Apriamo con il Messaggero Veneto di Udine
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Fmi: per la prima volta dopo 60 anni il Pil mondiale potrebbe essere negativo.
Le Borse rialzano la testa dopo i ripetuti tonfi, Milano +5,98
Boom del ricorso alla cassa integrazione
Il presidente Tondo incontra i sindacati Cisl e Uil soddisfatte, Cgil prende tempo
Cresce l’allarme disoccupazione In Italia da gennaio a febbraio +46%. In Fvg in un anno si è passati da 2.700 a 6.000 senza lavoro
La Regione finanzia il piano anti-crisi: 65 milioni in arrivo e aiuti ai precari
UDINE. Cresce l’allarme per la disoccupazione e la situazione si fa pesante anche in Friuli Venezia Giulia, dove in un anno i senza lavoro sono passati da 2.700 a circa 6.000. Il dato nazionale, per quanto riguarda la variazione tra gennaio e febbraio, parla di un incremento del 46,13%. Di fronte a un aumento rilevantissimo della cassa integrazione la Regione corre ai ripari e finanzia un piano anti-crisi che prevede l’impiego di 65 milioni di euro (20 provenienti da Roma, il resto dal Fondo sociale europeo) e aiuti ai lavoratori precari. Il presidente Tondo ha incontrato i sindacati per illustrare le misure dell’amministrazione: Cisl e Uil hanno espresso soddisfazione, Cgil preferisce prendere tempo. Sul piano internazionale si registra la preoccupazione del Fmi, secondo il quale per la prima volta dopo 60 anni il Pil mondiale rischia di essere negativo.
I COSTI DELLA CRISI
CHI PAGA IL SUSSIDIO di TITO BOERI e PIETRO GARIBALDI
Un sussidio unico di disoccupazione garantito a tutti i disoccupati indipendentemente dal tipo di contratto, assicurando in partenza il 65% della retribuzione precedente e non meno di 500 euro al mese, costerebbe a regime, secondo le nostre stime, circa 15,5 miliardi di euro. Il sussidio si sostituirebbe alle indennità di mobilità, ai sussidi di disoccupazione ordinari e a requisiti ridotti e alle loro gestioni speciali per edilizia e agricoltura che costano in media 7,5 miliardi l’anno. Dunque il costo netto sarebbe di 8 miliardi. Il sussidio unico di disoccupazione potrebbe essere interamente finanziato con un contributo di circa il 3% delle retribuzioni in essere, senza alcun prelievo dalla fiscalità generale. Nella fase di transizione al nuovo sistema vi sarebbero però dei costi, stimabili in circa 4 miliardi, che non potrebbero che essere coperti dal bilancio dello Stato. Con la disoccupazione al 10% (e una durata di un anno e mezzo), costerebbe attorno ai 19 miliardi e richiederebbe comunque risorse dalla fiscalità generale non lontane da quelle che il governo sostiene di aver già reperito. Secondo Silvio Berlusconi costa un punto e mezzo di Pil, attorno ai 25 miliardi di euro. Secondo Pierluigi Bersani costa un quinto: 5 miliardi. Ma non si capisce di cosa stiano parlando. Una riforma degli ammortizzatori sociali può costare di più o di meno a seconda della durata e dell’entità dei sussidi offerti a chi perde il lavoro. Non ha senso parlare dei costi se prima non si chiariscono durata, livello e condizione di accesso ai sussidi di disoccupazione.Sostiene il ministro Brunetta che il nostro paese ha già «i migliori ammortizzatori sociali del mondo». Si vede che il suo ideale è un sistema che copre a mala pena un disoccupato su cinque, che tratta i licenziati dalle piccole imprese molto peggio di chi viene da quelle grandi, che esclude da qualsiasi protezione chi perde il lavoro nel parasubordinato, in cui il governo decide discrezionalmente a chi dare e a chi non dare il sussidio e in cui le spese eccedono sistematicamente i contributi, gravando perciò sul contribuente generico. Secondo noi, gli ammortizzatori sociali servono a ridurre i costi sociali della disoccupazione e chi perde il lavoro in Italia ha una probabilità di diventare povero sei volte superiore alla media. Per questo c’è bisogno di una riforma organica, che copra tutti i tipi di lavori alle dipendenze e dia certezze a chi si aspetta di essere aiutato se perde il lavoro.Il sussidio unico di disoccupazione potrebbe essere introdotto come uno schema che offra a tutti coloro che abbiano una precedente esperienza lavorativa (dunque anche a coloro cui non sia stato rinnovato un contratto a tempo determinato alla sua scadenza o che provengano dal parasubordinato) un sussidio che offra tassi di rimpiazzo (il livello del sussidio in rapporto alla retribuzione precedente) decrescenti nel corso del tempo. Per esempio, il sussidio dovrebbe essere pari al 65% dell’ultimo salario lordo percepito per i primi sei mesi, scendere al 55% dal settimo al diciottesimo mese e, infine, fornire un sussidio di ammontare fisso, un’assistenza per la disoccupazione di lunga durata pari a 500 euro mensili per chi, con lunghe carriere lavorative alle spalle, abbia già ricevuto i sussidi per diciotto mensilità (e fino a ventiquattro). L’ammontare della parte assicurativa dei sussidi, quella dal primo al diciottesimo mese di disoccupazione, non dovrebbe comunque scendere al di sotto di 500 euro, onde evitare di avere profili dei sussidi crescenti nel corso del tempo. Dato che anche i contributi versati per l’assicurazione contro la disoccupazione sono proporzionali al salario, il livello del sussidio dal primo al diciottesimo mese sarebbe proporzionale ai contributi.Il sussidio unico di disoccupazione, a regime, dovrebbe sostituirsi agli schemi selettivi attualmente esistenti (cassa integrazione straordinaria, liste di mobilità, sussidi ordinari e a requisiti ridotti, per lavoratori agricoli ed edili) a eccezione della sola cassa integrazione ordinaria che ha funzioni di supporto a temporanee riduzioni di orario. Ma in una fase di recessione come l’attuale è bene considerare un sussidio che semplicemente si aggiunga agli schemi esistenti, nel senso che interviene solo se questi offrono tassi di rimpiazzo inferiori o hanno una durata inferiore ai due anni.Dato che l’accesso ai sussidi richiede unicamente una precedente esperienza lavorativa, ipotizziamo di coprire tutti coloro che passino dall’occupazione alla disoccupazione secondo i flussi ricostruiti a partire dalle Indagini sulle forze lavoro dell’Istat dell’aprile 2007. Sotto queste ipotesi, la riforma dei sussidi di disoccupazione costerebbe a regime circa 15,5 miliardi di euro, come indicato dalla tabella qui sotto. Per arrivare a questa cifra abbiamo ipotizzato che, a regime, la disoccupazione sia pari all’8% (oggi è al 6%), con circa 2 milioni di disoccupati (oggi un milione e mezzo), mentre la base occupazionale sia di 23,5 milioni e la durata media della disoccupazione pari a un anno. Nelle nostre stime, il sussidio medio è pari a 750 euro mensili, contro una media di 500 euro (per la platea molto più piccola che riceveva il sussidio) nel periodo 2003-6.A regime con la disoccupazione costante, sarebbe pertanto necessario reperire circa 15,5 miliardi di euro, 8 in più di quelli oggi assorbiti dai vari tipi di sussidi di disoccupazione ordinari e a requisiti ridotti e dalle indennità di mobilità, che verrebbero assorbite e rese più generose con il sussidio unico. Se il sussidio unico sostituisse anche la Cig straordinaria, il costo netto aggiuntivo si ridurrebbe a 6,5 miliardi.Il sussidio potrebbe essere interamente finanziato con un contributo pari al 3,3% della retribuzione, rispetto ai contributi oggi tra l’1,6 e il 2,4% per i sussidi ordinari e all’1,2% destinato a Cig straordinaria e indennità di mobilità. I nostri calcoli ipotizzano che tutti i posti di lavoro, esclusi 3 milioni di lavoratori autonomi (veri), finanzino il sussidio ordinario. Con una retribuzione media di 20 mila euro lordi.I lavoratori del parasubordinato non hanno sin qui pagato contributi per l’assicurazione contro la disoccupazione. Il sussidio potrebbe per loro essere introdotto in una fase iniziale di un anno come un sussidio di ammontare fisso, come quello altrimenti concesso dal diciottesimo al ventiquattresimo mese, vale a dire pari a 500 euro e durare fino a sei mesi.Se nel 2009 dovessero perdere il lavoro 600 mila lavoratori subordinati (più di un terzo del totale) e questi ricevessero un sussidio piatto a 500 euro per sei mesi, il costo per le casse dello Stato sarebbe di 1,8 miliardi. Anche i lavoratori con contratti a tempo determinato che scadono in corso d’anno hanno solo in parte pagato i contributi che il sussidio unico richiede. Se 850 mila di loro dovessero perdere il lavoro nel 2009 questi costi dovrebbero essere coperti con un contributo dalla fiscalità generale di circa 2,8 miliardi. Il costo della transizione a carico del contribuente generico sarebbe dunque di 4 miliardi, meno della metà dei 9 miliardi apparentemente reperiti dal governo per gli ammortizzatori sociali.Bene, infine, considerare anche scenari molto negativi. Nel caso in cui la disoccupazione salisse al 10%, il sistema costerebbe circa 19 miliardi, con un fabbisogno di ulteriori risorse di quasi 3,5 miliardi, per un totale dunque di 7,5 miliardi da reperire dalla fiscalità generale. Siamo, come si vede, non lontano da quanto il governo sostiene di avere già reperito. Quindi non si dica che la riforma non è finanziariamente sostenibile. Semplicemente, sono altre le priorità di questo esecutivo. Vuole tenersi un sistema che è il migliore strumento di potere del mondo.(Tratto da
www.lavoce.info)
Orrore nel tratto autostradale di Portogruaro: il corpo di una donna martoriato dai veicoli di passaggio La giovane straniera faceva la prostituta Indagini a tutto campo
Cadavere dilaniato, giallo sull’A4 E’ di una 18enne ungherese che forse è stata gettata da un’auto
di CARLO MIONPORTOGRUARO. Il corpo sull'asfalto è stato investito dai camion. Di quell'esile corpo è rimasto poco. In tasca un documento ungherese. Katalin Doczi, 18 anni, era una prostituta. E' morta l'altra notte verso le 2 in A4, direzione Trieste, tra Portogruaro e Annone. C'è il sospetto che qualcuno l'abbia fatta volare da un'auto in corsa. Di sicuro lì non ci è andata da sola. Per ora si indaga per omicidio colposo. La ragazzina, perchè questo era Katalin, indossava ancora gli abiti da lavoro.
