione preso in esame, il 24% delle famiglie sfrattate per morosità ha subito la perdita del posto di lavoro del primo percettore del reddito, il 22% è precario mentre per un altro 21% il percettore è in cassa integrazione». Solo negli ultimi 5 anni, ricorda ancora lo studio, circa 120.000 famiglie hanno perso la loro abitazione, come emerge dai dati del Ministero dell'Interno del dicembre 2008. Nella quasi totalità, per circa 100.000 casi, il provvedimento di sfratto è stato eseguito per morosità a causa dell'incidenza altissima dell'affitto sul reddito percepito«. Guardando le aree metropolitane a più alta tensione abitativa, nel complesso sono stati emessi quasi 100.000 sfratti per morosità e circa 90.000 famiglie hanno subito un esecuzione del provvedimento: a Milano e Roma circa 20.000 famiglie, a Napoli quasi 15.000, a Torino più di 10.000. Mentre a Genova, Firenze, Palermo e Roma circa il 10% delle famiglie in affitto, escludendo le abitazioni di proprietà pubblica, hanno subito uno sfratto per morosità. Per il segretario generale del Sunia, Luigi Pallotta, «di fronte a questo scenario il Governo si propone di varare un “Piano casa” che non affronta i problemi di queste famiglie e che, anzichè concentrarsi sul rilancio del mercato dell’affitto a prezzi sostenibili, si indirizza ancora una volta verso la casa in proprietà che in Italia ha raggiunto livelli difficilmente superabili». «Rispetto a queste che sono le vere esigenze del Paese il Governo propone un Piano per chi ha già casa», osserva la segretaria confederale della Cgil, Paola Agnello Modica. «In attesa di conoscere la integrale proposta del Governo di un piano che viene spacciato per Piano Casa, ma che è in realtà un Piano per l'edilizia – prosegue la sindacalista - già è chiaro che dall'agenda politica sparisce il tema dell'edilizia sociale e dell'affitto».
SOLIDARIETA’ Parata di chef nell’hangar delle Frecce tricoloriL’iniziativa benefica nella base di Rivolto ha permesso di raccogliere un milione di euro
di GIUSEPPE CORDIOLIRIVOLTO. «Obiettivo raggiunto: abbiamo superato il milione di euro raccolto!». È l’annuncio di Raffaele Alaimo, accolto con un enorme applauso dai partecipanti a “Frecce e stelle per la ricerca”, svoltosi nell’hangar della Pattuglia acrobatica nazionale. L’iniziativa benefica giunta alla quinta edizione ha richiamato appassionati da tutto il Nord Italia, disposti a pagare 500 euro pur di assaggiare i manicaretti preparati da alcuni tra i più prestigiosi chef della Penisola.Massimiliano Alaimo, che assieme a suo fratello Raffaele (del ristorante Le Calandre di Padova) è tra i promotori dell’iniziativa ci tiene a sottolineare le affinità che vedono i piloti delle Frecce tricolori e i migliori cuochi d’Italia uniti in questa iniziativa di beneficenza.«Diciamo che noi come i piloti della Pan vogliamo tenere alta la bandiera dell’Italia nel Mondo - afferma il giovane chef che vanta ben tre stelle Michelin-. È nei momenti difficili che bisogna restare uniti e avere un unico traguardo, ritengo che oggi lo abbiamo dimostrato concretamente». Per l’occasione Massimiliano ha voluto proporre un suo “cavallo di battaglia”: il cappuccino di seppie al nero. Una ricetta che gli è valsa il massimo riconoscimento della Michelin.Identica visione anche per il friulano Andrea Berton, del Trussardi La Scala di Milano, ma che ha mosso i primi passi nella nostra regione prima di spiccare il volo verso i massimi livelli. «È chiaro che fa piacere essere qui, in questa prestigiosa base, al di là dello scopo benefico dell’iniziativa - dice Berton-. È la dimostrazione che la cucina italiana lavora nel modo giusto: con amicizia e collaborazione. Siamo un gruppo compatto dove ci scambiamo idee e ci confrontiamo. È fontamentale tutto ciò perchè solo così si valorizza la cucina, ma soprattutto si rinsalda l’amicizia».Per quanto riguarda la ristorazione del Friuli Berton è convinto che abbia imboccato la strada giusta:«Questi chef che oggi erano qui confermano che la regione sta uscendo dall’anonimato, che è inutile negare ma era così. Ora le giovani generazioni collaborano tra loro e i risultati si vedono...Ci sono grandi risorse».Berton ha raccolto grandi consensi tra i commensali che hanno assaporato il suo piatto: insalata liquida con capasanta fritta al nero di seppia.«Questo è il box dove i bravi specialisti preparano i velivoli, per farli volare in sicurezza - ha detto Raffaele Alaimo, presentando la squadra degli chef-. È un pò la loro cucina e tutti insieme contribuiamo alla riuscita dell’iniziativa».Il comandante delle Frecce tricolori, maggiore Massimo Tammaro, ha invece evidenziato come:«È un grandissimo onore e un privilegio ospitare l’eccellenza della cucina italiana - ha detto-. Siamo davvero fortunati e quindi abbiamo unito le nostre forze per poter aiutare, chi invece lo è stato meno. Oltre che essere divertente questa è una giornata utile. Aeronautica militare, il 2° Stormo e le Frecce tricolori ringraziano tutti gli chef, splendidi professionisti, che hanno dato il massimo affinche questa sia una giornata unica: credo che ci siano riusciti in pieno».Come detto è stato superato il traguardo del milione di euro, raccolto in sei edizioni. Il ricavato sarà suddiviso tra vari beneficiari. Saranno destinati 50 mila euro all’ICM (Insitut du Cerveau et de la Moelle épiniere), istituto di ricerca europeo con sede a Parigi, che si occupa delle malattie celebrali, del sistema nervoso e del midollo spinale che ogni anno colpiscono migliaia di bambini (www.icm-institute.org).«Ulteriori 50 mila euro – ha evidenziato Silvano Zamò, imprenditore che è stato punto di refierimento in Friuli per far sì che l’iniziativa andasse a buon fine – andranno, invece, a sostegno di due progetti promossi dal Centro Caritas dell’Arcidiocesi di Udine onlus. Si tratta del Progetto Fogolar, avviato nel dicembre 2006 per offrire asilo notturno a uomini e donne senza fissa dimora, e del Progetto Farfalla che dal 1997 aiuta le donne e i minori vittime della tratta di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale».La cifra rimasta sarà invece destinata al progetto di costruzione dell’Istituto di Ricerca Pediatrica realizzato dalla Fondazione Città della Speranza, che il 16 marzo scorso ha iniziato ufficialmente i lavori.La settima edizione de “Il Gusto per la Ricerca”, in programma per il prossimo anno si svolgerà a Brusaporto in provincia di Bergamo, ospitata dai fratelli Chicco e Bobo Cerea. Alla fine a tutti gli chef presenti per la prima volta è stato consegnato un mattone, per aver contribuito alla realizzazione dei vari progetti. A ritirarlo sono stati: Gennaro Esposito “La Torre del Saracino” di Vico Equense; Italo Bassi dell’“Enoteca Pinchiorri” di Firenze; Ciccio Sultano de “Il Duomo” di Ragusa. Un mattone è stato consegnato a tutti gli chef friulani, ma a ritiralo simbolicamente è stato Emanuele Scarello, che assieme a Silvano Zamò, si sono impegnati per la riuscita della giornata.
Mancano comparse, Via Crucis a rischio Dopo 30 anni potrebbe non essere organizzata la rappresentazione a Ciconicco
Fagagna
Sempre meno famiglie aderiscono all’iniziativa, mercoledì la riunione decisiva
FAGAGNA. Per la prima volta, dopo ben trenta edizioni, quest’anno rischia di saltare la Sacra rappresentazione organizzata dall’associazione culturale “Un grup di amîs” che dal 1979 porta in scena a Ciconicco la Passione di Cristo. La causa della paventata cancellazione dell’edizione 2009, la numero 31, che dovrebbe svolgersi sulle colline della frazione fagagnese Venerdì e Sabato santi, è la carenza di partecipazione da parte della popolazione.
