I giudici: da Sacconi violenza sulla clinica
L’indagine trasferita a Trieste. Ecco il dossier: «Le sue “pressioni” bloccarono il ricovero»
IL CASO ENGLARO
Nuovo avviso di garanzia al ministro che fermò il trasferimento al “Città di Udine” Roma indica il Friuli Vg come area competente: sarà allestito il tribunale speciale
di TOMMASO CERNOUDINE. Approda in Friuli Venezia Giulia l’inchiesta sul ministro Maurizio Sacconi, indagato per violenza privata. I giudici romani hanno trasmesso gli atti a Trieste e la Procura sta per insediare il tribunale speciale per i ministri. Ma dal dossier inviato dalla capitale trapelano già alcuni dettagli: «Il collegio ritiene i fatti idonei a integrare il reato di violenza privata in danno della casa di cura».
Questo scrivono i giudici romani ai colleghi giuliani in merito all’esposto presentato dai Radicali e dall’associazione Nessuno Tocchi Caino, dopo che l’atto di indirizzo di Sacconi ebbe il potere di “dirottare” l’ambulanza che da Lecco avrebbe dovuto portare a Udine Eluana Englaro.Nel faldone vengono ricostruiti tutti i passaggi di quei giorni: il 16 dicembre il ministro «emetteva un atto di indirizzo generale destinato ai presidenti delle Regioni e delle Province Autonome». Il 17 dicembre, invece, Sacconi «chiariva ai giornalisti che atti difformi da quei principi determinerebbero inadempienze con conseguenze immaginabili». Poi, improvviso, il no della clinica udinese «costretta a ritirare la propria disponibilità». Una consequenzialità che la magistratura definisce idoneo a configurare il reato di violenza privata: «L’aver adottato il predetto atto di indirizzo successivamente alla manifestazione di disponibilità della clinica e aver aggiunto le conseguenze in caso di inottemperanza ha costituito un’indebita violazione della libertà di determinazione degli amministratori affinché recedessero da decisioni adottate». E ancora: «Il carattere indebito di tale condotta - da cui discende l’ingiustizia del male prospettato in danno della persona offesa - deriva dall’insanabile contrasto» tra l’atto di indirizzo, le parole di Sacconi e la sentenza della Corte d’Appello di Milano che autorizzava, invece, Beppino Englaro a staccare il sondino. Una condotta tale da «ledere la libertà morale del destinatario». Ora la palla passa alla Procura di Trieste che ha già inviato al ministro il secondo avviso di garanzia sul caso. Poi, il 9 febbraio, tre ore prima che Eluana morisse all’improvviso nella sua stanza della Quiete il trasferimento degli atti a Trieste.Sacconi non commenta. Riferisce soltanto di avere effettivamente ricevuto un secondo avviso di garanzia. Sempre in merito al caso Englaro. Sull’indagine di Udine che vede coinvolto Beppino Englaro, l’anestesista Amato De Monte e i 12 infermieri dell’equipe di volontari per omicidio volontario, invece, il ministro si sofferma. «Credo che la dimensione penale, in generale, sia molto discutibile in questi casi», spiega Sacconi. «Credo - aggiunge - che i profili in questa vicenda siano ben altri». Secondo il ministro, infatti, «più che la dimensione penale, dovrebbe intervenire la legge a regolare questo ambito sregolato. Penso cioè - ha detto - ad una adeguata dimensione regolatoria civilistica della materia». Ad ogni modo, ha concluso Sacconi, «a mio avviso ci sono state delle situazioni, e non mi riferisco a Beppino Englaro, di irregolarità che avevano evidenziato i carabinieri dei Nas».
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Bio-testamento, Schifani apre al rinvio Il Pd attacca: non vogliono più la legge
Giallo sull’epurazione poi smentita di Saro e Malan
ROMA. L’approdo in Aula del testamento biologico può slittare per garantire «con qualche settimana in più in commissione l’elaborazione di un testo il più largamente condiviso». Il presidente del Senato Renato Schifani cerca l’intesa sulla legge sul “fine vita” che divide trasversalmente Pd e Pdl. Un rinvio apprezzato dal presidente della Camera Gianfranco Fini e dai firmatari dell’appello per la “moratoria”, come il friulano Ferruccio Saro (Pdl) ed Emma Bonino (Pd), ma che non ferma la maggioranza intenzionata a tirare dritto alla vigilia di una settimana di slalom del ddl Calabrò.
