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martedì 10 febbraio 2009

SPECIALE RIGASSIFICATORI. PRIMA PARTE (SERVIZIO di MARCO TORBIANELLI)


Recentemente sono stati presentati in Regione due progetti per altrettanti terminal di rigassificazione di GNL (Gas Naturale Liquido), che verrebbero collocati il primo in mezzo al Golfo di Trieste, di fronte alla zona di Fossalon (GO) ed il secondo nell’area Ex-Esso a Trieste, tra il terminal dell’oleodotto transalpino S.I.O.T. ed il termovalorizzatore ACEGAS.
Il GNL è un idrocarburo fossile, un gas naturale (principalmente costituito da metano) raffreddato a circa -160°C; il raffreddamento a tale temperatura permette che 600 litri di gas siano condensati in circa 1 litro di liquido GNL.
Il gas estratto viene quindi liquefatto per poter essere trasportato dai Paesi produttori ai Paesi utilizzatori e ciò avviene attraverso le cosiddette navi gasiere, dei veri e propri mastodonti del mare lunghi più di tre campi di calcio ed alte come un palazzo di dodici piani, che mediamente contengono 123 milioni di litri di GNL equivalenti a 74 miliardi di litri di gas.
Le navi attraccano ai terminal di rigassificazione ed il liquido viene scaricato ad un ritmo di circa 12.000 metri cubi all’ora all’interno di grandi contenitori isolati termicamente, in attesa di venir riportato allo stato gassoso ed immesso nella rete dei metanodotti.
Il processo di rigassificazione utilizza principalmente l’acqua di mare al fine di riscaldare il gas attraverso un procedimento esotermico a circuito aperto (open loop) attraverso cui esso viene riportato allo stato gassoso. Al termine del processo la stessa acqua viene restituita al mare.
Il terminal off-shore (in mare) che si vorrebbe realizzare davanti alla costa gradese (12 chilometri) e comunque a pochi chilometri in più dalla costa triestina dovrebbe contenere 320.000 metricubi di GNL che equivalgono a 320 milioni di litri di GNL, che equivalgono a loro volta a 192 miliardi di litri di gas.
Il terminal on-shore (a terra) che si vorrebbe realizzare a Trieste nell’area ex-Esso dovrebbe contenere 300.000 metricubi di GNL che equivalgono a 300 milioni di litri di GNL, che equivalgono a loro volta a 180 miliardi di litri di gas.
Tali impianti vengono proposti quale unica soluzione plausibile per evitare la dipendenza dalla Russia nelle forniture di gas e ciò viene fatto passando sopra a tutta una lunga serie di considerazioni relative alle problematiche connesse tanto al loro insediamento, quanto al loro utilizzo, senza informare adeguatamente la popolazione, demandando alla buona volontà di ciascuno il reperimento delle informazioni necessarie a crearsi un opinione sull’argomento.
Chi scrive ha utilizzato questa buona volontà unitamente a molta pazienza per leggersi i progetti e raccogliere quante più informazioni possibili e ve ne renderà conto in questa serie di articoli che inizia oggi.
(1-continua)
MARCO TORBIANELLI

1 commento:

Anonymous ha detto...

Riporto la seguente lettera del professore Franco Battaglia dal quale si evince l'inutilità, anzi quanto sia dannoso, del dotare l'Italia di rigassificatori quando invece si dovrebbero ridurre i consumi di almeno il 60%.
Invece a sentire qualcuno se ne vogliono 5, Di Pietro -IdV- ne vorrebbe 12, Scaroni -Eni- addirittura 15.
Si vuole fare dell'Italia l'hub del gas per l'Europa del Nord privatizzando gli utili e socializzando le perdite -leggi art. 13 comma 2 della delibera n. 178/2005 dell'Autorità energia e gas.
Tutto questo in barba alle cosiddette liberalizzazioni che dovrebbero essere di vantaggio agli utenti.

Pubblicata sul sito www.autorita.energia.it il 5 agosto 2005, GU n. 193 del 20-8-2005

Delibera n. 178/05 - relazione tecnica
Criteri per la determinazione delle tariffe per il servizio di rigassificazione
L’AUTORITÀ PER L’ENERGIA ELETTRICA E IL GAS
Nella riunione del 4 agosto 2005


TITOLO IV – INCENTIVI ALLA REALIZZAZIONE DI NUOVI TERMINALI
Articolo 13
Misure per incentivare la realizzazione e l’utilizzo di nuovi terminali

13.1 Le misure tariffarie per incentivare la realizzazione e l’utilizzo di nuovi terminali,
di cui ai commi 13.2 e 13.3, diventano efficaci dall’anno termico di entrata in
esercizio di un nuovo impianto di rigassificazione di Gnl.
13.2 Il fattore correttivo di cui all’articolo 10, comma 10.3, è sostituito da un fattore
garanzia, FGL, che assicura, anche in caso di mancato utilizzo dell’impianto, la
copertura di una quota pari all’80% di ricavi di riferimento RLC. Tale copertura è
riconosciuta dal sistema tariffario del trasporto e ha durata per un periodo di 20
anni.
13.3 Il corrispettivo di capacità di trasporto relativo ai punti interconnessi con il
terminale è applicato in misura ridotta agli utenti del servizio di trasporto titolari
di conferimenti di impegni di rigassificazione continuativa.
13.4 L’Autorità definisce con successivo provvedimento le modalità applicative della
disciplina di cui al comma 13.2 e 13.3.