Fiamme in uno stabilimento Oggi dovrà essere fermata la produzione alla Radici film
San Giorgio
Vigili del fuoco al lavoro fino a notte per spegnere l’incendio
SAN GIORGIO. Un incendio è divampato ieri pomeriggio alla Radici film di San Giorgio di Nogaro. Le fiamme hanno causato la caduta di una parte della copertura del capannone.
UN SEGNALE AL PREMIER
LA CARICA DEI 101 di ALCIDE PAOLINI
Non sappiamo se Forza Italia, come soggetto politico, e Berlusconi, come dominus, si siano resi conto che la fusione con Alleanza nazionale è molto probabile che costituisca, inevitabilmente, un cambiamento nella politica che fin qui ha rappresentato il centro-destra nel nostro paese.Vale a dire l’espressione di una concezione individuale della realtà, quella personale di Berlusconi, appunto, che ha stravolto in gran parte i rapporti tra i cittadini e l’ordinamento statuale con la sua autoreferenzialità. Già l’atteggiamento tenuto da Fini, a cominciare dalla scelta di fare il presidente della Camera, poi nell’esercizio della sua funzione, infine nel discorso al congresso di scioglimento del partito, dove ha sottolineato con fermezza che An non sarebbe stata sdoganata da nessuno, ha mostrato che i distinguo, all’interno della maggioranza, potranno essere in seguito più frequenti. Tali, insomma, da far presagire un modo di stare insieme diverso, politicamente più complesso. Forse la cosa in sé non è il frutto di un programma consapevole, almeno da parte di An, e meno ancora di Forza Italia, ma il risultato della fusione di due etnie politiche molto dissimili, al punto che potrebbe finire per provocare un’emulsione non facilmente prevedibile, ma certo diversa dall’identità di ciascuna, indipendentemente dalla prevalenza dell’una sull’altra. Il primo sintomo evidente, quanto inaspettato, di questo cambiamento premonitore (visto che si è manifestato prima ancora del congresso d’addio di An e a una settimana da quello col quale si sancirà di fatto la fusione tra i due partiti), è rappresentato da quella “Carica dei 101”, con la quale un consistente numero di parlamentari di entrambe le parti ha espresso per la prima volta, in maniera quasi sferzante, una sorta di esigenza primaria di distinguersi dalla Lega, vista con gran fastidio per le sue manifestazioni più clamorosamente retrive, che però hanno avuto fin qui il via libera da Berlusconi. Nel caso specifico, la ribellione riguarda la legge Maroni sulla sicurezza, che contempla, tra le altre forme costrittive nei riguardi degli immigrati, l’obbligo da parte di medici e pubblici ufficiali (insegnanti compresi) di denunciare i clandestini, bambini e malati inclusi. Senza contare le ronde. Un evento, questo dei 101, indubbiamente anomalo, che ha avuto un effetto a suo modo straordinario: quello di costringere Berlusconi a intervenire precipitosamente, sia pure col solito sorriso sulle labbra, nei confronti della Lega, su un tema che lo vedeva non molto interessato, ma a patto, come sempre, che non disturbasse il proseguimento del suo programma, come minacciava di accadere. Un segnale forte, di cui il premier dovrà tenere conto. Un segnale che cozza con l’affermazione di Feltri, il quale, sul suo quotidiano “Libero”, ha pronosticato che il Pdl non sopravvivrà a Berlusconi.Affermazione che potrebbe suonare perfino ovvia, ma che, a rifletterci bene, non è così tranquilla come sembra. Perché questa prima levata di scudi da parte di un bel numero di parlamentari di entrambi i partiti, indotta sia da un Fini sulla via di una destra aspirante a una democrazia matura di stampo europeo sia dalla convinzione diffusa che certe idee della Lega sono dannose, perché fuori da una visione politica moderna, potrebbe rappresentare il segno di una cercata discontinuità per il nuovo partito. O, quanto meno, costituire una correzione di quella sudditanza alla gestione manageriale della politica, attuata fin qui dal Cavaliere. Quanto al Cavaliere, si può immaginare che egli abbia già da tempo un’idea precisa di come vorrebbe il suo futuro e che perciò intenda escludere ogni possibilità di lotte intestine nel suo dominio ora allargato, soprattutto in un periodo burrascoso in sé come quello attuale. Un futuro che prevede con ogni probabilità il cambiamento di alcune regole della Costituzione, in modo da consentirgli il varo di una legge elettorale che introduca nel nostro paese un presidenzialismo sulla sua misura. Tale, insomma, da permettergli di continuare a guidare i suoi uomini e il paese, a dispetto di Fini e di chiunque altro voglia mettersi di mezzo, come ha sempre fatto quando i provvedimenti lo riguardavano personalmente. La cosa, tuttavia, a questo punto, per lui potrebbe non essere più così facile, perché, pur disponendo di un consenso elettorale perfino sovrabbondante, la strada per raggiungere il suo scopo personale finirebbe per diventare, paradossalmente, più difficile che in passato, il quanto il nuovo partito (che abbia il successo che si aspetta o meno), proprio per poter essere credibile sarà costretto a mostrarsi autonomo dal suo fondatore.
LA CRISI DELL’AUTO COME STATUS SYMBOL
IL MOTORE IMMOBILE di ALBERTO GARLINI
Le nuove stime Istat sulla produzione industriale sono allarmanti. In gennaio è diminuita dello 0,2% rispetto a dicembre. L’indice corretto per giorni lavorativi ha registrato un calo del 16,7% rispetto a gennaio 2008. Ma i dati peggiori di questa situazione già grave, riguardano il mercato automobilistico.In gennaio ha fatto registrare un calo del 54,6%. La crisi riguarda tutti i tipi di auto, le macchine di prestigio e le utilitarie, le macchine di lusso e quelle indispensabili. Anche se, a guardare bene, che in vetta alla classifica di vendita ci siano solo delle auto a costo contenuto deve fare riflettere. Ma, alla fine, la domanda che ci poniamo è questa: perché non compriamo più automobili? Perché costano troppo, possiamo dirci, e questa sarebbe già una prima risposta. Molto sensata. Nel bilancio di una famiglia, l’automobile è al secondo posto, dopo la casa. Il mercato immobiliare, però, parzialmente ancora regge. È vero, ci sono dei grandi cali, ma non così gravi (addirittura apocalittici negli Stati Uniti, visto che il governo dovrà intervenire per salvare dal fallimento le principali case automobilistiche) come in quello dei veicoli a quattro ruote. Se si tratta della casa, continuiamo a spendere, anche se meno. Per le macchine abbiamo tagliato i cordoni della borsa. Questa débâcle di mercato, quindi, nasconde dell’altro. Non è solo una questione di quattrini. L’altro di cui parlo ha probabilmente a che fare con l’universo simbolico che le macchine, fino a ieri, hanno messo in moto. Alle nostre fantasie, ai nostri bisogni. Diciamoci la verità, le macchine ci servono, ma fino a un certo punto. Per andare da un posto x a un posto y può bastare una bicicletta, può bastare uno scooter o, se proprio temiamo la pioggia, può bastare un’utilitaria (modelli che, guarda caso, oggi si vendono di più). Non voglio fare polemiche pauperistiche, ma chi comprava un Suv o una macchina di grossa cilindrata lo faceva solo in parte per ragioni legate alla funzione del mezzo. C’erano ragioni molto più pressanti di status sociale. Di autoappagamento. Di autostima. La macchina rappresentava il cavallo del medioevo. Era lo strumento simbolico per entrare in contatto vincente con la schiuma dell’onda contemporanea. Ho conosciuto gente che si è indebitata fino al collo per avere certe automobili. Come il cavaliere, per far parte dell’aristocrazia cavalleresca, aveva bisogno appunto del cavallo, allo stesso modo il professionista, l’imprenditore, il dirigente per far parte della società che conta aveva bisogno di una macchina. La macchina era quasi il corrispettivo simbolico del Pil, dell’economia in generale e del modello energetico. Prestazioni sempre migliori, velocità, comfort. Sviluppo fiducioso e irresistibile. Spreco. L’immagine del denaro come lo immaginavamo. Sempre in movimento. Sempre veloce. Sempre in grado di farti stare a tuo agio. È chiaro che quando i soldi mancano le prime spese che si tagliano sono quelle meno utili. La mancanza di denaro placa lo spirito mimetico, l’emulazione dello status altrui. Ci fa essere di colpo più razionali. Prima di spendere ponderiamo e nella ponderatezza saltano fuori le magagne di un pensiero non funzionale.A prima vista, questo aspetto della crisi può anche sembrare buono. Però credo che ci sia ancora dell’altro. La macchina rappresentava e rappresenta la mobilità. La libertà. La possibilità di spostarci da un luogo all’altro. Di viaggiare. La mobilità è sì una caratteristica fondamentale delle merci e di un certo tipo di economia che ora sta mostrando le corde, ma è anche la caratteristica fondamentale delle idee, dei pensieri, delle persone. Essere mobili vuol dire non avere paura, vuol dire conoscere. Vuol dire cercare. Quando si parla di crisi, si parla spesso di “stagnazione” economica. Lo stagno è il contrario della mobilità. Si è fermi, le acque sono malsane. Credo che dobbiamo considerare anche questo risvolto. È evidente che calano le vendite dei mezzi di trasporto e aumentano quelle degli allarmi e degli antifurti, c’è qualcosa che non va. Colpendo il mercato automobilistico la crisi ha colpito anche il nostro immaginario, rendendoci, è vero, più razionali e ponderati, ma rubandoci il gusto di muoverci, di viaggiare. Il gusto dell’avventura. Se facciamo una radiografia del nostro tempo vengono parole come tristezza, come rabbia. Disillusione. Paura. Sono parole che si attagliano perfettamente a una nazione “ferma”. E invece, se vogliamo risollevarci, dobbiamo rischiare. Concederci ancora all’avventura. Buttarci.