Già l’altro giorno, con il rinvio a martedì sera dell’avvio del voto in commissione, si era capito che difficilmente il testo poteva arrivare in aula giovedì 5 marzo. Ieri Schifani ha raccolto l’invito che arrivava da più parti a prendere un pò di tempo per una discussione meno dettata dall’emozione e che magari riesca a tenere conto dei dubbi e dei maldipancia di maggioranza e opposizione. «Non ci dobbiamo per forza fermare - è l’appello del presidente di Palazzo Madama - alla perentorietà del termine (il 5 marzo, ndr). Il tema è delicato, tocca le coscienze di tanti parlamentari e credo che si tratti di una materia che naturalmente sfugga alla logica delle coalizioni». Dopo il Pd, anche il Pdl si pone dunque il problema di una mediazione al suo interno «per ricercare - ammette il ministro della Cultura Sandro Bondi - un punto di incontro tra laici e cattolici sul testamento biologico». E che nel Pdl vedono su un fronte personalità come Beppe Pisanu e dall’altro i firmatari dell’appello Pro life, sottoscritto ieri anche dal sindaco di Roma Gianni Alemanno. E una mediazione, a quanto si apprende da ambienti parlamentari del Pdl, sarebbe in corso in vista del parere di costituzionalità, martedì, in commissione affari costituzionali. Dopo il “giallo” sulle dimissioni, poi smentite, dei commissari Saro e Lucio Malan, si tratta di vedere come sarà stilato il parere sul ddl. E se la bocciatura è da escludere, nella maggioranza si starebbe lavorando per evitare un “sì con condizioni” che vincolerebbe il ddl Calabrò. Il via libera sarà necessario per passare in commissione Sanità al voto sul testo e sui 600 emendamenti che, essendo accompagnati da un’illustrazione, probabilmente ritarderanno i tempi previsti. «Se il confronto è costruttivo, non è il giorno in più o in meno che può fare difetto. Ma, se l’opposizione fa ostruzionismo, salta il patto fatto la notte in cui morì Eluana Englaro», avverte il ministro del Welfare Maurizio Sacconi.Non è il Pd a impedire che il testo arrivi in Aula, assicura il capogruppo Anna Finocchiaro che cavalca le divisioni apertesi nella maggioranza. «Noi ci siamo impegnati solennemente all’approvazione, non possono essere i problemi della maggioranza ad impedirlo. Se il Pdl ora non vuole più la legge, si assuma le proprie responsabilità e lo dica». Parole che fanno infuriare il presidente del Pd al Senato Maurizio Gasparri e il vice Gaetano Quagliariello, che rinviano al mittente l’accusa di lacerazioni interne. «Noi non ci fermeremo, Finocchiaro fa polemica per coprire le drammatiche divisioni del Pd». E l’Aula, è la sfida di Quagliariello, sarà il banco di prova «su quanto i due schieramenti saranno compatti su un tema rispetto al quale, in ogni caso, la coscienza rivendica i suoi diritti».
Giallo sull’epurazione poi smentita di Saro e Malan
ROMA. L’approdo in Aula del testamento biologico può slittare per garantire «con qualche settimana in più in commissione l’elaborazione di un testo il più largamente condiviso». Il presidente del Senato Renato Schifani cerca l’intesa sulla legge sul “fine vita” che divide trasversalmente Pd e Pdl. Un rinvio apprezzato dal presidente della Camera Gianfranco Fini e dai firmatari dell’appello per la “moratoria”, come il friulano Ferruccio Saro (Pdl) ed Emma Bonino (Pd), ma che non ferma la maggioranza intenzionata a tirare dritto alla vigilia di una settimana di slalom del ddl Calabrò.
