"SFUEI DAL FRIÛL LIBAR - IL GIORNALE DEL FRIULI LIBERO". INDIRIZZO INTERNET http://www.ilgiornaledelfriuli.net EDIZIONE ON LINE DELLA TESTATA ISCRITTA COME GIORNALE QUOTIDIANO ON LINE, A STAMPA, RADIOFONICO E TELEVISIVO NEL REGISTRO DEL TRIBUNALE DI UDINE IN DATA 8 APRILE 2009 AL N. 9/2009. Si pubblica dal 25 novembre 2008. Proprietario: Alberto di Caporiacco. Direttore responsabile: Alberto di Caporiacco. Sede di rappresentanza in Udine, piazza S. Giacomo 11/16, 2. piano.

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sabato 4 aprile 2009

RASSEGNA STAMPA: MESSAGGERO VENETO, IL GAZZETTINO, IL PICCOLO

Cominciamo con la prima pagina del Messaggero Veneto

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Continuano le manifestazioni di protesta dei lavoratori e le trattative per tentare di salvare gli stabilimenti friulani travolti dalla crisi
Mercoledì il piano industriale per la fabbrica di Martignacco e lunedì quello per la chimica Caffaro, commissario in arrivo
L’azienda ha presentato i libri contabili in tribunale a Udine. Chiesta l’applicazione della Prodi bis Tensione alla Safilo, sindacati contestati. Abs, uno spiraglio per le indennità

UDINE. Continuano le trattative e le proteste per le aziende friulane in crisi. Ieri il liquidatore Paolo Bettetto ha portato in tribunale a Udine i libri contabili di Caffaro e Caffaro chimica, le due società partecipate da Snia in liquidazione: si tratta di un’operazione necessaria per accedere alla legge Prodi bis, la procedura di amministrazione straordinaria prevista per le grandi aziende insolventi. Ora il giudice ha tempo fino al 15 aprile per accogliere o meno l’istanza, che porterebbe alla nomina di un commissario, per poi ripartire con la programmazione. Ieri si attendevano risposte importanti anche dall’incontro padovano tra i vertici della Safilo e i rappresentanti sindacali. Spiegazioni sul futuro però non sono arrivate e la tensione degli operai è esplosa in una decisa contestazione: fischi, applausi ironici e qualche coro «venduti, venduti» all’indirizzo dei delegati sindacali.


Udine
Dopo i provvedimenti per il Barcollo e Ai Provinciali
Enzo Driussi: decisione assurda
Intanto il Comune promette di varare un nuovo regolamento
Locali rumorosi chiusi. Insorge il Comitato osterie

UDINE. Anche il Comitato osterie guidato da Enzo Driussi scende in campo per difendere i locali del centro storico udinese dalle chiusure decise dalla magistratura in seguito alle segnalazioni dei residenti, esasperati dal volume della musica e soprattutto dalla confusione dei clienti che si fermano in strada fino a tarda notte. Dopo il “Barcollo” di via Mercatovecchio, chiuso il 26 marzo, giovedì è stata posta sotto sequestro su disposizione del giudice anche l’osteria “Ai Provinciali” di via Prefettura, che però potrà restare aperta normalmente fino alle 21. «E’ una decisione assurda, che penalizza i locali mettendo a rischio la sopravvivenza loro e del centro stesso», tuona Driussi.


Il leader nazionale: la giovane udinese ha grande energia e qualità ed è sostenuta dai circoli del Fvg
Pd, Serracchiani eurocandidata
L’annuncio di Franceschini. Lei: «La sfida mi entusiasma»

UDINE. Il 13 dev’essere il suo numero fortunato. Tredici sono stati i minuti del suo intervento all’Assemblea nazionale dei circoli del Pd. Da allora, tredici giorni sono passati prima che il segretario Dario Franceschini la chiamasse e le offrisse un posto in lista alle Europee. Da ieri, quindi, Debora Serracchiani, che ha pronunciato un sì convinto, giura, è ufficialmente in lizza per il Pd. «La Direzione per chiudere le liste per le elezioni europee si terrà il 21 aprile. Ma intanto un nome ve lo posso dare. Candideremo Debora Serracchiani», è stato l’annuncio del leader piddino. Che ha aggiunto: «È una persona che ha dimostrato grande energia e qualità, anche se come voto mi ha dato 6. Ma ha fatto benissimo, perché il nostro è un partito democratico e ci deve essere un confronto aperto. La sua candidatura, inoltre, non è stata chiesta dall’alto, ma è partita dal basso, dai circoli del Friuli».Come ha saputo della sua candidatura?«Mi era stata proposta qualche giorno fa dal segretario regionale Bruno Zvech. Avevo però chiesto un po’ di tempo per riflettere e soprattutto che fosse sentita la base per esprimersi sulla mia candidatura». Franceschini l’ha chiamata? «Mi ha chiamata questa mattina (venerdì, ndr) chiedendomi la disponibilità alla candidatura. E gli ho risposto sì. Non posso sottrarmi a questa responsabilità, alla possibilità di dare a questa terra un rappresentante in Europa. E soprattutto dopo quanto accaduto penso di poter dare il mio contributo, continuando a dire ciò che penso dalle sedi istituzionali».Oltre alla richiesta di disponibilità, cosa le ha detto?«Nulla. È stata una telefonata breve e di presentazione perché non ci eravamo mai parlati prima».Come si sente?«La sfida mi entusiasma, ma mi sento carica di responsabilità e non vedo l’ora di cominciare a lavorare».È così che si diventa Obama?«No. Penso che serva avere serietà, coerenza e determinazione. Se poi questo significa diventare Obama, non mi interessa».Perché a Franceschini ha dato 6?«Lui sta scalando la mia personale classifica da quando ha preso in mano il Pd. Ma preferisco pensare a lui come a un segretario a tempo pieno e invece il fatto che abbia già detto che non si candiderà per la direzione nazionale del partito, è una scelta che non condivido perché penso che abbiamo bisogno di una guida che non sia “a tempo”. E poi 6 perché è appena all’inizio».A sé che voto dà?«Ho accettato lo scherzo dei voti, ma credo che le persone vadano valutate in modo più completo. Per ora penso di avere solo un grande voto in fortuna, perché ho fatto un discorso che mi ha cambiato la vita. Adesso devo mettermi a lavorare e poi verrà il tempo perché le persone mi diano i voti». Quanto ha contato la Rete nella sua candidatura?«Tantissimo. Non ci sarebbe stato questo risultato se non ci fosse stata la diffusione del mio messaggio via internet».Ha più valore internet, quindi, di un partito tradizionale?«No. Semplicemente c’è uno spaccato di società che in questo momento è un po’ trascurato, quello delle persone che vivono, lavorano e si divertono in rete, ma è lo stesso partito con strumenti di comunicazione diversi».Che campagna elettorale farà?«Prima devo metabolizzare la decisione, poi già da domani creerò un gruppo di persone che lavoreranno con me e che mi aiuteranno a tenere i contatti con tutti, perché ho migliaia di e-mail sul computer, solo giovedì ne ho ricevute mille e 300, e in realtà un po’ ho scoperto la rete dopo il 21 marzo».Si sente la stella nascente del centrosinistra?«Mi sento una persona che ha detto delle cose al momento giusto nel posto giusto. E che è molto felice che ci sia stato qualcuno ad ascoltarle».Non ha paura di bruciarsi?«Non penso si debbano fare questi conti quando decidi di candidarti. Io sento questa responsabilità, è ovvio che parto pensando di vincere, ma se non sarà così, andrà comunque bene perché per me è già importante aver accettato la sfida»Descrivendo la sua ascesa, qualcuno ha detto: “Ci si augura che sia un po’ cattiva, altrimenti è destinata a soccombere”. È un po’ cattiva?«Più che cattiva bisogna essere determinati. E io sono determinata».Anna Buttazzoni