PALMANOVA
Duomo, conclusi dieci anni di restauri UDINE
I disabili: pochi fondi, a rischio le nostre attività UDINE
Minacce e coltelli Arrestati due romeni BERTIOLO
Malore in corsa Grave podista di Magnano ===
Proseguiamo con Il Gazzettino, ed. Udine, pag. 17
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Anche ieri all’esterno degli stabilimenti friulani sit-in delle operaie con tanto di famiglia al seguito
Safilo, un consiglio con 90 sindaci
Il 6 aprile assemblea aperta agli amministratori di tutti i Comuni dove risiedono i dipendenti
Domenica trascorsa a presidiare i siti produttivi di Martignacco e di Precenicco, quella di ieri per gli operai friulani Safilo. Gli spazi antistanti le due fabbriche si sono riempiti infatti di famiglie e di mamme con i bambini già in mattinata. A pranzo condivisione della grigliata sulle panche di legno e in tenda; pomeriggio in compagnia a leggere i giornali e a pensare a nuove iniziative da mettere in campo per mantenere alta l’attenzione sul grave problema occupazionale che ha coinvolto centinaia di dipendenti della Bassa e dell’hinterland udinese. A Martignacco si torna a parlare di occupazione dello stabilimento nella consapevolezza, però, della necessità di agire in maniera corretta, nel rispetto della legge. Nel primo pomeriggio incontro informale con il direttore dello stabilimento, chiamato in campo dai lavoratori per chiarire dubbi e perplessità. Nelle tende, ormai, ogni giorno si cucina. «Potete dire a tutti, pubblicamente, che noi qui ci stiamo attrezzando per essere autosufficienti per mesi - dicono gli operai -. Non ci muoveremo: vogliamo salvare lo stabilimento e il nostro posto di lavoro». Nello spazio delle derrate alimentari sono stati sistemati due carrelli e accatastata una gran quantità di cibo, dalla colombe di Pasqua, alle bibite alla mortadella fino al caffé e al the caldi. Nell’“accampamento” ci si passa di mano il vaso delle libere offerte per contribuire ognuno per quel che può al rifornimento “della cambusa”. «Siamo determinati nella nostra “resistenza” e la gente è con noi. Tutti ci danno una mano e dimostrano fattivamente la loro vicinanza». Il sit-in si sta trasformando in presidio esteso su tutte le 24 ore. «Staremo qui anche la notte per evitare, come già successo, che qualche stupido estremista venga a insozzare con scritte anarchiche il parcheggio e le pareti dello stabilimento - dicono le operaie a Martignacco - non siamo affatto d’accordo con questo atteggiamento che non porta a nulla di concreto». Con i dipendenti c’è Roberto Di Lenardo della Cgil. Poi arrivano come di consueto anche i sindaci. Marco Zanor, primo cittadino di Martignacco, riferisce sull’accordo con Precenicco per l’organizzazione del consiglio municipale congiunto sulla crisi: si terrà lunedì 6 aprile prossimo, alle 17.30, nello stabilimento della Bassa. Si attende l’okay formale della direzione della fabbrica. Sarà un’assemblea aperta; saranno invitati a partecipare tutti i sindaci dei comuni di residenza dei circa 1000 dipendenti Safilo area di Udine (circa 90 paesi, alcuni anche ricadenti nelle province di Pordenone e Venezia). Prima di intraprendere altre iniziative di protesta, i sindacati di Cgil, Cisl e Uil attendono gli esiti degli incontri fissati per oggi e domani. Nelle prossime 48 ore, infatti, si susseguiranno lo sciopero generale di tutti i dipendenti Safilo (le prime 4 ore di ogni turno), l’incontro sindacale a Padova per la creazione di un coordinamento generale Friuli-Veneto e il vertice (martedì) tra il presidente Tondo e la proprietà del Gruppo. La protesta, intanto, prende sempre più corpo nel web: l’area di Facebook “Insieme per la Safilo” conta ormai 904 membri. Paola Treppo
L’iniziativa della pattuglia acrobatica
A tavola con le Freccevince la solidarietà
In 5 edizioni oltre un milione di euro
(pc) Sfondato il milione di euro. Ecco il risultato della sesta edizione de «Il gusto per la ricerca», che riunisce l'eccellenza della gastronomia italiana per scopi benefici. Nei passati 5 anni ne erano stati raccolti quasi 900mila. Un traguardo importante è stato raggiunto, complice la collaborazione fornita nella occasione dalle Frecce Tricolori che hanno ospitato ieri l'evento nella loro base di Rivolto. Si è trattato di giornata con protagonisti una cinquantina di cuochi nonchè maitre, sommellier e camerieri, che hanno animato il grande hangar dove abitualmente gli specialisti della Pattuglia acrobatica nazionale effettuano la manutenzione degli Aermacchi in dotazione alla formazione. Tolte di mezzo le attrezzature del mestiere, il posto è stato preso da fornelli, pentole, utensili da cucina in maniera di preparare per i duecento intervenuti (la quota minima di partecipazione era di 500 euro) prelibatezze a firma di ristoratori di fama internazionale. Piatti quali «polenta morbida al cavolo nero con mousse di baccalà» dell'Enoteca Pinchiorri di Firenze, «cappuccino di seppia al nero» delle patavine Le Calandre, «dondolata di cervo crudo al gusto di finocchi e vecchio aceto» della cormonese Subida". O ancora, «trippa di vitellone piemontese con fagioli maremmani al finocchietto selvatico» confezionata da quelli di Trussardi Scala di Milano. Il tutto annaffiato da selezionati vini friulani e con la gradevole colonna sonora proposta dai musicisti Giulia Crocini, Enrico Pellizzari e Marco Ballaben: swing, bossa nove ed altre belle note. A completare il quadro, l'accoglienza dell'Aeronautica Militare capeggiata dal generale Enrico Camerotto e dai colonnelli Alfonso Delle Nogare e Massimo Tammaro: uno comandante di Rivolto, l'altro delle Frecce Tricolori. Di quanto raccolto, 50 mila euro andranno alla Caritas di Udine per l'asilo notturno di via Pracchiuso e il «progetto Farfalla» rivolto a donne uscite dalla prostituzione. Altri 50mila verranno devoluti all'Icm: istituto parigino che si occupa di malattie infantili. Il rimanente sarà per la costruzione dell'Istituto di ricerca pediatrica della Fondazione «Città della speranza».