Già l’altro giorno, con il rinvio a martedì sera dell’avvio del voto in commissione, si era capito che difficilmente il testo poteva arrivare in aula giovedì 5 marzo. Ieri Schifani ha raccolto l’invito che arrivava da più parti a prendere un pò di tempo per una discussione meno dettata dall’emozione e che magari riesca a tenere conto dei dubbi e dei maldipancia di maggioranza e opposizione. «Non ci dobbiamo per forza fermare - è l’appello del presidente di Palazzo Madama - alla perentorietà del termine (il 5 marzo, ndr). Il tema è delicato, tocca le coscienze di tanti parlamentari e credo che si tratti di una materia che naturalmente sfugga alla logica delle coalizioni». Dopo il Pd, anche il Pdl si pone dunque il problema di una mediazione al suo interno «per ricercare - ammette il ministro della Cultura Sandro Bondi - un punto di incontro tra laici e cattolici sul testamento biologico». E che nel Pdl vedono su un fronte personalità come Beppe Pisanu e dall’altro i firmatari dell’appello Pro life, sottoscritto ieri anche dal sindaco di Roma Gianni Alemanno. E una mediazione, a quanto si apprende da ambienti parlamentari del Pdl, sarebbe in corso in vista del parere di costituzionalità, martedì, in commissione affari costituzionali. Dopo il “giallo” sulle dimissioni, poi smentite, dei commissari Saro e Lucio Malan, si tratta di vedere come sarà stilato il parere sul ddl. E se la bocciatura è da escludere, nella maggioranza si starebbe lavorando per evitare un “sì con condizioni” che vincolerebbe il ddl Calabrò. Il via libera sarà necessario per passare in commissione Sanità al voto sul testo e sui 600 emendamenti che, essendo accompagnati da un’illustrazione, probabilmente ritarderanno i tempi previsti. «Se il confronto è costruttivo, non è il giorno in più o in meno che può fare difetto. Ma, se l’opposizione fa ostruzionismo, salta il patto fatto la notte in cui morì Eluana Englaro», avverte il ministro del Welfare Maurizio Sacconi.Non è il Pd a impedire che il testo arrivi in Aula, assicura il capogruppo Anna Finocchiaro che cavalca le divisioni apertesi nella maggioranza. «Noi ci siamo impegnati solennemente all’approvazione, non possono essere i problemi della maggioranza ad impedirlo. Se il Pdl ora non vuole più la legge, si assuma le proprie responsabilità e lo dica». Parole che fanno infuriare il presidente del Pd al Senato Maurizio Gasparri e il vice Gaetano Quagliariello, che rinviano al mittente l’accusa di lacerazioni interne. «Noi non ci fermeremo, Finocchiaro fa polemica per coprire le drammatiche divisioni del Pd». E l’Aula, è la sfida di Quagliariello, sarà il banco di prova «su quanto i due schieramenti saranno compatti su un tema rispetto al quale, in ogni caso, la coscienza rivendica i suoi diritti».
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Monito a stampa e media: immagini non pubblicabili
Il garante
ROMA. Sull’ipotesi che vengano diffuse foto scattate a Eluana Englaro il giorno prima della morte nella casa di riposo La Quiete di Udine, il garante per la privacy ha rivolto un monito ai media, raccomandando «il massimo rispetto» delle regole deontologiche che impongono «di tutelare sempre la dignità della persona e in particolare del malato», ma anche delle regole giuridiche «che vietano la pubblicazione di referti medici o di documentazione sanitaria».«Con riguardo a notizie circa la eventuale diffusione di foto di Eluana Englaro, scattate durante il suo ultimo ricovero, il garante per la privacy - sottolinea una nota dell’organismo - richiama l’attenzione dei mezzi di informazione sulla circostanza che, a quanto è dato sapere, si tratterebbe di foto scattate per finalità di documentazione clinica e per sole esigenze di trattamento sanitario. La famiglia ha, peraltro, già fatto più volte sapere, anche tramite i suoi legali, che qualunque diffusione di queste foto deve ritenersi esclusa».L’Autorità «raccomanda, dunque, il massimo rispetto non solo delle regole deontologiche che impongono ai media di tutelare sempre la dignità della persona e in particolare del malato, ma anche delle regole giuridiche che vietano la pubblicazione di referti medici o di documentazione sanitaria. L’Autorità rammenta, inoltre, che le stesse regole non consentono, contro la volontà degli interessati, la pubblicazione di foto o altra documentazione fatta acquisire per scopi personali».
Il garante
ROMA. Sull’ipotesi che vengano diffuse foto scattate a Eluana Englaro il giorno prima della morte nella casa di riposo La Quiete di Udine, il garante per la privacy ha rivolto un monito ai media, raccomandando «il massimo rispetto» delle regole deontologiche che impongono «di tutelare sempre la dignità della persona e in particolare del malato», ma anche delle regole giuridiche «che vietano la pubblicazione di referti medici o di documentazione sanitaria».«Con riguardo a notizie circa la eventuale diffusione di foto di Eluana Englaro, scattate durante il suo ultimo ricovero, il garante per la privacy - sottolinea una nota dell’organismo - richiama l’attenzione dei mezzi di informazione sulla circostanza che, a quanto è dato sapere, si tratterebbe di foto scattate per finalità di documentazione clinica e per sole esigenze di trattamento sanitario. La famiglia ha, peraltro, già fatto più volte sapere, anche tramite i suoi legali, che qualunque diffusione di queste foto deve ritenersi esclusa».L’Autorità «raccomanda, dunque, il massimo rispetto non solo delle regole deontologiche che impongono ai media di tutelare sempre la dignità della persona e in particolare del malato, ma anche delle regole giuridiche che vietano la pubblicazione di referti medici o di documentazione sanitaria. L’Autorità rammenta, inoltre, che le stesse regole non consentono, contro la volontà degli interessati, la pubblicazione di foto o altra documentazione fatta acquisire per scopi personali».