GLI USA E L’UE
L’ASSE DI OBAMA di RENZO GUOLO

Dopo le fatiche del G20, nel quale l’America è stata sotto accusa, anche se il peso del disastro economico ricadeva tutto sulle spalle di Bush e della cultura della deregulation che aveva tanto contribuito a portare lui e altri suoi predecessori alla Casa Bianca, Obama tira il fiato. A Strasburgo solleva l’entusiasmo dei giovani, ritrovando quell’atmosfera magica che lo aveva circondato nel suo viaggio europeo da candidato. Da presidente, certo, le responsabilità sono diverse; gli interessi di cui tenere conto sono molti; l’etica della responsabilità prevale inevitabilmente su quella della convinzione. Ma su questioni come la chiusura di Guantanamo, sfregio a quella democrazia che Bush e i suoi epigoni volevano esportare manu militari; sul clima e sulla lotta all’inquinamento; sulla necessità di un mondo libero da armi nucleari, il presidente ritrova lo smalto e il consenso di allora. A dimostrazione che, nonostante le difficoltà provocate da una crisi economica che mette a dura prova la sua leadership, Obama è ancora capace di suscitare quella speranza in un cambiamento che ormai molti nell’opinione pubblica internazionale sentono maturo. Un sentire che , come spesso accade, investe prima la dimensione culturale e poi sbocca in nuovi cicli ed equilibri politici. Naturalmente, dopo la lunga stagione dell’Ok Corral finanziario, il consenso americano fuori dell’infuocato recinto economico ha come primo banco di prova la fine dell’unilateralismo. Obama ha sempre affermato che la sua amministrazione deve ritrovare il multiculturalismo. Quel muticulturalismo che ha prodotto il soft power, l’egemonia prima ancora culturale che ideologica dell’America. Il vertice per i sessant’anni della Nato è un’occasione per dimostrarlo. Dopo la scomparsa del nemico sovietico, l’organizzazione nordatlantica è in manifesta crisi di identità. Durante l’era Bush, la Nato è stata il grimaldello con il quale Washington contrapponeva la nuova Europa degli ex satelliti sovietici, desiderosi di protezione e di nuova sottomissione sotto il suo ombrello, alla vecchia Europa franco-tedesca nel tentativo di scardinarla. Oggi alcuni dei nuovi sono sotto l’incubo del rischio paese, che prelude a un default di Stato. Ripensare la Nato fuori dai tatticismi; ridefinire la sua dottrina strategica dopo la fine dell’Urss diventa , così, inevitabile. Negli ultimi anni l’Organizzazione atlantica è stata, più che mai, un mero strumento americano. Si guardi allo stesso Afghanistan, dove la missione Isaf è stata fortemente condizionata da quella Enduring freedom, che determinava il pesante clima in cui dovevano muoversi poi le truppe atlantiche. Un teatro, quello afgano, che invece, per la sua complessità, aveva bisogno di un approccio non solo militare. L’esibizione muscolare di Bush, che ha colpevolmente sguarnito il fronte ai piedi dell’Hindu Kush per inseguire missioni mai compiute come quella irachena, non è servita a nulla. Oggi i talebani sono più forti che mai e la prospettiva di trattare con loro, almeno con l’ala non legata al qaedismo, non è più un tabù. Né a Washington né altrove. Un diverso approccio allo scenario Afpak, dato che è impossibile sciogliere il nodo di Kabul senza averlo allentato a Islamabad, è legato inesorabilmente a un ritorno al multilateralismo.Obama ha individuato in Al Qaeda la vera minaccia alla sicurezza occidentale, anche a quella dell’Europa che, per regioni geopolitiche, è secondo il presidente americano più esposta degli Stati Uniti. Non più, dunque, la barocca teologia politica dell’Asse del male, difficilmente evocabile nel momento in cui l’America apre all’Iran in funzione della stabilizzazione afgana e in una logica di scambio politico che non può certo fermarsi a quel teatro; non più lo scontro di civiltà con il mondo islamico, nel quale è grande l’attesa per il discorso che Obama farà nei prossimi giorni in Turchia; ma , solo, la guerra allo jihadismo globale.Così come doveva essere dopo l’11 settembre e così come non è stato dopo la sbornia ideologica di Bush per il poco astratto furore neocon. Ma per evitare di restare impantanato come Bush in Iraq, Obama ha bisogno di una strategia condivisa. Anche perché agli alleati della Nato, Italia compresa, chiede un maggiore sforzo in uomini e risorse. Un mutamento rilevante, quello provocato nella scena internazionale da Obama; che sovverte antiche gerarchie nelle alleanze e nelle amicizie. Nonostante il rapido mutamento della politica estera, sino a pochi mesi fa più realista del re, l’Italia è fuori dallo sguardo preferenziale di Washington, che invece ha stabilito sulle questioni politico-militari nuove intese con Berlino e Parigi, passo necessario anche per ridimensionare le critiche franco-tedesche alla strategia economica americana, ritenuta ancora troppo timida nei confronti della deregulation. Non bastano, come a Londra, abbracci rubati alle spalle e pollici alzati o le imbarazzanti grida di richiamo verso Obama per attirare l’attenzione. Gesta che non hanno sollevato l’irritazione della sola, compassata, regina britannica. Con Obama i galloni vanno guadagnati sul campo: non certo quello in cui si mettevano in scena allegri barbecue in stile texano.


Udine
Un nigeriano tenta di nascondersi nei bagni di un locale, ma non sfugge alla Polizia
Lei vuol dargli la carità e lui la scippa
La donna non si perde d’animo e insegue e fa arrestare il suo aggressore

UDINE. lei voleva fargli l’elemosina. Ma lui, un immigrato nigeriano, visti i soldi le ha strappato la borsetta. Lei non si è persa d’animo, lo ha inseguito e fatto arrestare.


TASSE E BEFFE
LA MAPPA BUGIARDA di MINO FUCCILLO

Dovrebbe essere la geografia dei redditi degli italiani, è invece la mappa che porta diritti al tesoro della ricchezza vera: la grande bugia nazionale. Nel 2006 l’italiano medio dichiara di aver dato vitto e alloggio, vestiti, auto e bollette, svago, istruzione e acquisti a se stesso e alla famiglia con 1.500 euro lordi al mese, 13ª compresa.Ma è la media: il 35% dichiara di avercela fatta con 800 al mese. Solo il 2% dichiara di stare sui 6.000 al mese e solo lo 0,9 sugli 8.000, sempre lordi.Dunque beni di lusso, scarpe firmate, barche, viaggi e ogni altro ben di dio che arreda la vita di milioni di individui e famiglie sarebbe alla portata di soli tre italiani su cento. È incredibile. È un falso smentito dalla realtà. Ma è ancora più incredibile che questa mappa della bugia sia impugnata come vera da governi e sindacati, anche di sinistra, quando si fanno leggi sulle tasse. Con in mano questa bussola bugiarda si arriva solo all’inferno insopportabile per chi le tasse le paga e al paradiso per chi non si dà questa pena. Alla follia di aliquote Irpef più alte, alla punizione ulteriore da infliggere ancora a chi dichiara 80-100 mila euro l’anno e alla cuccagna delle esenzioni e degli aiuti per chi mente dichiarando 20-30mila.Un esempio? La metà delle società giurano di lavorare solo per rimetterci. Dichiarare poi? Qualcuno dichiara, altri sono “dichiarati” alla fonte. Se i lavoratori dipendenti potessero “dichiarare” anche loro, la media scenderebbe a 10 mila l’anno. Saremmo finalmente il paese della totale no tax area, metà abbondante del paese già abita lì.


San Giovanni
L’esplosione ha danneggiato il capannone di un’azienda
Ustionato dallo scoppio del silo
Operaio raggiunto al volto da una fiammata, ma non è grave

SAN GIOVANNI AL NATISONE. Esplosione nel pomeriggio di ieri in un vecchio silo alla Piaval, un’industria di sedie. Un operaio è stato raggiunto al volto da una fiammata.


Zaia battezza il “Friulano” e arrivano i 10 milioni per la promozione
Vinitaly

dall’inviato RENATO D’ARGENIO
VERONA. Il vino Friulano è stato battezzato e in dote, il ministro “padrino” – che proprio qui al Vinitaly, un anno fa, aveva celebrato il funerale del Tocai – ha portato 8 milioni di euro. L’altro testimone, l’assessore regionale all’agricoltura, Claudio Violino, di milioni ne ha messi 2. Un regalo speciale che adesso va fatto fruttare.
La firma sull’accordo che concretizza il sostegno dello Stato alla campagna promozionale del Friulano, e dà il via a un percorso virtuoso di marketing dell’intera filiera agroalimenatre del Friuli Venezia Giulia, del suo territorio e delle sue peculiarità, è stata apposta ieri sul soppalco di Turismo Fvg al Vinitaly. «Da oggi – ha detto l’assessore Claudio Violino – si passa dalle parole ai fatti. Agli 8 milioni stanziati dallo Stato per i prossimi due anni, sarà affiancato un finanziamento della Regione di altri due milioni. E’ un giorno storico: il 3 aprile è infatti il 932° anniversario della fondazione della Patria del Friuli, ricorrenza della quale sono in corso le celebrazioni ufficiali». «La battaglia sostenuta dalla Regione Fvg per la nuova denominazione del Tocai Friulano si può definire conclusa con successo, dopo la stipula di questo accordo».Il bando. Ma come saranno spesi tutti quei soldi? «Organizzeremo un bando, probabilmente, una gara a livello europeo. Daremo delle indicazione per creare un marchio sotto il termine Friulano; un sistema capace di veicolare tutto il vino friulano, tutto il prodotto agroalimentare. Questo percorso sarà condiviso con le organizzazioni che gravitano attorno al mondo vitinivicolo: dalla Federazione dei consorzi ai sommelier.Il ministro. Il nome Friulano per quello che era un tempo il Tocai «rende ancora meglio il senso del legame che salda le nostre migliori produzioni al territorio. Con la firma del protocollo d’intesa tra il Ministero e la Regione Friuli Venezia Giulia ci impegniamo a promuovere al meglio un prodotto che è uno dei simboli del Made in Italy di qualità, un fiore all’occhiello del nostro patrimonio vinicolo».«Questi fondi serviranno a riqualificare i vini a denominazione di origine, a formare e informare i produttori, facendo loro conoscere meglio i mercati e le tendenze dei consumatori, e a fornire maggiori informazioni ai consumatori stessi circa la nuova denominazione del vitigno e dei vini regionali – ha aggiunto il ministro –. La produzione annua di Friulano Doc è di circa 5 milioni di bottiglie, pari a 56 mila ettolitri. E a sentire gli operatori, il cambio di nome da “Tocai friulano” a “Friulano” avrebbe già innescato risposte positive dagli acquirenti esteri, soprattutto negli Stati Uniti e in Germania, con un incremento di domanda del 10%.