Esplode un condensatore alla Taghleef, l’ex Radici film. Si profila un blocco della produzione per mesi
Rogo, fabbrica in ginocchio
Si profila una nuova mazzata per l’occupazione nella Bassa Friulana. Per buona parte dei 240 dipendenti dell’ex Radici Film (ora Taghleef Industries, dopo l’acquisizione da parte di un fondo di Dubai) si rischia infatti di dover far ricorso ad ammortizzatori sociali dopo il violento incendio divampato ieri nello stabilimento di via Enrico Fermi, nella zona industriale di San Giorgio di Nogaro. «Solo domani (oggi, ndr) - spiega Augusto Salvador, segretario della Femca Cisl - saremo in grado di avere le prime indicazioni su tempi e modi di ripresa dell’attività produttiva. I danni, stando alle prime indicazioni, sembrano ingenti e potrebbero compromettere parte della produzione per mesi». L’incendio pare abbia infatti danneggiato gravemente due delle linee principali di produzione e il "metallizzatore" che serve alla realizzazione dei prodotti speciali dell’ex Radici film. Il rogo - che ha tenuto impegnati fino alla tarda serata di ieri i vigili del fuoco di Cervignano e di Udine - è divampato poco dopo le 17. Il fumo si poteva notare fin dalla strada che collega Cervignano alla zona di Aquileia. A causare le fiamme, l’esplosione di un condensatore che si trovava nella sala dei quadri elettrici. Ben presto, il calore è andato ad investire la copertura e la struttura portante, realizzata in cemento precompresso. L’allarme è scattato all’istante, come ha confermato il funzionario dei vigili del fuoco di Udine Valmore Venturini; sono stati fatti affluire mezzi dal distaccamento di Cervignano e da Udine nonchè una squadra del nucleo Nbcr per la verifica di eventuale inquinamento. Difficile per i pompieri entrare nei locali vista la grossa quantità di fumo. La produzione in fabbrica è stata bloccata proprio per l’assenza di energia elettrica. Sono andati, infatti, distrutti una serie di quadri che alimentano i vari macchinari. Questa mattina, i funzionari dei vigili del fuoco effettueranno ulteriori verifiche tecniche. Nell’incendio, nessuna persona è rimasta ferita e il materiale di produzione non è stato fortunatamente coinvolto. Daniele Paroni
Burtulo, presidente del Pd udinese, commenta i tagli dei fondi
«Su Friuli Doc la Regione usa ben poco equilibrio»
«È vero siamo in piena crisi anche se il capo del governo minimizza, certo è opportuno risparmiare e Friuli Doc è una festa; ma è riuscita a coinvolgere un milione e mezzo di persone con importanti risvolti economici per i tanti piccoli e medi produttori della provincia». Così Maria Letizia Burtulo, presidente del Partito democratico di Udine, commenta la decisione della Regione di ridurre drasticamente i finanziamenti per Friuli Doc. «Dopo Innovaction - rileva Burtulo - ecco un’altro taglio mentre resta inalterato il finanziamento per la Barcolana, bellissima manifestazione ma che si svolge pur sempre in un giorno solo. Certo per Friuli Doc si possono immaginare alcune modifiche, un maggior raccordo non solo con i prodotti tipici, ma anche con i beni artistici e culturali del territorio - rileva ancora l’esponente del Pd - ma è provato che molti turisti hanno conosciuto Udine anche attraverso questa manifestazione popolare e che, il rapporto tra costi e benefici è stato soddisfacente, proprio dal punto di vista economico a favore di tante piccole e medie imprese che connotano il territorio provinciale e regionale». «Il risparmio è davvero l’unica lettura? - si chiede Burtulo - e perché debbono essere sempre e solo i friulani e gli udinesi a risparmiare? Perché le ristrettezze si confanno di più alle nostre tradizioni? I diversi colori politici del Comune e della Regione non hanno nulla a che vedere con certe scelte? Sembra che si sia perso l’equilibrio e l’attenzione alle diverse realtà che, quali che fossero le maggioranze al governo e i luoghi d’origine dei capi delle giunte regionali, facevano di una regione composita come il Friuli Venezia Giulia un esempio guardato con attenzione da tutto il Paese».
Si è concluso positivamente nella fiera di Udine il Salone dei prodotti e dei servizi per le nuove generazioni
Con Young si promuovono i talenti
I giovani sono il futuro. Per far valere questa equazione gli studenti di oggi, ovvero i lavoratori di domani devono avere le idee chiare. Ci ha pensato Young-future for you, il salone dei prodotti e dei servizi per le nuove generazioni che ha richiamato nel quartiere fieristico udinese circa 4000 studenti dai 3 ai 22 anni. Un evento dedicato ai giovani per scoprire propensioni, talenti, passioni, opportunità personali e professionali; un momento di conoscenza che il sindaco Furio Honsell ha invitato a cogliere, «perché di momenti come questi non ce ne sono tanti e di solito la superficialità vince sull’approfondimento»; per Honsell sono tre le carte vincenti per affrontare il futuro: lavoro, apprendimento e divertimento. Young, organizzato da Udine e Gorizia fiere e dall’università di Udine, ha saputo coniugare bene questi concetti proponendo tanti viaggi nel mondo delle imprese, nella storia e nella cultura. Si partiva dalla scoperta gli anni ’70 attraverso la canzone della protesta di De Andrè, per continuare il viaggio nelle esperienze dell’imprenditoria guardando le proiezioni video di 11 mestieri diversi. All’interno di Young trovavano spazio le Giornate della diffusione culturale per sperimentare i temi dell’energia, del tempo, dell’elettromagnetismo e della superconduttività grazie ai laboratori, alle attività proposte dai 250 esperimenti semplici sulla fisica di base e ai 30 esperimenti predisposti per affrontare il concetto di energia; un altro viaggio era dedicato alla scoperta delle facoltà dell’ateneo: nella biodiversità, nella natura, nella tecnica, nell’impresa, nella multimedialità, nel diritto, nell’eccellenza e nel dopo laurea. A calamitare l’attenzione di migliaia di studenti c’erano anche approfondimenti su temi sociali di massima attualità: focus su droga, alcolismo e sicurezza sulle strade. Young si presenta come un salone dove non mancano le proposte e l’innovazione; se in tempi di crisi si tende al risparmio è pur vero che per il futuro dei giovani bisogna investire e il salone ha offerto tanti momenti di attività didattica, «non semplici visite agli stand - precisa la docente universitaria Marisa Michelini - si lavora per esplorare le proprie idee; i visitatori si mettono in gioco», d’altra parte «bisogna essere protagonisti, non semplici spettatori» sostiene il sindaco e chissà che fra i padiglioni della fiera non si aggirasse un nuovo Einstein. Lisa Zancaner
Dopo il circo, nuovo blitz a Blessano contro la fiera degli uccelli e delle bestie da cortile
Mostre nel mirino degli animalisti
Dopo i circhi, le mostre cinofile e di volatiti. Una nuova azione dimostrativa di protesta è stata compiuta la scorsa notte da attivisti dell'associazione «100% animalisti» a Blessano alla Mostra Mercato di uccelli da richiamo. Nel corso della notte - informa la stessa associazione - i cartelli pubblicitari della rassegna sono stati coperti e uno striscione di protesta è stato issato nei pressi della sede della mostra. Secondo «100% animalisti» nei padiglioni gli animali vengono «chiusi in gabbia, esposti come merce da compravendere e il più delle volte i minimi requisiti di detenzione - conclude la nota - non sono rispettati».