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Da Cicchitto a Gottardo: chiarezza sulle fotografie
L’interpellanza
ROMA. Sedici deputati del Pdl, tra i quali il presidente del gruppo Fabrizio Cicchitto, hanno depositato un’interpellanza urgente, primo firmatario il friulano Isidoro Gottardo, al ministro della Salute Sacconi per sapere se la direzione sanitaria della casa “La Quiete” di Udine «ha autorizzato l’accesso di persone estranee per la realizzazione di un servizio fotografico sul corpo di Eluana Englaro. I parlamentari scrivono di avere appreso da fonti di stampa che la Procura di Udine ha indagato quattro persone responsabili di violazione del protocollo legale definito per l’attuazione del decreto che autorizzava il distacco dell’alimentazione per Eluana, protocollo che vietava l’uso di macchine fotografiche o apparecchi di ripresa». «Nonostante questo divieto - precisano i parlamentari - sempre secondo notizie di stampa , l’8 febbraio, poche ore prima che Eluana morisse, un fotografo professionista è stato incaricato di eseguire nella stanza dove era ricoverata, un’ampia rassegna di scatti fotografici sul suo corpo, scatti che sarebbero stati eseguiti alla presenza del medico, della sua assistente e di una giornalista della sede Rai di Trieste. Lo stesso fotoreporter il 26 febbraio ha rilasciato a “Il Piccolo” di Trieste questa testimonianza: «Ho dovuto anche firmare una dichiarazione in cui assicuro che le foto resteranno in possesso di De Monte (capo dell’equipe medica che ha proceduto allo stacco del sondino di alimentazione, ndr) in attesa del benestare definitivo del padre di Eluana per la divulgazione. Il copyright però mi appartiene».
L’interpellanza
ROMA. Sedici deputati del Pdl, tra i quali il presidente del gruppo Fabrizio Cicchitto, hanno depositato un’interpellanza urgente, primo firmatario il friulano Isidoro Gottardo, al ministro della Salute Sacconi per sapere se la direzione sanitaria della casa “La Quiete” di Udine «ha autorizzato l’accesso di persone estranee per la realizzazione di un servizio fotografico sul corpo di Eluana Englaro. I parlamentari scrivono di avere appreso da fonti di stampa che la Procura di Udine ha indagato quattro persone responsabili di violazione del protocollo legale definito per l’attuazione del decreto che autorizzava il distacco dell’alimentazione per Eluana, protocollo che vietava l’uso di macchine fotografiche o apparecchi di ripresa». «Nonostante questo divieto - precisano i parlamentari - sempre secondo notizie di stampa , l’8 febbraio, poche ore prima che Eluana morisse, un fotografo professionista è stato incaricato di eseguire nella stanza dove era ricoverata, un’ampia rassegna di scatti fotografici sul suo corpo, scatti che sarebbero stati eseguiti alla presenza del medico, della sua assistente e di una giornalista della sede Rai di Trieste. Lo stesso fotoreporter il 26 febbraio ha rilasciato a “Il Piccolo” di Trieste questa testimonianza: «Ho dovuto anche firmare una dichiarazione in cui assicuro che le foto resteranno in possesso di De Monte (capo dell’equipe medica che ha proceduto allo stacco del sondino di alimentazione, ndr) in attesa del benestare definitivo del padre di Eluana per la divulgazione. Il copyright però mi appartiene».
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Fini e Bondi: prevalga la libertà di coscienza
Il Pdl diviso
ROMA. Su una materia così delicata come lo è quella del “fine vita” è necessario che i poli garantiscano libertà di coscienza. Ma nel contempo bisogna anche capire sia le ragioni di Beppino Englaro sia di coloro che difendono la vita. È quanto sostengono il presidente della Camera Gianfranco Fini e il ministro per i beni culturali Sandro Bondi, entrambi del centro-destra.Di fronte alla notizia che vede indagato il padre di Eluana per omicidio volontario, Fini afferma: «Non conosco la natura di questo provvedimento e non ha senso giudicarlo, ribadisco che sono questioni necessariamente divisive e quindi non c’è in Parlamento altra regola che quella del rispetto della propria individuale coscienza». «Questo vale ovviamente all’interno di entrambi gli schieramenti - conclude Fini -. Vedo che non è così agevole affermare questo principio, ma io continuo a farlo».«Dobbiamo essere capaci di ascoltare anche le ragioni del padre di Eluana - gli fa eco poi il ministro Bondi - e di quanti condividono le ragioni fondamentali del rispetto della vita, ma pongono questioni reali sulle quali vale la pena riflettere senza pregiudizi».
