"SFUEI DAL FRIÛL LIBAR - IL GIORNALE DEL FRIULI LIBERO". INDIRIZZO INTERNET http://www.ilgiornaledelfriuli.net EDIZIONE ON LINE DELLA TESTATA ISCRITTA COME GIORNALE QUOTIDIANO ON LINE, A STAMPA, RADIOFONICO E TELEVISIVO NEL REGISTRO DEL TRIBUNALE DI UDINE IN DATA 8 APRILE 2009 AL N. 9/2009. Si pubblica dal 25 novembre 2008. Proprietario: Alberto di Caporiacco. Direttore responsabile: Alberto di Caporiacco. Sede di rappresentanza in Udine, piazza S. Giacomo 11/16, 2. piano.

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martedì 24 marzo 2009

RASSEGNA STAMPA: MESSAGGERO VENETO, IL GAZZETTINO, IL PICCOLO

La nostra rassegna stampa comincia con la prima pagina del Messaggero Veneto

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Dopo le critiche a Ratzinger dai paesi di mezza Europa, scende in campo la Conferenza episcopale che attacca media e politici
L’atto di accusa di Bagnasco: s’afferma un raccapricciante diritto alla morte
La Chiesa ha il dovere di intervenire
Aids ed Eluana, la rabbia dei vescovi
Duro documento della Cei dopo le polemiche sull’uso del preservativo: «Il Papa irriso e offeso» «Manipolata la vicenda della Englaro, subito una legge sul biotestamento»

ROMA. Contro un nuovo caso Eluana Englaro, i vescovi italiani sono scesi ieri in campo chiedendo che il Parlamento metta da parte «lungaggini o strumentali tentennamenti» e vari urgentemente una legge sul fine-vita che preservi il Paese da «analoghe avventure». Nella prima occasione ufficiale successiva alla morte di Eluana - l'apertura del consiglio permanente della Cei -, il presidente dei vescovi, card. Angelo Bagnasco, ha dedicato ampio spazio alla vicenda.
E l’ha fatto con un'analisi che punta il dito, da un lato, contro gli indugi della politica che, almeno a livello di maggioranza, aveva promesso un rapido varo di una legge sul testamento biologico, e dall'altro, contro l'affermazione «raccapricciante» dell' «improbabile» diritto a morire avvenuta nel Paese.«Spetta alla politica - ha scandito Bagnasco - agire nell'approntare e varare, senza lungaggini o strumentali tentennamenti, un inequivoco dispositivo di legge che preservi il Paese» da altri casi simili a quello della donna di Lecco per 17 anni e mezzo in stato di coma vegetativo persistente. I vescovi italiani hanno chiesto inoltre che la legge sul fine-vita sia varata «ponendo attenzione a coordinarla con l'altro sospirato provvedimento, relativo alle cure palliative».Consegnato il messaggio alla politica, Bagnasco ha ripercorso ampiamente il caso Englaro che per i vescovi italiani ha rappresentato una vera e propria rottura nella nostra cultura civile e giuridica, oltre che «un'operazione - ha affermato il presidente Cei - tesa ad affermare un diritto di libertà inedito quanto raccapricciante», «il diritto a morire» e cioè, ha precisato, il «darsi e dare la morte in talune situazioni da definire».Bagnasco ha ribadito che «come vescovi», i presuli italiani non possono «non avere a cuore il superamento di qualunque rassegnazione culturale» e mettere in guardia contro «qualunque deriva eutanasica, per quanto tecnicamente circoscritta o concettualmente edulcorata» che non è altro «per gli uomini di oggi» se non «una falsa soluzione».«Nelle moderne democrazie - ha ammonito - la vita va difesa perchè è indispensabile limitare il potere “biopolitico” sia della scienza, sia dello Stato».Con fermezza, inoltre, il presidente della Cei ha respinto le accuse di ingerenza piovute sulla Chiesa italiana in merito al caso Englaro. È «grottesco», ha affermato Bagnasco, che «si sia tentato di far passare la tribolata vicenda come mera conseguenza di un altolà della Chiesa». Vicenda su cui rimane la grande amarezza dell'episcopato nazionale per una morte che si è tentato di scongiurare sino all'ultimo. «Ci ha causato una grande tristezza la storia dolorosa eppure umanissima di Eluana - ha rivelato il porporato -, quasi che essa potesse esistere solo nei termini in cui la desideriamo noi, priva di imperfezioni o asperità». Proprio su questo aspetto , i vescovi italiani hanno lanciato un ultimo appello. «Non essere all'altezza dello standard vigente - ha ammonito Bagnasco - non può equivalere a una squalifica».Subito la legge, è dunque il messaggio che arriva dai vescovi. E varare la legge sul Testamento biologico nei tempi stabiliti (il voto finale in Senato è previsto per giovedì) è anche l'obiettivo già indicato dal presidente del Senato Renato Schifani.Le posizioni dei due schieramenti restano però distanti e sui punti cruciali del ddl - come l'articolo 3 relativo alla possibilità di poter lasciare indicazioni nelle Dat anche in merito ai trattamenti di nutrizione e idratazione artificiale - resta il muro contro muro. Intanto un gruppo di primari annuncia “disobbedienza” alla futura legge, mentre mercoledì si svolgerà a Roma una raccolta gratuita di biotestamenti da parte dei cittadini promossa dall'Italia dei valori.


Cividale
Studenti aggrediti mentre la madre dormiva
Due fratelli di 21 e 15 anni minacciati con un cacciavite
Bottino: i cellulari e 950 euro
Rapinati in casa da due banditi incappucciati

CIVIDALE. Sono entrati nella proprietà dal giardino a strapiombo sul Natisone: nel cuore della notte, incappucciati, hanno raggiunto una delle camere da letto e si sono materializzati di fronte ai due fratelli che la occupavano, minacciandoli con una sorta di grande cacciavite d’acciaio a due punte e intimando ai ragazzi di consegnare loro soldi e gioielli. È una scena da incubo quella consumatasi qualche ora prima dell’alba di lunedì: fortunatamente non c’è stato alcun ferito, ma resta uno strascico di forte inquietudine in una cittadina che non ricorda episodi del genere. I malviventi, secondo le testimonianze rese ai carabinieri, erano due giovani di circa 25 anni, di bassa statura, con chiaro accento dell’Est.


Tre giorni di celebrazioni dall’11 al 13 settembre
A Udine il clou con la sfilata
La brigata Julia compie 60 anni Festa-adunata in tutta la regione

CENTRI.I centri coinvolti, oltre a Udine, Pordenone e Gorizia: Tarvisio, Chiusaforte, Forni Avoltri, Paluzza, Cividale, Gemona.
LA SFILATA. Le manifestazioni culminerannop, domenica 13 settembre, con la sfilata degli alpini in congedo e dei reparti della brigata.
IL 1949. E’ l’annodi fondazione dellabrigata Julia, dopolo scioglimentodell’unità in seguitoalla proclamazionedell’armistizio.
UDINE. La brigata alpina Julia compie 60 anni e si prepara a un grande evento che coinvolgerà migliaia di penne nere, tra le 20 e le 30 mila. Una tre giorni, tra l’11 e il 13 settembre, che per i numeri si preannuncia come una sorta di “piccola adunata” nazionale degli alpini e che avrà come cuore degli eventi Udine, ma che coinvolgerà tutta la regione. Dai comuni della provincia – come Tarvisio, Chiusaforte, Forni Avoltri, Paluzza, Cividale e Gemona –, fino agli altri tre capoluoghi di provincia dove sono in programma dei concerti con le bande alpine.
E per dare un respiro internazionale all'evento verranno coinvolte anche le bande militari degli eserciti di Austria, Slovenia, Stati Uniti e Ungheria. Insomma una grande manifestazione dall'amplio respiro che verrà coordinata dal Comitato promotore delle celebrazioni e che con il coinvolgimento della Regione, della Provincia e del Comune di Udine, passerà attraverso la regia dell’Azienda speciale Villa Manin. Il programma degli eventi è stato presentato ieri nel corso di una conferenza che si è svolta nella caserma Di Prampero, sede della Julia, al quale erano presenti i membri del comitato organizzatore presieduto dal commissario straordinario dell’Azienda speciale Villa Manin, Enzo Cainero: il comandante della brigata, il generale Gianfranco Rossi, il consigliere nazionale dell’Ana (Associazione nazionale alpini), Giuliano Chiofalo, il presidente dell’Ana di Udine, Dante Soravito, l’assessore del comune di Udine, Luigi Reitani e quello provinciale Adriano Piuzzi. Inoltre, al di fuori del comitato, ha preso parte alla presentazione del calendario di eventi anche il vicepresidente della Regione, Luca Ciriani. «Ci stiamo impegnando a preparare una celebrazione degna di quello che è stata la brigata e di quello che sarà» ha commentato Cainero che nel corso della presentazione ha fatto sapere anche che nelle intenzioni del comitato organizzatore c'è anche la volontà di coinvolgere l'ottavo battaglione alpini di Cividale che quest’anno celebra i suoi cento anni. Quanto al programma, si parte dunque venerdì 11 settembre con l’inaugurazione in piazza Primo Maggio della “Cittadella della Julia” e dell’esposizione della Protezione civile e dell'Ana. La Julia allestirà un accampamento militare con tende, materiali ed equipaggiamenti in dotazione alle truppe. Iniziative culturali sono state previste al teatro Giovanni da Udine dove si terrà la presentazione del libro fotografico della Julia e l’esibizione della fanfara della brigata. Sabato 12 saranno aperte al pubblico le caserme dove hanno sede i reggimenti della brigata, si terranno le onoranze ai caduti in piazza Libertà e la messa in duomo. Inoltre verrà aperto il museo storico della Julia, nella caserma Di Prampero e si terrà l'esibizione delle fanfare militari degli eserciti di Austria, Ungheria, Slovenia e Usa nei capoluoghi di provincia. Domenica, come momento culminante di questa tre giorni si terrà la sfilata degli alpini in congedo e dei reparti della Julia. Infine, per celebrare l’avvenimento verrà stampato un annullo postale e una serie di cartoline commemorative dell’evento. Gianpiero Bellucci