Passaggio delle consegne a Herat, i parà della Folgore sostituiscono la Julia

HERAT. La presenza dell' Italia in Afghanistan con un contingente militare è, ora più che mai, «essenziale» vista la ventilata minaccia di un' offensiva di primavera dei talebani. L'Italia non si sottrae al suo impegno e appoggia la linea del presidente degli Stati Uniti Barack Obama sulla necessità di un coinvolgimento delle forze occidentali per contrastare il terrorismo islamico soprattutto in vista delle elezioni presidenziali di agosto. È il messaggio che il presidente del Senato Renato Schifani ha inviato dal campo base di Herat dove, con una visita lampo, ha presenziato alla cerimonia di passaggio delle consegne tra la brigata alpina Julia e la brigata paracadutisti Folgore. Un segnale di presenza da parte della seconda carica dello Stato che è stata particolarmente apprezzata dal comandante in capo di tutte le forze impegnate in Afghanistan (Isaf, Nato e Usa), il generale David McKiernan, che ha presieduto alla cerimonia dove Schifani era arrivato da Roma con il presidente della commissione Difesa del Senato Giampiero Cantoni (Pdl) e alla vicepresidente Roberta Pinotti, responsabile Difesa del Pd.«Adesso siamo di fronte a un aumento dell'attività ostile che probabilmente subirà un ulteriore incremento in vista delle elezioni del 20 agosto. I nemici della democrazia e della libertà resteranno pericolosamente in agguato e sono certo che voi - aggiunge Schifani rivolgendosi ai soldati schierati - farete il vostro dovere con ancora maggiore forza e impegno per non vanificare quanto abbiamo ottenuto finora».Il presidente del Senato ribadisce che per l'Italia «pace e stabilità sono valori fondamentali che vanno preservati ovunque» e «la Nazione ritiene essenziale continuare a sostenere gli afghani nella ricostruzione del loro Paese». Schifani ricorda l'impegno italiano per altri 240 militari che si aggiungeranno ai circa 2.800 soldati presenti nel Paese. Schifani, conversando con i giornalisti, dice di «apprezzare» la strategia del presidente Obama in Afghanistan che mira, da una parte a rafforza l'impegno militare, e dall'altra a tendere la mano ai paesi islamici, Iran compreso. «Siamo perfettamente consapevoli - dice - che in questa area solo con il dialogo verso tutti coloro che non sono estremisti è possibile ottenere la pace». Per quanto riguarda l'Iran, Schifani osserva che «almeno per ora la nuova strategia fa sì che non stanno minacciando di distruggere Israele». Nel salutare la brigata Julia e dare il benvenuto ai paracadutisti della Folfgore, Schifani elogia i nostri soldati definendoli «grandi portatori di pace», sottolineando come ci sia «una tradizione che fa parte del patrimonio più alto, di quel 'valore Italià del quale siamo sempre ambasciatori».


RUGBY De Anna: allo stadio Friuli la grande sfida Italia-Sudafrica

di ROBERTO CALVETTI
UDINE. La data: sabato 21 novembre. Il luogo: lo stadio Friuli. Fra otto mesi, sull’“erba” dell’Udinese, l’Italia ovale sfiderà i campioni del mondo del Sudafrica nel secondo Cariparma test match del prossimo autunno. Alla fine l’ha spuntata Udine nella volata a tre, anzi a quattro, per accaparrarsi questo prestigioso incontro internazionale. Bocciate Genova e Firenze, la scelta è caduta sulla nostra città, preferita anche a Trieste (la quarta concorrente) per motivi tecnici (troppo corto lo stadio Rocco e con una capienza inferiore rispetto all’impianto udinese). Ma non è finita: il prossimo anno da queste parti potrebbe arrivare l’Argentina, terza nell’ultimo Mondiale in Francia.
L’annuncio ufficiale della scelta arriverà oggi da Parma dov’è da ieri è riunito il consiglio federale della federugby che tra l’altro ha confermato la fiducia al commissario tecnico Nick Mallett. Ieri sera un comunicato della Fir lasciava ancora uno spiraglio di speranza alla città gigliata, ma salvo “terremoti” notturni, Udine dovrebbe avere vinto la volata. Gli azzurri affronteranno gli Springboks (è il nome della nazionale verdeoro che deriva da una piccola antilope che ne è anche il simbolo) dopo un altro match da brividi con la Nuova Zelanda che si giocherà il 14 novembre a San Siro, a Milano. Più abbordabile, ma fino a un certo punto, la terza partita con Samoa (che, comunque, ci precede nel ranking mondiale) che seguirà il 28 ad Ascoli Piceno.Pumas. La coppia Cainero-De Anna, il commissario di Villa Manin che cura anche i grandi eventi sportivi nel Friuli Vg e l’assessore regionale allo sport, coronano così il progetto nato nel tardo autunno dello scorso anno di portare in regione il grande rugby. Con la possibilità di raddoppiare il prossimo anno con i Pumas argentini che verranno in tornée in Europa. «Abbiamo fornito tutte le garanzie richieste» dice Enzo Cainero, che sottolinea come si tratti di un evento sportivo «straordinario», il maggiore del 2009 in regione. «È come giocare Italia-Brasile nel calcio - ha aggiunto De Anna, ex azzurro della palla ovale - il top per il rugby mondiale».Visita. I sudafricani, intanto, hanno già messo piede in Friuli per vedere dove si giocherà e per pianificare la logistica. Ieri Annelee Murray, manager della nazionale verdeoro, ha visitato lo stadio dei Rizzi, gli alberghi (la scelta sarà tra Là di Moret e l’Astoria) e i campi di allenamento (il principale sarà, naturalmente, il Rugby stadium Otello Gerli di via del Maglio) e l’esame è stato superato. Se gli Springboks verranno a Udine, giungendo direttamente dalla Francia dove il 14 novembre affronteranno i Blues, la nazionale azzurra farà invece base nel Pordenonese.Precedente. Per lo stadio Friuli quella di novembre non sarà una “prima volta”. Il precedente risale al maggio del 1977 quando ospitò lo spareggio per lo scudetto tra la Sanson Rovigo e il Petrarca Padova. Tra i “bersaglieri” giocava un certo Elio De Anna, mentre nella squadra patavina c’era il fratello Dino che segnò la meta del successo dei “tuttineri” in una giornata in cui successe di tutto. Anche un tifoso rodigino morto sugli spalti colpito da un fulmine caduto durante il violento temporale che scoppiò nella ripresa.


Il reddito di un italiano su tre è inferiore ai 10 mila euro
Dichiarazioni 2007

MILANO. Tre italiani su dieci dichiarano un reddito annuo inferiore a 10 mila euro al mese. Lo dice il Ministero dell’Economia che ha diffuso i dati relativi ai redditi 2006 e denunciati nel 2007. Risulta che il reddito medio è di 18.324 euro, in aumento del 5,7% rispetto all’anno prima. Coloro che guadagnano più di 100 mila euro sono lo 0,9%% e solo il 2% degli italiani arriva a superare i 70 mila euro.
La fascia di reddito più consistente è quella fra 10 e 40 mila euro (a questo livello c’è il 58,4% degli italiani).Risulta anche che il 51% dell’Irpef (cioè l’imposta sui redditi delle persone fisiche) è pagata dal 10% dei contribuenti con redditi più alti.La relazione è piena di dati che saranno sicuramente oggetto di polemiche. Risulta, per esempio, che l’80% dei versamenti Irpef proviene da lavoro dipendente e da pensioni. In più, il 25% degli italiani non pagano un solo euro di imposte a causa del basso reddito o per effetto di deduzioni e detrazioni. Pertanto l’imposta che lo Stato incassa non va divisa su 40,8 milioni (tanti sono i soggetti fiscali) ma su poco più di 30 milioni, da cui risulta un versamento pro capite di 4.480 euro e un’incidenza sul reddito complessivo del 18,4% (nel 2005 era del 17,9%). Per quanto riguarda il tipo di reddito dichiarato, detto di lavoratori dipendenti e pensionati, ecco che il 5,5% dell’Irpef incassata arriva da redditi di partecipazione; il 5,1% da redditi di impresa e il 4,2% dal lavoro autonomo.Sul fronte dei redditi, il Sud resta in fanalino di coda dell’Italia con un reddito medio complessivo di 14.626 euro.Le dolenti note arrivano dall’Ires, l’imposta sui redditi delle società. Risulta infatti che quasi metà delle società italiane è in rosso. «Le società con quota positiva - si legge nel documento - ha raggiunto il 52,4% del totale (circa 503 mila società) con una crescita del 3,5% rispetto al 2005. Tali società con redditi positivi sono localizzate principalmente al Nord, anche se la loro quota al Sud e Isole sul totale nazionale è aumentata dell’1% rispetto al 2005». Infine, sono 5,8 milioni i soggetti che hanno presentato la dichiarazione Iva.«I dati - commenta la Uil - dimostrano come in Italia l’evasione fiscale continua a essere su livelli insopportabili». «Si conferma il paradosso - aggiunge la Cigl - perchè i dati dimostrano che i lavoratori dipendenti sono quelli che guadagnano di più. Intanto continuano a mancare all’appello oltre 90 miliardi di entrate che derivano dal più alto tasso di evasione fiscale che l’Italia detiene in Europa: sono oltre 3 milioni gli italiani che sfuggono al fisco».