Il Pdl diviso
ROMA. Su una materia così delicata come lo è quella del “fine vita” è necessario che i poli garantiscano libertà di coscienza. Ma nel contempo bisogna anche capire sia le ragioni di Beppino Englaro sia di coloro che difendono la vita. È quanto sostengono il presidente della Camera Gianfranco Fini e il ministro per i beni culturali Sandro Bondi, entrambi del centro-destra.Di fronte alla notizia che vede indagato il padre di Eluana per omicidio volontario, Fini afferma: «Non conosco la natura di questo provvedimento e non ha senso giudicarlo, ribadisco che sono questioni necessariamente divisive e quindi non c’è in Parlamento altra regola che quella del rispetto della propria individuale coscienza». «Questo vale ovviamente all’interno di entrambi gli schieramenti - conclude Fini -. Vedo che non è così agevole affermare questo principio, ma io continuo a farlo».«Dobbiamo essere capaci di ascoltare anche le ragioni del padre di Eluana - gli fa eco poi il ministro Bondi - e di quanti condividono le ragioni fondamentali del rispetto della vita, ma pongono questioni reali sulle quali vale la pena riflettere senza pregiudizi».
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Campeis: «Ora possiamo difenderci»
UDINE. Se l’aspettava Beppino Englaro. Prima o poi doveva accadere che qualcuno lo denunciasse. Prima o poi sarebbe arrivato il momento di veder finire il suo nome nel registro degli indagati perchè, come lui stesso ha sempre detto, ha «liberato Eluana» e con la determinazione e l'ostinazione con cui ha portato avanti la sua battaglia «di legalità», ha fatto «rispettare la volontà» di sua figlia: quella di poter «scegliere la morte». Di atto atteso «che ci permette di svolgere le nostre attività difensive in contraddittorio» parla Giuseppe Campeis, legale della famiglia Englaro, ha commentato l’iniziativa della procura della Repubblica di Udine che ha iscritto nel registro degli indagati 14 persone per l’ipotesi di reato di omicidio volontario aggravato.«Era un atto atteso - ha aggiunto - solo che, forse, doveva giungere il giorno stesso della morte della donna. Per noi non cambia nulla - ha spiegato Campeis - ora avremo modo di chiarire tutto in contraddittorio. Anzi posso dire che era un atto atteso».Secondo l'avvocato udinese, tuttavia, la Procura della Repubblica di Udine non ha ancora risolto il dubbio «se quanto avvenuto alla Quiete sia stato legittimo oppure no. Per questo che il Procuratore sta lavorando su due fronti». Stessa linea per Vittorio Angiolini, il costituzionalista che assiste Englaro: «Non ci sorprende che la procura di Udine abbia aperto un'inchiesta per omicidio. Noi comunque siamo tranquilli perchè tutto è stato fatto in perfetta regola», dice il professore, «l’iniziativa della magistratura di Udine non ha un particolare significato in quanto ha avviato un'indagine in seguito a un esposto. Ovviamente ci difenderemo». Il legale di Englaro ha inoltre osservato: «Ragionevolmente» l'iniziativa giudiziari potrebbe avere qualche sviluppo semmai dopo il deposito delle perizie autoptiche disposte dopo la morte di Eluana avvenuta lo scorso 9 febbraio».