Berlusconi dichiara dieci volte meno Monai primo in Fvg

14,5 i milioni di euro dichiarati nel 2007 dal premier contro i 139 del 2006
ROMA. Silvio Berlusconi ha guadagnato 14,5 milioni di euro nel 2007, il reddito più alto tra quelli resi noti ieri da Camera e Senato. Ha versato per imposte 6.237.688 euro, ma la sua denuncia fiscale contiene una sorpresa: nell’anno precedente, il 2006, aveva dichiarato un imponibile di 139,2 milioni di euro, quasi dieci volte in più di quello denunciato per il 2007. Tra i parlamentari del Friuli Venezia Giulia, il più ricco è il deputato Carlo Monai (Idv) che ha dichiarato 291.019 euro, mentre il più povero è il senatore Mario Pittoni (Lega) con 26.603 euro.
Questi gli altri redditi in Fvg. Camera: Isidoro Gottardo 202.701, Ivano Strizzolo 191.931, Ettore Rosato 170.676, Fulvio Follegot 142.939, Roberto Antonione 139.073, Roberto Menia 125.657, Angelo Compagnon 124.271, Alessandro Maran 122.775, Manlio Contento 122.326, Massimiliano Fedriga 30.819. Senato: Giulio Camber 220.780, Flavio Pertoldi 144.726, Giovanni Collino 133.271, Carlo Pegorer 126.164, Tamara Blazina 125.283, Giuseppe (Ferruccio) Saro 121.046. Poi una curiosità: Franco Frattini, ministro degli Esteri eletto in Friuli Venezia Giulia ha denunciato zero euro e 400 di detrazione per i figli. Nel 2007 era infatti commissario e vicepresidente europeo e la dichiarazione dei redditi l’ha fatta in Belgio, dove ha appunto sede l’Ue.Tornando a livello nazionale, la seconda sorpresa è che, dopo Berlusconi, la denuncia più alta tra i parlamentari è quella di Walter Veltroni: 477.788 euro, compresi i guadagni per i diversi libri che ha scritto. Anche Dario Franceschini non è male: con 220,419 euro rappresenta il terzo reddito fra i leader politici. Antonio di Pietro viene subito dopo: 218.080 euro, ma 207.419 euro accompagnano il nome di Alessandra Mussolini. Francesco Nucara, poi, porta a casa 176.822 euro. Seguito da Massimo D’Alema, altro scrittore di successo: 171.044 euro. A scalare, tra i leader politici che guadagnano di più: Lorenzo Cesa, Udc, 144.521, Pier Ferdinando Casini 142.130. Umberto Bossi 134.450, Gianfranco Rotondi (dca) 129.542. Sorpresa finale: Gianfranco Fini, non ancora presidente della Camera, ultimo a 105.633 euro. L’attuale presidente del Senato, Renato Schifani, aveva nel 2007 un reddito di 159.809 euro. Hanno guadagnato di più tre suoi vicepresidenti: Emma Bonino 180.235 euro, Domenico Nania 175.273, Vannino Chiti 164.880.Tra gli uomini di governo, dopo Berlusconi, c’è Giulio Tremonti, con 4 milioni 536 mila 164 euro. Una cifra ragguardevole, riferita ai guadagni del 2007, che ha avuto bisogno di una precisazione: da quando è ministro, percepisce solo i compensi previsti dalla legge. Non è appropriato associare compensi pregressi allo status di governante. Tra i del governo, ci sono i nomi di due sottosegretari: Gianni Letta guadagna 1 milione 154 mila 962 euro, Guido Bertolaso 1.013.822. Poi: Ignazio La Russa 490.188, Rocco Crimi 473.198. Più sotto: Brunetta, Calderoli, Maroni, Scajola, Matteoli, Bossi e Bondi. L’ultimo nome del governo è il leghista Maurizio Baiocchi, sottosegretario alla presidenza del consiglio: 84.914 euro di reddito.Fra i guadagni 2007 degli attuali senatore a vita il piu’ alto è di Carlo Azeglio Ciampi, con un reddito di 750.657 euro. E’ al di sopra di Sergio Pininfarina, carrozziere di nome, che ha denunciato 531.360 euro. Giulio Andreotti non sta male: 522.710 euro, compresi i guadagni dei libri. Molto più in basso, tutti gli altri: Oscar Luigi Scalfaro 230.106; Rita Levi Montalcini 219.639, Emilio Colombo 169.740; Francesco Cossiga 134.674 euro. Anche in questo caso, Cossiga si distingue per una singolarità: tre delle sue quattro auto sono cedute in comodato d’uso ai carabinieri che le guidano e lo proteggono. (r.v.)


LE BORSE CREDONO NEL PIANO
LA GUERRA USA AI TITOLI TOSSICI di ALFREDO RECANATESI

Del piano del ministro del Tesoro americano per riassorbire una significativa parte dei titoli tossici che inquinano gli impieghi delle banche Usa si sa ancora poco, e tuttavia i mercati finanziari gli accordano una fiducia maggiore di quella che avevano riservato agli interventi dell’amministrazione Bush. Ieri tutte le borse mondiali sono risultate in corposo e generalizzato rialzo. Il motivo è presto detto, ed è che questo nuovo piano si basa non solo e non tanto sull’acquisto di quei titoli con fondi pubblici, ma impiega le risorse pubbliche anche per garantire gli acquisti che potranno farne intermediari privati. La differenza è sostanziale.Il piano dell’ex-ministro Paulson, infatti, che si basava esclusivamente sull’acquisto di quei titoli-truffa, gravava pesantemente sulle pubbliche finanze, con conseguente rischio di una virulenta fiammata inflazionista, senza risolvere il problema con la necessaria determinazione, dal momento che l’ammontare dei titoli tossici in circolazione non è noto, ma certamente è un consistente multiplo di quei 700 miliardi che lo stesso Paulson aveva messo sul piatto. Ora, invece, mettendo a carico del bilancio federale una garanzia su quei titoli piuttosto che un loro acquisto, si determina un effetto moltiplicatore in virtù del quale il riassorbimento di questa carta altamente inquinante potrà raggiungere importi assai maggiori e con il concorso di capitali privati e, dunque, con minori rischi di inflazione. Il meccanismo si basa sul fatto che questi titoli sono tossici non perché siano carta straccia, ma perché sono di incerta valutazione comprendendo, insieme a crediti decisamente irrecuperabili, crediti che in un tempo, anch’esso indeterminato, potranno essere in tutto o in parte recuperati. C’è chi addirittura sostiene che, rispetto all’infimo valore che oggi (ammesso che ve ne fosse un mercato) potrebbero avere, c’è da guadagnarci. Ecco, allora, che il meccanismo della garanzia, unito ad acquisti pubblici e a ulteriori garanzie sul buon fine di una parte almeno dei mutui, può effettivamente sgombrare il campo dalla sfiducia sulla qualità dell’attivo delle banche che, a sua volta, induce le banche stesse a lesinare il credito con un effetto fortemente deprimente sull’intera economia. A giudicare dai rialzi di ieri, le borse, almeno, sembrano crederlo. Ieri, infatti, non hanno reagito solo le quotazioni delle banche, ma anche molti titoli industriali hanno messo a segno buoni recuperi. Questo dimostra che sui mercati si va consolidando la convinzione che il peggio delle prospettive sia passato. È un po’ come chi va per mare: quando il tempo è cattivo basta qualche segno che escluda un ulteriore peggioramento perché si rassereni. In Italia il rialzo è stato più corposo sia per il maggior peso che notoriamente i titoli bancari hanno sul nostro listino azionario, sia per l’assurda penalizzazione che questi titoli avevano ricevuto dai colpi della speculazione al ribasso, sia infine perché valutazioni internazionali hanno confermato che le banche italiane sono mediamente più patrimonializzate di quelle degli altri maggiori paesi.Prima che tutto questo si traduca in migliori prospettive per la cosiddetta economia reale – vale a dire l’attività produttiva, le esportazioni, l’occupazione – ce ne vorrà. I tempi cupi non sono finiti, ma qualche barlume di luce in fondo al tunnel si comincia a vedere; almeno in termini di condizioni perché, gradualmente, una ripresa possa iniziare. La prospettiva che la crisi degenerasse in una lunga e cupa depressione simile a quella degli anni ’30 del secolo passato, in definitiva, sembra superata. Ancorché in ordine sparso e talvolta tardivi, gli interventi governativi a sostegno della finanza e dell’economia mondiale, con la loro inusitata imponenza, alla fine sembrano avviati a raggiungere lo scopo. Stiamo parlando, ovviamente, degli interventi di emergenza. Il riordino normativo necessario per evitare che gli eccessi della finanziarizzazione, con tutti i guai e le sofferenze sociali che possono indurre, si ripetano è un altro capitolo ed è tutto da scrivere.


