
Riportiamo, per dovere di cronaca, l'intervento del presidente del consiglio regionale dell'ordine dei giornalisti del Friuli Venezia Giulia Piero Villotta, a difesa dei direttori responsabili per quanto conerne l'inchiesta sulla prostituzione e i connessi annunci economici 'a pagamento' pubblicati da diverse testate, finite nel mirino della magistratura.
Villotta parte bene, poi prende quella che in termine velistico si usa definire una 'strambata' e giunge a conclusioni francamente incondivisibili.
Non è certamente un bavaglio alla libertà di stampa impedire, sostanzialmente, la pubblicazione di annunci hard.
Qui non sono le notizie o i fatti di cronaca in gioco. E' in gioco una attività meramente e squallidamente lucrativa di alcune testate giornalistiche le quali vivono del tutto o in parte di annunci economici. Che potrebbero, operando un necessario 'filtro', NON pubblicare.
Detti annunci economici sono confinate nella risibile categoria 'comunicazioni personali', 'incontri' o simili. Si sa benissimo che sono annunci di prostitute, ma i giornali preferiscono incassare i soldi e pubblicare.
Non sta a noi dire se questa attività ingeneri ipotesi di reato o meno, in quanto personalmente giudichiamo peregrina l'inchiesta condotta dal pm Danelon (almeno per quanto riguarda il tentato coinvolgimento dei giornali).
Di sicuro possiamo dire che è squallido che una testata giornalistica pubblichi quegli annunci, specie se si tratta di un quotidiano che punta ad essere autorevole.
Poco dignitoso, infatti, che un direttore responsabile non 'fermi' quegli annunci, tagliando sì una possibilità di guadagno per un giornale, ma guadagnando - ci si scusi per la ripetizione ravvicinata e voluta del verbo - in credibilità, onestà, trasparenza e serietà.
Qui, di seguito, l'intervento di Villotta pubblicato in prima pagina su Messaggero Veneto di oggi, con seguito all'interno del giornale.
La stupefacente denuncia inviata ai direttori di pubblicazioni a carattere informativo per il contenuto degli annunci che pubblicizzano gli incontri “personali” pone anche ai giornalisti del Friuli Vg un’ansia in più sulla possibilità di svolgere serenamente il proprio mestiere. Il potere, sia esso politico, economico o giudiziario, trova sempre molto comodo colpire i giornalisti per le attività altrui. Se dovessimo dar credito all’assunto della denuncia (che incolpa di favoreggiamento della prostituzione chi pubblica gli annunci di incontri a carattere sessuale) dovremmo dedurre che la prostituzione non esisteva o comunque doveva essere alquanto marginale quando le gazzette “galeotte” non esistevano. Mi dispiace per il procuratore, ma fior di classici, da Catullo a Orazio a Marziale hanno scritto pagine immortali proprio sui lupanari. E tutta la storia della letteratura ben prima degli annunci sui quotidiani e su Internet è zeppa di riferimenti, informazioni, indicazioni e persino insegnamenti in materia. Tutti ruffiani? Sui giornali, e oggi anche sul web, finisce la società che c’è, non quella che vorremmo. Guai se i giornalisti pensassero di censurare ciò che a una parte di pubblico non fa piacere. E ciò, per quel che ne so, vale anche per i pubblicitari. Nel caso specifico, va detto che la prostituzione non è reato, nemmeno secondo la severissima legge Merlin, e che la giurisprudenza costante finora mai ha definito illeciti i semplici annunci, tant’è che subito dopo il 20 settembre 1958 (data di entrata in vigore della legge Merlin) crebbero in maniera esponenziale gli annunci delle “massaggiatrici” e nessuno ignorava (nemmeno nei pudicissimi anni 50) di che “massaggi” si trattasse. La denuncia ai direttori che ora piove dalla Procura udinese tende certamente a cambiare questa giurisprudenza, alimentando ancora una volta il dibattito sui poteri del magistrato quando (pur in assenza di modifiche legislative) tendono a far divenire reato comportamenti, fatti e atteggiamenti che prima non lo erano. Materia questa troppo rovente sul piano politico per essere affrontata da giornalisti in questa sede, ma sulla quale anch’essi non possono tacere quando “di fatto” vanno a censurare i media, a intimorire i colleghi direttori e quindi a limitare, in generale, la libertà di espressione. *presidente Ordine dei giornalisti del Friuli Vg
1 commento:
Sul fatto in se guardandolo da un lato squisitamente tecnico, non essendo la prostituzione in se un reato, mentre lo sono il favoreggiamento e lo sfruttamento, possiamo ritenere calzante l'analogia un po forzata con i farmacisti che vendono i profilattici estendendola ai venditori di lingerie, ai sexyshop, e magari ai fornitori materassi ad acqua.
Quindi in linea di massima che un agenzia di raccolta di pubblicità accetti che una signorina con i contanti in mano inserisca un annuncio non dovrebbe costituire reato, magari potrebbe pretendere una limitazione a riferimenti espliciti e inequivocabili, salvandosi dalla presunzione di conoscere l'effettiva attività pubblicizzata.
Poniamo però il caso che invece della signorina con la banconota in mano si presenti a chiedere la pubblicazione un distinto signore, e che magari lo faccia con cadenza regolare e che magari lo chieda per un numero imprecisato di signorine. Sarebbe facile concludere che il signore è quelllo che in una parola si definisce "pappone" ecco che il reato che non si ravvedeva prima ora si configura in due soggetti distinti, chi sfrutta e chi potenzialmente potrebbe saperlo e magari non scientemente favoreggia.
Ora che il presidfente dell'ordine dei giornalisti confonda la libertà di pubblicare con la liberta di stampa supponendo che con tale "informativa" i magistrati imbavaglino i giornalisti mi sembra francamente più che una strambata una discreta cagata fuori dal vaso: da quando i giornalisti si occupano di inserzioni? A meno che non si ammetta a denti stretti quello che moto spesso dicono in senso spregiativo i detrattori della testata in questione estendendo la vecchia battuta che la pagina più interessante e quella dei necrologi alla pagina dedicata alle attività ludiche per i vivi.
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