
Evidenziate le peculiarità dei due progetti degli impianti di rigassificazione nella nostra Regione, vogliamo oggi dare spazio ad associazioni e comitati che hanno manifestato la loro contrarietà ai progetti.
Innanzitutto va messa in risalto la posizione del WWF (World Wildlife Fund) che attraverso la sua sezione regionale ha prodotto una consistente documentazione a sfavore dei rigassificatori, presentata dal suo Presidente Vinicio Collavini in varie occasioni sia alla stampa, sia all’opinione pubblica.
Riguardo al rigassificatore in mezzo al Golfo di Trieste il WWF pone innanzitutto l’accento sui problemi che potrebbero derivare alla fauna locale (“rischio di impatti negativi rilevanti sull’ambiente marino per gli elevati volumi di acqua fredda e clorata che verrebbero scaricati durante l’intero ciclo di vita dell’impianto”, “mancata considerazione del pregio ambientale del SIN (Sito di Importanza Nazionale – n.d.a.) “Velme del Golameto””) e non si dichiara soprattutto soddisfatto dell’assenza di indicazione delle opere di compensazione e di ripristino previste per le aree di interesse agricolo-paesaggistico coinvolte dalle opere di sbancamento per la posa della condotta dallo spiaggiamento fino al nodo di rete di Villesse.
In secondo luogo vi è un importante richiamo alla mancanza di un indirizzo programmatico relativo alla produzione di energia a livello nazionale, con particolare riferimento alla stesura del Piano Energetico, sia nazionale che regionale, in cui inserire tali progetti alla luce di reali e pienamente giustificate necessità di realizzazione, pena un’irrazionale localizzazione degli stessi.
Il “Comitato per la Salvaguardia del Golfo di Trieste”, attraverso il suo addetto stampa Arnaldo Scrocco e attraverso il segretario Giorgio Jercog, sostiene che “vogliono rifilarci i rigassificatori non perché ce ne sia bisogno, ma per l’enorme giro di miliardi che “l’operazione rigassificatori” rappresenta non solo per Trieste, ma per ben undici siti delle coste italiane”; in particolare il Comitato punta il dito contro la mancanza di un serio programma di approvvigionamento energetico a lungo termine, che possa in qualche modo portare in chiara evidenza la necessità di infrastrutture come i rigassificatori. “In realtà” – afferma il Comitato – “abbiamo fondato motivo di credere che non siano necessari tutti questi rigassificatori, dal momento che ci potrebbe essere il serio rischio di trovarsi senza gas da acquistare”.
Riguardo al rigassificatore di Zaule la posizione del Comitato è nettamente contraria, soprattutto per la sua vicinanza con centri abitati: “secondo uno studio voluto nel 2003 della città di Oxnard in California (150mila abitanti), nel caso del peggiore incidente, una nube di gas incendiario si spingerebbe fino a 30 miglia (55 chilometri) distruggendo tutto nel suo cammino e causando migliaia di morti, mentre secondo un altro studio preparato per il Pentagono l'energia contenuta in una gasiera di media grandezza è equivalente a quella di diverse bombe atomiche. Non dimentichiamoci inoltre che parliamo di possibili obiettivi terroristici.”
Inoltre lo stesso Comitato pone l’accento – per il rigassificatore di Zaule – sulla possibile svalutazione degli immobili più vicini all’insediamento, valutata in un ordine di grandezza tra il trenta e il cinquanta percento.
Analoghe posizioni contrarie ai progetti sono state espresse da Greenaction Transnational, Legambiente, il Comitato No Terminal di Monfalcone, l’organizzazione slovena Mladina, dal Consorzio Ittico del Golfo di Trieste, dal’A.G.C.I. Pesca e da tutti i Comuni costieri della nostra Regione e della vicina Slovenia.
Una menzione d’onore va infine fatta nei confronti del geologo triestino Livio Sirovich, che si è battuto molto per esprimere la sua contrarietà nei confronti dei progetti: tra le sue varie trattazioni – apparse anche sulla stampa locale – va evidenziato come abbia messo in risalto due aspetti particolarmente inquietanti della documentazione del progetto per il rigassificatore di Zaule. Il primo riguarda l’ufficialità del progetto stesso: “In genere, a pie’ pagina compaiono le indicazioni «PREPARATO», «CONTROLLATO», «APPROVATO» associate a semplici cognomi privi di nome e di qualifica professionale. A parte rarissimi casi di documentazioni allegate, non si rinvengono firme autografe o dati di iscrizioni ad Albi. A chi scrive sembrerebbe che tali caratteristiche rendano nulla gran parte della documentazione. Pare inoltre che tali cognomi corrispondano a dipendenti, soci o consulenti della Medea Engineering S.A., che sarebbe una società anonima di diritto lussemburghese con sede a Massagno, Lugano (CH). Non è chiaro se i cognomi e/o la società citati sarebbero abilitati a firmare documentazione progettuale come quella di cui trattasi (posto che, comunque, allo stato pare che non l’abbiano fatto).”
Il secondo aspetto riguarda i dati di partenza su cui si fonda buona parte del progetto: “Le condizioni più sfavorevoli (per il rimescolamento dell’acqua fredda reimmessa in mare dall’impianto – n.d.a.) erano quelle invernali in cui notoriamente, anche a causa della bora, capita che tutta la baia si raffreddi e sul fondo si raggiungano anche i 6 gradi (l’impianto deve sempre attingere acqua con più di 7 gradi e la restituisce con 5 gradi di meno). Fatto sta che, per i suoi calcoli in condizioni invernali, la società spagnola è partita da un profilo di temperatura per la baia, che dice di aver tratto da un articolo scientifico dell’OGS (publicadas par el OGS de Trieste); e lo presenta. E’ profondo 50 metri (la baia non arriva a 20 metri), ha 9 gradi abbondanti in superficie ed addirittura 11 e mezzo sul fondo; condizione che agevola il naturale rimescolamento delle acque. Purtroppo l’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale - OGS ha smentito nel modo più netto di avere mai fornito a chicchessia misure simili di temperatura per la Baia di Zaule. In realtà, quei dati di temperatura sono stati copiati dal sito dell’OGS e si tratta solo di un profilo rappresentativo di condizioni invernali medie in Adriatico da Ancona in su.”
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