UDINESE Ecco il dossier sugli errori di Ayroldi
L’elenco delle partite compromesse dall’arbitro
Il presidente dell’Aia: «Incontrerò Leonardi»

Volevano far saltare la diga di Tramonti
Legami con Al Qaeda: le registrazioni delle conversazioni dei nordafricani espulsi
Friuli
Diretti riferimenti all’impianto nel Pordenonese: «Potrebbe essere un disastro come il Vajont»

UDINE. Parlavano della diga di Tramonti e dicevano che l’avrebbero fatta saltare in aria, provocando in Friuli un disastro e una strage non dissimili da quello del Vajont. La massa d’acqua avrebbe spazzato via Meduno, Sequals, Spilimbergo, finendo poi con una immensa ondata nel Tagliamento. È questo il principale motivo per cui il ministro degli Interni Roberto Maroni ha espulso e immediatamente fatto allontanare dall’Italia due operai nordafricani, da tempo insediatisi in Friuli.


Una “notte gialla” con Far East
Il 24 aprile i negozi potranno restare aperti fino a tardi
Udine
Spettacoli e musica alla vigilia del festival sul cinema orientale

UDINE. Il Far East Film Festival, in collaborazione con l’Ascom e il Comune, regalerà il 24 aprile a Udine, la sua prima Notte gialla. Un’anticipazione della Notte bianca di luglio.


La sfida della Snaidero alla crisi: cucine di qualità, ma low cost

di RENATO D’ARGENIO
MAJANO. La sfida è importante: realizzare cucine d’alta qualità e venderle a prezzi inferiori delle concorrenza. Ikea compresa. La Snaidero ci crede e dal 31 marzo lancia sul mercato la linea “low cost” Orange; la linea che nasce da un innovativo sistema di co-design internazionale che ha coinvolto tutti i marchi del Gruppo; ha ripensato i processi aziendali, dall’industrializzazione alla gestione dell’ordine, la pubblicità e le fasi di montaggio.
Il progetto Orange – che si aggiunge a quello tradizionale delle cucine di alta gamma che oggi garantisce l’80% del veduto – è stato presentato ieri a Majano a 700 tra venditori italiani ed esteri, agenti e collaboratori. «Mi piace definire questo progetto una sintesi di semplicità, funzionalità ed esperienza – ha detto l’ad Edi Snaidero –; una produzione che ha coinvolto ed entusiasmato tutto il nostro Gruppo. Oggi nasce una nuova Snaidero e, nei prossimi anni, nasceranno Orange 2 e poi 3 e 4».L’idea è nata soltanto quattro mesi fa e dal 31 marzo sarà operativa. Ma come fa la Snaidero a realizzare cucine di alta qualità e a venderle a un prezzo così competitivo? Come fa l’azienda di Majano a proporre un modello base di 3 metri e 60 centimetri con frigo, lavastoviglie, forno, fuochi da 70 centimetri (grande) e cappa integrata (tutto di fascia A) a meno di 6 mila euro (optional integrabili anche IPod e Pc)? «I prezzo è importante ma limitativo. La vera novità, la percezione del valore sta nella combinazione tra prezzo e valore. E per riuscirci abbiamo pensato a una nuova piattaforma produttiva che ripensa i processi e il modo di gestire i prodotti, dal punto vendita alla fabbrica. Tutte le informazioni sono automatizzate, ma soprattutto il margine di errore negli ordini è ridotto a zero. Innovativa è anche la parte promozionale e quella sul web (che avrà un ruolo importantissimo). I componenti saranno quasi tutti prodotti a Majano, anche quelli per le aziende francesi e tedesche. E’ stata poi pensata una nuova modularità sulla fase di preassemblaggio. Tutte queste novità ci consentono di abbattere il prezzo di una cucina Orange rispetto a quella classica di almeno il 30%».Un progetto che vuole anche reagire alla crisi: «In questo momento il nostro mercato perde circa il 25%, percentuale che definirei ottimistica – ha aggiunto l’ad del gruppo che da lavoro a oltre 500 persone e che nel 2007 ha fatturato 265 milioni di euro –. Anche noi, in alcune giornate, usufruiamo della cassa integrazione, ma vorremmo tornare all’orario normale. Con il progetto Orange puntiamo anche a questo. E’ per questo che vogliamo andare in competizione con tutto e con tutti. Abbiamo confrontato la qualità e il prezzo di questo prodotto con quelli proposti dai nostri competitor di fascia alta e media e posso garantire siamo estremamente competitivi».Snaidero conclude: «Il progetto Orange ha un altro grande vantaggio. Realizza la cucina della vita. Una cucina modulare che può crescere o diminuire, che può essere trasferita facilmente in abitazioni diverse da quella originale. Una cucina che resta nel nostro database e su cui potremo sempre intervenire cambiando colore e ante. Insomma una cucina personalizzata».


Villa Manin europea con Monet e Courbet

di MICHELE MELONI TESSITORI
E ora il Fvg punta su un pubblico europeo: dal 26 settembre al 7 marzo 2010 a Passariano saranno esposte le opere sublimi di artisti della grandezza di Renoir, Degas, Cézanne, van Gogh. Informazioni su www.lineadombra.it
Il primato culturale è, senza discussioni e felicemente quello francese, la nazione dominante nell’Ottocento; ma il punto di osservazione è il Nord-Est, perché Marco Goldin si è sporto dal “ponte” che contrassegna il Friuli Venezia Giulia proprio per guardare all’Europa centro-orientale. Nasce da quest’angolatura unica e mai, prima, indagata, la grande rassegna sul realismo e sull’impressionismo con cui villa Manin si candida a sede espositiva internazionale e si apre a un pubblico oltre i già innovativi confini dell’Euroregione. L’età di Courbet e Monet, questo il titolo dell’esposizione, che sarà presentata oggi, alle 12, a palazzo Visconti a Milano.
Una sede prestigiosa per un progetto ambizioso con il quale la Regione Fvg punta a proiettare Passariano su uno scenario conteso alle grandi centrali culturali d’Europa, dal 26 settembre al marzo 2010.«Nel concepire questa esposizione sono partito dal dato incontrovertibile che la pittura dell’800 era totalmente e piacevolmente francocentrica - ci ha chiarito il curatore Marco Goldin -. Ma poi ho voluto indagare un rapporto che non è mai stato considerato: quello tra Parigi e le grandi nazioni centro-orientali. Dal Friuli Vg tracciamo insomma una linea ideale che ci consentirà di cogliere lo spirito di quelle stagioni artistiche, dal realismo all’impressionismo e l’effetto che ebbero su tutte le principali nazioni europee».Punto di partenza sarà la scuola di Barbizon con la fresca ventata del naturalismo che poi evolverà ulteriormente nell’impressionismo di fine 800.Goldin ha scandagliato i principali musei delle 12 nazioni rappresentate (ma c’è anche una ricca fornitura di tele dai musei americani) per un totale di 25 istituzioni coinvolte; e sta completando in questi giorni la selezione di 120, forse 130 opere. «Ho lavorato a un progetto che amplia l’offerta espositiva della villa e si apre a un pubblico effettivamente soprannazionale, tenuto conto che Passariano è al centro di un territorio che si estende su Carinzia, Tirolo, Stiria, Baviera, Slovenia e Croazia, un ambito entro cui gravitano milioni di persone di lingue diverse, ma unite dal linguaggio universale dell’arte».La mostra consterà di quattro temi: boschi e campagne, città e villaggi, acque, ritratti e figure. Prevarrà «il senso del paesaggio, vero esprit del XIX secolo». La rassegna partirà dai capisaldi, ovvero dai dipinti di maestri celebri quali Courbet, Corot, Daubigny, Millet, Rousseau che hanno dato l’impronta al realismo e al naturalismo. Poi progressivamente percepirà le prime avvisaglie dell’impressionismo, con opere di Manet, Monet, Bazille, Caillebotte, Siley, Renoir, Pissarro, Degas, Cézanne fino al giganteggiare di questa corrente pittorica rappresentata a Passariano anche dal primo Van Gogh presente nell’esposizione con tre opere che Goldin descrive con il suo proverbiale, accattivante trasporto: «Si tratta di una grande, straordinaria tela del periodo olandese e di due sensibilissime versioni della Senna a Parigi». Quadri che proverranno dal Kroller-Müller Museum di Otterlo e dal Van Gogh Museum di Amsterdam.Ma la vera novità della rassegna sarà questo procedere in parlello, nazione per nazione, «cercando e trovando concordanze di soggetto e linguaggio» tra i francesi e i «migliori pittori del centro-est Europa. Pittori non sempre noti in Italia, ma spesso autori di opere di inarrivabile bellezza e che talvolta hanno gareggiato con gli impressionisti nella precoce realizzazione di certi temi». Goldin cita l’ungherese Pal Szinyei Merse, i russi Levitan e Serov, i polacchi Chelmoski e Podkowinski, i romeni Grigorescu e Andreescu, il ceco Chitussi, i tedeschi Leibl e Liebermann, gli svizzeri Calame e Hodler, gli olandesi Mesdag e Maris, i belgi Rops ed Ensor, gli austriaci Schuch e Wiesinger-Florian.Sarà dunque, un viaggio, quello immaginato da Goldin per i visitatori della villa, in un universo noto dell’arte mondiale, eppure sconosciuto per la novità dell’angolatura da cui sarà ispezionato. «Goethe diceva che nel particolare si trova la regola dell’universale», spiega Goldin nel rendere conto del suo operato di curatore alla Regione, che oggi a Milano sarà rappresentata dall’assessore Roberto Molinaro, e al commissario dell’Azienda speciale di villa Manin, Enzo Cainero, il motore organizzativo del rilancio di Passariano. «Io - completa - mi attengo a questo dogma assoluto».