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Papà Beppino a Udine: «Sono sereno»
Via alle indagini per omicidio volontario. Biancardi: «Un atto dovuto»
di GUIDO SURZA UDINE. Beppino Engaro torna a Udine. Oggi firmerà le pratiche per l’incarico all’avvocato Giuseppe Campeis, che lo assisterà durante le indagini: concorso in omicidio volontario, aggravato perché commesso ai danni d’un discendente. È l’ipotesi di reato che ha segnato l’iscrizione nel registro degli indagati di Beppino Englaro, dell’anestesista Amato De Monte e dei dodici infermieri che hanno seguìto Eluana nel suo cammino verso la morte alla casa di riposo La Quiete. «Me lo aspettavo – ha detto papà Beppino – prima o poi doveva accadere».Ieri il procuratore di Udine Antonio Biancardi, tornato a essere “assediato” dai giornalisti, ha ripreso a delegare l’ispettore di polizia Fabio Nazzi, capo della sezione di polizia giudiziaria della procura, per leggere un suo comunicato. «L’iscrizione costituisce un atto dovuto stanti le numerosissime, specifiche, anche nominativamente, denunce inviate e/o presentate a questo ufficio da parte di cittadini, tutti identificati e identificabili. L’iscrizione è avvenuta solo in questi ultimi giorni per la necessità di separare le specifiche denunce verso le persone poi iscritte dai, pure numerosissimi, esposti, a volte deliranti, privi, tuttavia, di rilevanza penale o di precise accuse verso le persone poi iscritte. Il procedimento relativo alla iscrizione delle 14 persone sarà personalmente trattato dallo scrivente per le determinazioni di competenza».Quali passi farà adesso l’inchiesta con questa “pesantissima” ipotesi di reato è forse troppo presto per saperlo. Non avendo potuto partecipare alle iniziali attività istruttorie in veste di indagati, quindi con le garanzie difensive del contraddittorio, adesso queste 14 persone dovranno decidere che strategia attuare. È possibile – visto che non c’è contrapposizione di ruoli fra loro – che tutti almeno inizialmente facciano riferimento all’avvocato Giuseppe Campeis, che già l’altro giorno era stato informato dal procuratore Biancardi sulla scelta di procedere in questa nuova direzione. È possibile che l’avvocato depositi memorie e documenti che lo stesso procuratore gli ha già chiesto. Per il momento l’attività istruttoria sta ancora attendendo gli esiti sia dell’esame autoptico effettuato dal pool di consulenti della procura con a capo il medico legale Carlo Moreschi, sia le conclusioni delle consulenze tecniche sul rispetto del cosiddetto protocollo e quelle sulle autorizzazioni amministrative della struttura che ha accolto Eluana negli ultimi suoi giorni di vita.Come si è riferito ieri, nel fascicolo adesso iscritto con l’ipotesi dell’omicidio volontario aggravato è confluita una decina di esposti, evidentemente quelli che il procuratore Biancardi ha ritenuto più circostanziati nella loro “descrizione” dei reati che si stavano per compiere. Quindi giunti prima che Eluana morisse.
Via alle indagini per omicidio volontario. Biancardi: «Un atto dovuto»
di GUIDO SURZA UDINE. Beppino Engaro torna a Udine. Oggi firmerà le pratiche per l’incarico all’avvocato Giuseppe Campeis, che lo assisterà durante le indagini: concorso in omicidio volontario, aggravato perché commesso ai danni d’un discendente. È l’ipotesi di reato che ha segnato l’iscrizione nel registro degli indagati di Beppino Englaro, dell’anestesista Amato De Monte e dei dodici infermieri che hanno seguìto Eluana nel suo cammino verso la morte alla casa di riposo La Quiete. «Me lo aspettavo – ha detto papà Beppino – prima o poi doveva accadere».Ieri il procuratore di Udine Antonio Biancardi, tornato a essere “assediato” dai giornalisti, ha ripreso a delegare l’ispettore di polizia Fabio Nazzi, capo della sezione di polizia giudiziaria della procura, per leggere un suo comunicato. «L’iscrizione costituisce un atto dovuto stanti le numerosissime, specifiche, anche nominativamente, denunce inviate e/o presentate a questo ufficio da parte di cittadini, tutti identificati e identificabili. L’iscrizione è avvenuta solo in questi ultimi giorni per la necessità di separare le specifiche denunce verso le persone poi iscritte dai, pure numerosissimi, esposti, a volte deliranti, privi, tuttavia, di rilevanza penale o di precise accuse verso le persone poi iscritte. Il procedimento relativo alla iscrizione delle 14 persone sarà personalmente trattato dallo scrivente per le determinazioni di competenza».Quali passi farà adesso l’inchiesta con questa “pesantissima” ipotesi di reato è forse troppo presto per saperlo. Non avendo potuto partecipare alle iniziali attività istruttorie in veste di indagati, quindi con le garanzie difensive del contraddittorio, adesso queste 14 persone dovranno decidere che strategia attuare. È possibile – visto che non c’è contrapposizione di ruoli fra loro – che tutti almeno inizialmente facciano riferimento all’avvocato Giuseppe Campeis, che già l’altro giorno era stato informato dal procuratore Biancardi sulla scelta di procedere in questa nuova direzione. È possibile che l’avvocato depositi memorie e documenti che lo stesso procuratore gli ha già chiesto. Per il momento l’attività istruttoria sta ancora attendendo gli esiti sia dell’esame autoptico effettuato dal pool di consulenti della procura con a capo il medico legale Carlo Moreschi, sia le conclusioni delle consulenze tecniche sul rispetto del cosiddetto protocollo e quelle sulle autorizzazioni amministrative della struttura che ha accolto Eluana negli ultimi suoi giorni di vita.Come si è riferito ieri, nel fascicolo adesso iscritto con l’ipotesi dell’omicidio volontario aggravato è confluita una decina di esposti, evidentemente quelli che il procuratore Biancardi ha ritenuto più circostanziati nella loro “descrizione” dei reati che si stavano per compiere. Quindi giunti prima che Eluana morisse.