FELETTO UMBERTO
Padre Gabriele "riabilitato" critica monsignor Nobile
(pt) Più di 200 persone hanno preso parte ieri e sabato agli incontri con padre Gabriele Fiume nel centro San Charbel di Feletto Umberto. Il sacerdote ortodosso ha risposto alle accuse lanciate da monsignor Nobile, spiegando che per i fedeli anche cattolici è possibile pregare il Signore con fedeli cristiani ortodossi. Ha poi annunciato di voler passare la Pasqua in Friuli: sarà quindi nuovamente a Tavagnacco con i suoi pellegrini più vicini il 18 e il 19 aprile prossimi. Piero Mantero, direttore delle “Edizioni Segno”, casa editrice attiva nelle immediate adiacenze del centro San Charbel, ha ricordato che di recente ogni dubbio sulla posizione di padre Fiume è stato chiarito completamente: «La sua sospensione - ha detto - che non era definitiva ma temporanea, è stata annullata. Ora è un sacerdote a tutti gli effetti e il metropolita della sua Chiesa di Milano lo sostiene senza alcun problema di sorta. Tra cattolici e ortodossi, inoltre, c’è già dialogo costruttivo e crediamo sia il caso che anche qui a Udine venga avviato presto un percorso di confronto propositivo. Se padre Gabriele ha tanto seguito non è certo dovuto a una suggestione di massa, come qualcuno ha insinuato, ma alla pace che la gente ritrova in occasione dei suoi incontri di preghiera. Molti sono usciti dal tunnel della depressione e si sono sentiti meglio. È un fatto oggettivo, che va tenuto nella dovuta considerazione. L’unità delle Chiese, inoltre, evita che il fedele possa sentirsi disorientato davanti ad accuse lanciate da ogni parte». Il prossimo appuntamento al centro di Feletto sarà con don Marcello Stanzione, il “padre degli angeli”.
Bertiolo
Podista sessantenne colto da infarto al termine della gara
In breve
UDINE Nigeriano clandestino arrestato Salito su un bus della linea 4 della Saf, quando il mezzo era giunto a fine corsa si era rifiutato di scendere. L’autista ha chiamato la polizia e sul posto sono giunti gli agenti della squadra volante che hanno portato l’uomo, un nigeriano privo di documenti, in Questura. Lì si è scoperto che l’africano aveva ricevuto un ordine di allontanamento dall’Italia il 13 marzo; non avendo ottemperato alla disposizione, è stato arrestato per clandestinità.
FURTO Ladri in casa di una rumena Sabato sera, alle 20.50, la polizia è intervenuta per rilevare un furto nell’abitazione di una donna rumena residente in via Mameli. Tra le 19.10 e le 20.30, ignoti erano entrati nella casa, al pianterreno, rompendo il vetro del bagno posto sul retro e rubando gioielli per un valore di circa 2mila euro.
BAGNARIA ARSA Scontro, 5 feriti tra cui una bimba Due auto si sono scontrate ieri nel primo pomeriggio a Bagnaria Arsa, all’incrocio tra Palmanova e Sevegliano all’altezza del ristorante Tai: 5 i feriti, tra cui una bimba di 3 anni, soccorsi dal 118 e dalla polizia stradale. MINACCE CON IL COLTELLO Due stranieri arrestati Due cittadini romeni, Vasile Indricut, 29 anni, e Vasile Pati (26) sono stati arrestati per aver minacciato con un coltello i dipendenti del bar gelateria all’Orso, aa Udine. Gli arresti sono stati eseguiti intorno alle ore 4 di ieri dai Carabinieri del Nucleo radiomobile, intervenuti per sedare una lite scoppiata nei dintorni del locale. I due sono stati arrestati con l'ipotesi di reato di minaccia aggravata in concorso. TARCENTO Rubano cassaforte da Schlecker Ignoti hanno rubato una cassaforte a muro dal negozio Schlecker di Tarcento. Ad accorgesene, ieri mattina, la responsabile del negozio, Antonella Gatti, 38 anni, che ha denunciato ai carabinieri come nella notte degli scassinatori avevano portato via la cassaforte contentente 3mila euro in contanti.
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Ed ecco la prima pagina de Il Piccolo
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INDAGINI A NORDEST
Contatti con Al Qaeda due operai islamici prelevati ed espulsi Uno lavorava in fabbrica a Cormons Allontanamento voluto dal Viminale
di CLAUDIO ERNÈ
TRIESTE Due nordafricani sono stati caricati su altrettanti aerei ed allontanati coattivamrente dall’Italia perché sospettati di contatti con la Jihad islamica. Il primo è un marocchino di 39 anni, si chiama Mohammed Essadeck e abitava al confine tra le province di Treviso e di Pordenone. Il secondo è Miri Sghaier, 34 anni, nato in Tunisia e per lungo tempo imam di San Giovanni al Natisone. Lavorava in una fabbrica di legnami di Cormons e risiedeva a Manzano assieme alla moglie che dovrà anch’essa lasciare entro cinque giorni il nostro Paese. Il loro allontanamento dall’Italia è stato voluto dal ministro degli Interni Roberto Maroni che ha firmato il provvedimento di espulsione dopo aver ottenuto il «nulla osta» dalla Direzione distrettuale antimafia di Trieste, competente su tutto il Friuli Venezia Giulia per le inchieste sul terrorismo e sull’ambiente culturale e religioso che ne consente l’insediamento e lo sviluppo.I due nordafricani, secondo le indagini gestite dagli uomini della Digos di Pordenone su delega del pm Giorgio Milillo, avevano manifestato più volte sentimenti di ostilità nei confronti dell’Italia. I loro movimenti erano monitorati, le loro conversazioni intercettate dal momento in cui i loro nomi erano stati inseriti come «indagati» sul registro della Procura di Trieste: ipotesi di reato, «associazione con finalità di terrorismo internazionale». L’inchiesta si è chiusa con l’archiviazione, in sintesi un nulla di fatto sul piano penale, ma il Ministero, agendo a livello politico, ha deciso comunque per l’espulsione dei due nordafricani. Miri Sghaier era considerato il leader della comunità musulmana di ispirazione salafita del Nord Est. Non svolgeva però attività diretta di predicazione, nè si era esposto in interventi pubblici: agiva come uno dei tanti lavoratori giunti in Friuli. Al contrario, avrebbe mantenuto contatti con esponenti di gruppi integralisti tunisini vicini ad Al Qaeda che negli ultimi mesi, si erano scontrati con le forze di polizia di quel Paese. Le stesse fonti hanno affermato che Miri aveva manifestato una forte ostilità nei confronti di coloro che professano una religione diversa dall’Islam. In una telefonata - sempre secondo l’antiterrorismo- aveva parlato di un possibile attentato in Italia, enfatizzandone gli effetti sul nostro Paese.Più sfumata la posizione di Mohammed Essadeck che risiedeva a Gaiarine, in provincia di Treviso dove pochi lo conoscevano. Le indagini della Digos di Pordenone e degli investigatori dell’antiterrorismo hanno fatto emergere alcune sue inquietanti affermazioni: ad esempio che «ogni credente è legittimato a «concludere col martirio il proprio percorso di vita spirituale». Va aggiunto che gli analisti da tempo hanno messo a fuoco le diverse caratteristiche del potere musulmano nelle province di Udine e di Pordenone. A Udine avrebbe assunto un ruolo determinante l’ala più radicale, mentre a Pordenone lo scontro per assicurarsi la leadership spirituale è ancora in atto tra gli oltranzisti e i moderati.