Il Fai svela i segreti di borgo Aquileia

UDINE. Il Fai, in occasione della 17ª edizione delle Giornate di primavera, apre alla natura. Per il prossimo fine settimana l’appuntamento «a sostegno dell’arte e della natura italiane» sarà dunque con i palazzi e i giardini del borgo Aquileia, ma l’organizzazione quest’anno ha deciso di spaziare a 360 gradi con appuntamenti anche in altri centri friulani.

LIGNANO
La stagione anticipata al 25 aprile

UDINE
Sicurezza: telecamere anche nelle chiese

CODROIPO
“Giacche verdi” di pattuglia a cavallo

HINTERLAND
Safilo, si prolunga la cassa integrazione

Rai, accordo su Garimberti presidente
Nomine

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Proseguiamo con la prima pagina de Il Gazzettino, edizione Friuli

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Prezzi contenuti per fronteggiare la crisi. Il gruppo di Majano lamenta un calo degli ordini del 30%
Snaidero punta sul modello Ikea
La storica azienda friulana ha presentato la nuova linea di cucine low-cost

Majano Qualità a costi bassi per uscire dalla crisi. Questi gli ingredienti di Orange, la nuova linea di cucine “low-cost”, presentata ufficialmente ieri dal gruppo Snaidero nel quartier generale di Majano, in provincia di Udine. Alla base del progetto gli stessi ingredienti che hanno contribuito al successo di Ikea, la multinazionale svedese della quale la Snaidero era fornitrice fino a poco più di un anno fa: modularità e standardizzazione della produzione, per ridurre i costi di produzione e per velocizzare le fasi di progettazione e assemblaggio, grande attenzione al design, prezzi competitivi. «Si partirà da seimila euro per una cucina», anticipa il presidente, «ma senza rinunciare alla qualità che è da sempre il nostro punto di forza». Una piccola rivoluzione per il gruppo di Majano, il quinto per importanza in Europa con 253 milioni di fatturato nel 2007. Solidi gli asset produttivi, prestigioso il marchio, ma pesante il calo degli ordini, che il presidente Edi Snaidero stima nell’ordine del 30%: «Ma la stima – precisa lo stesso Snaidero –potrebbe risultare ottimistica». Al varo di Orange sono affidate quindi importanti aspettative di rilancio di un gruppo fortemente internazionalizzato in seguito a una lunga serie di acquisizioni all’estero (Francia, Austria, Germania, Belgio), ma anche alle prese con una non facile situazione finanziaria: il debito lordo è vicino al 50% del fatturato e impone alla famiglia Snaidero, detentrice dell’80% del pacchetto azionario, di cercare di nuovi partner.


In settembre le celebrazioni
Julia, 60 anni con il Friuli
Costituito il Comitato
Mostre, concerti sfilate e altre iniziative fino alla grande sfilata di reparti ed ex

Udine Dici Julia e ti viene subito in mente Friuli. Dici alpini e pensi al tuo parente, al tuo vicino, o al tuo cappello riposto con cura nell’armadio. «Le penne nere sono un valore del territorio della nostra regione, ci rappresentano e siamo orgogliosi che la nostra storia sia quella degli alpini. Questo significa parlare anche alle future generazioni, considerare gli alpini anche un fattore di turismo». Luca Ciriani, vicepresidente della giunta regionale sintetizza perchè le celebrazioni dei sessant’anni della costituzione della brigata alpina Julia (erede della gloriosa divisione) sono da considerare un grande evento, e come tale sostenerlo e promuoverlo. Il 15 ottobre del 1949 ricostruendo l’Esercito l’Italia affidò proprio agli alpini un ruolo speciale d’eccellenza. Virtù militari e valori civili che attraverso generazioni e l’associazione dei congedati hanno consolidato una tradizione fatta di fedeltà, onore, impegno, solidarietà, abnegazione, sacrificio al servizio della popolazione e delle istituzioni. E dall’ 11 al 13 settembre questo patrimonio verrà celebrato con una serie di iniziative che un apposito comitato, costituitosi ieri nella storica caserma "di Prampero" a Udine ha già delineato. A presiederlo è Enzo Cainero e non solo per la conclamata competenza e amore per le penne nere, ma anche per il suo ruolo di commissario dell’Azienda speciale di Villa Manin: «I 60 anni della Julia sono considerati dalla Regione un evento speciale e per questo a occuparsene sarà anche Villa Manin, coordinando le iniziative di Ana, Provincia e Comuni». Le celebrazioni avranno un carattere regionale, in quanto verranno coinvolte molte realtà locali, sia aprendo le vecchie caserme dei reparti della brigata che ospitando i concerti delle fanfare e delle bande militari (anche austriache, slovene, ungheresi e statunitensi) invitate. «Udine non sarebbe la città che conosciamo senza la presenza militare e in particolare della Julia» ha ricordato l’assessore comunale Luigi Reitani. E in piazza Primo maggio sarà allestita la "Cittadella della Julia" con una mostra statica dei mezzi in dotazione (anche di quelli storici), un accampamento con varie tende, una palestra artificiale di roccia, aree dimostrative (sezione bonifca esplosivi, meteomont) e un’esposizione della Protezione Civile e dell’Ana. «Sarà aperto anche il museo della brigata, alla di Prampero - ha comunicato il generale Gianfranco Rossi che il 16 aprile assumerà formalmente il comando della brigata raccogliendo il testimone del generale Paolo Serra, al rientro dalla missione in Afghanistan - e sarà pubblicato un libro di immagini sulla storia della Julia». Incontri di reduci, concerti e varie iniziative troveranno conclusione nella grande sfilata finale, domenica 13 settembre. Umberto Sarcinelli


Oggi Tondo incontra la proprietà
Safilo bloccata dallo sciopero

Le percentuali di adesione allo sciopero di ieri sono lì a dimostrare quanto sia grande la decisione da parte degli operai della Safilo di non mollare, di continuare a difendere il posto di lavoro. Negli stabilimenti friulani hanno incrociato le braccia tutti i dipendenti durante le quattro ore proclamate dal sindacato contro il piano dell’azienda che prevede il licenziamento di 780 lavoratori nelle sedi di Martignacco e Precenicco. Ma la protesta ha toccato anche il Veneto: 99% di assenze nella sede centrale di Santa Maria di Sala, quote minori a Longarone e Padova. La convinzione comunque resta che la situazione possa coinvolgere l’intera attività del gruppo. Oggi intanto il presidente della Regione, Renzo Tondo, avrà un primo incontro con la proprietà. Difficile prevedere cosa ne uscirà, anche se la questione del Made in Italy si sta dimostrando un asso da giocare con forza sul tavolo delle trattative.


LA LETTERA
Al Centro per l’impiego come un turista in un museo

Mi reco al Centro per l'Impiego di Udine per aggiornare i dati inerenti alla mia posizione lavorativa: è un sacco di tempo che non ho un lavoro stabile. In attesa prima di me ci sono due giovani, un ragazzo e una ragazza, e una signora nordafricana che ha sul volto i segni di una vita non facile. Una delle impiegate del collocamento mi riconosce e mi sorride con l'aria di dire "di nuovo qua, eh?". Sta facendo delle fotocopie e nel frattempo chiacchiera un po’ con la signora di colore, che sembra conoscere bene. Le chiede se i suoi "numerosi figli" hanno trovato lavoro e la signora risponde di sì. «Eh - fa l'impiegata - la gente che come voi stranieri ha davvero bisogno è svelta e pronta ad accettare anche i lavori più umili, non come tanti italiani...» e mi lancia un'occhiata come a voler far capire che l'ultima parte della frase riguarda anche me. Quanto a lei, per fare venti fotocopie ci mette (ho voluto contarli) non meno di dieci minuti. Arriva il mio turno. Quando entro nell'ufficio, vengo ricevuto da un signore che sta spalancando la finestra lamentandosi del cattivo odore che emana da molti utenti e che, sedutosi alla scrivania, riscontra delle difficoltà nel funzionamento del computer. Non c'è stata una volta, dico una, quando sono stato al Centro per l'Impiego, che non si siano verificati dei problemi con il computer. Finalmente, l'infernale macchina si sblocca. Il funzionario inserisce rapidamente i dati. Gli spiego la mia situazione lavorativa, facendo riferimento anche al fatto che, presentatomi per dei lavori attinenti alle qualifiche che possiedo, in varie occasioni ho visto assumere del personale con competenze professionali diverse o inferiori alle mie. Il mio interlocutore che, a giudicare dalle apparenze, si direbbe un pubblico impiegato modello, mi risponde che forse non mi so "vendere" bene. Vendere? Credevo di essere una persona, non un capo di bestiame: si vede che mi sbagliavo. Va bene, fine colloquio. Quando esco, l'impiegata è di nuovo lì, a trafficare con la fotocopiatrice. Saluto e me ne vado, con l'impressione di essere stato non già un utente del Centro per l'Impiego (di chi? forse il nome è riferito all'impiego di quelli che ci lavorano) quanto piuttosto un turista in visita ad un museo. Renato Valusso Martignacco


Vittima un giovane di Torviscosa
Eroina mortale arresti e denunce

Torviscosa Due persone sono state arrestate e altre quattro denunciate dalla Squadra Mobile di Gorizia al termine di un'indagine che ha consentito di individuare gli spacciatori della dose di eroina che causò la morte di Gianluca Moro, il giovane di Torviscosa trovato morto lo scorso novembre al valico di Sant’Andrea. Qualche settimana dopo il decesso, la polizia arrestò un goriziano di 32 anni e una cervignanese di 33 per detenzione e importazione di stupefacenti. Le indagini portarono a S.Z., 23 anni, di Torviscosa, indagato per omicidio colposo, in quanto avrebbe acquistato un grammo di eroina per Moro rivolgendosi al suo abituale fornitore, uno sloveno di 37 anni che è stato arrestato nei giorni scorsi dagli investigatori sloveni, che in questi mesi si sono scambiati informazioni con i colleghi goriziani. L’indagine ha portato alla denuncia di altri due goriziani che acquistavano droga in Slovenia e al sequestro di 10 grammi di eroina e 10 di cocaina.