I quattro stracci che la coprivano per renderla attraente agli occhi di chi, di notte, cerca sesso a pagamento. Quella mini, quegli stivali e la maglietta col giacchino erano diventati col corpo una massa informe, quando il tir del camionista ucraino le è passato sopra. Molto probabilmente era l'ennesimo automezzo che calpestava quel corpo. Ma è stato quel camionista a fermarsi ad accostare, a chiamare la polizia stradale per segnalare quanto accaduto. L’unico ad avere pietà. Erano le 2.30 quando sul posto sono arrivate le prime pattuglie della polizia stradale di San Donà. Il camionista ha spiegato agli agenti che non ha potuto far nulla per evitare quel corpo esamine in mezzo alla carreggiata.L’abbigliamento della giovane ha fatto sospettare subito che si poteva trattare di una prostituta o di una ballerina di qualche locale dove in realtà più che danzare le ragazze si vendono. Poi quei documenti ungheresi e la certezza, grazie agli agenti della Squadra Mobile che quel corpo prima di essere reso irriconoscibile apparteneva ad una giovanissima prostituta. La certezza che fosse Katalin c'è stata quando sono state comparate le sue impronte con quelle presenti in archivio in questura e prese alla ragazzina. Come avviene in questi casi poi sono state avvertite, attraverso il consolato ungherese, le autorità del suo paese. Terminali per arrivare alla famiglia che, chissà, se sapeva il lavoro che la ragazzina faceva in Italia.Oggi l’autopsia ordinata dal pm Emma Rizzato per stabilire le cause della morte. Per capire se Katalin era già morta quando è stata travolta dai camion. Le indagini della Mobile ora dovranno accertare prima di tutto come è arrivata sul posto la ragazzina. Non aveva auto, non aveva la patente. Forse l’ha portata un cliente o magari qualcuno del racket a cui non andava bene che lei rimanesse sul Terraglio a “lavorare”. O perchè, magari, voleva drle una lezione per non aver accettato di lavorare per lui. Di certo non è stato soltanto un incidente anche se il fascicolo aperto dal pubblico ministero Emma Rizzato riguarda per il momento l’omicidio colposo. In quel tratto di utostrada non ci sono piazzole di sosta o aree di servizio che possono far pensare che la giovane abbandonata da un cliente volesse attraversare l’autostrada per raggiungere qualche luogo. Come altre volte successo invece in tangenziale o a Villabona.Lì la ragazza è stata portata. C’è il forte sospetto che sia stata buttata da un camion o da un’auto in corsa o che lei abbia cercato di scappare da qualcuno aprendo la portiera in corsa. Perchè? E’ la domanda principale a cui dovranno dare una risposta gli investigtori. E naturalmente chi?Ieri per tutta la giornata i poliziotti della Mobile con l’aiuto degli operatori dei servizi sociali del Comune hanno sentito le ragazze che si prostituiscono lungo il Terraglio alla Favorita. Le ragazze, in buona parte ungheresi, che conoscevano Katalin. Qualcuna forse ha visto con chi è salita la ragazza: l’ultimo cliente o chi la voleva sfruttare. Chissà. Stando a quanto accertato fino ad ora, la ragazzina l'altra sera aveva avuto alcuni clienti. Da quanto hanno accertato gli inquirenti non sembra che la ragazza avesse un protettore. Come del resto la gran parte delle ungheresi e delle romene che lavorano in strada. Ragazze diventate comunitarie e quindi non più riccattabili sul fronte del permesso di soggiorno a cui non sono pià soggette. Nessuno infatti le può espellere.
Baby-dopati e podisti “carburati” a Viagra Ma i medici avvertono: è una leggenda, agli sportivi la pillola blu non serve
Friuli Anabolizzanti e farmaci anche tra i dilettanti e l’età media di chi li assume si sta abbassando
UDINE. E’ il Viagra il doping che va di moda tra podisti e ciclisti della domenica. Un additivo fai da te, senza controlli e per questo ancora più rischioso per la salute. La pillola blu, che è un medicinale a tutti gli effetti usato sotto stretto controllo medico per curare le disfunzioni erettili dell’uomo, pare sia diventata, purtroppo anche in Friuli, una sorta di pastiglia miracolosa per resistere alla fatica e agli sforzi prolungati durante le corse di fondo e mezzofondo. Ma è solo una leggenda metropolitana.
Menu alla carta in ospedale I pasti saranno prenotati al computer la sera prima
Udine Vassoi personalizzati, su ogni confezione il nome del paziente
UDINE. Il pasto scelto la sera prima direttamente dal proprio letto d’ospedale. Alla carta, come al ristorante. E’ la novità che l’ospedale introdurrà in tutti i reparti.
Regolamenti della Camera E’ scontro Fini-BerlusconiIL PD. «Come un fiume carsico, ciclicamente riemergono le pulsioni autoritarie del presidente Berlusconi». Dimostra «assenza di cultura istituzionale»
L’IDV. La proposta è «indicativa dell’idea che Berlusconi ha del confronto parlamentare». Il premier ritiene, infatti, «inutili» le Camere e «le vuole ridurre al ruolo di notai».
LA GAG. Il Cavaliere in una casa di riposo scambia una battuta con una signora che crede sia la più anziana, la quale però dice: «Sono sua coetanea!». E lui: «Ma io mi sento sempre di 35 anni».
di GABRIELE RIZZARDIROMA. In Parlamento votino solo i capigruppo. La proposta-choc, subito bocciata da Gianfranco Fini, dalla Lega e dalle opposizioni, parte da Silvio Berlusconi e scatena un vespaio di polemiche. L’occasione per chiedere che la modifica dei regolamenti parlamentari possa garantire al governo un voto «blindato» su qualunque provvedimento è offerta al premier dall’assemblea che, a tre settimane dal primo congresso del Pdl, vede riuniti al cinema Capranica i deputati e i senatori di An e di Forza Italia. Il Cavaliere - nel giorno in cui alla Camera s’inaugura il sistema “anti-pianisti” - parte con una considerazione che raccoglie le lamentele di quei parlamentari che dicono di essere sottoposti a un numero eccessivo di votazioni: «Io capisco i nostri deputati, che sono persone “del fare” e non funzionari di partito, che si sentono deprimere in Parlamento con votazioni continuative...». E, poi, lancia l’affondo: «Il capogruppo deve rappresentare in aula o in commissione tutti i deputati. Chi non è d’accordo, potrà votare contro o astenersi». In Parlamento si dovranno conoscere solo i nomi di chi si astiene o si oppone a una qualunque legge proposta dal governo o dalla maggioranza? L’idea non convince Gianfranco Fini e la bocciatura è immediata. Passano cinque minuti e da Montecitorio arriva la replica: «La proposta era già stata avanzata ed era caduta nel vuoto. Accadrà anche stavolta», taglia corto il presidente della Camera che, in mattinata, con una intervista rilasciata al quotidiano spagnolo “El Mundo”, era tornato sulla possibile candidatura di Berlusconi al Quirinale. Il Cavaliere sarà presidente della Repubblica? «Certamente oggi ha un appoggio personale e popolare che rende questa ipotesi tutt’altro che remota», risponde Fini.Ma a non pensarla allo steso modo è proprio Berlusconi che, ad una precisa domanda, dice di non aver letto l’intervista a Fini e poi liquida la questione con un sorriso: «Fini mi vede al Quirinale? Io non vedo niente...».Al di là del continuo scontro a distanza tra Fini e Berlusconi, resta il fatto che il presidente della Camera non esclude la possibilità di diventare (un giorno) presidente del consiglio. La domanda dell’intervistatore è secca: lei si vede come primo ministro? La risposta di Fini non lascia dubbi: «Al di là di come uno si vede allo specchio, la politica è realismo e strategia. Io credo di aver contribuito a una strategia che ha portato la cultura della destra italiana a integrarsi pienamente con il sistema politico...».Al cinema Capranica si parla invece della proposta di cambiare i regolamenti parlamentari e Berlusconi, a sostegno della sua tesi, chiama sul palco il ministro degli Esteri. E Franco Frattini illustra l’esempio di Parigi: «All’assemblea nazionale francese da 40 anni è possibile il voto per delega, quando ci sia una missione autorizzata dal governo o una malattia. Il deputato può delegare il suo presidente per 8 giorni consecutivi». Ma Berlusconi propone anche un’altra modifica ai regolamenti parlamentari: consentire che la maggior parte delle votazioni si tenga «solo nelle commissioni» e mandare in aula «solo il voto finale sul provvedimento».Nel suo intervento, come sempre a lungo applaudito, il premier promuove a pieni voti i provvedimenti del suo governo e assicura che se la crisi si aggraverà ci sarà la cassa integrazione per tutti: «Il nostro sistema è a moduli e potremo intervenire in tutte le direzioni». L’ultimo appello riguarda l’approvazione della legge che limita le intercettazioni telefoniche: «Questa legge non è quella che volevo ma va comunque bene. Ecco perché va votata e se ci sarà il voto segreto, auspico un largo consenso».