LA FUSIONE CON FORZA ITALIA
An, giù il sipario Fini: «Nel Pdl no al pensiero unico» Qualche lacrima a fine congresso Arrivano i complimenti del premier
ROMA Senza paura nel Pdl, a costruire il futuro, preoccupandosi prima dell'identità degli italiani e dopo della propria. Di nuovo Gianfranco Fini chiede alla destra italiana di uscire da una casa con la certezza di non farvi più ritorno. Non quella «del Padre», come fu a Fiuggi. Ma quella di Alleanza nazionale, che ha chiuso i battenti per entrare nel Pdl. Che, udite udite, «non può e non deve essere un partito di destra». E fa una certa impressione sentirlo dire al delfino di Giorgio Almirante. Nel giorno di una nuova svolta, Fini che al termine si commuove sprona An a traslocare i suoi valori in una casa più grande, «il Pdl, che dovrà essere ampio, plurale, inclusivo, unitario, interclassista». Unitario sì, «ma non partito del pensiero unico, perché c'è una contraddizione tra pensiero unico e popolo della libertà, col pensiero unico manca la libertà».La continuità con la destra del Msi e di An sta nei valori, primo tra tutti quello di patria. «Oggi finisce An, nasce il Pdl, continua il nostro amore per l'Italia. La stella polare è ancora e sempre la patria, l'interesse della nazione e non della fazione - dice Fini -. E allora la sfida è capire quale sarà l'Italia tra 10-15 anni. E dare risposte non solo alle paure ma soprattutto alle speranze degli italiani». Disegnare «un progetto per l'Italia di domani». Questo si candida a fare Fini, senza subalternità a nessuno. La leadership è di Berlusconi, «ma non può essere culto della personalità, perché non solo chi è leader può avanzare un contributo di idee, orientamenti e soluzioni». Il Pdl «non è il partito di una persona, ma della nazione». E allora a lungo raggio ne sarà leader chi sarà capace di dare risposte all'Italia che cambia.Altro che «correnti di An nel Pdl», altro che difesa della nicchia e dell'identità. «La sola identità di cui dobbiamo preoccuparci - bacchetta Fini i colonnelli - è quella degli italiani nei prossimi 15-20 anni». Non si tratta si rinnegare nulla, perché «Fiuggi è stato il primo seme del Pdl». Già allora Fini aveva chiamato a raccolta tutti gli italiani, abbattendo l'angusto recinto della destra. Un passo fatto «per convinzione e non per convenienza», tanto che mai si è tornati indietro. Così come oggi «nessuno ci costringe». Piace molto alla platea, più fredda in altri passaggi, questo riconoscimento. Così come Fini strappa l'ovazione quando dice che «non c'è stato nessuno sdoganamento». «È una parola che non mi piace, perché è relativa alle merci e non alle idee. Non c'è stato nessun regalo, nessuna grazia ricevuta, siamo solo stati in grado di affermare le nostre idee». Nessuno pensi però a «costruire nel Pdl una corrente di An». «Se questo era l'obiettivo, allora meglio tenersi un partito del 10-12%».Nessuna polemica verso Berlusconi, in un discorso che guarda al futuro. Fini riconosce che la Forza Italia del Cavaliere «non è stata una meteora, un partito di plastica» e che l'unione degli azzurri con An «ha vissuto momenti difficili, ma mai rotture insanabili». Ora c'è un altro tratto di strada importante da fare insieme, facilitati da valori comuni, che sono poi quelli del Ppe: laicità (che non è negare il magistero della Chiesa), centralità e dignità della persona, economia sociale di mercato. Insieme si dovranno fare anche le riforme, perché questa sia «una legislatura costituente». Prima tra tutte il presidenzialismo, «anche se non ci può essere un Parlamento messo in un angolo, a cui si chiede non disturbare il manovratore. Le Camere devono avere più controllo e potere di indirizzo».Ma è soprattutto il Fini che si pone a paladino dei diritti in una società multirazziale e multiculturale, quello del discorso che scioglie An. Colui che si candida non per l'oggi, ma punta a raccolgiere consenso dando risposte ai problemi dei nostri tempi: l'immigrazione dovrà essere controllata, ma senza discriminazioni.
DELITTO ALL’ALBA A TRIESTE. IL FENDENTE HA RECISO LA GIUGULARE
Uccide il fratello con una coltellata al collo L’assassino ha colpito la vittima sul pianerottolo di casa. È stato subito catturato
Giorgio Papo aveva 70 anni. Marino ha già confessato. Il movente una piccola eredità contesa
L’INTERVISTA
Menia il ribelle: «Ma non temo Berlusconi» di MARCO BALLICO
TRIESTE Roberto Menia si stupisce dello stupore di chi non lo conosceva: «Sono cose che affermo da tempo». Vero. Sin dal primo annuncio di Silvio Berlusconi sul Partito delle libertà. «Ognuno di noi – diceva il deputato triestino al Piccolo nel novembre del 2007 – ha una tradizione cui tiene e battaglie alle spalle: Berlusconi non può pensare di mettere tutti in riga come fossimo bambini sciocchi». Coerente, Menia non si è adeguato al clima di festa nel giorno del funerale di An. Ha criticato un passaggio «troppo affrettato». È diventato «il dissidente». E, il giorno dopo un intervento alla Fiera di Roma che ha fatto rumore, ripete con tutta la calma del mondo tesi che possono aver sorpreso, appunto, solo chi non lo conosce.Onorevole Menia, è diventato il ribelle del Pdl.Sono solo un soldato. Da sempre abituato a sostenere le mie tesi, anche quando sono minoritarie.Avrebbe preferito un percorso federativo e ha per questo parlato di troppa fretta verso la fusione con Fi. Perché?Passando attraverso la Federazione saremmo stati coerenti con una coalizione che sostiene il federalismo delle regioni, che non sono altro che diversità da rispettare.In questo modo, però, il bipolarismo si rafforzerà.Non è necessario che il bipolarismo finisca in bipartitismo. Il Pd già si lecca le ferite.Insomma, non ha capito.No, ho capito, non condivido, ma mi adeguo. Ci sono le europee, si vuole entrare nel Ppe. Ma adesso dobbiamo evitare l’annegamento delle libertà.Che ne penserebbe Almirante del Pdl?Diffido di chi vuole interpretare pensieri altrui.Figuriamoci di persone che non ci sono più.Ha mai pensato di tirarsi fuori?Mai. Combatterò perché il Pdl valorizzi le libertà e l’identità. Quando osserviamo che la Lega Nord ci sottrae fette di elettorato è perché lasciamo spazi aperti nei nostri territori tradizionali. È lo scolorimento dell’identità.Come pensa di muoversi?Giocherò con le regole condivise dalla maggioranza. Chi fa politica deve rispettare le scelte. Ma lotterò per affermare radicamento e identità.Si sente un nostalgico?Sono fiero del mio passato ma non mi interessa sostenere quanto eravamo bravi, quanto eravamo belli. Parlo di politica. E voglio per questo fare la mia parte perché il Pdl sia un partito con regole precise, in cui sia chiaro in che modo si seleziona e in che modo avanza la classe dirigente. Non a caso insisto perché i parlamentari vengano nuovamente eletti e non nominati.L’hanno sorpresa i tanti applausi al suo intervento?Non li ho cercati, ma mi hanno fatto piacere.In molti la pensano come lei. Ma sono stati zitti.Non giudico gli altri, rispondo solo alla mia coscienza.Ha ricevuto qualche critica?Nessuna. Al contrario sono arrivati molti complimenti.Anche dei big?Sì. Tra gli altri di Gasparri, La Russa, Bocchino.Fini?Quando ho parlato sabato, era già andato via.La Russa che le ha detto?«Bravo». Anche se non era d’accordo su qualcosa.Gasparri si è detto «molto contento» della nascita del Pdl.Normale. Ha sempre sostenuto quel percorso. L’ha visto realizzato ed è un vincitore.Come evitare di essere «berlusconizzati»?Va riconosciuto a Berlusconi che, senza di lui, il centrodestra non sarebbe stato così vincente. Non ho paura di Berlusconi, ho paura delle banalità. Che si dorma sugli allori, che sia dato tutto per scontato. La politica è passione, non burocrazia o tutela di interessi.Sono i «valori» di Fi?Dico solo che il mio approccio al partito è diverso da quello di altri.Voi siete un partito strutturato, Fi no. Quanto complessa è la questione?È una delle più complesse. Fi ha insistito per i gazebo e le adesioni via internet. Certo, non è più la stagione dei partiti di cinquant’anni fa, ma una struttura troppo leggera e senza occasioni di verifica non potrà funzionare. La politica ha bisogno di gente in carne e ossa, di sezioni, di forte collegamento con la gente. Altrimenti si va a teatro.Va d’accordo con Gottardo, dovrà farlo anche con Saro.Quando c’è da litigare, litigo. Ma non avrò intenzione di farlo se vedrò, pur tra opinioni legittimamente diverse, proposizione di idee, lealtà, sincerità.Se alle amministrative e alle europee non andasse troppo bene, le scapperà un «io l’avevo detto»?Non sarebbe il caso. Forse me lo solleciteranno i giornalisti.Il coordinamento regionale è una partita aperta tra lei e Gottardo. Novità?Nella mappatura attuale, che non è definitiva ma quasi, il segretario del Veneto e dell’Emilia Romagna è un esponente che proviene da An.Quindi tocca a Gottardo?In questo momento è così. Ma sia chiaro che non mi sono mai sognato di andare a chiedere di fare il segretario. Anche per avere la libertà di dire le cose che ho detto sabato.
