
Volenti o nolenti, anche quest’anno ci pappiamo kilate di Festival di Sanremo, da bravi italioti quali siamo. Che dire? Inizio moscissimo, non da Bonolis, Paolo ci deludi..dov’è il mordente di quando pubblicizzavi la “Caciotta Fetecchia”!?? Bei tempi quelli, ma andati. Ora pare di vivere una sorta di nuovo Ellenismo in Italia, non trovate? Uno scadimento di costumi, un appiattimento culturale francamente mortificante. Il festival inizia con delle briciolate di qualunquismo culturale: fuochi d’artificio sulla città, e una dolce bimbetta dal nome dantesco (Beatrice) che si fa passivamente impartire da Bonolis una lezioncina da Bignami della musica italiana, dal Gregoriano all’Hip Hop. Mina cerca di sollevarci i peli delle braccia cantando Puccini, ma è roba trita e ritrita: siamo costretti a scomodare i classici per emozionarci un pochettino? Forse sì, se pensiamo a cosa ci aspetta questa sera, cioè una caterva di canzonette inutili e senz’anima alcuna.

Tra citazioni semicolte (Cesare Pavese) e storiche (Bonolis, l’abbiamo capito che ci tieni a “trasudà curtura”) iniziano le esibizioni. Ok, nota positiva: i ritmi sono piuttosto serrati, non insopportabilmente dilatati alla Baudo, dobbiamo ammetterlo. Ritmi accettabili comunque non sono sinonimo di novità, per un’edizione che definirei semplicemente vecchia, ahimè. Un palco soffocante accoglie gli “artisti” che si susseguono senza troppi scossoni, annunciati dall’ennesima modellona attrice semisconosciuta, ma dalla coscia rigorosamente lunga, e da un bellone vestito da cameriere… superflui e indigesti come l’ultimo goloso pezzo di torrone dopo il pranzo di Natale. Le canzoni: non so davvero da dove iniziare. Non è musica questa, è musichetta: Ivona Zanicchi ci riprova alla sua veneranda età, e ammicca sensuale alla telecamera, con una canzone dalle terrificanti allusioni sessuali tra anziani, cosa che fa venire i brividi, ma non di piacere. Fausto Leali ci propina un branetto sul difficile rapporto tra padri e figli irrequieti adolescenti (Fausto, ma non sei nonno?). Marco Carta, nonostante sia figlio putativo di Maria De Filippi e Baglioni, non convince assolutamente, ha lasciato il suo bel vocione semimaschio sul palco di Amici. Renga, Francescone nazionale che mi incantavi quand’ancora portavi il capello lungo e riccio alla Timoria, ne hai di voce e intonazione, ma dov’è l’arrangiamento?? Canzone musicalmente vuota, con pretese liriche che hanno veramente stancato. E tra un Masini arrabbiato contro il il Belpaese (dov’è la novità?) e un Povia che più che scandaloso definirei qualunquista e banale …approdiamo annoiati più che mai al tenebroso Tricarico, con un brano che parla di fragole forse, pieno zeppo di superlativi assoluti. Al Bano, Patty Pravo: basta, per carità, levatevi di torno una buona volta, lasciate spazio a giovani rocker come gli Afterhours, affinchè possano fare schifo ammodino come è in effetti accaduto ieri in diretta stonati dall’Ariston. Nicolai e Di Battista: siete jazzisti, perché rovinarvi la reputazione a Sanremo? Ma perlomeno vi divertite suonando, e fate una buona musica, accettabili. I Gemelli DiVersi ci propongono un testo carino, da riascoltare, non male tutto sommato, anche se vagamente fuori luogo al festivàl! Pupo e la sua stramba Compagnia dell’Anello: no comment. Alexia col suo anziano compare alla chitarra mi passano inosservati, così come l’ex ragazzaccia capace di circuire Baccini (Dolcenera, ti preferivamo dark e sguaiata). Forse forse l’unico che ho gradito è un certo Sal da Vinci: francamente non so chi sia, ma l‘ho apprezzato (o almeno credo di averlo fatto, tra un sonnellino e l’altro). E arrivano anche alcune nuove proposte: nient’altro che cloni di Giusy Ferreri, Cocciante e figlie di Zucchero..imbarazzanti e teneri al contempo.
Ma sentitamente ringrazio, per avermi tenuta sveglia in questa difficilissima serata di metà febbraio:
La torta di ricotta e canditi, confezionata con amore da mia madre, affezionatissima di Sanremo da sempre, ma che ieri sera ha dolcemente declinato il mio invito a condividere con me i piaceri della kermesse, preferendo un pediluvio acqua e sale all’ennesima rovesciata di canzonacce che nemmeno lei è più in grado di tollerare;
La nuova pubblicità della Lidl, grazioso il jingle, buon lavoro ragazzi, seguitate a proporci livelle laser, vanno alla grande;
Quella bonona della Katy Perry, che coi suoi 24 anni e una voce potente riesce a fare spettacolo per un quarto d’ora molto meglio delle vecchie volpi Zanicchi e Pravo: brava! Ha cantato i Queen, è stato il momento più esaltante della serata;
Roberto Benigni, che non spacca come sapeva fare negli anni ottanta sollevando le gonnellone della Carrà, ma che, dopo aver invitato Berlusca a sparire come modo per raggiungere la leggenda, ci legge una dolcissima lettera d’amore di Oscar Wilde, indirizzata al suo amore omosessuale del tempo: tenera e vera, grazie Oscar, ce ne vorrebbero al giorno d’oggi di animi delicati e di parole evocative come le tue, dove sei ora?
Aldo Giovanni e Giacomo, che si impegnano alla grande nella pubblicità della Wind, e poi mi fanno pagare sette euri (dico sette) per rovinarmi una serata delle vacanze di Natale davanti al film peggiore che abbia mai visto in vita mia (“Il cosmo sul comò”).
Insomma, una serata che ha totalizzato sul grafico delle emozioni un brivido pari a quello avuto visionando gli iniziali fuochi d artificio, rigorosamente registrati, sparati chissà quando in una notte sanremese qualunque …escono temporaneamente Zanicchi, Afterhours e Tricarico, a domani, per la cronaca della seconda pesantissima serata!
GIOIA MOLINARI

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