Il Tar dà torto alla Regione: il cementificio si poteva faredi DOMENICO PECILE
UDINE. Si riapre il caso del cementificio di Torviscosa. Una sentenza del Tar annulla infatti il provvedimento della Giunta regionale del giugno 2007 che bloccava la costruzione proposta dalla Cementi Nordest a Cervignano. E obbliga la Regione a a rinnovare il procedimento: tutti gli atti dovranno essere rimandati alla Commissione regionale di Valutazione d’impatto ambientale. Soddisfatta, dunque, la Cementi Nordest, che aveva presentato il ricorso ritenendo di aver subito un’ingiustizia dal procedimento della Regione.La vicenda del cementificio aveva scaldato gli animi della bassa friulana, ma anche dei piani alti in Regione, per mesi e mesi. A giugno 2007 era infine arrivata la delibera della Giunta che bloccava tutto, nonostante la posizione favorevole di buona parte dell’esecutivo di Riccardo Illy. La sentenza firmata dal presidente del Tar Saverio Corasaniti il 28 gennaio accoglie insomma il ricorso, e ripercorre la travagliata storia. Franco Zambelli, l’avvocato che ha difeso la Cementi Nordest, spiega: «La commissione tecnica ha espresso il parere all’ufficio Via. Ma a fronte del parere favorevole, il Via ha voluto risentire il parere di Arpa e Ass, e ha deciso autonomamente.Chi presiedeva la commissione - ha violato le regole». «Il “supplemento di istruttoria” effettuato dalla Direzione Centrale Ambiente - si legge nella sentenza - e i nuovi documenti acquisiti, (si era già espressa la Commissione tecnico-consultiva Via, ndr) ritenuti necessari», non sono stati nuovamente sottoposti alla Commissione tecnico-consultiva del Via. Il Tar certifica il fatto. E annulla la delibera: per «violazione del principio di giusto procedimento e di legalità» e, ancora, per «contraddittorietà e illogicità, difetto di motivazione e straripamento di potere». Tutto da rifare: ora si vedranno le intenzioni dell’azienda. Ma anche il clima politico ed economico. Sarà pronta, la società regionale, a dire di no a un investimento industriale in tempo di crisi?Ma ecco come si era snodata l’intera vicenda. La Cementi Nordest presenta il suo progetto per la realizzazione del cementificio nella primavera del 2006. Aveva acquistato il terreno anche in ragione del fatto che il progetto sarebbe andato avanti più o meno tranquillamente. I terreni avevano un valore di 8 milioni di euro per un investimento di 100 milioni, per produrre 3.600 tonnellate al giorno di clinker, 2.500 di cemento, 550 di premiscelati e 147 di calcestruzzo. Ma serve il giudizio dei 6 Comuni (quello interessato e i contermini).I vari pareri iniziano alla fine tra i mesi di luglio e agosto del 2006. Ci sono quattro secche bocciature (Terzo di Aquileia, Cervignano, Porpetto e Carlino), mentre gli altri due (Torviscosa e San Giorgio) danno parere favorevole con delle prescrizioni. Passa il 2006 e nel marzo, per la precisione il 28, arriva il parere Via. Prima di quel parere ci sono diversi documenti che mettono in evidenza come sia impervia la strada per il “sì”. Su circa una dozzina di pareri, l’80 per cento e contrario all’opera. Ma tutti rimangono un po’ sorpresi perché quel 28 marzo il parere del Via (Valutazione impatto ambientale) è positivo. Da quel giorno comincia la grande battaglia.Molti sindaci rumoreggiano (Grado, Aquileia, Marano tanto per citarne alcuno), mentre anche il territorio si mobilita contro il parere del Via. A Torviscosa viene costituito un Comitato trasversale. Sono giornate dense di tensione. Anche la maggioranza regionale subisce contraccolpi: Illy e diversi assessori sono favorevoli al cementificio; altri tacciono, mentre il gruppo consiliare è in larga parte favorevole. L’unico degli ex Ds che si mette decisamente di traverso è Mauro Travanut. Neppure l’opposizione scalpita più di tanto, fatta eccezione per la contrarietà della Lega Nord all’opera. Intanto, la Provincia di Udine, per nome di alcuni assessori, si dichiara contraria. Uno degli snodi della vicenda è il resoconto dell’Azienda sanitaria (che già all’inizio del 2007 aveva redatto un referto negativo). Anche il nuovo parere boccia il progetto dal punto di vista sanitario. La vicenda approda in aula: siamo il 23 maggio ed è scontro. Da sottolineare che il 1 maggio la protesta era esplosa anche nella piazza di Cervignano, mentre Illy manifestava apertamente la sua posizione a favore del cementificio. Il 14 giungo la parte politica si prende la reponsabilità, alla luce del verdetto dell’azienda sanitaria, di respingere il progetto. (Ha collaboratoBeniamino Pagliaro)
Nives, 12ª sfida himalaiana per il record degli OttomilaTARVISIO. L'obiettivo è quello di diventare la prima donna al mondo ad aver scalato tutti i 14 Ottomila e senza l'uso di ossigeno, ma soprattutto di poter continuare a frequentare Himalaya e Karakorum. La bergamasca di nascita e tarvisiana d'adozione Nives Meroi, 48 anni, che ha già conquistato undici "Giganti" della Terrà, ora punta al Kangchenjunga, 8.586 metri, in Nepal. La partenza assieme al marito Romano Benet è fissata per domenica da Milano.Con lei, dunque, ci sarà solamente Romano Benet. Ma insieme formano la cordata, o meglio la coppia, che ha scalato più Ottomila al mondo. Lo stile di ascensione sarà come sempre leggero, ovvero senza portatori d'alta quota.Per eguagliare il record di Reinhold Messner - e regalare un primato eccezionale all'Italia - alla Meroi mancano ancora le vette di Makalu e Annapurna, oltre al Kangchenjunga.A contenderle il primato di prima donna a mettere i piedi su tutti i 14 Ottomila, sono l'austriaca Gerlinde Kaltenbrunner, di 39 anni e la basca Edurne Pasaban, di 36 anni, che pure hanno raggiunto la meta delle undici cime conquistate: la prima sarà impegnata la prossima primavera sul Lhotse (le mancano anche Everest e K2), la spagnola invece scalerà il Kangchenjunga per poi puntare a Shisha Pangma e Annapurna.Per Nives Meroi che lo scorso ottobre aveva conquistato il Manaslu (la cima dei giapponesi), sulla cui vetta era salita con il marito Romano e con la giovane guida alpina tarvisiana Luca Vuerich, questo è un ritorno nel regno degli Ottomila, dove nel 2006, salendo il K 2 attraverso lo Sperone Abruzzi, aveva compiuto un'impresa di grande valore alpinistico per una donna, avendo raggiunto la seconda cima della Terra da sola con il marito, senza l'ausilio dell'ossigeno e senza aiuti nel battere la traccia nella neve sull'ultimo, difficilissimo tratto della montagna.Il Kangchenjunga (nota anche con il nome di Kanghendzonga), è una montagna che si erge al confine tra il Nepal e il Sikkin e il suo nome deriva dal tibetano e dovrebbe significare «i cinque forzieri della grande neve».I primi salitori del Kanchenjunga sono stati, nel 1955, Georg Band e Joe Brown, gli uomini di punta della spedizione inglese guidata da Charles Evans che avevano attaccato la montagna dal ghiacciaio Yalung sul versante occidentale. Lo stesso itinerario, dunque, scelto per compiere la sua impresa da Nives Meroi che da dicembre, assieme al marito, che ha lasciato il Corpo Forestale dello Stato, gestisce un negozio specializzato, l'Alp Station, di articoli sportivi d'alta montagna, in centro a Tarvisio. Un’attività che in loro assenza sarà curata dalla sorella di Nives, Leila, che per motivi di di studio (è impegnata in un tirocinio all'Università di Udine) non potrà prendere parte alla spedizione.Il programma: domenica mattina partenza da Milano con il volo per Abudabi e quindi, arrivo a Katmandu. Da dove, espletate le pratiche burocratiche, cominceranno il trekking verso il campo base, una marcia di avvicinamento di 10/12 giorni circa, quindi verso i primi di aprile, Nives Meroi e Romano Benet cominceranno l'acclimatamento e a preparare la salita che contano di effettuare verso la fine del mese di aprile, primi di maggio.Giancarlo Martina
Tutti assieme al Friuli a gridare forza UdineseL’appello
di ANDREA MAGRO*
E’ una lettera da un tifoso ai tifosi, non vi scrivo queste righe perché ora lavoro all’Udinese, ma perché nelle mie vene scorre la stessa passione che scorre in voi. Quale tifoso friulano non si ricorda quel fiume di persone che da Vicenza rientrava a Udine triste per la sconfitta nello spareggio con il Parma? Quale tifoso non si è emozionato per il gol di Gerolin contro il Napoli che è valso una salvezza storica? Quale tifoso non è impazzito per il gol di Zico contro la Roma? Quale tifoso non era in piazza Primo maggio quando espugnando l’Olimpico abbiamo conquistato una Uefa bellissima? Quale tifoso non ricorda i trenta metri di Cappioli in contropiede contro l’Ajax e quella palla che uscì di pochi centimetri? Poteva valere il 3-0, poi arrivò quel 2-1 che per pochi istanti ci tolse il fiato dal dispiacere, ma per incanto ci ritrovammo tutti in piedi ad applaudire la nostra Udinese, pure eliminata, perché ci aveva regalato una notte magica. Quale tifoso non ha vissuto come un sogno la qualificazione alla Champions e il suo cammino? Il capolavoro della gestione Pozzo che ora sta lavorando a un progetto finalizzato a farci rivivere altri sogni indimenticabili per una notte, una notte che sarebbe bello stampare nella galleria dei ricordi.Torniamo tutti assieme allo stadio, riempiamolo di passione, per una volta non pensiamo che piove, per una volta non pensiamo che non c’è la copertura, per una volta non pensiamo che sia più comodo vederla in tv, una volta per tutte facciamo vedere che non è vero che siamo freddi, per una volta facciamo tutti assieme rimbombare quel “Forza Udinese” che per anni veniva scandito, partiva dalla curva e tutto lo stadio lo raccoglieva. Contro lo Zenit potrebbe essere un passaggio del turno storico, potrebbe voler dire un altro gradino salito nella ricerca della costruzione dell’Udinese che tutti noi sogniamo. E visto che i sogni vale la pena viverli, perché non possiamo per una volta goderci lo spettacolo che noi stessi possiamo creare, per guidare la nostra squadra verso una grande prova?Da tifoso mi piacerebbe che questa lettera fosse capita, fosse portatrice di un’emozione che so rinchiusa in tutti noi... Liberiamola per una volta, lasciamoci portare dall’amore che abbiamo verso questi colori. Riempiamo di calore e passione lo stadio, facciamoci trovare già tutti dentro quando i giocatori usciranno per il riscaldamento, facciamogli capire che noi ci siamo, che noi siamo pronti, che siamo al loro fianco per spingerli verso un’impresa. Facciamo in modo che siano due ore indimenticabili. Forza Udinese!*dirigente dell’Udinese