Torna Maria Zef un film che fece discutere il Friuli

di CARLO GABERSCEK
La Sentinella della Patria (1927), Gli ultimi (1963) e Maria Zef (1981) sono le tre pellicole che costituiscono le tappe fondamentali del cinema friulano. Se la friulanità de Gli ultimi presentava un limite – il film non era parlato in friulano -, il mutato clima culturale degli anni ’70, con lo sviluppo di un maggior interesse per i dialetti e le lingue locali, rende possibile, soprattutto dopo il successo di L’albero degli zoccoli (1978) di Ermanno Olmi, la realizzazione di un film in lingua friulana. Quel film è Maria Zef, tratto dal romanzo omonimo di Paola Bianchetti Drigo, pubblicato da Treves nel 1936, una vicenda di vite umiliate, offese e lacerate, una storia cruda, amara, dolente, di un realismo tragico, ambientata nelle montagne carniche (zona del monte Crìdola, monte Tudaio, malga Varmòst, Forni di Sopra). Nata a Castelfranco Veneto (Treviso) da nobile famiglia nel 1876, la Drigo scrive racconti, novelle e due romanzi di intonazione tardo-naturalista, opere che rivelano la volontà di dare centralità narrativa alla condizione femminile. Maria Zef ottiene successo di pubblico e alcuni critici considerano la Drigo come la scrittrice d’area veneta più rilevante dei primi decenni del Novecento, degna di essere collocata sullo stesso piano delle scrittrici italiane contemporanee (Grazia Deledda, Matilde Serao, Ada Negri, Sibilla Aleramo).Poco dopo l’uscita del romanzo, Vittorio Cottafavi, di origine modenese, finiti i corsi al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, pensa di ricavarne un film, ma il Ministero della Cultura non gli accorda il visto a causa della scabrosità della vicenda in cui sono presenti il tema dell’incesto e l’uccisione dello zio da parte della nipote (nel romanzo si parla anche di aborti e di sifilide). Altro motivo per non accettare il progetto di Cottafavi è l’immagine di povertà, di miseria, emarginazione, abbrutimento, disagi, privazioni che domina nell’ambientazione e nel contesto sociale. La Drigo muore all’inizio del 1938, ma il suo romanzo non viene dimenticato. È ristampato nel 1939, nel 1946, nel 1953 e nel 1982 sempre da Garzanti, mentre nel 2002 viene pubblicato dalla Biblioteca dell’Immagine e nel 2003 dalle edizioni del Messaggero Veneto. Nel 1953 Luigi De Marchi, un regista trevigiano, ne trae un film, Condannata senza colpa, al quale collabora anche Renato Spinotti (zio del celebre direttore della fotografia Dante Spinotti) filmando alcune scene a Forni di Sopra. Si tratta di una pellicola prodotta a basso costo, in cui la vicenda originaria viene molto rimaneggiata, che ha poca fortuna e scarsa circolazione. Ma l’occasione per il rilancio di Maria Zef si presenta nel 1980, quando Vittorio Cottafavi, che è diventato, dopo una fulgida carriera cinematografica, un affermato regista televisivo, riesce a realizzare il suo antico progetto grazie alla nascita della terza rete Rai, la cui finalità è quella di valorizzare il patrimonio culturale locale. Fondamentale per il progetto Maria Zef si rivela la partecipazione di Siro Angeli. Nato a Cesclàns di Cavazzo Carnico nel 1913, Angeli, poeta (in italiano e friulano), saggista, narratore, programmista per la Rai e autore di radiodrammi, ha già collaborato con Cottafavi alla sceneggiatura di alcuni film. In questo caso, c’è un’importante novità: Maria Zef è parlato integralmente in friulano. A Siro Angeli, profondo conoscitore dell’anima carnica, viene quindi affidata la cura dei dialoghi in friulano. Ma il regista Cottafavi ottiene ancora di più: riesce a convincerlo a interpretare il ruolo aspro e duro di Barbe Zef, il montanaro dal volto legnoso, dal carattere chiuso, cupo, solitario, ruvido, spigoloso, diffidente. E Angeli riuscirà a farne la figura più intensa e indimenticabile del cinema friulano, cercando di infondervi il massimo del realismo e il massimo dell’interiorizzazione. Siro Angeli rimane tanto condizionato dal suo personaggio da ritornare, dopo quell’esperienza cinematografica, alla produzione poetica in friulano con i Pinzîrs di Barba Zef pubblicati nella raccolta Barba Zef e jò (1985). Anche tutti gli altri interpreti del film sono friulani e non professionisti: le due sorelle Zef, Mariute (Renata Chiappino di Martignacco) e Rosute (Anna Bellina di Treppo Carnico), Compar Guerrino (Cesare Bovenzi) e tutta una serie di personaggi minori, tra cui Catine, la madre (Neda Meneghesso), la vecchia guaritrice (Odilla Ferigo), la superiora (Natalia Chiarandini), i due medici (Italo Tavoschi e Eddy Bortolussi). Anche il Trio Pakai partecipa al film suonando durante la scena del ballo alle “Case Rotte”.Le riprese di Maria Zef sono effettuate dal 4 novembre 1980 al 23 gennaio 1981 e durante la settimana di Pasqua. Location e set a Forni di Sopra (gli esterni della baita di Barbe Zef), Paluzza (gli interni della baita stessa vengono ricostruiti in una stalla), Maiaso di Enemonzo (gli esterni delle “Case Rotte”, la fattoria di Compar Guerrino), Pavia di Udine (all’interno di Casa Beretta sono girate le scene della festa di carnevale alle “Case Rotte”), Villanova di San Daniele e San Odorico (le scene iniziali sul greto del Tagliamento), Villaorba di Basiliano (un’antica villa nobiliare diventa l’ospedale del convento), e Calalzo di Cadore (in provincia di Belluno) la cui stazione ferroviaria viene fornita di un treno d’epoca. La scelta di Pavia di Udine e altre location considerate particolarmente adatte per l’ambientazione si deve a Giancarlo Deganutti, presente tra i membri della troupe in qualità di delegato alla produzione del film televisivo. Come era già accaduto per Gli ultimi, anche Maria Zef, addirittura prima della sua realizzazione, diventa bersaglio di vivaci polemiche relative al contenuto, cioè all’immagine moralmente negativa della Carnia che ne sarebbe emersa. Articoli negativi si susseguono sulla stampa locale durante la fase delle riprese tra la fine del 1980 e l’inizio del 1981. Pochi mesi dopo, quando il film televisivo viene presentato in vari festival internazionali (Montreal, Cannes, Barcellona...), dove ottiene il consenso della critica, Maria Zef balza all’attenzione della stampa nazionale, ed anche internazionale, visto che Cottafavi è ammirato in Francia. Nel novembre del 1981 il film esce in doppia edizione, cinematografica e televisiva. Presentato in anteprima al cinema “Puccini” di Udine e al “David” di Tolmezzo, nonostante i commenti e i pareri ancora prevalentemente negativi apparsi sulla stampa, suscita comunque molta curiosità e grandissima partecipazione di pubblico. Mario Quargnolo, proprio sul Messaggero Veneto, dopo aver preparato il terreno durante i mesi della lavorazione e delle polemiche con articoli di approfondimento su Cottafavi e Angeli e sulla Drigo, lo accoglie con particolare favore (come del resto aveva fatto con Gli ultimi nel 1963). Maria Zef è quindi mandato in onda in due puntate il 21 e il 28 novembre su Rai Tre. Continua a essere proiettato in varie sale di paesi friulani fino al 1984 e di tanto in tanto viene riproposto sul piccolo schermo, riscuotendo sempre interesse. Nonostante le polemiche e le prese di posizione iniziali, i friulani finiscono per “affezionarsi” a Maria Zef, il risultato della proficua collaborazione Cottafavi-Angeli, un lavoro dotato di ritmo adeguato, buona fotografia (di Nando Forni) e scenografia, personaggi femminili che riescono a ingentilire e addolcire l’atmosfera prevalentemente dura e tragica, senso del paesaggio, momenti idillici e altamente poetici. Il film, nel giro di pochi anni, non solo viene “riscattato” e accettato dai friulani, ma gli viene anche riconosciuto un ruolo fondamentale nella storia del cinema locale. Maria Zef diventa infatti opera “maestra” con un’autorevole funzione di stimolo, spingendo molti giovani a cimentarsi in pellicole e video di carattere amatoriale in lingua friulana, un’esperienza che si è rapidamente sviluppata e che da più di vent’anni ha avuto modo di farsi conoscere ufficialmente tramite le edizioni della Mostre dal Cine Furlan.

UDINE
Far East, market nelle vie Manin e Vittorio Veneto

UDINE
Scommesse on-line Via al processo

HINTERLAND
Soldi ai poveri in cambio di lavori utili

FRIULI
Progetto sicurezza per 9 comuni

Afghanistan

Soddisfazione in regione Zvech e Moretton: è stata una grande scelta

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Proseguiamo con Il Gazzettino, edizione Friuli

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Tensione e polemiche anche alla Safilo per i manichini "impiccati" fuori dalla fabbrica
Polo chimico, i libri in tribunale
Caffaro in amministrazione controllata. Gli operai: non sorveglieremo più l’impianto

Udine È precipitata come un macigno sulle teste degli operai Caffaro la notizia della richiesta delle due Spa in liquidazione di accedere all’amministrazione controllata, consegnando i libri in Tribunale. Nella tarda mattinata di ieri, mentre le Rappresentanze sindacali unitarie di fabbrica, il sindaco di Torviscosa Roberto Duz e Glauco Pittilino della Cgil di Udine si stavano confrontando con il prefetto Ivo Salemme, il consigliere regionale Paride Cargnelutti ha informato il gruppo della novità: la società ha portato i libri in tribunale. Per tutti è stato uno choc. Il vertice di ieri in prefettura, infatti, era stato convocato per cercare di trovare per l’ennesima volta una soluzione al nodo Caffaro. Gli operai della "squadra speciale" hanno minacciato di non sorvegliare più l’impianto cloro-soda dalla prossima settimana. Tensione anche alla Safilo, per una macabra forma di protesta inscenata ieri: quattro manichini sono stati «impiccati» nelle prime ore di ieri sulle pareti dello stabilimento Safilo di Martignacco in provincia di Udine, dove da alcuni giorni è in corso un presidio di lavoratori per i progetti di ristrutturazione dell'azienda padovana di occhialeria. Ai manichini sono stati appesi cartelli contro politici, industriali e contro i sindacati Cgil Cisl e Uil. Dal gesto, attribuito a un gruppuscolo di estrema destra aderenti a Forza Nuova, si è dissociato il sindacato, che chiederà un incontro urgente con il Prefetto e il Questore di Udine. «Non è possibile - ha detto il segretario provinciale della Femca Cisl, Augusto Salvador - che questi gruppuscoli arrivino e inventino provocazioni di questo tipo». Lapidario il commento di Alberto Bombassei, vicepresidente di Confindustria: «Sembra una goliardata, ma forse è di più una vigliaccata che non fa altro che esasperare una situazione che è già difficile».