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Il “ministro della Salute” del Vaticano aveva detto di Beppino: «Lo catalogo come un assassino»
Paluzza, il parroco contro il cardinale
Don Puntel: «Gli uomini di Chiesa moderino il linguaggio»
IL CARDINALE Javier Lozano Barragan ha 66 anni. Presidente della Pastorale della salute, è considerato il ministro della Sanità della Santa Sede
Paluzza, il parroco contro il cardinale
Don Puntel: «Gli uomini di Chiesa moderino il linguaggio»
IL CARDINALE Javier Lozano Barragan ha 66 anni. Presidente della Pastorale della salute, è considerato il ministro della Sanità della Santa Sede
UDINE. «Gli uomini di Chiesa moderino il linguaggio, non si può usare un linguaggio come quello del cardinale Barragan».Lo dice don Tarcisio Puntel, parroco di Paluzza, il paese d’origine della famiglia Englaro, uno dei pochi sacerdoti che ha ancora un contatto con Beppino Englaro. Barragan in una dichiarazione aveva affermato che “Beppino lo catalogo come un assassino”. «Englaro – aggiunge don Puntel – ha sbagliato, gliel’ho sempre detto, lui sa che ho una visione opposta alla sua, ma tra noi c’è rispetto ed è per questo che continua il dialogo. Usare parole come “assassino” o “omicida” e apostrofare una persona in questo modo non è da cristiani. La verità va detta fino in fondo, senza mezzi termini, ma in un rapporto dialogico».Ieri il cardinale Javier Lozano Barragan, “ministro vaticano” della Salute, è tornato sul tema etico che attualmente più spacca il Paese, quello del fine vita. Prima di affrontarlo, Barragan ha premesso che «la Chiesa propone e non impone» e a Beppino Englaro, indagato per omicidio volontario, ricorda la legge di Dio. «Abbiamo un comandamento, il quinto, che dice non uccidere. Chi uccide un innocente commette un omicidio. Se Englaro ha ammazzato allora è un omicida». Il presidente del pontificio Consiglio per gli operatori sanitari, si rivolge poi ai «signori parlamentari» e nell’ipotesi che il ddl sul testamento biologico slitti, il porporato coglie l’occasione per invitare le Camere a un’ulteriore riflessione. I politici «devono vedere – spiega – se ci sono già le condizioni di maturità per poter andare verso una legge». La preoccupazione della Santa Sede è che agendo velocemente, possa essere varata una legge che nasconda delle scappatoie eutanasiche. «Va bene che ci sia una legge – precisa – perchè non ci sia arbitrarietà, però la legge deve essere tale da arrivare al bene comune e non al male comune, al quale si arriverebbe se si imboccasse la via dell’eutanasia». Quindi, sottolinea Barragan, «se il testamento biologico è soltanto una maschera che nasconde l’eutanasia non va accettato». Ecco allora la prima indicazione su cui la Chiesa non transige: vanno garantiti cibo e acqua «nutrimenti essenziali» a chi è in stato vegetativo perchè «non sono una terapia, e non possono perciò costituire accanimento terapeutico». Per quanto riguarda gli altri «paletti», il cardinale li indica uno per uno: bisogna stabilire «una frontiera tra cure palliative e accanimento terapeutico», rifiutare «le terapie sproporzionate e inutili», considerare con attenzione «la figura del fiduciario» perchè attraverso questi «non si apra la porta all’eutanasia» e infine, dal momento che «la volontà del paziente è diversa quando questi gode della piena salute», il testamento deve essere «revocabile».
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I pm indagano anche sull’esposto Taormina
A Bologna
UDINE. La Procura di Bologna ha aperto un fascicolo conoscitivo sulla vicenda di Eluana Englaro dopo l’esposto presentato a Roma dall’avvocato Carlo Taormina.Nella denuncia il legale chiede, tra le altre cose, di verificare eventuali responsabilità del padre di Eluana, Beppino, dei medici che hanno attuato il protocollo, dei magistrati della corte d'Appello di Milano nonchè di quelli di Udine. Di qui il coinvolgimento della Procura del capoluogo emiliano, competente a giudicare sui colleghi friulani. Nei giorni scorsi gli atti sono stati trasmessi dalla Procura di Roma al procuratore reggente di Bologna Silverio Piro. La Procura di Roma aveva invece archiviato la richiesta di indagine di Taormina sull’operato del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che non ha firmato il decreto del governo sul divieto di stop all’alimentazione artificiale proposto dal ministro Maurizio Sacconi.
