
(In foto la secentesca chiesetta di S. Martino, posta in località Castello di Caporiacco, eretta dalla famiglia di Caporiacco)
Perdonerete il direttore di questo giornale se utilizza un articolo per una necessaria chiarezza di carattere familiare e personale. E ciò in quanto da qualche anno sono giunti in Friuli presunti appartenenti alla famiglia 'di Caporiacco' che stanno assumendo, via via, posizioni rilevanti nella società regionale pur non avendo origine o appartenenza alcuna con la storia di questa regione.
Ci riferiamo in particolare al dott. Sergio Gelmi di Caporiacco il quale, residente anagraficamente a Roma, detiene attualmente tre cariche riferite alla regione Friuli-Venezia Giulia e, precisamente:
1) Presidente del Consorzio per la salvaguardia dei castelli storici del Friuli-Venezia Giulia
2) Presidente del Comitato regionale Friuli-Venezia Giulia dell'Associazione italiana ricerca cancro
3) Presidente della Sezione Friuli-Venezia Giulia dell'Associazione dimore storiche italiane
Possiamo dire con chiarezza, avendo effettuato le opportune ricerche storico-anagrafiche a tutela del nostro cognome 'di Caporiacco' che tale dott. Sergio Gelmi di Caporiacco e la di lui sorella sig.ra Marina Mattiazzo Gelmi di Caporiacco non appartengono in alcun modo alla storica casata dei 'di Caporiacco'.
I predetti signori, infatti, nascono anagraficamente come Sergio (nome) Mattiazzo (cognome) e Marina (nome) Mattiazzo (cognome). Per quanto riguarda il sig. Sergio Mattiazzo conosciamo la data di nascita che è il 25 marzo 1939 in Padova.
Successivamente entrambi i precitati fratelli acquisiscono, con procedimento civilistico-amministrativo che francamente poco ci interessa, il secondo cognome 'Gelmi' e prendono a chiamarsi rispettivamente Sergio Mattiazzo Gelmi e Marina Mattiazzo Gelmi.
Infine una Sentenza del Tribunale di Udine del 22 novembre 1968 autorizza i signori Sergio Mattiazzo Gelmi e Marina Mattiazzo Gelmi a posporre, come ulteriore cognome, il cognome 'di Caporiacco' che poi cognome non è, ma bensì predicato nobiliare.
Che cos'è dunque accaduto? Che Alfonso di Caporiacco, appartenente al cosiddetto ramo spilimberghese della famiglia, diverso dal nostro, al tempo 60enne ed improle, ritenne di avvalersi delle norme previste dagli articoli 291 e seguenti del codice civile che riguardano l'adozione dei maggiori di età.
Vale la pena di soffermarsi su questo istituto giuridico, la cui funzione è quella di creare un rapporto di parentela civile quando l'adottato NON SIA figlio naturale o legittimo dell'adottante.
Nel 1968, prima di una sentenza della corte costituzionale 19 maggio 1988, n. 431, l'adozione dei maggiori di età aveva l'originale funzione di creare un rapporto di parentela tra adottato e adottante quando questi (nel caso di specie l'Alfonso di Caporiacco) era privo di discendenza naturale o legittima.
Vediamo ora le caratteristiche sostanziali di questo tipo di adozione.
L'adottato deve essere maggiorenne e, nel 1968, il Sergio Mattiazzo Gelmi aveva 29 anni. L'adottante deve superare di almeno 18 anni l'età dell'adottato e già abbiamo detto che l'Alfonso di Caporiacco era all'epoca 60enne. Ricorrevano dunque entrambi detti requisiti.
Consideriamo gli effetti dell'adozione.
Essa produce i suoi effetti dalla data del provvedimento del tribunale che la pronunzia e dunque dal 22 novembre 1968.
L'adottato assume il cognome dell'adottante (e quindi assume il cognome 'di Caporiacco'), MA NON SI CREA ALCUN RAPPORTO DI PARENTELA TRA ADOTTATO E PARENTI DELL'ADOTTANTE.
E quindi è evidente che, essendo deceduto una decina d'anni fa l'Alfonso di Caporiacco, NON VI E' ALCUN RAPPORTO DI PARENTELA TRA COLORO CHE ANAGRAFICAMENTE SI CHIAMANO 'Gelmi di Caporiacco' o 'Mattiazzo Gelmi di Caporiacco' con la famiglia storica friulana 'di Caporiacco' e i suoi vari rami.
Aggiungiamo che siamo stati necessitati a compiere questa ricerca storico anagrafico civilistica non solo per fare chiarezza circa evidenti mistificazioni in atto, posto che in Friuli si aggirano persone che con la storia di questa regione nulla hanno a che fare, ma soprattutto perché nel 2012 ricorrerà il 900. anniversario del primo documento scritto in cui un rappresentante della famiglia 'di Caporiacco' è nominato e chi scrive è intenzionato a dare alle stampe un voluminoso corpus di studi comprensivo di uno schedario riportante nomi e dati anagrafici e biografici di oltre 500 rappresentanti della famiglia di Caporiacco, allegando inoltre un completo albero genealogico.
Il problema metodologico che ci si era posti era, dunque, se fosse possibile trovar posto nell'albero genealogico familiare a persone che non risultano discendere 'iure sanguini' dalla famiglia 'di Caporiacco' ma che, tuttavia, in base a norme della repubblica italiana, portano, aggiunto ad altri, il cognome 'di Caporiacco'.
La questione è quindi risolta in radice dalla disposizione dell'art. 300 codice civile, nonché dalla cosiddetta legge salica (quella che regola la discendenza nobiliare). I precitati signori che portano l'aggiuntivo cognome 'di Caporiacco' non hanno alcun rapporto di parentela con appartenenti e discendenti 'iure sanguini' della famiglia storica 'di Caporiacco'.
Aggiungiamo, in conclusione, che non abbiamo nessuna ragione di avversione o di antipatia nei confronti dei signori 'Gelmi di Caporiacco' e 'Mattiazzo Gelmi di Caporiacco', osservando - semplicemente - che quantomeno i predetti avrebbero dovuto avere il buon gusto di presentarsi ai legittimi appartenenti 'iure sanguini' della famiglia 'di Caporiacco', territorialmente presenti attraverso i loro discendenti attuali da almeno 900 anni in Friuli, dai quali avrebbero anche potuto essere bonariamente accolti in uno spirito di 'fratellanza familiare' anziché dar luogo ad equivoci in luoghi pubblici, risultando palesemente originari di altra regione (Veneto), nonché residenti in una ulteriore altra regione (Lazio).
Basta infatti compiere una semplice ricerca delle occorrenze del cognome Mattiazzo nelle varie regioni italiane per rendersi conto che detto cognome è originario della regione Veneto e non di quella friulana.
Se, in buona sostanza, si può in qualche modo fruire di norme civilistiche per aggiungere al proprio cognome (va comunque sottolineato che il sig. Sergio ha inteso addirittura 'perdere', per ragioni che non val la pena di conoscere, il cognome paterno Mattiazzo), va da sè che è impossibile usare violenza alla storia e mistificare la medesima a fini personali, portando a sè lustro per l'uso del predicato nobiliare di una famiglia storica friulana.
Ed è evidente che, da testimoni della storia e della memoria, abbiamo il dovere di difendere il nostro nome.
Sull'argomento si potranno confrontare i nostri precedenti scritti
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