Condannati ex amministratori di Arzene che diedero il via libera a una societù pubblico-privata
Stangata ai consiglieri
Sentenza pilota della Corte dei Conti: chiamati a risarcire l’erario

Trieste Non soltanto sindaco e assessori, ma anche i consiglieri comunali possono essere chiamati a risarcire l’erario per danni conseguenti alle loro deliberazioni. È il principio che sta alla base di una lunga sentenza con la quale la Corte dei conti del Friuli Venezia Giulia ha condannato a complessivi 26mila euro circa l’ex sindaco di Arzene Enrico Riservato, due assessori della sua Giunta, l’allora segretario comunale, un ragioniere che ebbe rapporti di consulenza con l’Amministrazione del piccolo centro del Friuli Occidentale e sei persone che all’epoca erano consiglieri comunali. La vicenda riguarda la costituzione di una società per azioni mista fra il Comune (socio minoritario con il 44 per cento) e un imprenditore privato per recuperare l’area della dismessa Caserma Tagliamento, passata in proprietà all’ente locale.


REGIONE
Bonus bebè, più soldi per il secondo figlio

Trieste Mille euro circa al primo figlio, ma dal secondo in poi si arriverà a circa 1.300. Sono le cifre messe a disposizione dalla Regione Friuli Venezia Giulia alla voce "assegno di natalità", un istituto varato negli anni scorsi ma poi abbandonato dalla precedente Amministrazione in favore di forme diverse di welfare. Ora la Giunta guidata da Renzo Tondo, su proposta dell’assessore Roberto Molinaro (Udc), ha invece riattivato il contributo e il suo regolamento con alcune importanti modifiche: prima di tutto la previsione che il "bonus-bebè" sia più consistente per le famiglie numerose, inoltre l’innalzamento da 11mila a 30mila euro del limite di reddito annuo Isee per ottenere il beneficio. La Regione calcola che la platea di famiglie interessate arrivi a 50mila unità e che per il triennio 2007-2009 siano circa 15mila i contributi da assegnare, con un fabbisogno complessivo di 10 milioni di euro. «Era necessario garantire un contributo alle famiglie al momento dell'accoglimento di una nuova vita», afferma Molinaro. «Un "benvenuto" che non risolve il bilancio familiare, ma rappresenta un tassello delle politiche familiari che la Regione sta avviando. Sostenere una famiglia all'arrivo di un nuovo nato significa sostenere chi scommette sul futuro delle nostre comunità», conclude l’assessore. Il regolamento non distingue fra genitori sposati e conviventi né fra italiani e stranieri.


Allo stadio Friuli il rugby mondiale

Adesso c’è l’ufficialità. Lo stadio Friuli di Udine sabato 21 novembre ospiterà il test match di rugby fra l’Italia e i campioni del mondo del Sudafrica. Lo ha indicato ieri il consiglio della federugby riunito a Parma. A fianco del capoluogo friulano, dove ieri è stata in visita la delegata per la logistica della nazionale sudafricana Anne Murray accompagnata da Enzo Cainero e Claudio Da Ponte, nel comunicato appare anche Firenze come destinazione. Ma in ambiente Rcs, l’organizzatrice dell’evento, la scelta è fatta. Il prato che ha esaltato le gesta di Zico e Causio sarà quindi teatro delle corse di Brian Habana e delle percussioni di Victor Matfield. Nomi che al pubblico dei profani diranno poco, ma che nel rugby stanno a quelli di Zico e Causio nel calcio. La nazionale sudafricana, chiamata in gergo Sprinboks dal nome di un’antilope di quelle terre, è una leggenda della palla ovale. Seconda in fatto di popolarità solo agli All Blacks neozelendesi, ma davanti a loro in fatto di risultati sportivi. Mentre la Nuova Zelanda ha conquistato solo una Coppa del Mondo (la prima, 1987), il Sudafrica ne ha vinte due (1995, 2007), nonostante sia stata bandita dalle prime due edizioni per colpa dell’apartheid. Qui sta un’altra ragione del fascino di questa nazionale, trasformatasi da simbolo del Sudafrica bianco a strumento di integrazione razziale. Sono ancora negli occhi le immagini di Nelson Mandela con la maglia del capitano Fracois Pienaar (uno nero, l’altro discendente dei boeri) proprio alla finale del Mondiale 1995. Italia-Sudafrica sarà un autentico evento per il Friuli Venezia Giulia, che ospiterà il secondo test nella sua storia della Nazionale di rugby (il primo nel 2006 è stato Italia-Canada a Fontanafredda). A completare la festa attendiamo solo che in campo ci sia anche il flanker Alessandro Zanni, prodotto del vivaio udinese. Ivan Malfatto


LA FESTA
Tre Aprile stasera messa solenne con Brollo

Sarà l’arcivescovo di Udine, monsignor Pietro Brollo, ad officiare, stasera alle ore 18 nella chiesa di San Lorenzo Martire di Monte di Buja, la messa solenne in lingua friulana per la Festa della Patria del Friuli. Durante la celebrazione, alla quale parteciperanno anche i rappresentanti delle altre due diocesi friulane (Gorizia e Concordia-Pordenone), il comitato organizzatore farà dono alla Chiesa friulana della riproduzione su pergamena di un’antica indulgenza in marilenghe impartita dai Patriarchi a metà del ‘700 alla fine delle messe patriarchine. Le manifestazioni per la “Fieste de Patrie” culmineranno domani, domenica 5, alle ore 12 nella piazza del Duomo di Buja dove si terranno le celebrazioni civili con la lettura della Bolla imperiale che ha istituito lo Stato patriarcale friulano, gli interventi delle autorità e la premiazione della IV edizione del concorso “Disegne la storie dal Friûl”. La manifestazione sarà introdotta da William Cisilino, presidente dell’Istitût Ladin Furlan “Pre Checo Placerean”, mentre gli onori di casa spetteranno a Luca Marcuzzo, sindaco del Comune di Buja, che riceverà dalle mani di Carla Coassin, in rappresentanza del Comune di Cordovado (che ha ospitato l’anno scorso la Fieste), la bandiera del Friuli. Era il 3 aprile 1077 quando a Pavia l'Imperatore Enrico IV sancì la nascita della Patria del Friuli, come premio alla lealtà del Patriarca Sigeardo che, durante la guerra civile contro l'Imperatore, si era schierato dalla sua parte. Per l'Imperatore l'appoggio patriarcale era stato fondamentale per riaffermare il suo potere, e per altro, il Patriarca era un suo vecchio amico, essendo stato suo cancelliere per molti anni. «Si costituiva così - spiega lo storico Giancarlo Menis nella sua “Storia del Friuli" - un vasto e compatto territorio che doveva sottostare alla giurisdizione feudale del Patriarca. In poche parole veniva fondato quel "principatus Italiae et Imperii" politico-ecclesiastico, che sanciva una realtà sociale già consolidata attraverso un lungo processo storico che, di lì in avanti, per tre secoli e mezzo, avrebbe unito i friulani in forme sempre più elevate di vita civile».


POLITICA
La Serracchiani eurocandidata:«Punto tutto sul web»

Il segretario nazionale del Pd Franceschini ha annunciato ieri la candidatura della segretaria udinese del partito all’Europarlamento «È stato un fulmine a ciel sereno», assicura lei Il web strumento principe della campagna elettorale


VINITALY
Il ministro Zaia inaugura l’era vinicola del Friulano

Cerimonia non solo simbolica a Verona: il ministro Zaia e l’assessore regionale Violino hanno inaugurato l’era del post Tocai con il suggello all’accordo che prevede il finanziamento nazionale per la promozione dello storico vino bianco friulano

Prende fuoco un silos a San Giovanni al Natisone Ustionato un operaio

Un operaio è rimasto ustionato nell'incendio con esplosione di un silos, avvenuto ieri in un'azienda di San Giovanni al Natisone. L'incidente è avvenuto intorno alle 15.40 nella ditta «Piaval», specializzata nella lavorazione di legno. Un silos in muratura di 300 metri cubi è esploso per l'innesco di una miscela di aria e polveri di legno, forse a causa di cariche elettrostatiche o di faville incandescenti trasportate dal sistema di aspirazione. Per lo scoppio due pareti del silos sono rovinate su un capannone adiacente e hanno danneggiato alcuni macchinari. Il dipendente ferito è stato trasportato al Reparto ustionati dell'Ospedale di Padova.


CAMERA CON VISTA
Il lavoro "oscuro" di un parlamentare friulanonelle due commissioni dimenticate dai media

di Daniele Franz La nostra esperienza di vita, intrisa com’è di empirismo, è portata a farci credere come reale solamente ciò che possiamo vedere o, nella migliore delle ipotesi, comprendere. Così, del pari, crediamo che sia importante, degno di nota o in qualche misura rilevante, solo ciò che attira l’attenzione dei media. Quindi, riassumendo, potremmo provare a proporre la seguente formula: esiste solo ciò che vedo e vedo ciò che c’è sui giornali o, meglio ancora, in televisione. Sappiamo tutti, o quasi, che non è così, eppure per una forma di pigrizia alla fine corriamo il rischio di adattarci. Questa pigrizia quindi ci porta inesorabilmente a credere ad esempio che i parlamentari più attivi siano quelli mediaticamente più visibili. Ma non è proprio così, e molte sono le variabili: ad esempio la commissione di appartenenza. Vi sono commissioni che per le materie trattate attirano maggiormente l’attenzione, dipende poi dal momento, dai fatti di cronaca... Ogni tanto si è colti dal sospetto che l’agenda politica venga dettata più dal caso che da una reale organica volontà. Ma al di là di tutte le considerazioni, vi sono due commissioni parlamentari veramente importanti che fanno oggettivamente difficoltà ad attirare l’attenzione dei media: ovvero la Commissione affari esteri e la Commissione per le politiche comunitarie. Che abbiano una certa rilevanza credo lo si possa evincere già dal loro nome, ma che siano addirittura fondamentali questo magari potrebbe sfuggire ai più distratti. La Commissione per le politiche comunitarie ha tra gli altri il compito di verificare la compatibilità di tutte le proposte che si apprestano a diventare legge in Italia con le normative comunitarie; la Commissione per gli affari esteri invece ha tra gli altri il compito di ratificare tutti gli accordi internazionali che la nostra Nazione firma, ratifica, propone. In sostanza tale Commissione è chiamata a verificare e ad affiancare l’attività del Ministro degli Esteri. Insomma molto lavoro, veramente rilevante per gli interessi nazionali, ma che comporta scarsa visibilità sulla stampa e sui canali televisivi. Lo sa bene Alessandro Maran che nel corso delle sue esperienze parlamentari ha svolto un ottimo lavoro prima nella Commissione per le politiche comunitarie ed oggi si sta impegnando con profitto nella Commissione per gli affari esteri. Poco male in fondo la soddisfazione sta nella consapevolezza di fare bene il proprio lavoro: vero Alessandro?