A Bologna
UDINE. La Procura di Bologna ha aperto un fascicolo conoscitivo sulla vicenda di Eluana Englaro dopo l’esposto presentato a Roma dall’avvocato Carlo Taormina.Nella denuncia il legale chiede, tra le altre cose, di verificare eventuali responsabilità del padre di Eluana, Beppino, dei medici che hanno attuato il protocollo, dei magistrati della corte d'Appello di Milano nonchè di quelli di Udine. Di qui il coinvolgimento della Procura del capoluogo emiliano, competente a giudicare sui colleghi friulani. Nei giorni scorsi gli atti sono stati trasmessi dalla Procura di Roma al procuratore reggente di Bologna Silverio Piro. La Procura di Roma aveva invece archiviato la richiesta di indagine di Taormina sull’operato del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che non ha firmato il decreto del governo sul divieto di stop all’alimentazione artificiale proposto dal ministro Maurizio Sacconi.
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«Via la tutela al padre» Vitto Claut condannato
Il caso
LECCO. L’avvocato pordenonese Vitto Claut (nella foto) è stato condannato dal tribunale di Lecco al pagamento delle spese legali a Beppino Englaro, il papà di Eluana, e al curatore, l’avvocato Franca Alessio, nell’ambito della causa che lo stesso Claut aveva intentato nei confronti di Englaro chiedendo la sua revoca come tutore della figlia. Il 10 febbraio i giudici di Lecco avevano dichiarato non luogo a procedere perchè cessata la materia del contendere, in quanto Eluana si era spenta a Udine il giorno prima, cancellando così la richiesta di revoca del tutore, ma riservandosi in merito al pagamento delle spese legali e ai danni chiesti per lite temeraria. Quindi la magistratura lecchese ha deciso che l’avvocato dovrà pagare 1.500 euro a Beppino Englaro e 1.500 al curatore in quanto non era legittimato a proporre il ricorso.
Il caso
LECCO. L’avvocato pordenonese Vitto Claut (nella foto) è stato condannato dal tribunale di Lecco al pagamento delle spese legali a Beppino Englaro, il papà di Eluana, e al curatore, l’avvocato Franca Alessio, nell’ambito della causa che lo stesso Claut aveva intentato nei confronti di Englaro chiedendo la sua revoca come tutore della figlia. Il 10 febbraio i giudici di Lecco avevano dichiarato non luogo a procedere perchè cessata la materia del contendere, in quanto Eluana si era spenta a Udine il giorno prima, cancellando così la richiesta di revoca del tutore, ma riservandosi in merito al pagamento delle spese legali e ai danni chiesti per lite temeraria. Quindi la magistratura lecchese ha deciso che l’avvocato dovrà pagare 1.500 euro a Beppino Englaro e 1.500 al curatore in quanto non era legittimato a proporre il ricorso.
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Defanti: «Mi sembra un’assurdità»
Il neurologo
UDINE. «Mi sembra un’assurdità colossale e un imbarbarimento della situazione l’aver aperto un’inchiesta quando c'è stato un provvedimento definitivo della Corte d’appello. Mi sembra un non senso».L’ha affermato il professor Carlo Alberto Defanti, il neurologo di Eluana Englaro, a proposito dell’iniziativa della Procura della Repubblica di Udine, di iscrivere nel registro degli indagati Beppino Englaro con altre 13 persone, per la morte di Eluana, avvenuta il 9 febbraio nella casa di riposo “La Quiete”.Defanti, che non faceva parte dell’associazione “Per Eluana”, costituitasi per attuare il decreto dei giudici di Milano che autorizzavano a interrompere l’alimentazione e l’idratazione artificiali che tenevano in vita Eluana, da oltre 17 anni in stato vegetativo permanente, ha espresso la sua solidarietà nei confronti degli indagati. Poi riferendosi a Englaro e a tutti quanti hanno seguito per anni e fino alla fine Eluana ha aggiunto: «C’è un limite alla sopportazione umana e mi sembra che sia stato superato. Anche se non credo di essere tra gli indagati, è come se lo fossi».«Non c’è pace per Eluana, nè per Beppino – ha proseguito il professor Defanti – e nemmeno per il nostro Paese che sta vivendo un momento di profonda inciviltà. Non avrei mai pensato che si arrivasse a questi livelli».
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