Liriche, la nuova raccolta di Cappellodi MICHELE MELONI TESSITORI
UDINE. Nel mezzo di un cammino che gli piace ammettere di non sapere se procederà lungo una strada segnata, dritta, se cambierà direzione all’improvviso o se si biforcherà, Pierluigi Cappello riappare sullo scenario letterario nazionale con diciannove testi pubblicati sull’ultimo numero del mensile Poesia, la ribalta piú autorevole per chi compone versi. «È giusto un abbozzo di quello che sarà il prossimo libro che non so ancora in quale futuro si collocherà» spiega il vincitore dei premi Montale, Bagutta Opera prima e San Pellegrino. Un’incertezza in realtà ricca di promesse e di prospettive: un punto di svolta, per la stessa ammissione dell’autore, nato a Gemona, ma originario di Chiusaforte, che ha avvertito l’urgenza artistica di anticipare la pubblicazione di alcune composizioni proprio per dare un segno «ai lettori di poesia, che sono pochi, ma molto attenti», per dire loro «guardate, sono qui, non vi ho lasciato, lavoro nel silenzio». Un segno di presenza «come quando si telefona a un vecchio amico che non si sente da tempo».Cappello non fa mistero di vivere un passaggio: «Quello che completerò sarà un lavoro importante per il mio sviluppo di scrittore in versi, nel quale la forma letteraria è diventata gesto, è diventata natura. Potrà sembrare presuntoso, ma sento che tra il pensiero e il detto la distanza si è molto ridotta».I testi consegnati all’editore Crocetti testimoniano già che Cappello è approdato «a una tensione narrativa molto piú evidente. Intanto perché la prima sezione ha come luogo unificante Chiusaforte, il paese delle origini. E poi i testi: sono molto piú estesi, contano anche sessanta versi con una chiara disposizione al racconto».Anche i temi sono nuovi: c’è il rimando alla figura del padre scomparso e della nipote Chiara e il poeta è «il medium che tiene insieme i due universi, una sorta di Giano che getta uno sguardo su un mondo che non c’è piú e sull’altro che non c’è ancora». Di nuovo c’è, poi, l’uso dell’italiano anteposto al friulano («non so ancora se ci sarà una sezione del libro in marilenghe») perché «utilizzo la lingua secondo le mie necessità di espressione. L’ho detto piú volte - spiega Cappello - che ogni lingua è una pronuncia differente del mondo e riunirne piú d’una in un solo individuo ti consente di esprimere in maniera estesa il tuo io». Abituato a scavare, qui Cappello sente la necessità di spiegarsi nel profondo: «Le parole non sono solo quello che significano, sono materia come il marmo di Carrara per Michelangelo - si parva licet -. Hanno una forma, uno spessore sonoro e il semplice uso di una vocale o dell’altra può generare cupezza o gioia».Cappello ha dunque imboccato questo sentiero impervio: «Ho un’idea di poesia piuttosto esigente: credo che essa tenda verso il silenzio, il verso perfetto è quello non detto». E a metà del cammino ha sentito il bisogno di dare un segnale.La serie di versi consegnata a Poesia si apre con un Mandate a dire all’imperatore che potrebbe anche riassumere il titolo della raccolta per ora incompleta. «C’è un tale che manda dei messaggi al potere della forma che ciascuno è libero di identificare come ritiene - spiega l’autore -. È uno che si pone al livello dell’imperatore, con quel mandate a dire che esprime la volontà della poesia di non recedere, di non avere complessi di inferiorità rispetto a una certa idea di dominio». È «una voce che viene dalle periferie, lontana»; una voce «che mette in allerta», che ci avverte dei rischi di un’umanità inaridita, «da cosa è sotto gli occhi di tutti, basta guardare allo spettacolo desolante delle tv o, in questo momento di acuta crisi economica, all’insorgenza di nazionalismi e di egoismi che si credevano sopiti».Dobbiamo, dunque, immaginare un Cappello piú ideologico, politicizzato? «Rifiuto la parola impegno perché chi scrive poesia oggi, solo perché lo fa, compie già un’azione civile detto tra infinite virgolette. La ricerca di pronunce e di declinazioni dell’esistenza alternative rispetto a quanto è proposto ordinariamente dal sistema mediatico è già un fatto di per sé rivoluzionario». Compito reso ancora piú ostico dalla constatazione che «fare ricerca letteraria, scrivere versi, richiede una tranquillità, sia economica, ma anche di pace domestica, che io non ho».Una pace che è stata turbata anche dal successo di critica, dalla consacrazione? «Qualcosa è effettivamente cambiato - confessa -. Il numero del mio telefono fisso è sull’elenco, a un certo punto ho dovuto staccare la cornetta. Ma non è cambiato il mio atteggiamento rispetto al foglio, alla scrittura con la penna e la registrazione successiva al computer. È rimasta quell’idea della responsabilità, del dare risposte una volta che metti le cose nero su bianco». Il successo cambia «non tanto come riconoscimento, ma per il fatto che si riduce la distanza tra il pensato e il detto e allora capisci che stai facendo qualcosa che si avvicina alla poesia».Cosí adesso ecco uscire queste anticipazioni di un’opera «che si colloca come una sorta di displuvio tra Assetto di volo (la precedente raccolta, ndr) e quello che verrà». A metà del cammino, dunque, ma per andare dove? «Per arrivare a un fallimento. Come ricordavo ne Il dio del mare, scrivere è coltivare con ostinazione e con cura il proprio fallimento, portarne tutto il peso, non un milligrammo di meno. Chiunque, intendo, scriva versi nel tentativo di fare irrompere l’assoluto in questo mondo di relativi. Poi, certo, non ricordo chi l’abbia detto, ma esistono bei fallimenti».
TARCENTO
Rubavano nella mensa scolastica Sei denunciati TOLMEZZO
Un bambino di 9 mesi muore nel sonno UDINE
Ex Domenichelli Appartamenti di lusso e uffici CODROIPO
Case allagate La protesta di 16 famiglie ===
A seguire la prima pagina de Il Gazzettino, edizione Friuli
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I dati dell’Agenzia del lavoro. Intanto la Regione ha definito il suo piano d’azione
L’export fa rallentare la crisi
Crescita di poco inferiore al 9% nel 2008. Ma la cassa integrazione si impenna
Il Friuli Venezia Giulia mostra un quadro migliore rispetto al resto d’Italia e tutto sommato in linea con il Triveneto, ma non conoscerà la ripresa prima del 2010, molto probabilmente più verso l’autunno che in primavera. Sono le indicazioni fornite da Domenico Sartore, presidente dell’Istituto Greta Associati, intervenuto ieri alla presentazione dei rapporti trimestrali del Fvg, che hanno evidenziato come i segnali di sofferenza dell’economia regionale si accentuino. Nel 2009 - secondo l’Agenzia regionale del Lavoro - si prevede un calo del Pil stimato tra l’1 ed il 2,2%, mentre nei primi due mesi dell'anno la cassa integrazione è quasi quintuplicata e gli ingressi in mobilità sono fortemente aumentati su tutto il territorio regionale. Intanto la Regione ha presentato il suo piano organico di interventi per fare fronte alla crisi: un piano che prevede opere pubbliche, bonifiche, investimenti in beni mobili ed interventi nell’edilizia sanitaria. E ora punta ad investire ulteriori risorse a sostegno del reddito inserendo nell’azione anti-crisi anche i precari.
DOMANI LA COPPA UEFA
Arrivano i tifosi russi addio al coprifuoco alcolico
Il Comitato per la sicurezza: l’ordinanza non è necessaria
Niente ordinanza anti-alcol per l’arrivo dei tifosi russi dello Zenit di San Pietroburgo. I tajut (e forse anche qualche vodka) non avranno le consuete restrizioni a cui ci avevano abituato le partite di coppa Uefa in casa dell’Udinese. Ad annunciarlo è stato ieri mattina l’assessore allo Sport Kristian Franzil: «Si è riunito il Comitato per l’ordine pubblico e la sicurezza, che non ha ritenuto necessario richiedere un’ordinanza come quelle emesse in occasione delle altre gare Uefa. Visto che i tifosi russi saranno nell’ordine, a quanto pare, di 500-600 e siccome arriveranno in aereo o con qualche pullman, secondo le forze dell’ordine saranno più facilmente gestibile. Pertanto questa volta non dovrebbe essere necessaria un’ordinanza antialcol. A meno che non si verifichino cambiamenti clamorosi da oggi a giovedì, quel giorno non ci sarà nessun divieto di vendita o somministrazione di alcolici e superalcolici». Una novità. Anche in occasione dell’ultimo match Uefa con i polacchi del Lech Poznan, il divieto anti-alcol aveva regnato sovrano per tutto il pomeriggio pre-partita in centro e nelle vicinanze dello stadio, oltre che nelle frazioni dell’hinterland che ospitano i principali centri commerciali. Ma, stavolta, spiega il vicequestore aggiunto Gianni Belmonte, «non si è ritenuto necessaria l’ordinanza del sindaco».
PREZZI
Pane da venderea un euro al chilo Il sindaco è d’accordo
Apertura del sindaco Honsell alla proposta dell’assessore Franzil sull’attivazione di gruppi di acquisto per calmierare i prezzi di prodotti di prima necessità «Studieremo come intervenire», ha detto il primo cittadino di Udine
Scuole, un catalogo delle emergenze
Un gruppo tecnico di lavoro che provveda rapidamente a fotografare la situazione del patrimonio edilizio scolastico in Friuli Venezia Giulia. Il provvedimento sarà proposto alla Giunta regionale dall’assessore Roberto Molinaro, nel solco di quanto è stato concordato con un protocollo formale dallo Stato e dalle Regioni dopo la tragedia del crollo di un soffitto in Piemonte con la morte di uno studente. Il piano, finalizzato a «fronteggiare le situazioni di rischio connesse con la vulnerabilità anche degli elementi non strutturali», è stato sollecitato dalla Protezione civile nazionale.