SEMPLIFICAZIONE IN FVG. CGIL: IN ITALIA 150 MILA A RISCHIO SFRATTO
Edilizia, più facile costruire e restaurare La Regione taglia le norme. Meno permessi, risparmi fino a 8 mila euro
TRIESTE In Fvg sarà più facile costruire e restaurare immobili. L’assessore regionale all’Edilizia Federica Seganti sta mettendo a punto la semplificazione della normativa di settore: saranno necessari meno permessi. Per ogni intervento si risparmieranno fino a 8 mila euro. Intanto il piano casa del governo arriva al confronto con le Regioni, mentre la Cgil dà l’allarme sulle abitazioni: «In 150 mila rischiano lo sfratto».
All’Acegas il derby con la «Nuova» Trieste batte Gorizia Incerti solo i primi 7’
Ferin e la Cesca star dei Triestini Sulle nevi di Sappada presenti 339 atleti
L’Inter non perde colpi Il Genoa infila l’Udinese Vince anche la Fiorentina Napoli-Milan finisce 0-0
Guerra del pesce, la ronda dei sardoni Pescatori contro pescherie: oppressi dai controlli, ora li faremo noi sui prezzi
di TIZIANA CARPINELLI
E dopo quelle padane spuntano, a Trieste, le ronde per la sicurezza alimentare. Nel momento in cui si apprestava a coniarle, il Senatur del Carroccio certamente non poteva supporre che un giorno qualcuno gli avrebbe preso a prestito l'idea e che poi l'avrebbe usata per accertare l'idoneità dei prodotti ittici. Ma tant'è: nella ormai ben nota lotta cittadina tra pescatori e pescivendoli Guido Doz, presidente regionale dell'Agci Agrital, decide di sfoderare una nuova ”arma”: le ronde per la sicurezza alimentare. «La scorsa settimana – esordisce Doz - abbiamo avuto tre controlli e altrettanti in quella precedente, mentre negli ultimi tre mesi ci sono stati complessivamente 39 accertamenti. Le stesse ”attenzioni” vengono forse profuse anche agli altri?».Davanti a quello che ritengono un inasprimento delle verifiche, i pescatori hanno dunque deciso di reagire. A loro modo. «Metteremo in piedi le ronde per la sicurezza alimentare – annuncia il rappresentante delle cooperative ittiche -. Ci saranno dei ragazzi che andranno a visitare tutte le pescherie esistenti a Trieste, per verificare l'esatta esposizione dei cartellini e tutti gli altri requisiti di vendita. Nel caso in cui dovessero imbattersi in un'irregolarità fotograferanno le etichette e chiameranno le autorità deputate al controllo, altrimenti provvederanno a denunciare direttamente l'anomalia. Non sarà un sopralluogo in incognito, i ragazzi indosseranno un giubbetto riconoscibile».A fare infuriare Doz è soprattutto l'elevato numero di controlli: «Fanno rallentare il ritmo di lavoro: solo noi abbiamo tutti questi accertamenti. Mi è capitato, giorni fa, di rivendere a 7,80 euro al chilo gli scampi che avevo acquistato da una cooperativa di Chioggia per 4 euro. Un tizio che non conoscevo mi ha detto di far salire il prezzo a 19,80 perché altrimenti avrei rovinato il mercato. Gli ho risposto che io, il pesce, lo vendo a quanto mi pare. Dopo cinque minuti, un controllo».Non pare, comunque, che i pescatori intendano mollare la presa, anzi. Domani inaugureranno il «fish express», ovvero il servizio di consegna a domicilio del pesce, tramite un furgone frigo. «Abbiamo predisposto un numero di telefono al quale i cittadini si potranno rivolgere dalle 7.30 fino alle 17.30 - sostiene Doz -. A prestare l’offerta commerciale sarà una delle nostre cooperative, La Saccaleva, che impiega anche lavoratori svantaggiati. Due ragazzi andranno in giro col furgone, mentre uno verrà impiegato nella ricezione delle telefonate e altri due saranno occupati nella pulitura del prodotto».
LE CONTRADDIZIONI DEL GOVERNO
PIANO CASA: RILANCIO O PASTICCIO? di GILBERTO MURARO
Tre quesiti sul piano di Berlusconi per gli ampliamenti (20% in più ) e i rifacimenti edilizi (30% in più del volume abbattuto, e 35% in più se si realizza anche risparmio energetico). Sarà promulgato? Se sì, sarà efficace? E quale impatto sulle città e l'ambiente?Il primo quesito non è retorico. Perché il decreto deve essere firmato dal Capo dello Stato, il quale sta probabilmente riflettendo sul complesso intreccio di competenze in gioco.
La Costituzione (art. 117) consente infatti allo Stato di legiferare in tema di «governo del territorio», che comprende anche l'urbanistica, ma solo a livello di «principi fondamentali»: sulle norme operative decidono le Regioni e sulle singole concessioni decidono i Comuni. E occorre tanta buona volontà per far passare come «principio fondamentale» la facoltà concessa dallo Stato ai singoli di ampliare o riedificare. E' più facile sostenere invece l'arbitrarietà di simile intervento unilaterale ed ex post dello Stato, perché le concessioni del passato sono nate da un mix di poteri e di regole e non come mera applicazione di norme statali.In altre parole, un edificio è stato costruito su concessione del Comune che ha così deciso mettendo insieme i principi fondamentali dettati dallo Stato, le norme e i vincoli dettati dalla Regione nonché le proprie valutazioni in tema di esigenze della comunità locale: in base a quale logica uno degli enti della filiera decisionale può pretendere che, avendo cambiato idea a posteriori, si sconvolga il tutto nel modo che decide lui? Altra cosa sarebbe se il provvedimento venisse emanato non già come un ordine dello Stato bensì come un suo nullaosta giuridico, oltre che come un invito politico del governo, a concedere ampliamenti e rifacimenti: liberi poi gli enti regionali e locali, nell'ambito delle proprie competenze, di decidere se e come accogliere l'invito. Ma su ciò deciderà il presidente Napolitano.Circa gli effetti sull'edilizia se il provvedimento venisse approvato e adottato ovunque, il Cresme, uno stimato centro studi del settore, ha previsto lavori per 60 miliardi di euro. Anche se lo stock edilizio del Paese è ingente, 55 milioni di unità immobiliari accatastate tra cui 31 milioni di abitazioni, sembra una cifra elevata, considerando che di fatto i lavori toccheranno ben poco gli edifici condominiali, che molti proprietari di case singole non hanno interesse o possibilità di intervenire, che i capannoni potenzialmente da abbattere e riedificare spesso non si prestano a mutamenti d'uso e che l'offerta di immobili industriali è già ora in eccesso in molti luoghi. Ma anche dimezzando la previsione per cautela, si ha la bella cifra di trenta miliardi. Il provvedimento promette quindi di essere efficace.Ma non è che per sostenere l'edilizia sacrifichiamo l'estetica e dunque la qualità della vita urbana? Berlusconi esorcizza il pericolo osservando che un ampliamento brutto deprezza l'immobile; quindi la razionalità economica del proprietario lo impedirà. Purtroppo il ragionamento dimentica due verità. La prima è che in molte periferie urbane e in molti paesi rurali, specie nelle zone che hanno registrato arricchimenti rapidi, la carenza di cultura urbanistica o di volontà politica ha creato il paradosso di un insieme disordinato e brutto che è formato da tanti edifici singolarmente belli o almeno decenti ma non armonizzati tra loro. La seconda è che il singolo non vede l'effetto cumulato e comunque si sente «obbligato» a contribuire al saccheggio dell'ambiente, al sovraccarico sui servizi collettivi, al degrado del paesaggio: «Se sono l'unico virtuoso, sacrifico i miei interessi senza risultati; e poiché nessuno mi assicura che gli altri saranno virtuosi, mi conviene non esserlo». Non si può quindi credere nell'autoregolazione dei singoli. Serve una mano pubblica sensibile ai bisogni collettivi attuali e futuri, ferma nelle decisioni e capace di effettuare l'eccezionale mole di rapidi controlli necessari per gestire correttamente una corsa drogata agli ampliamenti e ai rifacimenti. Dove tale mano esiste, l'impatto del progetto sarà tollerabile; dove non esiste, sarà un impatto rovinoso.Gilberto Muraro
