
Esistono autori capaci di essere interpretati solo da se stessi ed uno di questi è Giorgio Gaber (1939-2003), molto più importante ora che ne avvertiamo l'assenza di quando eravamo abituati a vederlo, quasi ogni anno, a teatro a Udine.
Neri Marcorè, bravo ma troppo mite e lontano dalla furia scenica e dalle volute contorsioni sofferenti di Gaber, il cui fisico era anche in perfetta adesione al personaggio delle sue graffianti piéces musical-teatrali, ha tentato un'impresa impossibile, riuscendoci - è il nostro avviso - soltanto in parte.
Certo, la critica si è sperticata nell'assegnare premi su premi a Marcorè, omaggiando più che l'effettiva resa dello spettacolo l'intenzione di riproporre un autore che (mancando attori e registi che tentino di metterne in scena i lavori) rischierebbe di essere consegnato soltanto all'amarcord personale.
E dei non più giovani, in quanto i giovani possono soltanto - al limite - averne sentito parlare.
Il difetto maggiore riscontrato nella messinscena è la volontà di realizzare una sorta di serratissimo medley privo di quelle ragionate pause che Gaber riusciva magistralmente a intessere, anche in forma dialogica, con gli spettatori.
Il titolo 'Un certo signor G' farebbe, di primo acchito, pensare alla riproposizione integrale e filologica de 'Il signor G', prima realizzazione di quella forma di teatro-canzone (1970), ma dell'opera di Gaber Marcorè ripropone brani presi qua e là, in modo che lo spettacolo appare una sorta di raccolta citazionale di tutta l'opera di Gaber, prestando il fianco alla principale critica: l'assenza di un suo concreto filo logico.
Naturalmente, quando parliamo di Gaber, non si deve dimenticare Sandro Luporini (1930-vivente), valido collaboratore di Giorgio nella stesura delle canzoni e dei testi teatrali.
Certo, ci sono tutte le tematiche gaberiane, che si possono sintetizzare nella condizione di fragilità e disagio dell'uomo moderno, dannatamente italiano, pur nell'apparente presenza di garanzie socio-democratiche le quali si rivelano, agli occhi di Gaber, altrettante trappole che conducono 'il signor G' a una condizione di pseudo-paranoia, in buona sostanza di incapacità di vivere con un sufficiente grado di soddisfazione.
Per chi non ha mai visto Gaber lo spettacolo appare francamente poco comprensibile. Per chi ha visto Gaber lo spettacolo appare una sorta di compilation di successi.
Scarnamente belle le scene, garbata la scelta delle due brave pianiste e strumentiste dai capelli rossi, versatile Marcorè in grado di cavarsela egregiamente anche alla chitarra.
Ma la nostra sensazione è che il tentativo sia riuscito a metà.
(in foto Neri Marcorè)
recensione di Alberto di Caporiacco
La scheda
Un certo Signor G
dall'opera di Giorgio Gaber e Sandro Luporini
regia Giorgio Gallione
scene e costumi Guido Fiorato
luci Aldo Mantovani
con Neri Marcorè
pianoforte Vicky Schaetzinger e Silvia Cucchi
elaborazione musicale Paolo Silvestri
produzione Teatro dell’Archivolto
in collaborazione con la Fondazione Giorgio Gaber
(abbiamo visto Un certo signor G al Teatro Nuovo Giovanni da Udine l'11 gennaio 2009)
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