LA LETTERA
Da ex rettore dico "brava"alla Compagno: Honsell non può attendersi alcun ringraziamento
di Franco Frilli (*)
Egregio Direttore, apro il Suo quotidiano del 10 marzo e stento a credere a quanto vedo. I titoli "All'inaugurazione, strappo tra l'Università e il Comune", "Compagno-Honsell nuovo strappo", "Università, Compagno ignora Honsell" mi sembrano chiaramente strumentali e polemici; tale sensazione mi viene confermata dalla lettura di quanto scrivono Lisa Zancaner e Antonella Lanfrit. Ritengo che quanto pubblicato ignori la storia e le tradizioni dell'Ateneo e voglia gettare discredito sullo stesso, in un difficile momento come questo. Quale unico Rettore che ha svolto il suo mandato per 9 anni accademici interi consecutivi, desidero ricordare ai lettori che all'inaugurazione dell'anno accademico dell'Università di Udine non è mai stato previsto nel programma un intervento/saluto del Sindaco. L'anno scorso - come fuori programma - l'allora Rettore Furio Honsell, rompendo una tradizione, ritenne di invitare il Sindaco Sergio Cecotti a parlare. Sarei curioso di conoscere da lui - anche se ormai è acqua passata - le motivazioni per cui lo fece; ...forse per creare il precedente, potrebbe dire qualche mala lingua!! Quanto poi al mancato esplicito ringraziamento da parte del Rettore Compagno al suo predecessore, penso a due fatti: 1) la prolusione Compagno mi è sembrata proiettata al futuro dell'Ateneo; l'ho apprezzata perché, proprio per uscire dalle difficoltà presenti, non ha voluto soffermarsi sul passato con il rischio di recriminare, ma ha stimolato all'impegno rivolto ad una ricerca sempre più seria e produttiva. 2) non credo che Furio Honsell potesse attendersi un pubblico ringraziamento dall'Università che ha lasciato ad anno accademico iniziato per dedicarsi all'Amministrazione comunale. Il fatto, in sé, potrebbe essere anche accettato, se non ci fosse stata precedentemente una chiara risposta di Honsell ad una esplicita richiesta rivoltagli da me, davanti al Corpo Accademico riunito in data 17 aprile 2007 per la presentazione dei programmi da parte dei candidati al rettorato. Chiesi davanti a oltre 100 convenuti: "Poiché è noto che da più parti sei contattato da gruppi politici per una tua candidatura alle elezioni dell'anno prossimo, ti chiedo: quali intenzioni hai? Prima di votarti come Rettore per la terza volta, è giusto che sappiamo se ci lascerai per strada a metà mandato come fece il tuo predecessore". Risposta: "Non lascerò il Rettorato nemmeno un giorno prima della fine del mandato". Dopo pochi mesi (sui 36 di mandato) divenne Sindaco di Udine! (*) rettore dell'Università di Udine dal 1983 al ’92
(F.A.) Nel ringraziare l’ex rettore Frilli per la sua lettera che fornisce nuovi spunti al dibattito sulla gestione dell’Ateneo e sulle scelte di Honsell, devo precisare che Il Gazzettino non ha voluto in alcun modo "gettare discredito" sull’Università né criticare la scelta del rettore Compagno - legittima, anche se inusuale - di non citare il suo predecessore. Ci siamo limitati a riportare, senza giudizi di merito, una notizia che riteniamo politicamente rilevante. Perché il fatto di non nominare neppure Honsell nel corso della lunga relazione (che è cosa ben diversa dal non invitarlo a parlare) significa chiaramente prendere le distanze dalla passata gestione dell’Ateneo.
Ieri il capogruppo del Pd ha incontrato a Trivignano Udinese i tecnici che seguono il progetto
«Elettrodotto, Terna in consiglio»
Martines accusa l’assessore Teghil: «Impreparato sull’argomento»
Udine
I chiarimenti che l’assessore provinciale all’Energia Stefano Teghil vuole ottenere dalla Regione sul progetto dell’elettrodotto Redipuglia-Udine Ovest sono già disponibili sul sito internet della Regione: la giunta regionale il 5 marzo ha deliberato di recepire i pareri dei Comuni interessati dall’opera pur attendendo dal ministero dell’Ambiente la comunicazione di apertura della procedura di valutazione ambientale. Lo ha comunicato ieri il capogruppo del Pd Francesco Martines, che nella veste di sindaco di Trivignano Udinese ha incontrato con i rappresentanti dei Comuni di Palmanova e Santa Maria la Longa i tecnici di Terna. «A questo punto - dice Martines - la giunta provinciale dovrebbe convocare i tecnici della società elettrica il 18 marzo in Consiglio, quando si discuterà la mia interpellanza. Quanto all’assessore Teghil, dovrebbe prepararsi meglio prima di riunioni come quella di lunedì scorso».
Il Ceghedaccio di primavera si prepara alla festa del 16 aprile
Ritorna alla Fiera di Udine il Ceghedaccio, l’evento musicale anni Settanta/Ottanta dedicato agli”over 30”. Molte saranno le sorprese dell’edizione del 16 aprile, a cominciare dal sito, ricco di contenuti e novità. Nuova è la presenza su Facebook dell’evento e nuovi saranno inoltre gli effetti che animeranno la serata. In questi giorni si apre la prevendita dei biglietti che potranno essere acquistati presso Natural Sound a Udine (tel. 0432 508586), da Dischi Eugenio a Codroipo (tel. 0432 906217), da Good Music a Pordenone (tel.0434 27036), presso Radio Attività a Trieste (tel. 040 304444) e da Newport Cafe a Gorizia (tel. 0481 520910). Il prezzo del biglietto intero è di € 18, mentre il biglietto ridotto, acquistabile solo previa presentazione della Ceghedaccio card, costa € 14 (più € 1,50 di diritti di prevendita), per la quale basta compilare il form sul sito
www.ceghedaccio.com.
IL CASO
Dopo lo strappo ricucito con Della Rossa il sindaco di Udine intitola una strada a Porzûs
A Udine adesso c’è via Porzûs. E sta in mezzo a un sacco di toponimi liguri. Franco Della Rossa, presidente della Commissione Toponomastica, ha vinto la sua battaglia. Il consigliere della lista civica del sindaco Innovare (che è anche vicepresidente del consiglio comunale udinese) aveva presentato le sue "dimissioni" dalla guida della Commissione consultiva dopo che l’esecutivo non aveva accolto per la seconda volta la proposta di istituire via Porzûs, in una laterale di via Liguria. La giunta aveva intitolato un’area verde al musicista Albino Perosa, un’altra ai donatori di organi, ma di vie Porzûs proprio non sembrava volerne sapere. Mica per cattiveria, aveva assicurato l’assessore Paolo Coppola. Se la giunta di Udine aveva rinviato la proposta alla commissione chiedendole di rivedere la denominazione era solo per una questione di «omogeneità»: all’esecutivo non sembrava il caso di inserire una via Porzûs, toponimo pur così legato alla storia - dolorosa - del Friuli, in mezzo a via Savona, via La Spezia e a un sacco di altri toponimi liguri. Così, per ossequio al criterio di omogeneità, la giunta aveva chiesto alla commissione di fare un’altra proposta, possibilmente «con una località della regione Liguria, in quanto nell’area circostante sono presenti denominazioni riferite alla citata regione». Era il 20 gennaio quando la giunta ribadiva l’opportunità di cambiare il nome proposto. Poi, Della Rossa ha scritto al sindaco una lettera in cui chiedeva a Honsell di valutare il suo contributo nel settore toponomastico, rimettendo la sua delega di presidente di commissione nelle mani del primo cittadino. E Honsell il 28 gennaio ha incontrato il consigliere "ribelle", gli ha rinnovato la sua fiducia e gli ha promesso che, più in là, forse, la giunta avrebbe potuto riconsiderare la possibilità di istituire "via Porzûs". Promessa mantenuta. Il 20 febbraio, con una delibera che è un congegno letterario sopraffino giocato sul filo del paradosso, l’esecutivo, visto il verbale della commissione Toponomastica che «non ritiene di procedere a modifiche», vista la delibera del 20 gennaio in cui «la giunta ribadisce l’opportunità di denominare la strada non "via Porzûs" ma con una località della regione Liguria» per questioni di omogeneità con i toponimi vicini, accertato, però, che a ben vedere «nella località sono presenti altre strade la cui denominazione non è riconducibile alla regione Liguria», delibera «di denominare la nuova strada laterale di via Liguria con ingresso fra i civici 92 e 94 via Porzus». Camilla De Mori
LATISANA
Migliora la raccolta differenziata ma aumentano i rifiuti dalle strade
TALMASSONS
Muore a 52 annila bidella della scuola
UDINESE
Appello ai tifosi per sostenere domani la squadra in Coppa
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Infine la prima pagina de Il Piccolo
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DAL 3 AL 5 APRILE
A Trieste anteprima del G8 Ambiente con 200 scienziati Luminari all’Area di ricerca: verrà inaugurato il nuovo centro congressi
Sarà un incontro tecnico, ma di livello mondiale. Dal 3 al 5 aprile Trieste ospiterà una sessione preparatoria del G8 Ambiente in programma per il 22 e 24 aprile a Siracusa. Un vertice che a propria volta anticipa il G8 vero e proprio di luglio alla Maddalena e i cui esiti verranno portati alla prossima conferenza Onu sul clima già prenotata da Copenaghen.La Regione sta allestendo il cerimoniale per il ricevimento ufficiale, e non avrà altro compito - a quanto annunciato finora - se non quello di rappresentanza. L’intero evento, che ha il suo massimo referente nel sottosegretario all’Ambiente, Roberto Menia, sarà gestito e ospitato infatti dall’Area di ricerca. È questa la sede scelta dal ministero come il luogo più accreditato per esaminare problemi di applicazione pratica in un campo così strategico della ricerca scientifica e degli accordi di politica internazionale. Per l’occasione, e quindi per accogliere questo alto numero di specialisti internazionali, l’Area di ricerca inaugurerà il suo nuovo centro congressi.Tra i 150 e i 200 gli esperti attesi a Trieste. Il tema sarà molto specifico: le tecnologie a basso contenuto di carbonio. Un problema concreto, dunque, che riguarda la possibilità o meno di dirottare la produzione industriale e l’intero sistema dei trasporti su indici di emissione più bassi.Ma questa discussione oggi è ancora più stringente, in vista della revisione degli accordi di Kyoto, per la novità improvvisa, drammatica e globale della crisi finanziaria ed economica che ha investito il mondo intero. Tra i capitoli di discussione ci sarà dunque anche la sostenibilità economica dei provvedimenti «ecologici» e di difesa del clima. Mentre molti governi, e specificamente quello degli Stati Uniti, hanno già annunciato intensi piani di investimento proprio in questo campo della ricerca applicata, per rimettere in moto l’economia su un obiettivo urgente, indispensabile e finora mai veramente realizzato, si prospetta la domanda inversa: con la scarsità di risorse esistenti, qual è la strategia più efficace per ottenere migliori e più equi risultati? Meglio investire su risparmio energetico e produzioni non inquinanti o rimandare ancora una volta per intervenute difficoltà? A questi vertici in sequenza il compito, dunque, di ridefinire le priorità, e a quello triestino il compito di fornire una «summa» delle conoscenze tecniche disponibili.Il ministero dell’Ambiente farà, dell’evento all’Area do ricerca, una presentazione ufficiale. Per ora si sa che a partecipare alle sessioni di lavoro nel nuovo centro congressi sono stati invitati e sollecitati anche docenti e ricercatori di area universitaria.