TOLMEZZO
Cartello e raccolta di firme per riaprire il cinema "David"

CERVIGNANO
Come salvare il commercio partendo dai piccoli negozi

UDINESE
Di Natale: «Peccato l’infortunio ma all’Italia non rinuncerò»

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Infine la prima pagina de Il Piccolo

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L’INTERVISTA
Di Pietro: Berlusconi si può mandare a casa con una nuova alleanza
«Governa perché non c’è un’alternativa: nell’opposizione troppi partiti e poche idee»

di MATTEO UNTERWEGER
TRIESTE Non si sente «un vampiro del Pd». Perché il suo obiettivo, dice, è solo quello di costruire una valida alternativa a Berlusconi ed al Pdl. Ma, nella missione dell’opposizione, Antonio Di Pietro vuole continuare ad essere protagonista. Sul campo e non dagli spalti.Cosa dovrà succedere perché il centrosinistra riesca a ribaltare l’attuale situazione politica?Il governo Berlusconi non ha la maggioranza del paese. Governa perché non c’è un’altra coalizione che ce l’ha. Anzi, il centrosinistra ha ancora meno consenso. Quindi, è una guerra tra minoranze. Il motivo per cui il modello Berlusconi avanza è, in realtà, una sommatoria di diversi motivi.Quali?Primo, un sistema di informazione grazie al quale Berlusconi riesce a vendere fumo per arrosto e a rinviare a domani gli impegni sulle cose da fare, senza mai rendere conto di quello che ha fatto ieri. La vicenda dei 500 milioni di euro per il piano casa è emblematica: quei soldi portano la mia firma, quelle di Bersani e di Ferrero. Lui ha solamente spostato il capitolo di spesa, dicendo di averli finanziati. Grazie a quel conflitto di interessi perenne in cui vive, che gli consente di avere un dominio sull’informazione, l’elettore viene raggirato.La colpa dell’insuccesso del centrosinistra non sarà però solo di Berlusconi?No. La colpa principale ce l’ha proprio il centrosinistra che non riesce a trovare la quadratura su una coalizione credibile, per persone e programmi. Troppi partiti assieme e poche idee, peraltro confliggenti fra di loro. Quando ero ministro alle Infrastrutture ho avuto tra i maggiori oppositori gli esponenti della sinistra antagonista, piuttosto che i rappresentanti del centrodestra.Va bene, ma cosa può fare e quanto tempo serve al centrosinistra per porsi come valida alternativa?Noi dell’Italia dei valori stiamo tentando di recuperare la credibilità fra gli elettori puntando su un programma fatto di rigore, libertà e solidarietà. Così, il nostro partito vuole costruire una nuova alleanza.Un’alleanza di cui lei è pronto ad essere il leader?Stiamo proponendo un nuovo modello, in cui noi dell’Idv vogliamo essere protagonisti. Il regista deve essere cercato, per il momento non c’è. Io mi sento un giocatore in campo, credo che l’allenatore debba ancora arrivare. Sarò felice di averne uno che ci aiuti a trovare un’alternativa all’attuale governo. Ma non vogliamo portare avanti un’opposizione preconcetta. Non siamo un partito solo anti-berlusconiano, tant’è che di recente abbiamo firmato e votato un provvedimento preparato dalla maggioranza, quello sul federalismo fiscale.Qualcuno dice che siano altre le priorità per il Paese.Se parliamo di giustizia molto spesso è perché in Parlamento si sta discutendo di intercettazioni e di testamento biologico. Ma non sono queste le urgenze del Paese, vengono prima il lavoro e l’occupazione.A proposito di testamento biologico, come si può superare la dicotomia interna al centrosinistra fra le diverse posizioni di cattolici e laici?Noi dell’Idv abbiamo messo al primo posto i principi contenuti dalla Costituzione e non quelli ideologici. Tant’è che ci rivolgiamo a cittadini di destra, di sinistra, cattolici e non, anche appartenenti a religioni diverse: infatti, qualche nostro candidato alle europee sarà esponente di altre confessioni. Ciò premesso, lo dico da cattolico ed ex seminarista, uno Stato di diritto non può permettersi di decidere della vita umana di ciascuno di noi. È un diritto inalienabile quello di poter vivere dignitosamente e di scegliere, con altrettanta dignità, quando e come chiudere gli occhi. Ogni buon cattolico dovrebbe fare proprie le parole di Giovanni Paolo II, quando ha chiesto al Signore di lasciarlo andare in pace, senza più accanimento terapeutico. Io non credo sarei capace di staccare la spina ma sarebbe una violenza impedire agli altri di farlo, per cui noi raccoglieremo le firme per arrivare al referendum: sottoporremo all’attenzione dei cittadini la scelta se volere o meno una legge.Veniamo alle elezioni europee, qual è il suo obiettivo, il risultato che si aspetta?Il mio cruccio in questi giorni è di non riuscire a far conoscere in tempo ai cittadini le nostre 72 candidature. Tutte persone con storie importanti alle spalle, che possono essere dei punti di riferimento per un’Italia migliore e di cui essere orgogliosi. Se questo messaggio riuscirà a passare, sono convinto che l’Idv non avrà confini nella ricerca del consenso elettorale. Il problema è appunto far conoscere tutto questo alla gente. In Friuli Venezia Giulia, Pressburger rappresenta un anelito di Europa che è un esempio di buona candidatura. Abbiamo fatto un passo indietro: non portiamo parlamentari in Europa, ma persone provenienti dalla società civile.È una strategia rischiosa, no?L’Idv manterrà il suo impegno con gli elettori, per essere un’alternativa a Berlusconi. Senza se e senza ma. È singolare la tesi per cui noi sottrarremmo i voti al Pd.Si sente un vampiro del Pd?I nostri elettori non hanno targhette del Pd o del Pdl, ma ci scelgono perché vedono in noi persone che fanno il loro dovere. Ogni partito deve preoccuparsi di dare fiducia, non di ciò che fanno gli altri. Sono ottimista, alla luce di come ci siamo comportati in meno di un anno di opposizione al governo Berlusconi.Cosa intende?Siamo stati chiari. Abbiamo detto no quando dovevamo e, allo stesso modo, ci siamo schierati con il sì quando l’abbiamo ritenuto giusto. Ci siamo impegnati a informare l’opinione pubblica e a fare il nostro dovere in Parlamento. Quello che ci dà fastidio è vedere forze politiche che, alla Camera e al Senato o fuori, si astengono. Perché?L’astensione è un atto di resa, un comportamento piratesco. È come uno spettatore allo stadio che vuole dare giudizi sugli altri. Ecco, in questo momento, vedo tanto Pd sugli spalti mentre l’Idv, in campo, gioca la sua partita contro il Pdl. Io preferisco essere giocatore che spettatore.Parlando di Pd, però, qualche giorno fa lei ha detto che Franceschini parla «dipietrese». Quindi?In questo momento, il mio impegno è essere alternativo al governo Berlusconi. Riteniamo sia un dovere civile verso tutti coloro che considerano il sistema democratico a rischio e che ad essere tutelata sia solo la casta e non le fasce più deboli. Per questo, laddove possibile, confermiamo la nostra alleanza con il Pd. Ovviamente, però, noi andiamo avanti: non possiamo aspettare che risolvano i loro problemi interni.Rispetto all’era Veltroni, oggi c’è una maggiore possibilità di una solida unità d’intenti?Non c’entrano Veltroni o Franceschini. Ma la classe dirigente di cui è pieno il Pd: dipende se questa vuole davvero fare squadra comune. La mia battaglia è nei confronti del Pdl.Però gli elettori sono chiamati a dare una preferenza tra Pd e Idv.Sì, ma è come se proponessimo un piatto di maccheroni che, da una parte, ha il formaggio e, dall’altra, no. La gente scelga cosa preferisce. Non è una lotta fra di noi.Veniamo al tema infrastrutture, molto sentito a Nordest. La questione del commissario per l’A4: da ministro, all’epoca, non crede di aver perso tempo con la mancata nomina?Stupidaggini. Il problema è lo stesso di allora. La soluzione è normativa: il governo deve decidere cosa fare, come e a chi attribuire le concessioni autostradali. Aspetti che devono risolvere i ministeri con i governatori del Friuli Venezia Giulia e del Veneto. L’azione del commissario non c’entra niente. Non ho mai detto però che la sua attività non sia necessaria, ma lui deve occuparsi di questioni burocratiche sul territorio, che stanno a valle di una decisione presa a monte. All’epoca, avevo solo detto: perché devo pagare un commissario se tutto il quadro normativo attorno non c’è? Il tema va risolto da governo e Regioni.Intanto, però, è stato deciso di fare la terza corsia, svincolando il progetto da quello della ferrovia.L’avevamo deciso anche noi.La figura del premier è sempre più ingombrante, tanto da essere paragonabile all’argentino Peron?Il sistema è pieno di queste figure, la storia anche. Grazie al cielo e alla democrazia che in Italia reagisce, lui ne è una brutta copia. Una piccola copia. Berlusconi pensa davvero che basti un solo voto per tutti i parlamentari. Che l’informazione, se gli dà torto, vada punita. Così si copre l’ingiustizia. Addirittura punta a stabilire quanti soldi debbano arrivare per le intercettazioni a Trieste o a Bolzano. Così ogni anno, potrà valutare se una procura sta lavorando troppo o no su di lui: se lo riterrà, non le darà più i soldi. Irride le altre istituzioni democratiche. Anche in materia economica.Per esempio?Il caso Alitalia: per risanarne i debiti ha preso i fondi degli ammortizzatori sociali. Allo stesso modo, i suoi amici di Mediaset li manda un po’ in Parlamento e un po’ alla Rai.Con il governo Prodi c’era una sensazione di immobilismo dovuta anche a una maggioranza risicata. Berlusconi ha il vantaggio di averne una forte, ma i voti glieli hanno dati gli italiani, no?Attenzione. Avrà molti altri voti ancora se le cose continueranno ad andare così. E se non ci sarà qualcuno che possa fare il Savonarola della situazione. Io Savonarola? Non era mica uno stupido, ha fatto una brutta fine ma forse è meglio finire così, facendo qualcosa che resta nella storia.Sul piano casa è stato molto critico. Conferma?Ho già detto della truffa elettorale sui 500 milioni di euro. A questo punto, si poteva fare una norma del genere: tutti gli italiani che hanno bisogno di soldi, vadano in banca a prenderli. Berlusconi lancia il messaggio: vota me e guarda quanti vantaggi ti do. Inducendo gli italiani ad essere criminali, è chiaro che compri il consenso. Ma il senso di responsabilità dice di chiedersi, se aumenti il volume delle case, cosa succede poi di trasporti, luce, consumi, vivibilità urbana, ambiente e salute.Non crede piuttosto che Berlusconi sia lo specchio della società attuale?Dopo l’inchiesta «Mani pulite», sarebbe spettato alla politica rilanciare la società italiana verso l’etica. Sono stati i politici i cattivi maestri che hanno rieducato le città alla furbizia, alla scorciatoia. È stato il pastore a rovinare il gregge. Poi i pastori se la prendono con i magistrati.A proposito, è giusto che i magistrati si candidino?Perché è giusto che lo facciano i delinquenti? Che male ha fatto un magistrato che sceglie di fare il politico? Chiarisco una cosa: io ho iniziato a fare politica due anni dopo aver lasciato la magistratura, De Magistris se viene eletto si dimetterà dal suo attuale ruolo. Noi facciamo una scelta per sempre.


