
Uno dei tormentoni giornalistici è diventato la vicenda di Eluana Englaro, nota a tutti.
Si fa un gran discutere su come debba morire questa povera ragazza, da molti anni in stato vegetativo dopo un incidente stradale.
Restando attaccata alle macchine, si perpetuerebbe una sorta di 'non vita' che, a giudizio di molti e in particolare della famiglia, non appare umanamente dignitosa.
Il problema coinvolge certamente considerazioni di carattere etico e di carattere giuridico, quest'ultime decise recentemente da una sentenza della Corte di cassazione.
Non ce ne voglia chi non la pensa come noi, ma ci pare che l'eccessivo interesse sorto attorno a questo problema (come deve morire Eluana? o, meglio, Eluana deve morire o continuare una 'non vita'?) nasconda il problema vero di questi ultimi tempi in Italia e non solo: come devono vivere dignitosamente milioni di persone che appartengono a un popolo maggioritario, quello dei non privilegiati estranei alla Casta?
Parlando dei grandissimi e gravissimi problemi di Eluana e della sua famiglia si finisce con il parlare di meno o persino sottovalutare e tacere i problemi di milioni di famiglie e di persone 'normali'.
Forse che le vite di queste persone sono meno importanti di quella di Eluana che, purtroppo per lei, non ha più nulla da dare a questo mondo?
Eluana è attaccata alle macchine e c'è qualcuno che le paga perché non si può staccare la spina.
Ma c'è qualcuno che mendica, ruba nei supermercati ed è disperato perché ha perso il lavoro.
Questi sono problemi di persone che hanno ancora una vita davanti, vita che rischia di essere grigia, triste se non addirittura drammatica.
Eluana non sente, non vede, non prova nulla. Ma si parla tanto, se non solo, di lei. Della sua vita che è, allo stato, una non vita.
Chi lo spiega che questi sono problemi importanti a chi ogni giorno esce di casa e non sa se riuscirà a sbarcare dignitosamente il lunario mentre qualcuno è impegnato a filosofeggiare sui massimi sistemi?
Alberto di Caporiacco
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