MARINI (FONDAZIONE NORDEST): «SALVARE LE MEDIE IMPRESE». IERI BENE LE BORSE
In due mesi in Italia persi 370mila posti Boom di domande di disoccupazione: +46%. La Regione raddoppia il bonus ai senza lavoro
ROMA Ecco gli effetti della crisi globale in Italia: in due mesi oltre 370mila licenziati, +46% rispetto all’anno precedente. L’allarme disoccupazione si sente anche in Friuli Venezia Giulia dove i senza lavoro sono diecimila in più del 2008. La Regione cerca rimedi e raddoppia il bonus «una tantum» per i precari che perderanno il posto. Il presidente della Fondazione Nordest, Marini: «Vanno salvate le medie imprese». Intanto le Borse mondiali rimbalzano dopo il tracollo.
ORRORE NELLA NOTTE ALL’ALTEZZA DI PORTOGRUARO
Diciottenne straziata dai Tir sull’A4 La prostituta sarebbe stata lanciata sull’asfalto da un’auto in corsa
PORTOGRUARO Aveva appena 18 anni, Katalin Doczi. Il suo corpo è stato trovato dilaniato l’altra notte lungo l’A4, all’altezza di Portogruaro, sulla corsia in direzione Trieste. La poveretta è stata ripetutamente investita dai Tir lanciati a cento all’ora. La giovane era una prostituta; il mistero è come sia finita in mezzo alla carreggiata: la polizia sospetta che qualcuno l’abbia lanciata sull’asfalto da un’auto in corsa.
TENTAZIONI PROTEZIONISTICHE
CHI SI CHIUDE E’ PERDUTO di FRANCESCO MOROSINI
Il fronte dell'economia oggi dà notizie discordanti. Pessime quelle sull'occupazione; difatti, il primo biennio del 2009 ci porta, rapportato ad analogo periodo dello scorso anno, una rilevante perdita dei posti lavoro. Un pessimismo confermato dal Commissario per gli affari economici dell'Unione europea Almunia che vede nero almeno fino al 2010. Ed a soffrire è pure il Nordest, il vero motore della globalizzazione italian style, che vede il minaccioso concretizzarsi del fantasma della disoccupazione come variabile critica della sua vita economica.La finanza, all'opposto, stavolta respira; ma è meglio evitare troppe illusioni viste le «tossicità» che girano ancora per i bilanci: a partire dalla vexata questio della tenuta di Aig; e, correlativamente, delle sue garanzie assicurative su prodotti finanziari «difficili» e diffusi ovunque in Inghilterra ed in Eurolandia. Comunque, se brividi ancora ne avremo, in questo frangente è andata meglio. Grazie ai «numeri al nero» di Citigroup nell'ultimo bimestre; e aiuta pure il muoversi delle richieste (Banca Popolare) dei Tremonti bond a significare che le banche, se rafforzano il patrimonio, è perché, in fin dei conti, sono vive e sembrano reggere il «vento dell'Est». L'altro indicatore positivo è la ripresa dei futures sul greggio: volesse il cielo che reggesse, perché vorrebbe dire che l'industria domanda energia avendo ripreso a girare. Tuttora, però, prevale il pessimismo.Cui si adegua pure il Fondo monetario internazionale (Fmi); naturalmente, la speranza - in primis dello stesso Fmi - è che queste previsioni si auto-falsifichino sia per via di politica economica che per l'intrinseca vitalità dei mercati; anche se, indubbiamente, è valida l'analisi di un'ancora incombente via crucis economica. Di qui l'opportunità di interventi anticiclici a tutela delle posizioni deboli del mercato del lavoro. Bene, dunque, fa il Friuli Venezia Giulia ad attrezzarsi per sostegni finanziari (oltre la garanzia nazionale) verso il precariato. Tuttavia, oltre l'immediato, va ricordato che è proprio il Nordest della Penisola a dover temere, al di là della crisi, anche le possibili ricadute protezioniste; e attrezzarsi, anche ideologicamente, alla bisogna. Guai dimenticare, infatti, che l'economia nordestina è «esplosa» anticipando e guidando la globalizzazione (col duplice export di merci e di offerta turistica) del Belpaese sintonizzandolo sul mondo; con la conseguenza, per il Nordest, che poi il risvegliarsi in un mondo più chiuso equivarrebbe a pagare un conto ancor più salato del necessario.
Pertanto, conviene al Nordest medesimo evitare che la paura spinga al suicidio protezionista. Certo, in apparenza, esso sembra una soluzione facile e immediata; viceversa, è perfetta (come dimostra l'esperienza degli Usa sotto il Presidente Hoover negli anni '30 del 2009) per trasformare una «botta» finanziaria, per quanto dura possa essere, in una violenta depressione. All'opposto (e fortunatamente questo pare anche l'intento dei governi delle Regioni del Nordest) si tratta soprattutto di ammortizzare socialmente il tempo della crisi: perché l'industria (globale e territoriale) cresciuta in questo quindicennio di sviluppo ininterrotto, ha tutte le possibilità di ripartire.In altri termini, più che abbandonarsi al lutto, quello che conta, onde evitare di sbagliare le terapie, è di capire come siamo finiti nelle sabbie mobili. Qui il ministro delle Finanze Tremonti ha le sue più forti ragioni: sono saltate le regole e bisogna costruire un «legal standard» (norme e autorità d'applicazione) capace di trattenere politicamente la dinamica dei mercati mondiali. La «vera ingegneria» politica anticrisi è qui e va portata nelle sedi internazionali come il prossimo vertice G8 alla Maddalena presieduto dall'Italia.Certo, era inevitabile che dopo un quindicennio di crescita (e correlate inevitabili bolle speculative) aspettarsi una recessione: in fondo, le oscillazioni cicliche sono una sorta di «legge di natura» dei mercati; come c'era pure da aspettarsi che l'arco del Wto (la governance degli scambi globali), troppo tirato, cedesse; ma il vero dramma, però, è che su tutto ciò è caduto un collasso finanziario alimentato da una cheap money (soldi quasi e/o gratis) che ha spinto fuori norma la cosiddetta «innovazione finanziaria». La cosa, però, più che un difetto di tecnica monetaria, nasconde una questione politica: ed è che questa cheap money serviva a stabilizzare via tassi di interesse i bond emessi a copertura del deficit degli Usa. E questo, a sua volta, è stato possibile perché il biglietto verde è la valuta di riferimento (è l'altra faccia dell'offerta di sicurezza militare degli States all'economia mondo) dei traffici globale.Il fatto è che, pur quando le forze del capitalismo riusciranno a bypassarne gli effetti economici, il problema resterà latente a covare fino al prossimo crash finanziario. Ma qui c'è poco da fare per il semplice fatto che all'orizzonte altri competitors di sicurezza globale mancano. Pertanto il dollaro con i suoi debiti a lungo resterà assieme a garantire e spaventare i mercati. Qui è la politica che domina l'economia.Francesco Morosini
I NO-GLOBAL CONTESTANO LA CONFERENZA
Le politiche antidroga: rischio di scontri a TriesteROMA La Conferenza sulle politiche antidroga che si terrà a Trieste da domani fino a sabato, «sarà caratterizzata da una concertazione laica, efficace e concreta, diretta alla realizzazione di una piattaforma di intervento condivisa»: con queste premesse aprirà i battenti il quinto appuntamento governativo sulle droghe, previsto dalla legge ogni tre anni. L'ultimo si è tenuto nel dicembre 2005 a Palermo. La tre giorni della Conferenza si concluderà con un intervento del presidente della Camera Gianfranco Fini, ma è attesa la presenza anche dei ministri Gasparri e Meloni.E se quattro anni fa molti operatori e anche le Regioni scelsero per protesta di non partecipare, questa volta ci dovrebbero essere tutti, o quasi: quasi mille quelli iscritti. Una delle accuse che all'epoca fu rivolta all'allora ministro Carlo Giovanardi che organizzò l'evento, fu lo scarso coinvolgimento degli operatori nella preparazione della conferenza. Questa volta, almeno nelle premesse, è stata scelta una strada diversa: sono state consultate 73 organizzazioni, oltre a Regioni e Province autonome, e raccolti circa 200 documenti. I temi principali della Conferenza, ha spiegato il Dipartimento politiche antidroga, sono stati identificati proprio sulla base delle segnalazioni degli operatori consultati.«Ci sono stati apporti del privato sociale, dei Sert, delle istituzioni e del mondo scientifico» ha detto ieri, presentando l'appuntamento, il sottosegretario Giovanardi. Trieste sarà dunque, ha aggiunto, il luogo dove «fare il punto sulle sfaccettature del mondo delle dipendenze e da dove scaturiranno anche le indicazioni su come muoversi in futuro». Infine, ultimo ma non meno importante, si farà anche un «monitoraggio sul funzionamento della legge Fini-Giovanardi». «Auspichiamo che la discussione sarà pacata» ha detto ancora Giovanardi, che poi riferendosi alle polemiche che accompagnano anche questa edizione della Conferenza ha precisato: «Più di così non si poteva fare, ci saranno 21 gruppi che approfondiranno le varie tematiche. Sarà un momento alto di confronto».Concertazione, dunque, ma sempre «nel pieno rispetto dei due principi che ispirano l'azione di questo governo in materia di droga: non esiste un diritto a drogarsi e ogni intervento sulla persona tossicodipendente deve essere finalizzato al suo completo recupero». In questo senso va letta la posizione italiana sulla cosiddetta riduzione del danno, uno dei quattro «pilastri» delle politiche sulle dipendenze riconosciuti a livello internazionale, insieme a prevenzione, cura e contrasto al narcotraffico. Oggi si apre a Vienna la Conferenza delle Nazioni Unite sulla droga, e l'Italia, ha spiegato Giovanardi, si è fatta promotrice di una revisione della dizione «riduzione del danno» che «può nascondere altro, cioè la cronicizzazione della tossicodipendenza attraverso, ad esempio, le cosiddette stanze del buco. Misure che rendono il tossicodipendente subalterno alla droga senza tendere al suo recupero». E proprio il recupero, ma soprattutto il reinserimento della persona nel contesto sociale e lavorativo, per il governo deve diventare il «quinto pilastro». Intanto però rullano i tamburi della protesta: un cartello di associazioni e di operatori mette in guardia dal «rischio fallimento» della Conferenza, mentre la Rete Operatori Sociali del Friuli Venezia Giulia si dice sicura che Trieste «sarà solo una vetrina per sigillare le politiche della Fini-Giovanardi» e annuncia un contro-convegno sui temi delle dipendenze, al quale parteciperanno operatori da tutta Italia, tra cui don Andrea Gallo, fondatore della comunità San Benedetto al Porto (Genova).