DOPO IL G20 DRAGHI ALL’ECOFIN: LA CRISI STA RALLENTANDO
Obama: Al Qaeda, l’Ue rischia più degli Usa
Il presidente al vertice Nato: futuro senza armi atomiche. Scontri a Strasburgo: 300 fermati

STRASBURGO Allarme dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama sul tema del terrorismo: l’Unione Europea, ha detto l’inquilino della Casa Bianca, è nel mirino dei miliziani di Al Qaeda e oggi «rischia più degli Stati Uniti». Parlando al vertice della Nato Obama ha auspicato fra l’altro un futuro senza più armi atomiche. A Strasburgo ci sono stati scontri con i manifestanti: 300 fermati. Dopo il G20 Draghi (Bankitalia) all’Ecofin: «La crisi sta rallentando».


DECRETO DEL MINISTERO SULL’UNIVERSITÀ
Medicina perde sei scuole di specializzazione
E ne acquisisce altre. Ma la rivoluzione crea sconcerto tra i docenti

TRIESTE Un nuovo decreto del ministro dell’Università Mariastella Gelmini è piombato ieri all’improvviso sui tavoli della facoltà di Medicina creando sconcerto, rabbia, molti interrogativi e profonda delusione. Senza alcun preavviso e senza alcuna concertazione il Miur ha dato un sonoro taglio alle scuole di specializzazione e Trieste si vede declassata in alcune delle sue più storiche branche mediche.


LE DICHIARAZIONI 2007
Il reddito medio degli italiani è di 18mila euro
MILANO Tre italiani su dieci dichiarano un reddito annuo inferiore a 10 mila euro al mese. Lo dice il ministero dell’Economia che ha diffuso i dati relativi ai redditi 2006 e denunciati nel 2007. Risulta che il reddito medio degli italiani è di 18.324 euro.

Nota nostra: attenzione al clamoroso refuso (infortunio) de Il Piccolo: 10 mila euro al mese... magari!!!


ELEZIONI EUROPEE
Franceschini candida la star udinese del web

TRIESTE Debora senza “h” e Serracchiani con due “c”. Adesso non si può più sbagliare. Perché Debora Serracchiani non è più solo una consigliera della Provincia di Udine ma la prima incoronata del Pd per le europee. L’indicazione che lei voleva dal basso è arrivata ieri dall’alto, da Dario Franceschini: “La candideremo”. La risposta è immediata: “Accetto la sfida”. Miracolo del web ma non solo. La crisi del partito, le parole giuste al momento giusto, il viso che buca.


BANCHIERI NEL MIRINO
MA NESSUNO È INNOCENTE di ROBERTO MORELLI

Ma cosa si cela dietro la Strasburgo spettrale e sigillata da un coprifuoco di fatto, cosa dietro la Londra devastata dalle tute nere che fracassano le vetrate delle banche? Cosa ci attende allorché i manager della finanza vengono accerchiati e minacciati sotto casa, e le aziende di credito invitano per iscritto i loro dirigenti ad abbigliarsi in jeans e felpetta dismettendo la grisaglia, per non essere identificati e presi di mira? C'è un evidente filo rosso tra il riesplodere degli assedi contro i grandi del mondo riuniti, senza distinzione tra il G-20 e un vertice Nato, e il più generale ribollire delle piazze europee, su cui si rovesciano le angosce per la crisi internazionale, la perdita del lavoro, la rabbia per le asserite responsabilità degli establishment economico-finanziari.La coscienza collettiva, che sempre necessita di un colpevole per rassicurarsi, lo ha individuato da un pezzo: le banche. E ora che stiamo transitando dal pubblico biasimo ai colpi di bastone contro le agenzie e all'incolumità fisica dei manager, merita porsi qualche interrogativo sul passato e sul futuro. Della finanza mondiale, e delle aziende di credito in particolare, si può dire tutto il male possibile, e a volerle difendere ci si trova a corto di argomenti. Ma le pur gravissime responsabilità dei maghi della pioggia di Wall Street e Piazza Affari sono ampiamente da condividere: colpevoli siamo tutti, per come abbiamo modellato la società e i mercati che da mesi vanno sgretolandosi. E senza flussi finanziari efficienti la produzione e il lavoro non potranno mai ripartire.
Davvero i banchieri sono gli untori del nuovo secolo? I bonus dei tanti Alessandro Profumo italiani, europei e americani erano senz'altro ingiustificati se non scandalosi, ma non superiori a quelli dei Montezemolo, Tronchetti Provera e di molti altri protagonisti della cosiddetta economia reale. Visti con le lenti di oggi, gli investimenti nei mercati emergenti come l'Est Europa (ch'è la principale zavorra di Unicredit) furono un azzardo: ma ci siamo scordati di quando l'intero "sistema" - governanti, imprese, analisti, noi giornalisti - tacciava le banche d'insensibilità e le spingeva all'unisono ad aprire o acquisire sportelli nei nuovi mercati, per accompagnare le aziende nel loro sbarco all'estero? Oggi che l'aria in Romania o in Ungheria s'è fatta pesante, le imprese hanno preso a sbaraccare e stanno tornando indietro, mentre le banche sono rimaste con il cerino in mano: pressoché impossibile smantellare le controllate, se non a prezzo di un assalto dei correntisti non solo a Timisoara, ma anche a Milano.La realtà è che il mondo intero è stato preda di un'ubriacatura scellerata che ha coinvolto gli attori a ogni livello, dalla finanza all'industria, dalle istituzioni ai risparmiatori: l'illusione della finanziarizzazione dell'economia e della fine del prodotto "fisico", del guadagno cartaceo che sostituiva il profitto d'azienda, del credito facile che alimentava una crescita infinita in cui ogni debito si fondava sul debito. Abbiamo vissuto anni in cui il gestore che non moltiplicasse la raccolta di risparmio con la leva finanziaria, garantendo remunerazioni vertiginose, era reputato un fesso e abbandonato da tutti. Le aziende di credito portano enorme responsabilità per tutto ciò. Ma sono, e siamo, in ottima compagnia.Non ci risolleveremo a colpi di mazza sulle vetrate e con un insorgente luddismo finanziario, serpeggiante e diffuso nella società ben al di là delle tute nere in azione a Londra e Strasburgo. Abbiamo preso un salutare scossone che ci ha restituito il valore della ricchezza fondata sui beni e servizi, a fronte di quella posticcia delle cartolarizzazioni e delle altre diavolerie finanziarie. Ma del mercato del credito il mondo ha bisogno come l'aria. Oggi che la massa del debito soffoca l'economia mondiale, la necessità per tutti, compresi i disoccupati e chi affolla le piazze per disperazione, è riassorbire il debito e far funzionare il credito. Le banche devono radicalmente cambiare. Ma senza banche non si vive.Roberto Morelli