ISLAMICI ESPULSI
I sospetti terroristi traditi da un pacco

Un normalissimo pacco postale proveniente dall’Arabia Saudita. Segni particolari, nessuno, se si eccettuava qualche scritta in arabo. Tanto è bastato perchè gli addetti delle Poste di Pordenone allertassero la Digos. È cominciata così l’inchiesta che ha avuto come prologo il decreto di espulsione per due cittadini africani. Intanto a San Giovanni al Natisone (nella foto, la "moschea" in paese) parlano i vicini di Miri Sghaier: «Troppo viavai, non ne potevamo più».


ISTRUZIONE
Due volumi di storia e geografia alle elementari per chi vuole la didattica anche in friulano

Storia e geografia insegnata e studiata alle elementari in friulano. Ora è possibile grazie ai due pregevoli volumi didattici “Preistorie in Friûl/Preistoria in Friuli” e “La Mont furlane/La Montagna friulana” promossi dal Consorzio universitario del Friuli e dalla Regione nell’ambito dell’azione “Materiale didattico per la scuola primaria”. Presentati ieri a Udine dall’assessore regionale alla Cultura, Roberto Molinaro, e dal presidente del Consorzio, Giovanni Frau, i manuali didattici sono stati realizzati da Mauro Pascolini e Andrea Guaran (La Mont) e da Geatano Vinciguerra e Andrea Pessina (La Preistoria) e sono frutto del lavoro congiunto di docente universitari e di esperti-insegnanti delle scuole primarie e delle esperienze fatte sul campo, direttamente nelle scuole. La versione definitiva dei manuali, infatti, giunge dopo una sperimentazione cha ha coinvolto una trentina di scuole del Friuli con 2800 alunni. I materiali sono rivolti a una didattica laboratoriale, secondo le più aggiornate indicazioni metodologiche e contemplano una guida bilingue destinata agli insegnanti e una serie di schede didattico-operative (quaderni di lavoro) redatte solo in friulano per i ragazzi. Se nell’anno scolastico 2007-2008 le opzioni per la “marilenghe” hanno riguardato 28 mila alunni di 106 scuole, con una spesa di 400mila euro per la Regione, con l’anno scolastico in corso le opzioni sono aumentate a 48 mila, le scuole a 114 e la spesa a 600mila euro. «Il che significa – ha affermato Molinaro – che circa un terzo della popolazione scolastica del Friuli Venezia Giulia si riconosce nel friulano. Per questo chiediamo allo Stato più responsabilità nell’organizzazione scolastica, che va governata». I lavori soddisfano «l’esigenza sentita nelle scuole – ha detto Frau –, e fatta propria dal Consiglio d’Europa nella convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali, di disporre di materiali didattici finora mancanti volti all’uso delle lingue minoritarie come lingue per veicolare i contenuti curricolari». Il piano generale prevede la predisposizione anche de “La Collina friulana/Protostoria e storia romana in Friuli”; “La Pianura friulana/Medioevo in Friuli”; “Mare e coste/Il Friuli in età moderna e contemporanea”, allo scopo di coprire l’intero arco territoriale e storico della regione. I volumi sono ora in distribuzione nelle scuole che ne hanno fatto richiesta. A.L.

REDDITI
Ecco quanto guadagnano i nostri parlamentari

TOLMEZZO
Ciriani invita le piccole imprese ad usufruire degli aiuti di Friulia

UDINESE
Non si placano le polemiche sull’arbitraggio di Ayroldi

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Infine la prima pagina de Il Piccolo di Trieste

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REDDITI 2007 DEI PARLAMENTARI
Berlusconi il più ricco Ma Veltroni si difende grazie ai libri venduti
Tra i regionali Monai sfiora i 300 mila euro il leghista Fedriga supera appena i 30 mila

di RENATO VENDITTI
ROMA Silvio Berlusconi ha guadagnato 14,5 milioni di euro nel 2007, il reddito più alto tra quelli resi noti ieri da Camera e Senato. Ha versato per imposte 6.237.688 euro ma la sua denuncia fiscale contiene una sorpresa: nell’anno precedente, il 2006, aveva dichiarato un imponibile di 139,2 milioni di euro, il 90% in più di quello denunciato per il 2007. La seconda sorpresa è che, dopo Berlusconi, la denuncia più alta tra i parlamentari è quella di Walter Veltroni: 477,788 euro, compresi i guadagni per i diversi libri che ha scritto.Anche Dario Franceschini non è male: con 220,419 euro rappresenta il terzo reddito fra i leader politici. Antonio di Pietro viene subito dopo: 218.080 euro ma 207.419 euro accompagnano il nome di Alessandra Mussolini. Francesco Nucara, Pri, porta a casa 176.822 euro. Seguito da Massimo D’Alema, altro scrittore di successo: 171.044 euro. A scalare, tra i leader politici che guadagnano di più: Lorenzo Cesa, Udc, 144.521, Pier Ferdinando Casini 142.130.Umberto bossi 134.450, Gianfranco Rotondi (Dca) 129.542.Sorpresa finale: Gianfranco Fini, non ancora presidente della Camera, ultimo a 105.633 euro.L’attuale presidente del Senato Renato Schifani aveva nel 2007 un reddito di 159.809 euro. Hanno guadagnato di più tre suoi vicepresidenti: Emma Bonino 180.235 euro, Domenico Nania 175.273, Vannino Chiti 164.880 euro. Tra gli uomini di governo, dopo Berlusconi, c’è Giulio Tremonti, con 4 milioni 536 mila 164 euro. Una cifra ragguardevole, riferita ai guadagni del 2007, che ha avuto bisogno di una precisazione: da quando è ministro, percepisce solo i compensi previsti dalla legge. Non è appropriato associare compensi pregressi allo status di governante. Tra i «paperoni» del governo, ci sono i nomi di due sottosegretari: Gianni Letta guadagna 1 milione 154 mila 962 euro, Guido Bertolaso 1.013.822. Poi: Ignazio La Russa 490.188, Rocco Crimi 473.198. Più sotto: Brunetta, Calderoli, Maroni, Scajola, Matteoli, Bossi, Bondi, fino al guadagno zero del ministro degli Esteri Franco Frattini: ma per il 2007 le tasse le pagava a Bruxelles, dove era commissario e vicepresidente dell’Unione Europea. L’ultimo nome del governo è il leghista Maurizio Baiocchi, sottosegretario alla Presidenza del consiglio: 84.914 euro di reddito.Fra i guadagni 2007 degli attuali senatore a vita il più alto è di Carlo Azeglio ciampi, con un reddito di 750.657 euro. È al di sopra di Sergio Pininfarina, carrozziere di nome, che ha denunciato 531.360 euro. Giulio Andreotti non sta male: 522.710 euro, compresi i guadagni dei libri. Molto più in basso tutti gli altri: Oscar Luigi Scalfaro 230.106; Rita Levi Montalcini 219.639, Emilio Colombo 169.740; Francesco Cossiga 134.674 euro. Anche in questo caso, Cossiga si distingue per una singolarità: tre delle sue quattro auto sono cedute in comodato d’uso ai carabinieri che le guidano e lo proteggono.La ricchezza di Berlusconi ha suscitato molte curiosità. Ha cinque appartamenti a Milano, a parte le ville di Arcore e Macherio. Ha un’altra comproprietà immobiliare a Milano, al 50%. Ha un terreno ad Antigua, isola tropicale.Nella dichiarazione ci sono anche due auto e tre imbarcazioni da diporto. Azioni molte, non soltanto le circa 4 milioni e 300 mila Fininvest; ce ne sono più di cinque milioni della Dolledrago spa e altre a milioni in holding più o meno note. Curiosità: nella dichiarazione dei redditi spunta la miseria di 19.02 euro per apertura e chiusura, per la campagna elettorale, di un conto corrente al Monte dei Paschi di Siena.