Pantere grigie guancia a guancia avvinti nel ballo alla Marittima di LAURA TONERO
«Maracaibo, mare forza nove, fuggire sì ma dove...»Poi il ritmo cambia. Le luci diventano soffuse, parte una melodia da affrontare guancia a guancia. E allora tutti cantano a squarciagola: «Quella carezza della sera e quella voglia di avventura...», vecchio hit dei New Trolls.In pista, sabato sera alla Stazione Marittima, senza fermarsi nemmeno per un secondo, c'erano oltre 350 persone. Tutti ultrasessantenni.I primi "ballerini" sono arrivati con un'ora e mezza di anticipo sull'inizio della serata. Scalpitanti, temevano di perdere il posto, di vedersi scippare lo spazio vicino agli Old Stars, il terzetto che per ben quattro ore ha animato la serata. «Almeno per una volta non siamo costretti ad andare fuori città per fare due giri di ballo», commenta Franco Valeri che con moglie e coppia di amici al seguito si è aggiudicato subito un tavolo. «Siamo disposti a pagare anche un biglietto d'ingresso - ammettono - purché il Comune, come questa sera, continui a organizzare qualche cosa per noi che abbiamo ancora tanta voglia di divertirci».Alle 21 in punto le prime note. In un secondo a scivolare in pista ecco centinaia di lustrini, teste cotonate, cravatte sgargianti, scarpe di vernice comprensive di tacchi da capogiro. Molte le coppie, diverse le persone arrivate anche da sole, tavolate intere conquistate da nutrite compagnie che dedicano al ballo ogni fine settimana. «Andiamo anche fino a Portogruaro pur di ballare - raccontano nell'allegro tavolo di Nando Vecchiet - oppure nelle sale dei casinò sloveni».Irrefrenabili le signore che, pur di non perdersi un ballo di coppia, hanno danzato anche tra di loro. «Come al solito la maggior parte di quelli che vanno a ballare sono accoppiati, - ammette sconsolata Natalia Zoch, seduta su un divanetto in attesa che qualche cavaliere le proponga un giro di rumba - mentre ad arrivare da sole ci sono soltanto donne». Infilata in un tubino grigio, non ha nemmeno finito di sbuffare ed ecco arrivare un arzillo signore che la invita a scendere in pista.Sfrenati gli uomini: doppiopetto per alcuni, abbigliamento casual per altri. Con estrema sicurezza si sono cimentati in complesse figure di tango, scatenati hulli gully e altro, con tanto di piroette e casquet.All'inizio di ogni canzone, un'ovazione. «Queste sono le nostre musiche, - avvisa Nerina Pellaschier - con queste ci siamo innamorate, fidanzate e sposate».Nell'arco della serata, tutti, almeno per un quarto d'ora, hanno calcato la pista. Svolazzanti e scintillanti le mise delle signore: «Se non ci facciamo belle per queste serate, - osserva Elvira Parovel - quando dobbiamo vestirci a festa? Io ci tengo a far fare una bella figura a mio marito: altrimenti, con tutte queste belle signore che ci sono, si guarda in giro». La festa era tutta per il ballo. Le pizzette, la pasticceria e le bibite offerte gratuitamente nel corso della serata non interessavano a nessuno. Giusto un sorso di vino o un bicchiere d'acqua per riprendere fiato. Semivuoto il tavolo del buffet: «Adesso si balla - spiegano Mario Cechet e sua moglie Susanna - per mangiare c'è tempo tutta la vita. È così raro poter trovare una serata come questa».Attorniato da vispe ballerine anche l'assessore comunale Franco Bandelli, artefice dell'iniziativa: «El voleva ’ndar via subito - commentano le sorelle Santina e Adele Sain, rispettivamente di 68 e 73 anni - ma lo gavemo costreto a far almeno un baleto». E via alle coreografie di gruppo.«Con un investimento contenuto - constata l'assessore - siamo riusciti a offrire a tutte queste persone una serata diversa, allegra. Mi sono persino commosso a vedere tanta partecipazione. Hanno entusiasmo, allegria e ottimismo da vendere. Proporrò di trovare un luogo adatto, magari al palasport di Chiarbola, per ripetere con una certa frequenza serate simili».Per qualcuno però la musica è un po' troppo forte: «Non si riesce parlare, il volume è troppo alta, - sostengono Costantina Tesserini e Aurelia Battelli - ma forse hanno fatto così perché qualche vecchietto è sordo».Si va avanti con Rosamunda e i Watussi. Un passo avanti, uno di lato, battimano e arrivano i balli a richiesta: «Vogliamo una baciata - gridano le signore agli All Stars. «Più balli lenti, - indica Luigi Schettino - con quelli si fanno le conquiste». E a fine serata molti si sono scambiati i numeri di telefonino.
A Rovigno un cinque stelle da 500 euro per notteROVIGNO La stampa croata lo definisce l'albergo «più esclusivo di tutto l'Adriatico», una struttura perfettamente in linea con le alte esigenza del jet – set mondiale. E anche i prezzi ovviamente sono ai massimi livelli: il pernottamento con colazione viene a costare 500 euro, all'incirca uno stipendio medio in Croazia. Stiamo parlando dell'hotel Monte Mulini, un cinquestelle, costruito alle porte del suggestivo Parco di Punta Corrente, sull'area dove un tempo sorgeva l'omonima struttura in funzione del turismo di massa ai tempi dell'ex Jugoslavia.Ora è tutto cambiato: la Maistra, ossia la divisione per il turismo del Gruppo Adris che raggruppa anche la Fabbrica tabacchi, ha voluto fare veramente le cose in grande. L'albergo, su tre piani, ha 105 camere e appartamenti e tutti godono di un incantevole panorama sul mare e sul nucleo storico di Rovigno, ci sono poi 3 ristoranti, diversi bar, un centro wellness e una cantina con 560 tipi di vini accuratamente scelti, provenienti da tutto il mondo. Ci sono anche 70 tipi di champagne e spumante. Per una grande bottiglia di champagne (15 litri) bisogna spendere una fortuna: 2.700 euro. Il servizio in camera è disponibile 24 ore al giorno, e a richiesta il personale serve da mangiare in camera, magari in un'atmosfera intima.Il lusso si manifesta in ogni particolare della struttura, dalle lampade realizzate a mano dai maestri vetrai di Murano, all'arredamento in legno di noce e pelle di cervo. Il design è stato curato dal rinomato «Studio Watg», un marchio di garanzia a livello mondiale. Va detto ancora che il personale ha frequentato il training secondo gli standard Leading Hotels of the World, tenuto conto che il Monte Mulini sarà il primo hotel croato a venir accolto nel gruppo. Per un albergo esclusivo ci vogliono ospiti esclusivi. E non si sono fatti attendere: anzi sono arrivati ancora prima della sua inaugurazione ufficiale. Il presidente del Gruppo Adris, Ante Vlahovic, uno degli uomini più ricchi in Croazia, ha ospitato Slavica Ecclestone, fresca fresca di divorzio da Bernie, il patron della Formula 1, e Zlatko Matesa, ex premier croato ora presidente del Comitato olimpico nazionale croato.L'incontro è avvenuto al Wine Vault, uno dei tre ristoranti del Monte Mulini. A servirli è stato Tomislav Gretic, uno chef di fama mondiale che però non ha voluto rivelare cosa abbiano mangiato. Conoscendo però i suoi gusti c’è da credere che a tavola non sia mancato il prelibato fegato d'oca. Il vino è stato servito da Emil Predec, sommelier di fama internazionale pluripremiato e custode della chiave della cantina. Neanche in questo caso si è venuti a sapere cosa abbiano bevuto i tre. Una domanda però è d’obbligo: si farà sentire la crisi economica mondiale? La direzione della Maistra non sembra minimamente preoccupata, anzi prevede liste di attesa dei clienti piuttosto lunghe. (p.r.)
Il caso
Oltre 350 ultrasessantenni in pistaTurismo
In Croazia equivale a un mese di stipendio