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mercoledì 25 febbraio 2009

IL CASO ELUANA SENZA FINE: INDAGATO AMATO DE MONTE


(riportiamo testo articolo e foto da Messaggero Veneto di oggi, pag. 3)


Foto “cliniche” a Eluana, indagato De Monte

Avviso di garanzia al primario. L’accusa: violato il protocollo legale, vietava le immagini

IL CASO ENGLARO

di TOMMASO CERNO

UDINE. Fotografie di Eluana. Fotografie cliniche. Scattate nel segreto della sua stanza alla Quiete di Udine, la clinica dove la donna è stata accompagnata alla morte. Ma per quelle fotografie è indagato Amato De Monte, il capo dell’equipe medica che ha staccato il sondino della donna in coma dal ’92.
L’avviso di garanzia al medico udinese è arrivato qualche ora fa, confermano fonti interne della Procura della Repubblica di Udine e potrebbe essere il primo di una serie. I carabinieri contestano al primario di rianimazione di Udine che presiedeva l’associazione “Per Eluana”, che riunisce medici e infermieri che hanno assistito la donna, la violazione dell’articolo 650 del codice penale. Vale a dire l’inosservanza di un provvedimento dell’autorità giudiziaria. Secondo la Procura, dunque, scattare quelle fotografie significa violare il protocollo legale – voluto dalla famiglia Englaro – che imponeva alcune regole per la privacy, fra cui il divieto di utilizzare macchine fotografiche o telefonini video. Regole che Englaro, però, assieme ai suoi legali ha stipulato solo per tutelare Eluana da terzi e tenerla al riparo da occhi indiscreti. Eppure oggi, quella precauzione, potrebbe rivoltarsi contro la famiglia.Le indagini sembrano, infatti, ipotizzare che anche il medico e il padre-tutore Beppino Englaro, che ha autorizzato quelle foto cliniche, utili per testimoniare quanto stesse effettivamente avvenendo all’interno – dovessero attenersi ai divieti da loro stessi imposti. E questo in virtù di un ragionamento giuridico che valuta il protocollo come emanazione diretta della sentenza della Corte d’appello di Milano. Violando la procedura, dunque, è come se non ci si attenesse alla sentenza stessa. Per questa ragione nelle prossime ore la macchina fotografica e i rullini potrebbero essere posti sotto sequestro dalla Procura. Anche se al momento nessun provvedimento è stato ancora ufficializzato.Una tesi che l’avvocato di Englaro, Giuseppe Campeis, smonta spiegando che solo la parte attuativa del protocollo medico è attuazione del decreto dei giudici milanesi, mentre le regole sulla privacy sono state introdotte dalla famiglia a tutela di Eluana, rispetto a terzi.Ma i carabinieri indagano. E non è escluso che nel registro degli indagati possa finire, entro breve, anche qualcun altro. In queste ore, a Udine, sono state infatti ascoltate alcune persone, dal servizio d’ordine che ha fatto la guardia sulla porta della Quiete 24 ore su 24 nel periodo del ricovero, fino a chi ha avuto accesso, autorizzato, alla stanza della donna in stato vegetativo permanente durante i giorni di sospensione dell’alimentazione forzata che l’ha tenuta in vita dal 18 gennaio 1992.



Campeis: privacy imposta da noi per tutelare Beppino

UDINE. «Sotto il profilo della disciplina medica e infermieristica il protocollo dava attuazione al decreto della Corte d’appello di Milano. Per la privacy era invece un’esigenza manifestata da Englaro. Mentre gli aspetti attuativi sono vincolanti in quanto devono osservare quelle indicazioni specifiche, per il resto è un’esigenza del padre e una tutela sua per la figlia nei confronti di terzi estranei». E’ chiuso nel suo ufficio di via Dante, Giuseppe Campeis, l’avvocato di Beppino Englaro quando apprende dell’avviso di garanzia indirizzato ad Amato De Monte, il primario di Udine che ha assistito Eluana nel suo ultimo viaggio, Sgrana gli occhi. Per un attimo solleva la testa dalle carte. Altri casi lo attendono. E non immaginava un risvolto in queste ore del caso più famoso d’Italia.Avvocato Campeis, cosa sta succedendo?«Siamo al livello di indagini e di avvisi di garanzia generici senza un campo di imputazione definito». Ma la Procura contesta qualcosa o no?«Appare che la Procura stia configurando un reato contravvenzionale, sotto il profilo dell’inosservanza di un provvedimento d’autorità». E quale sarebbe il provvedimento violato?«Intendono per tale il protocollo che pur frutto dell’autonomia negoziale di Beppino Englaro e dell’associazione “Per Eluana” godrebbe di una qualifica autorizzativa derivata dal decreto della Corte d’Appello di Milano. Questo secondo loro».E secondo lei?«Secondo me è diverso. Il signor Englaro aveva chiesto per la figlia Eluana tutele rispetto ai terzi che avrebbero avuto contatti con quella realtà di ricovero. Era a sua tutela. E non certo voleva impedire a lui stesso la possibilità di acquisire documentazione idonea a comprovare quella che era la realtà di quel momento».Sono state effettivamente scattate delle foto?«Quelle foto non sono mai state nemmeno stampate nè diffuse a terzi, ma custodite da Beppino Englaro che è l’unico detentore della scheda su cui sono impresse».Ma non erano previste dal protocollo?«Le ripeto: sotto il profilo della disciplina medica e infermieristica dava attuazione alla corte. Per la privacy era un’esigenza manifestata da Englaro. Mentre gli aspetti attuativi sono vincolanti in quanto devono osservare quelle indicazioni specifiche, per il resto è un’esigenza del padre e una tutela sua per la figlia nei confronti di terzi estranei». (tom.cer.)



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