IL PREMIER: «CAMBIARE»
Berlusconi e Fini litigano sulle regole del ParlamentoROMA In Parlamento votino solo i capigruppo. La proposta-choc, subito bocciata da Gianfranco Fini, dalla Lega e dalle opposizioni, parte da Silvio Berlusconi e scatena un vespaio di polemiche. L’occasione per chiedere che la modifica dei regolamenti parlamentari possa garantire al governo un voto blindato su qualunque provvedimento è offerta al premier dall’assemblea che, a tre settimane dal primo congresso del Pdl, vede riuniti i deputati e i senatori di An e di Forza Italia. Il Cavaliere parte con una considerazione che raccoglie le lamentele di quei parlamentari che dicono di essere sottoposti ad un numero eccessivo di votazioni: «Io capisco i nostri deputati, che sono persone "del fare" e non funzionari di partito, che si sentono deprimere in Parlamento con votazioni continuative...». E, poi, lancia l’affondo: «Il capogruppo deve rappresentare in aula o in commissione tutti i deputati. Chi non è d’accordo, potrà votare contro o astenersi».In Parlamento si dovranno conoscere solo i nomi di chi si astiene o si oppone ad una qualunque legge proposta dal governo o dalla maggioranza? L’idea non convince Gianfranco Fini e la bocciatura è immediata. Passano cinque minuti e da Montecitorio arriva la replica: «La proposta era già stata avanzata ed era caduta nel vuoto. Accadrà anche stavolta», taglia corto il presidente della Camera che, in mattinata, con una intervista rilasciata al quotidiano spagnolo El Mundo, era tornato sulla possibile candidatura di Berlusconi al Quirinale. Il Cavaliere sarà Presidente della Repubblica? «Certamente oggi ha un appoggio personale e popolare che rende questa ipotesi tutt’altro che remota», risponde Fini.Ma a non pensarla allo steso modo è proprio Berlusconi che, ad una precisa domanda, dice di non aver letto l’intervista a Fini e poi liquida la questione con un sorriso: «Fini mi vede al Qurinale? Io non vedo niente...».Al di là del continuo scontro a distanza tra Fini e Berlusconi, resta il fatto che il presidente della Camera non esclude la possibilità di diventare (un giorno) presidente del Consiglio. La domanda dell’intervistatore è secca: lei si vede come primo ministro? La risposta di Fini non lascia dubbi: «Al di là di come uno si vede allo specchio, la politica è realismo e strategia. Io credo di aver contribuito a una strategia che ha portato la cultura della destra italiana a integrarsi pienamente con il sistema politico...».Ma Berlusconi propone anche un’altra modifica ai regolamenti parlamentari: consentire che la maggior parte delle votazioni si tenga «solo nelle commissioni» e mandare in aula «solo il voto finale sul provvedimento». Nel suo intervento, come sempre a lungo applaudito, il premier promuove a pieni voti i provvedimenti del suo governo e assicura che se la crisi si aggraverà ci sarà la cassa integrazione per tutti: «Il nostro sistema è a moduli e potremo intervenire in tutte le direzioni». L’ultimo appello riguarda l’approvazione della legge che limita le intercettazioni telefoniche: «Questa legge non è quella che volevo ma va comunque bene. Ecco perché va votata e se ci sarà il voto segreto, auspico un largo consenso».Ma è stato un Berlusconi-show all'assemblea dei parlamentari del Pdl. Dal palco, il presidente del Consiglio fa il bilancio di dieci mesi di governo, ma regala anche una raffica di battute. E a fargli da «spalla» chiama il ministro degli Esteri Franco Frattini, per nulla infastidito dagli scherzi. La prima gag del Cavaliere riguarda un episodio di cui è stato protagonista qualche giorno fa. La scena si svolge all'istituto Pio Albergo Trivulzio, a Milano, dove il premier era andato per far visita agli anziani ospiti. «Mi sono intrattenuto con loro - racconta -. Dicevo, ha una bella cera, come va? Ho saputo che va a correre... Poi ho visto una signora, mi sembrava la più anziana anche se era molto arzilla. Mi sono avvicinato e le ho detto: signora quanti anni ha? Lei subito ha risposto: sono una sua coetanea! Oddio mio!». La platea scoppia a ridere, mentre Berlusconi si copre la faccia con il volto ed inizia a scuotere la testa. La storia però non è finita, anzi aggiunge il Cavaliere: «Non ci crederete ma sono stato un quarto d'ora a guardare il mio volto per vedere le prossime rughe». Un attimo di silenzio e poi sguardo furbo verso la platea: «Non temete: io mi sento sempre 35 anni».Dopo l'episodio personale è la volta del mini-show con il titolare della Farnesina. Berlusconi chiama Frattini per illustrare il sistema di voto francese preso ad esempio visto che a Parigi è prevista appunto la delega al capogruppo: «Vieni Franco, vieni a spiegarlo sul palco», il premier lo invita a salire accanto a lui e, mentre il titolare della Farnesina lo raggiunge, si lancia in un elogio: «Il ministro si sta segnalando molto bene sulla scena internazionale, sembra che piaccia molto anche ad Hilary Clinton... vero Franco?». Frattini sale sul palco e spiega alla platea il sistema di voto in Francia; ma poi, mentre fa per allontanarsi, Berlusconi lo prende di nuovo di mira. «Quando lascia le sue fidanzate - dice facendo riferimento alla fine della relazione di Frattini - distribuisca qualche numero di telefono...». La platea scoppia in un'altra risata.