PRIMI SEGNALI DI RIPRESA. «MA LA RECESSIONE SARÀ ANCORA LUNGA»
Varato il piano Usa, le Borse festeggiano
Pioggia di dollari contro i titoli tossici. Sui listini torna l’ottimismo, record a Milano

NEW YORK Un piano che potrà arrivare «nel corso del tempo» a 1000 miliardi di dollari e il cui obiettivo è quello di pulire i bilanci delle banche allentando le «acute pressioni» ancora esistenti sulle istituzioni finanziarie e, soprattutto, far tornare il credito a girare. Il segretario al Tesoro Timothy Geithner svela i tanto attesi dettagli della partnership pubblico-privata per l'acquisto dei titoli tossici e fa volare le Borse: in Europa Milano avanza del 5,77% (indice Standard & Poor’s), Londra del 2,86% e Parigi del 2,61%. Festeggia anche Wall Street, i cui guadagni a metà seduta sono superiori al 3,6%. Il piano elaborato da Geithner prevede che il governo federale lavori con gli investitori privati per far ripartire il mercato dei prestiti e dei titoli legati a mutui a rischio, i cosiddetti asset tossici. Il Public-Private Investment Program utilizzerà fra i 75 e i 100 miliardi di dollari del Tarp (Troubled Asset Relief Program) per dare al governo un potere di acquisto di 500 miliardi di dollari. Una cifra questa che «nel corso del tempo» - spiega Geithner - potrebbe raddoppiare e raggiungere i 1000 miliardi di dollari. «Questo aiuterà le banche a pulire i propri bilanci», aggiunge constatando come «il sistema finanziario continui a lavorare contro la ripresa economica».«Abbiamo molta fiducia nel progetto», afferma il presidente americano Barack Obama, constatando comunque come il piano «non sbloccherà il credito in una notte»: è un tassello per il rilancio ma «l'economia si trova di fronte ancora una strada molto lunga» per uscire dalla crisi.«Il sistema finanziario è ancora fragile. Con questo piano, però, ci stiamo muovendo nella giusta direzione. Siamo fiduciosi nel fatto che, in coordinamento con la Fed e la Fdic e altre rilevanti istituzioni, saremo in grado - spiega Obama - non solo di sbloccare il mercato del credito ma anche nella posizione di ridisegnare le autorità di regolamentazione che sono necessarie per prevenire che un tipo di crisi sistemica come questa si ripeta». Il piano - avverte Obama - non farà miracoli: non sbloccherà il credito in una notte. Si tratta comunque di un elemento critico in più sulla via verso la ripresa economica: «la strada che abbiamo davanti è comunque ancora lunga, abbiamo ancora molto lavoro da fare».Il progetto fonda su «tre principi di base» («massimizzare l'impatto di ogni dollaro dei contribuenti; condividere il rischio e i profitti con il settore privato; fissare il prezzo da parte del settore privato così da ridurre le probabilità che il governo paghi troppo gli asset tossici») e prevede la creazione di due meccanismi: uno per l'acquisto di prestiti e l'altro per l'acquisto di titoli legati al settore immobiliare. I due meccanismi vedranno il coinvolgimento della Fdic e della Fed, oltre a cinque o più manager privati specializzati, in grado di presentare proposte per raccogliere fondi privati. «Ci aspettiamo di incassare un certo grado di interesse da parte dei privati», spiega Geithner, precisando che senza il nuovo piano ci sarebbe stata un'ulteriore stretta creditizia attraverso il deleveraging con cui le banche riducono la propria esposizione. Pimco, il maggiore fondo azionario al mondo, ha già annunciato la propria adesione al piano, mentre Morgan Stanley lo ha valutato positivamente. «Il Public-Private Investment Program sembra innovativo e ci aspettiamo che abbia un impatto positivo sui mercati del credito». Attraendo privati il governo limiterà la propria esposizione al rischio: «Il nostro obiettivo è quello di un sistema più forte che possa fornire il credito necessario alla ripresa e che assicuri che non ci troveremo più in una crisi come questa».


I MERCATI E LA MOSSA DI OBAMA
UN LAMPO DI LUCE IN FONDO AL TUNNEL di ALFREDO RECANATESI

Del piano del ministro del Tesoro americano per riassorbire una significativa parte dei titoli tossici che inquinano gli impieghi delle banche Usa si sa ancora poco, e tuttavia i mercati finanziari gli accordano una fiducia maggiore di quella che avevano riservato agli interventi dell'amministrazione Bush. Ieri tutte le Borse mondiali sono risultate in corposo e generalizzato rialzo. Il motivo è presto detto, ed è che questo nuovo piano si basa non solo e non tanto sull'acquisto di quei titoli con fondi pubblici, ma impiega le risorse pubbliche anche per garantire gli acquisti che potranno farne intermediari privati.La differenza è sostanziale. Il piano dell'ex ministro Paulson, infatti, che si basava esclusivamente sull'acquisto di quei titoli-truffa, gravava pesantemente sulle pubbliche finanze, con conseguente rischio di una virulenta fiammata inflazionista, senza risolvere il problema con la necessaria determinazione, dal momento che l'ammontare dei titoli tossici in circolazione non è noto, ma certamente è un consistente multiplo di quei 700 miliardi che lo stesso Paulson aveva messo sul piatto.Ora, invece, mettendo a carico del bilancio federale una garanzia su quei titoli piuttosto che un loro acquisto, si determina un effetto moltiplicatore in virtù del quale il riassorbimento di questa carta altamente inquinante potrà raggiungere importi assai maggiori e con il concorso di capitali privati e, dunque, con minori rischi di inflazione.Il meccanismo si basa sul fatto che questi titoli sono tossici non perché siano carta straccia, ma perché sono di incerta valutazione comprendendo, insieme a crediti decisamente irrecuperabili, crediti che in un tempo, anch'esso indeterminato, potranno essere in tutto o in parte recuperati. C'è chi addirittura sostiene che, rispetto all'infimo valore che oggi (ammesso che ve ne fosse un mercato) potrebbero avere, c'è da guadagnarci. Ecco, allora, che il meccanismo della garanzia, unito ad acquisti pubblici e a ulteriori garanzie sul buon fine di una parte almeno dei mutui, può effettivamente sgombrare il campo dalla sfiducia sulla qualità dell'attivo delle banche che, a sua volta, induce le banche stesse a lesinare il credito con un effetto fortemente deprimente sull'intera economia. A giudicare dai rialzi di ieri, le Borse, almeno, sembrano crederlo.
Ieri, infatti, non hanno reagito solo le quotazioni delle banche, ma anche molti titoli industriali hanno messo a segno buoni recuperi. Questo dimostra che sui mercati si va consolidando la convinzione che il peggio delle prospettive sia passato. È un po' come chi va per mare: quando il tempo è cattivo basta qualche segno che escluda un ulteriore peggioramento perché si rassereni.In Italia il rialzo è stato più corposo sia per il maggior peso che notoriamente i titoli bancari hanno sul nostro listino azionario, sia per l'assurda penalizzazione che questi titoli avevano ricevuto dai colpi della speculazione al ribasso, sia infine perché valutazioni internazionali hanno confermato che le banche italiane sono mediamente più patrimonializzate di quelle degli altri maggiori Paesi.Prima che tutto questo si traduca in migliori prospettive per la cosiddetta economia reale - vale a dire l'attività produttiva, le esportazioni, l'occupazione - ce ne vorrà. I tempi cupi non sono finiti, ma qualche barlume di luce in fondo al tunnel si comincia a vedere; almeno in termini di condizioni perché, gradualmente, una ripresa possa iniziare. La prospettiva che la crisi degenerasse in una lunga e cupa depressione simile a quella degli anni '30 del secolo passato, in definitiva, sembra superata. Ancorché in ordine sparso e talvolta tardivi, gli interventi governativi a sostegno della finanza e dell'economia mondiale, con la loro inusitata imponenza, alla fine sembrano avviati a raggiungere lo scopo. Stiamo parlando, ovviamente, degli interventi di emergenza. Il riordino normativo necessario per evitare che gli eccessi della finanziarizzazione, con tutti i guai e le sofferenze sociali che possono indurre, si ripetano è un altro capitolo ed è tutto da scrivere.Alfredo Recanatesi


L’OMBRA DI AL QAEDA NELLE INTERCETTAZIONI
«Facciamo saltare la diga», il piano della Jihad
I due presunti terroristi espulsi parlavano al telefono di un attentato a Tramonti

TRIESTE Parlavano della diga di Tramonti e dicevano che l’avrebbero fatta saltare in aria, provocando in Friuli un disastro non dissimile da quello del Vajont. È questo il principale motivo per cui il ministro degli Interni Roberto Maroni ha espulso e immediatamente fatto allontanare dall’Italia due operai nordafricani, da tempo insediatisi in Friuli.


LA REGIONE RINUNCIA ALLA REVISIONE
Tondo: stop al nuovo Statuto «Specialità sotto attacco»

UDINE Il centrosinistra targato Riccardo Illy si era speso con impegno. Ma adesso il tentativo di far approvare la revisione dello Statuto Fvg tramonta. «Era un sogno non un’illusione, ma le condizioni sono decisamente cambiate: impensabili corsie preferenziali a Roma», sintetizza Ivano Strizzolo (Pd). C’è un clima ostile alle Regioni autonome. «Un attacco concentrico alla specialità», dice Renzo Tondo. «Rischiamo di entrare “speciali” e di uscire “ordinari”» dicono, con Tondo, i parlamentari del Fvg.