Buona lettura e mandi.

Renzo Riva
Via Avilla, 12/2
33030 Buja - UD

renzoriva@libero.it
349.3464656





Cauti con i rigassificatori,
sì all’energia nucleare

Caro Granzotto, come forse saprà, ogni tanto Il Giornale mi ospita articoli su questioni ambientali di cui mi intendo. Condivido tutte le sue considerazioni sulla Tav e ora vorrei segnalare un altro sacrosanto «no»: quello ai rigassificatori, già presentati da Bersani e Di Pietro, che ne vorrebbero una dozzina (pensi solo che ce ne sono 50 in tutto il mondo e 4 in tutti gli Usa). Anche un solo rigassificatore sarebbe inutile e pericoloso: dovrebbe facilitarci l’uso del gas, mentre per l’Italia sarebbe imperativo ridurlo poiché produciamo energia elettrica al 50 per cento, bruciando prezioso e costoso gas (pensi che Usa e Uk lo fanno al 20 per cento, la Germania al 10
e la Francia al 5). Chi li vuole? Chi, grazie alla delibera 178 dell’Autorità dell’energia (articolo 13) gli «assicura, anche in caso di mancato utilizzo dell’impianto, la copertura di una quota pari all’80 per cento dei ricavi di riferimento». Anche se non sarà mai rigassificata neanche una molecola di gas (come accadrà visto che nel mondo ci sono meno di 20 impianti di liquefazione), gli italiani risarciranno i gestori dei rigassificatori per l’eventuale (certo) fermo di quegli impianti.
Franco Battaglia - Trieste

Professore, mi prende in giro? Sappia che i suoi articoli li imparo a memoria, altro che. E naturalmente il fatto di pensarla, sul mozzicone di Tav Torino-Lione, come la pensa lei, mi lusinga. I rigassificatori, lo ammetto, li ho presi un po’ sottogamba, sarà che alle mattane di Di Pietro ormai ci abbiamo fatto il callo. E strillare che l’Italia ha bisogno di dodici di quegli impianti,
quando lei ricorda che in tutto il mondo ce ne saranno una cinquantina al più, è una esemplare, solenne mattana. Non sapevo, però, di quel comma 13 punto 2 relativo agli incentivi stabiliti dalla Autorità per l’energia elettrica e il gas.
Sorprendente.
Illuminante.
Chi costruisce un rigassificatore ha la garanzia
che ove non dovesse rigassificare un solo metro cubo di gas si papperebbe comunque l’ottanta per cento dei «ricavi di riferimento».
Be’, messa così, chiunque ci farebbe un pensierino.
Anzi, dodici pensierini. Quel comma 13 punto 2 sembra poi fatto apposta per destare un altro sospetto, caro professore: mi pare che il prevedere che i rigassificatori potrebbero non rigassificare un bel nulla - eventualità così concreta da dover essere messa a contratto prevedendone l’indennizzo - sia la prova che quegli impianti non servono allo scopo. E cioè, come vanno ripetendo i filorigassificatori, di liberarci dai ricatti, dagli umori, dalle bizze e dalle vassallate dei «padroni dell’energia», siano essi i Putin o gli sceicchi d’Arabia. Assunto che anche senza tirare in ballo il comma 13 punto 2 comunque non regge, perché sempre di gas si parla. Che sia allo stato liquido o allo stato aereo, qualcuno ce lo deve pur fornire e allora tanto vale continuarea succhiarlo dai vecchi, cari gasdotti.
E poi non si può continuare ad affrontare il problema energetico (che si traduce in una bolletta di 33 miliardi all’anno) così alla carlona. Puntando di volta in volta sull’eolico, sul fotovoltaico, sui rigassificatori, sulla riabilitazione del carbone, sulle lampadine a basso consumo, sul biodiesel, sul
metano prodotto dal meteorismo (e conseguente flatulenza) delle mucche, sulle biomasse, sul riciclo della plastica... tutta roba buona, tutta roba benedetta. Ma il Paese ha bisogno di 400 miliardi di kilowatt ora all’anno, mica bruscolini. E forse converrebbe smetterla di sognare o di baloccarsi con le energie alternative e affrontare per le corna, una volta per tutte, il toro del nucleare.
Paolo Granzotto