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Matvejevic: «La crisi economica alza nuovi muri in Europa» di SERGIO BUONADONNA
di SERGIO BUONADONNA
La prima volta fu ventidue anni fa quando Predrag Matvejevic presentò a Genova “Breviario Mediterraneo”, l’opera che lo avrebbe reso famoso, con la prefazione di Claudio Magris che la definiva “geniale e fulminea” e i tipi di Hefti un piccolo editore di Milano. Ieri lo scrittore croato che ha 77 anni e sia pure tra mille difficoltà è tornato a vivere a Zagabria, era ancora a Genova per aprire un ciclo di incontri su un dialogo mediterraneo nel frattempo fattosi molto frastagliato, ma con due nuove edizioni ed una nuova idea.Una è la decima edizione di “Breviario Mediterraneo” sempre con la prefazio ne di Magris, la seconda è la versione aggiornata de “L’altra Venezia” che arricchita di quattro capitoli e introdotta da Raffaele La Capria si chiama “Venezia minima”. L’editore è sempre Garzanti. L’idea è invece un saggio sui Balcani, «ma il fatto nuovo – dice l’autore – è che questa volta li vedo da Zagabria, dall’interno delle mille contraddizioni e dei nuovi scontri che stanno dividendo l’ex Jugoslavia. Non vivo bene a Zagabria dove mi guardano come un traditore. Ma non importa solo guardando la realtà da questo osservatorio potrò raccontare i Balcani».Intanto godiamoci questo “Venezia minima” che sembra restituire fin dalla copertina le sensazioni di bellezza e di malinconia, di miraggio e di luci sfumate che avvolgono la storia di quest’altra città simbolo del Mediterraneo.Nella prefazione La Capria si domanda cosa significa parlare di un luogo già troppo parlato. Lei come ha risolto quest’interrogativo? «Forse con lo sguardo che permette al già visto quel che l’occhio vorrebbe ancora vedere. Ma anche con la memoria del grande Josip Brodskij, il Premio Nobel, innamorato dell’Italia perché fu lui a incitarmi dopo aver letto “Breviario mediterraneo”. Devi scrivere di Venezia, mi diceva ed io gli rispondevo: sei folle, di Venezia è già stato detto e soprattutto fotografato tutto».Quindi il libro ribadisce che si può ancora dire dell’indicibile Venezia?«Si può dire che vi ho scoperto la differenza tra gli oggetti di ferro presi presto dalla ruggine e quelli presi dalla patina e improvvisamente mi hanno offerto una chiave per sentire come si possono mischiare scrittura di ruggine e scrittura della patina in una città così umida. Racconto il mistero della pietra bianca d’Istria, dura e compatta dei suoi palazzi, nei cui interstizi fiorisce una pianta, la stessa ritratta dal Tintoretto e da altri pittori veneziani. Scopro la tisana che le Cantatrici veneziane prendevano per schiarirsi l’ugola. Trovo un gondoliere un po’ matto che mi porta in un isolotto in cui vengono a morire i gabbiani. Ecco un tema diverso. Ritorno nel cimitero di San Michele dov’è sepolto Brodskij, ma dove c’è anche la tomba di Stravinskij. Frequento idealmente i barbieri dove si andava la domenica dopo la Messa, e ci si riempiva le orecchie di politica, i barbieri sapevano tutto di politica, ma mai uno è diventato doge. Poi alcuni mestieri dimenticati come i terrazeri che hanno fatto i selciati, i pavimenti delle chiese, che hanno dato a Venezia una base. E chi li ricorda? I vecchi ristoranti, le taverne, dove ho trovato quelli che si chiamavano libri d’oro, gli albi con le dediche».Per esempio?«”Sono stato in questo ristorante e ho cambiato tre volte posto perché c’era corrente d’aria”. Firmato Marcel Proust. Ecco la mia Serenissima emarginata».Lei che ha visto molto, quanto è stato innocente a Venezia?«Ognuno è stato innocente nel vederla per la prima volta. Goethe (che eccezionalmente cito) è stato innocente, Mitterrand lo è stato. C’è tanto fascino tra le calli, ma bisogna sapersene liberare per poterne scrivere».Quanto basta per rompere l’incanto perché un Matvejevic non può permettersi di sognare troppo anche se la sua prosa spesso ha navigato tra politica e poesia. Torniamo alla dura realtà.Vista da Zagabria com’è la crisi che sembra innalzare un nuovo Muro tra le due Europe?«È un muro inatteso, che perciò fa più male. Le transizioni saranno più lunghe e difficili, specie in Paesi dell’est dove si proclama democrazia ma si continua a vivere dittature parziali, quella che io ho definito democrature».Quali le cause e le sorprese?«Il capitalismo finanziario distrugge il capitalismo: il sistema bancario distrugge le banche; il neoliberalismo annienta le libertà economiche. Si è parlato tanto di globalizzazione, e la si è svuotata rapidissimamente. Molti hanno creduto che il marxismo e Marx fossero sepolti ed ecco invece un’esemplare crisi ciclica in cui lo spirito di Marx risorge. Ma ora che l’Europa dell’est diventa il peso dell’Unione Europea, noi intellettuali dobbiamo parlarne e far riparlarne. Spero che almeno la cultura si risvegli e avverta i pericoli che si nascondono dietro i veleni tra Slovenia e Croazia, i rigurgiti ultranazionalisti tra i serbi di Bosnia, l’aria di guerre striscianti che certi giorni si respira così pesantemente».E in tutto ciò poco tempo fa l’omaggio alla foiba bloccato a Corgnale da nostalgici titini con tanto di armi improprie dove l’Unione degli Istriani aveva organizzato un pellegrinaggio. Come giudica quest’episodio?«Un altro inquietante capitolo dell’incapacità di parlare una lingua europeista da parte di chi crede di detenere il diritto storico. Ma in quella terra dall’Impero asburgico ad oggi s’è fatta molta confusione. Figurarsi se non c’è chi tra ex comunisti e fascisti non ha ancora voglia di attizzare sfide (piccole) come questa, dimenticando il peso e l’umiliazione degli esodi, o i frutti di quel terribile criminale che fu Ante Pavelic, uno che aveva regalato la Dalmazia a Mussolini per poter avere il potere, e che faceva paura perfino ai nazisti».Che cosa scriverà nel libro sui Balcani?«I Balcani sono un’incubatrice della civiltà europea, da lì sono passati i grandi messaggi della cultura greca, lo scisma cristiano, e perfino l’ultima guerra sembra perpetuare questa rottura che dura quasi da un millennio e che trova il suo simbolo più atroce nelle pagine in cui Ivo Andric raccontò la terribile agonia degli impalati, i cristiani fatti morire lentamente con un palo che gli attraversasse il corpo senza ledere gli organi vitali. Sosterrò come questo terrore sia diventato una sorta di baluardo per l’Europa che se n’è tenuta lontana, così in Italia potè fiorire il Rinascimento. Dirò dei Turchi che sono arrivati fino a Vienna ma dietro non avevano nulla. Ma la vera novità è che negli archivi di Istanbul ho trovato il Piano “Mela rossa”, l’obiettivo era prendere Roma: non ci sono riusciti. Chi ne aveva parlato finora? E questo sarà il mio debito di gratitudine nei confronti dell’Italia».
Fiera, Bronzi: o rilancio o libri in tribunale Fintecna chiede troppo per l’ex Manifattura Tabacchi. Piero Camber: «E Campo Marzio?»
TRIESTE Troppo alta la cifra sparata da Fintecna per una ”spa” a partecipazione pubblica che scava ogni anno il suo capitale sociale per tappare i buchi di bilancio, troppi i 22 milioni di euro chiesti: sfuma così l’alternativa dell’ec Manifattura Tabacchi di via Malaspina per la Fiera di Trieste. Una doccia fredda per il presidente dell’ente, Fulvio Bronzi, che torna alla carica con Comune, Provincia, Camera di commercio (insieme posseggono il 75,95% delle quote).«Bisogna credere nella Fiera, sennò non resta che il coraggio di chiuderla. E io non vorrei portare i libri in tribunale». E spunta l’inedita ipotesi Campo Marzio. L’idea è di Piero Camber. Si resta in tiepida attesa.
Architettura, va a Gorizia il corso di laurea triennale di GABRIELLA ZIANI
di GABRIELLA ZIANI
Facoltà di Architettura, clamoroso cambiamento di prospettiva. Ieri il Consiglio di facoltà ha deliberato (col voto contrario di tre studenti sui quattro rappresentanti, uno si è astenuto) il trasferimento a Gorizia non già del biennio specialistico, come fin qui previsto e annunciato, ma della laurea triennale, a partire dal prossimo anno accademico. Motivazione ufficiale: così da un lato gli studenti che già frequentano completeranno il corso di studi a Trieste, e dall’altro la facoltà potrà ricevere il supporto economico che ora manca. I nuovi iscritti dunque faranno base a Gorizia. Si avvera di fatto (salvo ulteriori sorprese) l’annuncio anticipatore del sindaco Ettore Romoli: «Gorizia avrà Architettura».Il preside Giacomo Borruso si attiene ai fatti: «Con questa decisione cade uno dei motivi di contestazione da parte degli studenti, non si intaccano le aspettative di ragazzi e famiglie, la nostra delibera comunque attende ancora la conferma della manifestazione d’interesse giunta da Gorizia». I fondi promessi, insomma, di fatto ancora non ci sono, ma si spera che la parola data, e con tanto desiderio, sia mantenuta.Perché questo elemento non è certo secondario nella decisione presa ieri dai docenti, che ora dovrà passare in Senato accademico ed essere quindi notificata al ministero: «Senza un supporto questa facoltà è debole - afferma Borruso -, benché sia valutata al terzo posto nella graduatoria nazionale per qualità, non è riuscita a svilupparsi in tempo prima della crisi economica che ha investito l’università».Docenti e mezzi: qui le voci critiche. Mancano i «numeri» indispensabili a tenerla in piedi. Il terzo problema è noto e antico: la mancanza di una sede adeguata. C’è già un progetto per accasare Architettura in via dell’Università 7, ma manca l’approvazione definitiva e prima di vedere un trasloco «passeranno anni» commenta il preside.Tecnicamente la facoltà si aspetta di partire con la laurea triennale a Gorizia già il prossimo anno. «Ma il futuro è un libro tutto da scrivere - conclude Borruso -, noi siamo aperti a molte possibilità, a una collaborazione con Udine, a nuovi disegni unitari e di coordinamento». Che poi è «l’ordine» sceso dalla Regione: gli studenti, incontrando l’assessore regionale all’Università, Alessia Rosolen, avevano incassato nei giorni scorsi un forte disappunto verso il progetto goriziano di Architettura, nel momento in cui tutte le indicazioni sono pesantemente indirizzate su un percorso contrario, del massimo accorpamento, del massimo risparmio, della massima concentrazione di sedi.Così la pensano anche gli studenti. Dice Alessandro Tosatto: «Abbiamo espresso forte contrarietà, anche se poi uno di noi si è astenuto, per varie ragioni: in primo luogo, ieri ci siamo trovati davanti alla decisione presa, nessuna informazione per gli studenti. Secondo, c’è il difetto originario di questa dislocazione, non è ben organizzata, non ha i tempi per potersi realizzare (e per questo ne avevamo chiesto il rinvio al prossimo anno). In terzo luogo - prosegue Tosatto - la delibera è stata approvata senza che vi sia alcun accordo con Gorizia, la facoltà ha firmato una cambiale in bianco. Ci è stato detto che la delibera sarà valida ”a condizione che arrivi il finanziamento”. Che ora come ora non c’è».
Tre triestine sulle rotelle in Nazionale Convocate Romano, Roncelli e la giovanissima Pecchiar
TRIESTE La scuola triestina del pattinaggio artistico continua a sfornare talenti. Sono tre le atlete convocate al raduno della Nazionale: Tanja Romano, Francesca Roncelli (nella foto) e Martina Pecchiar, classe 1993
IN MANETTE RINALDO DEL BEN
Coca, arrestato al banco del suo negozioTRIESTE È rinchiuso in isolamento in una cella del carcere del Coroneo Rinaldo Del Ben, 45 anni, il commerciante titolare del negozio di abbigliamento «Karisma» di via Dante 14, nonché attore-protagonista di apprezzati video a «luci rosse» in Germania e Ungheria. È stato arrestato dagli investigatori della Squadra mobile mentre stava riordinando gli scaffali della sua boutique. Aveva appena ricevuto 25 grammi di cocaina, suddivisi in alcune bustine da un giovane pusher di Isola d’Istria. Altri agenti di polizia hanno pochi attimi dopo hanno bloccato lo sloveno.
Cultura
Garzanti rimanda in libreria il suo libro su VeneziaIl caso
Il biennio resta invece a Trieste