ACCORDO RAGGIUNTO
Garimberti presidente della Rai

ROMA Sarà Paolo Garimberti, giornalista di «Repubblica» ed ex direttore del «Tg2», il nuovo presidente Rai. Lo stallo nella partita per il consiglio di amministrazione di viale Mazzini è stato infatti superato ieri sera quando da Palazzo Chigi è arrivato il via libera alla nuova proposta avanzata dal segretario del Pd Dario Franceschini. Insieme a Paolo Garimberti, l’accordo raggiunto ieri spiana la strada anche alla nomina di Mauro Masi a direttore generale. A completare il Consiglio di amministrazione della tv pubblica manca dunque ormai solo il nome dell’ottavo consigliere che sarà indicato dal ministero dell’Economia.Si tratterà con tutta probabilità di Angelo Maria Petroni che si andrà ad aggiungere ai sette già indicati dalla commissione di Vigilanza: Giovanni Bianchi Clerici, Rodolfo De Laurentiis, Alessio Goria, Nino Rizzo Nervo, Guglielmo Rositani, Giorgio Van Straten e Antonio Verro. I nomi di Garimberti e Petroni dovranno essere indicati mercoledì prossimo alle 16 all’assemblea dei soci Rai, alla quale seguirà subito dopo una riunione del Consiglio di amministrazione per l’elezione formale del presidente. Toccherà quindi alla commissione di Vigilanza ratificare, con la maggioranza dei due terzi, il gradimento al nuovo presidente.Fra i primi a commentare l’accordo raggiunto sul nome di Garimeberti è stato il presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini al Tg1. «Mi auguro che non sia solo una ipotesi ma una notizia - ha detto Fini - perché sarebbe una bella notizia». Garimberti, sostiene infatti il presidente della Camera, «dà tutte le garanzie di professionalità ed equilibrio».Soddisfatto anche il sindacato dei giornalisti Rai. «Se è vero che l’accordo è stato raggiunto sul prestigioso nome di Paolo Garimberti - anticipa Carlo Verna segretario dell’Usigrai - domani stesso (oggi, ndr) revocheremo lo sciopero fissato per il 31 marzo contro la persistente paralisi della governance Rai». Pur nelle prerogative limitate che la legge assegna al presidente, aggiunge infatti Verna, la soluzione «va accolta con soddisfazione».Paolo Galimberti è è un giornalista di lungo corso, esperto di politica interna ed internazionale, capace come pochi di passare dalla carta stampata alla tv. Sul fronte televisivo ha collaborato prima con le reti Fininvest realizzando il settimanale «Monitor» e poi con il Tg3 e la terza rete della Rai. Attualmente oltre a collaborare con il quotidiano diretto da Ezio Mauro conduce anche i talk-show di Repubblica Radiotv.


Quattro coltellate per un piccolo prestito
Nuovi particolari sul delitto di via Lorenzetti. E un’ipotesi sul movente: denaro negato

di CLAUDIO ERNÈ
La lama del coltello impugnato da Marino Papo, 68 anni, è entrata più volte nel collo del fratello Giorgio, di due anni più anziano. Almeno tre, forse anche quattro volte l’acciaio è penetrato nella carne viva e un colpo ha reciso la vena giugulare, provocando una devastante emorragia che ha ucciso in un paio di minuti l’anziano operaio dei cantieri navali.Un responso definitivo sulle modalità dell’omicidio e sul numero delle coltellate che sono state complessivamente inferte in rapidissima sequenza, verrà solo dall’autopsia che il medico legale Fulvio Costantinides effettuerà domani nella sala settoria del camposanto di Sant’Anna. L’incarico gli è stato conferito ieri mattina dal pm Pietro Montrone, il magistrato che assieme agli investigatori della Squadra mobile sta cercando di far luce su tutti gli aspetti dell’omicidio di via Lorenzetti. Un caso già risolto per quanto riguarda il colpevole - «l’ho ucciso io» ha detto Marino Papo con le mani sporche di sangue - ma ancora da definire a livello di movente e soprattutto di quanto è accaduto tra sabato sera e domenica mattina alle 7.15, l’ora dell’omicidio.Il racconto che Marino Papo ha fatto domenica agli inquirenti, riuniti attorno a lui in una stanzetta della Questura, non solo è lacunoso ma anche contraddittorio. «Ho dormito nell'appartamento di mio fratello, in via Lorenzetti. Mi ero incontrato con lui sabato sera e non siamo più usciti di casa» ha affermato l'assassino in un breve momento di apparente lucidità mentale. Questo dettaglio, si infrange però sulla testimonianze di alcuni abitanti dello stesso stabile che hanno sentito alle 5.10 del mattino dei forti colpi, inferti sulla porta d’ingresso dell’appartamento in cui viveva Giorgio Papo. Finora queste testimonianze erano state interpretate come la prova certa dell’arrivo del fratello, svegliatosi anzitempo e uscito poco prima delle 5 del mattino nel suo alloggio di via Baiamonti 29.Ora lo scenario subisce una mutazione profonda perché se il racconto dell’assassino- «ho dormito a casa di mio fratello»- dovesse essere preso per buono, i colpi inferti alla porta d’ingresso potrebbero aver tutt’altro significato e direzione opposta a quella accreditata finora. Forse Giorgio Papo voleva richiamare l’attenzione dei vicini, chiedere aiuto, battendo sull’uscio dall’interno. Forse aveva intuito in qualche modo ciò che il fratello avrebbe fatto a suo danno due ore più tardi.Certo è che Marino Papo - negli ultimi vent’anni seguito costantemente dal medico neurologo Rodolfo Antonello ma del tutto sconosciuto ai servizi psichiatrici - ha anche fornito agli agenti due versioni diverse e inconciliabili sul modo in cui ha raggiunto via Lorenzetti, Prima ha citato il suo motorino, poi ha detto di essere andato a piedi.Per fare chiarezza su questi aspetti non secondari, il pm Pietro Montrone interrogherà nei prossimi giorni l’ex operaio della Ferriera di Servola rinchiuso da domenica nel carcere del Coroneo con l’accusa di omicidio volontario aggravato; un reato in astratto punibile anche con l’ergastolo. Ieri il magistrato inquirente ha ritenuto opportuno attendere altre 24 ore che l’arrestato ricominci a ricordare e superi lo shock che lo attanaglia da domenica mattina. «Non so, non ricordo». Cosa sia accaduto nell’appartamento al pianterreno può dirlo solo lui. Ovviamente non ci sono telecamere, nessuno ha visto o sentito alcunchè tranne i colpi alla porta inferti alle 5.10 e l’aggressione fulminea delle 7.15 avvenuta tra la soglia di casa e il pianerottolo. Dove l’assassino ha passato la notte, per quante ore ha parlato col fratello in via Lornezetti, quale è stato l’oggetto della loro conversazione, tutto questo è ancora mistero. E soprattutto perché ha colpito vigliaccamente e all’improvviso, quasi in un delirio di morte, per tre quattro volte?


Il sogno inquieto di ”Via Pola” dopo 20 anni arriva in libreria di ALESSANDRO MEZZENA LONA

