
Secondo il dott. Felice Achilli, fondatore di Medicina e Persona e direttore dell’azienda ospedaliera- unità cardiologica “Manzoni” di Lecco, vi è profonda differenza tra “coma” e “stato vegetativo persistente”, tipico delle disabilità gravi come quella di Eluana Englaro, ma che non sono da considerarsi alla stregua di pazienti terminali.
“Allo stato attuale - sostiene il dott. Achilli - la medicina non può dire una parola definitiva su questi casi, ma cesserebbe di essere se stessa se rinunciasse alla speranza di migliorare nella cura dei pazienti per i quali non si intravedono soluzioni migliorative”. Nell’offrire una considerazione di più vasto respiro, ha detto: “la vita di qualsiasi persona dipende dalla presenza di un altro, sempre. Certamente ciò si vede in modo macroscopico quando c’è una disabilità grave; ma, se fossimo razionali, ci accorgeremmo che è una legge dell’esistenza che vale per tutti e in ogni caso. Per riconoscere tale evidenza non c’è bisogno di uno stato vegetativo persistente”.
Sul caso Englaro, Achilli ha formulato tre osservazioni: “non è istintivo ne’ naturale ammettere di vedere chi è veramente Eluana: una persona viva e accudita da 18 anni da qualcuno che non è ne’ suo padre ne’ sua madre ma dalle suore misericordie che si rapportano e si relazionano con lei e che la sentono viva. Non è detto inoltre –ha aggiunto- che ciò che siamo abituati considerare normale o scontato lo sia per tutti: in Canada, ad esempio, se ci si sente male e si cade a terra, non si è aiutati da nessuno. La vicenda di Eluana ci può aiutare a comprendere che senza il riconoscimento che la nostra vita per essere sostenuta ha bisogno di un “altro” si corre il rischio di confondere un omicidio con la carità”.
“Allo stato attuale - sostiene il dott. Achilli - la medicina non può dire una parola definitiva su questi casi, ma cesserebbe di essere se stessa se rinunciasse alla speranza di migliorare nella cura dei pazienti per i quali non si intravedono soluzioni migliorative”. Nell’offrire una considerazione di più vasto respiro, ha detto: “la vita di qualsiasi persona dipende dalla presenza di un altro, sempre. Certamente ciò si vede in modo macroscopico quando c’è una disabilità grave; ma, se fossimo razionali, ci accorgeremmo che è una legge dell’esistenza che vale per tutti e in ogni caso. Per riconoscere tale evidenza non c’è bisogno di uno stato vegetativo persistente”.
Sul caso Englaro, Achilli ha formulato tre osservazioni: “non è istintivo ne’ naturale ammettere di vedere chi è veramente Eluana: una persona viva e accudita da 18 anni da qualcuno che non è ne’ suo padre ne’ sua madre ma dalle suore misericordie che si rapportano e si relazionano con lei e che la sentono viva. Non è detto inoltre –ha aggiunto- che ciò che siamo abituati considerare normale o scontato lo sia per tutti: in Canada, ad esempio, se ci si sente male e si cade a terra, non si è aiutati da nessuno. La vicenda di Eluana ci può aiutare a comprendere che senza il riconoscimento che la nostra vita per essere sostenuta ha bisogno di un “altro” si corre il rischio di confondere un omicidio con la carità”.
Nessun commento:
Posta un commento