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domenica 18 gennaio 2009

SPECIALE MALAGIUSTIZIA. IL CASO UNABOMBER. ZORNITTA, MARTIRE MODERNO VITTIMA DELLA PROCURA DI TRIESTE (4. parte)

(4a parte)


La gente, si sa, ha la memoria corta.

Vale la pena di ripercorrere la vicenda giudiziaria di Elvo Zornitta, in fase di proscioglimento (su richiesta stessa della Procura della repubblica triestina) dalle gravi accuse di essere 'unabomber'.


30 agosto 2006

'Il Piccolo' titola: 'Caso Unabomber, il sospettato si ribella'.


PORDENONE «All’inizio del 2005 proposi agli inquirenti di farmi indossare un rilevatore di posizione, uno di quei braccialetti elettronici che consentono alle polizie di localizzare sempre una persona. Bene, questa mia proposta non fu presa sul serio e cadde nel vuoto. Così, oggi, mi ritrovo a vivere un vero e proprio incubo quando, se avessi potuto indossare uno di quegli strumenti, avrei già ampiamente dimostrato la mia innocenza».Così Elvo Zornitta, l’ingegnere quarantanovenne sospettato di essere Unabomber, rivela un particolare importante delle indagini. Era da poco iniziato il 2005, il professionista era indagato da circa un anno e, per porre fine a quella che stava iniziando a essere per lui una tortura, chiese alle forze dell’ordine di poter indossare un rilevatore di posizione. L’idea non venne accettata, forse perché gli inquirenti temevano che Zornitta potesse comunque eludere i controlli.«Ma io il braccialetto l’avrei indossato, sempre e comunque; non sono un delinquente, se ho avanzato questa richiesta è stato solo per fare totalmente chiarezza sulla mia posizione e anche per ridurre i costi delle indagini. Visto che, indossando uno di quei rilevatori, non sarebbero stati necessari i pedinamenti che poi, puntualmente, si sono verificati».Passano i giorni e aumentano i particolari di una vicenda che sta mettendo a dura prova l’ingegnere di Corva di Azzano Decimo e la sua famiglia. Una vicenda che, suo malgrado, lo vede protagonista da circa due anni. In questo lungo periodo, gli inquirenti non hanno mai smesso di indagare su di lui e gli hanno, come afferma «messo la vita a soqquadro. E per cosa poi? Non capisco questo accanimento nei miei confronti, forse sono stato anche troppo collaborativo».Zornitta accoglie il cronista a casa sua poco dopo le 14. Lo fa entrare in quelle stanze nelle quali si chiude per proteggersi dal mondo esterno, per stare con la moglie e l’adorata figlia. Subito mostra delle microspie, nascoste, occultate nelle stanze dagli inquirenti alcuni mesi fa, nel corso di una delle perquisizioni. Poi sposta l’attenzione su delle apparecchiature atte al controllo delle comunicazioni telefoniche ed anche ambientali. Le hanno sistemate su un palo della luce, situato dietro casa sua.«Vedete, vedete come sono costretto a vivere? Mi hanno rubato anche la privacy, non è possibile che in casa mia ci siano questi aggeggi. Ne ho trovati in tutte le stanze, anche in camera da letto e nel giardino. Mi chiedo poi a cos’abbia portato questo spiegamento di forze, visto che contro di me, allo stato attuale delle cose, c’è solo una prova che potrebbe facilmente venire confutata. Anch’io sono un tecnico – prosegue Zornitta – e quindi so benissimo che la tecnica si compone di una parte che può essere senz’ombra di dubbio definita una scienza esatta e di una parte sulla quale nessuno giocherebbe nemmeno mezzo euro. Ecco, la prova che gli inquirenti dicono di avere in mano è riconducibile alla seconda branca della scienza». Il pensiero del professionista, in questi drammatici giorni, è rivolto alla figlia. «Purtroppo non abbiamo potuto più nasconderle la verità e temiamo che ne possa risentire pesantemente».Ieri, intanto, è emerso che l’esame di laboratorio cui è stata sottoposta la lama della forbice sequestrata nell’abitazione dell’ingegnere, da tempo è entrato a pieno titolo nei Tribunali statunitensi e britannici dove ha assunto il ruolo di prova, non solo di indizio. La indicano come «toolmarks» e prevede l’uso di un microscopio comparatore. In sintesi vengono cercate le tracce lasciate da un oggetto su un altro elemento metallico. Il microscopio cerca le tracce «negative» sull’oggetto (in questo caso il lamierino tagliato da Unabomber) e le compara con quelle positive dell’oggetto che le avrebbe lasciate. In sintesi, la forbice.Nei Paesi anglossassoni (dove l’indagine non si basa come in Italia, sull’«aggressione» della persona indagata, ma si sviluppa bensì attorno agli oggetti raccolti sulla scena del delitto) l’analisi al microscopio comparatore è un cardine di molte inchieste e ha fatto finire più di una persona sulla sedia elettrica o sul lettino per l’iniezione letale.


(4-continua)

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