I 60 ANNI DELLA NATO
LA SVOLTA DI BARACK di RENZO GUOLO

Dopo le fatiche del G20, nel quale l'America è stata sotto accusa, anche se il peso del disastro economico ricadeva tutto sulle spalle di Bush e della cultura della deregulation che aveva tanto contribuito a portare lui e altri suoi predecessori alla Casa Bianca, Obama tira il fiato. A Strasburgo solleva l'entusiasmo dei giovani, ritrovando quell'atmosfera magica che lo aveva circondato nel suo viaggio europeo da candidato. Da presidente, certo, le responsabilità sono diverse; gli interessi di cui tenere conto sono molti; l'etica della responsabilità prevale inevitabilmente su quella della convinzione. Ma su questioni come la chiusura di Guantanamo, sfregio a quella democrazia che Bush e i suoi epigoni volevano esportare manu militari; sul clima e la lotta all'inquinamento; sulla necessità di un mondo libero da armi nucleari, il presidente ritrova lo smalto e il consenso di allora. A dimostrazione che , nonostante le difficoltà provocate da una crisi economica che mette a dura prova la sua leadership, Obama è ancora capace di suscitare quella speranza in un "cambiamento" che ormai molti, nell'opinione pubblica internazionale, sentono maturo. Un sentire che , come spesso accade, investe prima la dimensione culturale e poi sbocca in nuovi cicli ed equilibri politici.Naturalmente, dopo la lunga stagione dell'Ok Corral finanziario, il consenso americano fuori dall'infuocato recinto economico ha come primo banco di prova la fine dell'unilateralismo. Obama ha sempre affermato che la sua amministrazione deve ritrovare quel multiculturalismo che ha prodotto il soft power , l'egemonia prima ancora culturale che ideologica dell'America.
Il vertice per i sessant'anni della Nato è un'occasione per dimostrarlo. Dopo la scomparsa del Nemico sovietico, l'organizzazione nordatlantica è in manifesta crisi di identità. Durante l'era Bush , la Nato è stato il grimaldello con il quale Washington contrapponeva la nuova Europa degli ex-satelliti sovietici , desiderosi di protezione e di nuova sottomissione sotto il suo ombrello, alla Vecchia Europa franco-tedesca: nel tentativo di scardinarla. Oggi alcuni dei "nuovi" sono sotto l'incubo del rischio-paese, che prelude a un default di Stato. Ripensare la Nato fuori dai tatticismi ; ridefinire la sua dottrina strategica dopo la fine dell'Urss, diventa , così, inevitabile. Negli ultimi anni l'Organizzazione atlantica è stata, più che mai, un mero strumento americano. Si guardi allo stesso Afghanistan, dove la missione Isaf è stata fortemente condizionata da quella Enduring Freedom, che determinava il, pesante, clima in cui dovevano muoversi poi le truppe atlantiche. Un teatro, quello afgano, che invece , per la sua complessità, aveva bisogno di un approccio non solo militare. L'esibizione muscolare di Bush, che ha colpevolmente sguarnito il fronte ai piedi dell'Hindu Kush per inseguire missioni mai compiute come quella irachena, non è servita a nulla. Oggi i Taleban sono più forti che mai e la prospettiva di trattare con loro, almeno con l'ala non legata al qaedismo, non è più un tabù . Né a Washington né altrove. Un diverso approccio allo scenario Afpak, dato che è impossibile sciogliere il nodo di Kabul senza averlo allentato a Islamabad, è legato inesorabilmente a un ritorno al multilateralismo.. Obama ha individuato in Al Qaeda la vera minaccia alla sicurezza occidentale, anche a quella dell'Europa che, per regioni geopolitiche , è secondo il presidente americano, più esposta degli Stati Uniti. Non più , dunque, la barocca teologia politica dell'Asse del Male, difficilmente evocabile nel momento in cui l'America apre all'Iran in funzione della stabilizzazione afgana e in una logica di scambio politico che non può certo fermarsi a quel teatro; non più lo scontro di civiltà con il mondo islamico, nel quale è grande l'attesa per il discorso che Obama farà nei prossimi giorni in Turchia; ma , solo, la guerra allo jihadismo globale. Così come doveva essere dopo l'11 settembre e così come non è stato dopo la sborina ideologica di Bush per il poco astratto furore neocon. Ma per evitare di restare impantanato, come Bush in Iraq, Obama ha bisogno di una strategia condivisa. Anche perché agli alleati della Nato, Italia compresa, chiede un maggiore sforzo in uomini e risorse. Un mutamento rilevante, quello provocato nella scena internazionale da Obama; che sovverte antiche gerarchie nelle alleanze e nelle amicizie. Nonostante il rapido mutamento della politica estera , sino a pochi mesi fa più realista del re, l'Italia è fuori dallo sguardo preferenziale di Washington, che invece ha stabilito sulle questioni politico-militari nuove intese con Berlino e Parigi, Passo necessario anche per ridimensionare le crtiche franci-tedesche alla strategia economica americana, ritenuta ancora troppo timida nei confronti della deregulation. Non bastano come a Londra, abbracci rubati alle spalle e pollici alzati, o le imbarazzanti grida di richiamo verso Obama per attirare l'attenzione. Gesta che non hanno sollevato l'irritazione della sola, compassata, regina britannica. Con Obama i galloni vanno guadagnati sul campo: non certo quello in cui si mettevano in scena allegri barbecue in stile texano.Renzo Guolo


«Io malato di Tbc, e quel panico assurdo»
Allarme tubercolosi, dal reparto infettivi parla il giovane tecnico dell’Alcatel

TRIESTE È ricoverato al reparto Infettivi del Maggiore il tecnico ventiduenne dell’Alcatel colpito da tubercolosi polmonare. «Ho saputo di scene di panico in azienda - dice il giovane dalla sua stanza d’ospedale -. Persone che, subito dopo aver appreso della mia malattia, hanno accusato malori e altre convinte di esser state colpite dall’infezione pur non avendo praticamente mai avuto contatti con me. Roba veramente da Medioevo. Mi dispiace che si sia generato quest’allarmismo perché è del tutto ingiustificato. Le possibilità di contagio, in realtà, sono davvero pochissime. Lo dimostra il fatto che nessuno dei miei familiari ha contratto l’infenzione, nonostante io abbia vissuto assieme a loro».


Andranno all’asta i cuccioli sequestrati a Fernetti di CLAUDIO ERNÈ

Saranno messi all’asta entro una decina di giorni i 47 cuccioli sequestrati al valico di Fernetti il 30 marzo mentre venivano introdotti in Italia a bordo di un furgone dotato di piccole gabbie. Il mezzo era guidato da Janos Pataki, nato a Pecs - in Ungheria - nel dicembre del 1974 ma residente a Padova in via Venezia 87.Pataki è ora «indagato» dal pm Giorgio Milillo per maltrattamento di animali e uso di atti falsi. Gli atti ritenuti falsi sono rappresentati dai 47 ”passaporti per animali da compagnia” rilasciati dalle autorità ungheresi in conformità con quanto disposto dall’Unione europea. Secondo la Polizia di frontiera e il Nucleo di vigilanza ambientale del Corpo forestale regionale, su un certo numero di «passaporti» sarebbero stati annotati dati di comodo, così da aumentare l’età dei cuccioli fino al livello in cui la legge ne consente prima lo svezzamento, poi la vaccinazione e il trasferimento in Italia all’interno delle gabbie. Ma le vaccinazioni effettuate anzitempo - hanno spiegato più volte i veterinari - non forniscono agli animali un’adeguata protezione contro le malattie e i virus.I quarantasette cuccioli ora sono affidati in custodia al dottor Massimo Erario, veterinario dell’Azienda sanitaria che li ha fatti accogliere al canile di via Orsera. Se il sequestro sarà confermato anche dal Tribunale del riesame i cuccioli verranno venduti, esattamente com’è accaduto a Gorizia solo un anno fa. L’asta sarà gestita dalle strutture della Procura della Repubblica.Il momento è particolarmente indicato perché in primavera la richiesta di cuccioli è massima come peraltro dimostrano i tanti sequestri effettuati ai valichi di frontiera regionali, non ultimo quello di cento esemplari bloccati due giorni fa all’interno di un camion nei pressi di Tarvisio.La «tratta dei cuccioli» dall’Est Europa rappresenta un business da 300 milioni di euro. Un cucciolo straniero sui mercati occidentali vale poco, mancando garanzie sulle qualità degli allevamenti, sulla qualità delle razze, sul rispetto dalle procedure igieniche e sanitarie. Ma i documenti spesso e con minimi rischi vengono «taroccati», contraffatti per dare al cane una ”cittadinanza” italiana moltiplicandone così l’originario valore per dieci.La ”tratta” dei cuccioli inizia nel recinto di qualche abitazione dove le cagne qualche settimana prima hanno messo al mondo anche otto cuccioli. Il ciclo riproduttivo è continuo e gli esemplari sono custoditi in spazi ristretti e alimentati con estrema parsimonia. Spesso le cagne sono esauste a causa delle continue cucciolate.Dagli allevamenti i cuccioli vengono poi trasferiti a centri di raccolta dove viene loro applicato il microchip e dove vengono compilati i documenti per il trasporto e l’esportazione.Indipendentemente dall’origine e dalla purezza della razza, che in alcuni casi viene anche certificata con pedigree contraffatti, lo stress dei cuccioli sottratti alle madri prima del completamento dello svezzamento è avvertibile non solo dagli addetti ai lavori. Sono riemerse malattie che sembravano sconfitte nel nostro Paese, ad esempio il cimurro.«Per fermare questo scempio - ha dichiarato Gianluca Falchetti, presidente della Lega antivivisezione - bisogna rafforzare le forze di polizia addette ai controlli e agire in modo che i Comuni emettano ordinanze contro il commercio ambulante di animali e regolino severamente le mostre canine, dove possono celarsi facilmente i cuccioli importati illegalmente».


Crisi: nel Fvg quindicimila posti a rischio

Licenziato dalla Ibm fa strage nel centro per immigrati e si spara

Unicredit: pace fra le Fondazioni e Verona

TRIPLICATI I LIMITI DI REDDITO
Bonus bebè per oltre 15mila famiglie

TRIESTE Platea delle famiglie triplicata e, a regime, assegni una tantum fino a mille euro. La giunta regionale dà il via preliminare all’atteso regolamento che riporta in vita il «bonus bebè» destinato a chi mette al mondo uno o più figli. Gli importi non sono ancora definiti nel dettaglio ma nel giro di poche settimane la giunta conta di colmare la lacuna. A disposizione circa 10 milioni di euro. La novità principale riguarda l’innalzamento dei valori reddituali che permettono l’accesso al beneficio. Il nuovo regolamento triplica quel limite portandolo a 30mila euro.

Il caso
Introdotti illegalmente in Italia

Unione operaia, Allegretti in panchina

TRIESTE La Triestina vuole i 3 punti con il Rimini. Allegretti in panchina.

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