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martedì 30 dicembre 2008

IL COMMENTO. BUFERA SU DI PIETRO PER VIA DEL FIGLIO CRISTIANO. (2a parte)

(2a parte - la prima è stata pubblicata ieri 29 dicembre)


Nel 1994, quando il Governo Berlusconi I era in formazione, ci furono una serie di incontri tra Silvio Berlusconi e Di Pietro, in virtù dei quali Berlusconi affermò che il magistrato era interessato a una posizione ministeriale in un eventuale governo del Polo. Ciò non si verificò, a detta di Berlusconi, a causa dell'intervento dissuasivo di Scalfaro su Borrelli e di quest'ultimo su Di Pietro. Secondo quanto affermato da Cesare Previti nel 1995, a Di Pietro era stato offerto il ministero degli Interni e quest'ultimo aveva manifestato la sua disponibilità. Le affermazioni di Previti contrastano con quelle fatte da Berlusconi durante l'ultima campagna elettorale e nel 1996, quando sostenne di non aver avuto il tempo di formulare l'offerta in questione, poiché Di Pietro lo aveva già messo al corrente del fatto che gli era stato sconsigliato di accettare l'offerta. Nel luglio del 1995 in un interrogatorio presso la procura di Brescia circa i suoi rapporti con Di Pietro, Silvio Berlusconi riferì di aver proposto al magistrato la direzione dei servizi segreti.
Nel 1996 chiamato da Romano Prodi accetta di divenire ministro nel suo Governo sostenuto dalla coalizione dell'Ulivo, appena insediatosi dopo la vittoria nelle elezioni politiche di aprile.
L'incarico affidatogli è il Ministero dei Lavori pubblici, ma decide di presentare le sue dimissioni dopo sei mesi, il giorno dopo in cui gli viene notificata da Brescia una nuova indagine nei suoi confronti (avviso di garanzia). Prodi respinge le dimissioni, ma Di Pietro non vuole tornare sui suoi passi. Verrà poi assolto dai 27 capi di accusa in tutti e dieci i processi perché il fatto non sussiste.
A fine 1997 si tengono alcune elezioni suppletive; Di Pietro ottiene la candidatura per l'Ulivo per il seggio al senato del collegio uninominale del Mugello, in Toscana, vacante in seguito alle dimissioni di Pino Arlacchi, vincitore nella precedente votazione con il 66,5% dei voti. Gli avversari, Giuliano Ferrara per la coalizione di Silvio Berlusconi, Sandro Curzi per Rifondazione comunista, che nel 1996 non si era presentata da sola, e Franco Checcacci per la Lega Nord, vengono battuti da Di Pietro, che ottiene il 67,8% dei voti. Diventa così senatore e, come indipendente, aderisce al gruppo misto.
Dopo alcuni mesi, nel marzo 1998, fonda, con Elio Veltri, la di lui moglie e l'amica di famiglia Silvana Mura (oggi parlamentare e capogruppo IDV) un suo movimento, Italia dei Valori, che vede l'adesione anche di altri parlamentari, e insieme a loro forma un sottogruppo. Dopo la caduta del Governo Prodi I dell'ottobre del 1998, si verificano dei cambiamenti nell'assetto dei partiti alleati. Di Pietro è un sostenitore di Romano Prodi, lo considera come unico punto di riferimento, aderisce al progetto dei Democratici, che intende portare avanti l'idea unitaria formale dei partiti che sono a fondamento dell'Ulivo. Così nel febbraio 1999 viene deciso lo scioglimento del giovane movimento, per farlo confluire, insieme ad altre formazioni politiche, in quello di Prodi. Di Pietro viene scelto per svolgere l'importante ruolo di responsabile organizzativo.
I Democratici debuttano alle elezioni europee dello stesso anno, ottenendo il 7,7% dei voti e sette seggi, e Di Pietro viene eletto eurodeputato con funzioni di Presidente di Delegazione del Parlamento europeo dapprima per le relazioni con il Sud America, poi per l’Asia centrale ed infine per il Sudafrica.
(2a parte - continua domani 31 dicembre)

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