Per più di vent’anni la traduzione di ”Via Pola” è rimasta chiusa in un armadio. A casa di Ljiljana Avirovic, che nel libro di Dragan Velikic ha creduto subito. E nonostante l’indifferenza di tanti, lei, che ha il merito di aver fatto conoscere grandi autori come Miljenko Jergovic ai lettori italiani, come Claudio Magris a quelli croati, non si è arresa. Fino a quando ha trovato un editore disposto a scommettere sul romanzo dello scrittore che fa l’ambasciatore serbo a Vienna. E che è sempre stato in rotta di collisione con il regime di Slobodan Milosevic.Così adesso, a distanza di 21 anni, finalmente ”Via Pola” arriva nelle librerie. Lo distribuirà, da domani, l’editore Zandonai (pagg. 151, euro 15) di Rovereto, che dimostra un particolare interesse soprattutto per le nuove voci della letteratura serba, croata, slovena e più in generale dell’area balcanica. A firmare la traduzione, ovviamente, è Lijljana Avirovic, mentre la prefazione è di Claudio Magris.Il libro di Dragan Velikic appare, secondo le parole di Magris, come «una discesa nei gorghi di quella storia stratificata, spesso intrisa di grumi di sangue rappreso - versato per secoli di violenze - e di follia, di mali oscuri». Ma, soprattutto, costringe il lettore a lasciare in un angolino le sue certezze, ad avventurarsi in una navigazione a vista, dove il profilo della terraferma è soltanto una lontanissima fata morgana. Un miraggio che si ripresenta e si dissolve via via che scorrono le pagine.Convinto che «l’arte non è un obiettivo ma un processo», Velikic, nato a Belgrado nel 1953, è vissuto a lungo da bambino nella città istriana di Pola. Autore di numerosi romanzi e racconti, è praticamente sconosciuto al lettore italiano, se si esclude quel suo testo intitolato ”Belgrado” che Nicole Janigro ha inserito nell’antologia di scrittori serbi da lei curata, intitolata ”Casablanca serba” e pubblicata da Feltrinelli nel 2003.”Via Pola” parte da un approdo preciso, concreto: la carta d’identità di Bruno Gašparini. Un medico specialista, uno psichiatra di Pola. Un tipo di cui si conosce il nome del padre, il segno zodiacale, il gruppo sanguigno, il tipo di donna che preferisce, perfino il colore che più gli piace. Eppure quell’uomo, che ci appare così definito, così concreto, finisce per sgusciarci presto tra le mani. Per perdersi. Il suo equilibrio psichico si incrina e lui diventa prigioniero del caleidoscopio di storie, di deliri e di intrecci che si sommano proprio in quella città.Per accostarsi a Bruno «il momento più favorevole è l’attimo prima dell’alba, quando il sonno è profondo e il ponte abbastanza resistente». L’avvertimento di Velikic è preciso. Per capire questo libro, per lasciarsi affascinare dal suo girovagare joyciano tra le voci e i sogni, tra i destini e i pettegolezzi, tra gli amori e i disamori, bisogna essere pronti a lasciarsi trascinare dentro un vortice onirico eppure concretissimo. Dove, dietro ogni nome, si nasconde un altro nome. Dietro ogni ammiccamento, ogni riferimento, ogni mascheramento, si cela un riferimento preciso.Il padrone dei sogni, in ”Via Pola”, non concede a Bruno, allo psichiatra abituato a scrutare dentro il cervello, dentro l’anima degli altri, di tracciare un confine netto tra il mondo onirico e la realtà. Finisce così che Gašparini galleggia in un presente che, dentro di sé, accoglie il ricordo del passato e l’ansia del futuro. Dove Pola racconta la caccia agli italiani, la fuga dall’Istria, ma anche il tempo del regime comunista, il terrore di finire nell’Isola d’oro, a Goli Otok, da cui pochissimi facevano ritorno. Dove si può ricordare che l’arcipelago di Brioni, prima che diventasse uno dei palcoscenici dorati dei rituali titini, era dominato dalle paludi e dalla malaria. Nessuno era pronto a investire i suoi soldi lì, a scommettere su quel futuro paradiso terrestre.Come uno spirito guida, come un’ombra che cela il suo volto e lo rivela soltanto per allusioni, per indizi, sul romanzo di Velikic giganteggia il ricordo di James Joyce. Quello Zois che ha saputo scardinare i rituali della letteratura scrivendo ”Ulisse”, ”Finnegans Wake”. Rinunciando alla certezza di una sintassi precisa, di un fantasticare delimitato da confini certi. Quello Zois che scriveva, quando era capitato a vivere a Pola: «Odio questo paese cattolico dalle mille razze e dalle mille lingue, sul quale spadroneggia il casato più corrotto d’Europa». Eppure proprio lui, con il suo inquieto girovagare, avrebbe tracciato sulla carta geografica l’itinerario che Velikic definisce «per gente dall’animo sensibile». Da Dublino a Pola, via Zurigo e Trieste («un calderone in cui si cuoce carne di tutti i tipi»). Transito per nomadi senza meta.»Dal destino non ci possiamo salvare», conviene Bruno tra sé e sé, mentre i sogni si sovrappongono al delirio. E quando i commerci carnali sempre estremi, sempre affrettati, non bastano più, quando il ricordo delle ore vissute intensamente lascia soltanto uno strascico di ricordi (come quello della Serenissima Repubblica di Venezia che dopo ogni epidemia di peste iniettava nel corpo di Pola, la città devastata più volte dai cavalieri dell’apocalisse, la città in via di dissoluzione, «il fresco sangue dei morlacchi che con il tempo si annacqua nell’aria malarica delle pozzanghere»), allora riprendono forma i fantasmi di certi ingombranti antenati. Di Casanova, giunto a bordo della diligenza da Orsera. Di Ivan Cankar che, accusando il vino di essere ”debole” e le ragazze ”sciamannate”, sospirava: «Qui mi annoio molto». Di Stendhal, che annotava gli aspetti più prosaici: «Non esisteva l’illuminazione stradale e il letame era così alto da non poterci passare senza gli stivali».In questo maesltrom di voci, di storie, di confessioni che i pazienti regalano a Bruno nel vecchio palazzo Orlando, diventato manicomio, lo psichiatra finisce per smarrire il senso del tempo e dello spazio. E si ritrova calato nei panni di un nomade che, pur senza muoversi da casa, riesce a scalare il muro che lo separa dagli orrori della Storia, dalle catastrofi che hanno segnato il divenire dell’uomo. Dall’oscuro richiamo delle ideologuie, delle passioni, delle illusioni rivoluzionarie.Sotto gli occhi del lettore, ”Via Pola” perde piano piano i connotati del romanzo. E diventa un flusso di coscienza, un incantesimo capace di intrecciare il nostro destino con quello di chi ci ha preceduto. Un pauroso, fascinoso viaggio nella vertigine.


Quella piccola Atlantide a pochi metri dalle Rive di PIETRO SPIRITO

Un parco subacqueo di quasi 2mila metri quadrati a ridosso della Diga vecchia con un allestimento che, a dieci metri di profondità, riproduce i resti della mitica Atlantide. Una specie di Disneyland sottomarina dove turisti muniti di appositi scafandri possono passeggiare, visitare le vestigia finto-antiche, intrattenersi in una camera di stazionamento subacquea dove si può respirare liberamente all’asciutto. È il sogno, anzi il progetto, di Gianfranco Bernardi, appassionato sommozzatore, presidente dell’associazione Atlantis Mouxoum, artista fuori dagli schemi noto per le sue mostre e installazioni sommerse di dipinti, nonché titolare dell’omonima ditta specializzata in fuochi artificiali. Figura decisamente pirotecnica, in una città dalle mille idee pochissime delle quali vengono realizzate, Bernardi ha messo a punto nei dettagli una proposta che sarà presentata pubblicamente martedì 31 marzo, alle 11, al Circolo della stampa. Si tratta appunto del Progetto Atlantis, la realizzazione di un Sub Water Front cittadino con una serie di strade ed edifici sommersi che riproducono suggestive rovine spalmate su due ettari di fondale all’estremità nord-ovest della diga del Porto Vecchio, in un’area esclusa alla navigazione e senza alcun impatto ambientale viste le caratteristiche del fondo marino in quel punto (una distesa di sabbia). Costo complessivo del progetto, due milioni di euro, ma, assicura Bernardi, «per iniziare ne bastano 6-700mila, e la struttura potrebbe essere già utilizzata».Secondo i piani e qualche previsione a braccio l’Atlantide triestina potrebbe portare fino a 15mila turisti l’anno, fidando su un sistema di immersione adatto a chiunque, persino ai disabili, già in uso in diversi centri subacquei di tutto il mondo, soprattutto nei mari caldi. Si tratta, spiega Bernardi, di speciali scafandri collegati a una centralina di distribuzione dell’aria e controllo che riproducono un sistema ideato già nel 1800 e adesso perfezionato, scafandri «che consentono a chiunque di camminare sul fondo marino senza alcuna capacità o abilità fisica particolare». «Tutto quello che serve - continua l’ideatore di Atlantis - è un costume da bagno, anche se, visto che le acque del golfo sono decisamente più fredde di quelle tropicali, saranno fornite anche una muta leggera e apposite scarpette». Costo previsto per l’impianto: 480mila euro.Va detto che anche la visibilità, soprattutto in quel tratto di mare antistante la diga, non è delle migliori, e anzi è spesso molto scarsa. Ma per Bernardi questo non è un problema: «Così durante la visita si potranno scoprire le rovine un po’ alla volta, c’è più mistero, quindi più fascino». Va da sè che è previsto anche un impianto di illuminazione per le immersioni notturne, dal costo preventivato di 85mila euro.Le strutture architettoniche Atlantis sarebbero costituite da mura, strade lastricate, piccoli edifici in pietra dalle forme vagamente azteche, con al centro un edificio denominato ”Fulcrum”, «che - spiega l’ideatore del progetto - ha una superficie interna di 10x4 metri e permette a una dozzina di acquanauti di restare al suo interno senza gli apparecchi autorespiratori, con l’acqua che arriva al massimo alle ginocchia». La struttura, aggiunge Bernardi, potrebbe anche servire alla ricerca e agli studi iperbarici, «e in questo senso abbiamo già avuto contatti con alcuni istituti scientifici». Per quanto riguarda la gestione, tutte le ipotesi sono aperte: «A noi interessa che la piccola Atlantide diventi realtà, per amore della città e del suo mare».Le solite fantasie velleitare? Per Bernardi, che ha già effettuato sopralluoghi sul fondo e ha studiato nei particolari sia i materiali da utilizzare che i problemi idrostatici e geologici, si tratta «di un’opportunità che potrebbe diventare un potentissimo motore per Trieste, le sue attività turistiche, subacquee e la sua economia».Per realizzare l’Atlantide triestina Bernardi intende coinvolgere enti locali e relativi maggiorenti, primi fra tutti l’assessore comunale Franco Bandelli e il presidente della Camera di commercio Antonio Paoletti, il cui sogno di un Parco del mare sembra sposarsi molto bene con il sogno di Bernardi. In quanto ai costi, il preventivo indica un totale di 2.600.000 euro, la cui descrizione delle entrate parla di 200mila euro di ”risorse proprie”, 200mila da sponsor privati, altri 200mila dalla Camera di commercio, 500mila dagli istituti bancari, altre 500mila dalla Fondazione CRTrieste, un milione dalla Regione.«Ma è una spesa nel tempo, e per cominciare - mette le mani avanti Bernardi - basterebbero 700mila euro per un primo lotto già fruibile dai turisti». «La nostra piccola Atlantide - continua - sarebbe facilmente raggiungibile da piazza dell’Unità, e il costo di una singola immersione non dovrebbe superare i 30 euro, che non è molto per un’esperienza da fiaba come in un racconto di Giulio Verne...».

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LA CRISI COLPISCE ANCHE L’AERONAUTICA MILITARE
Le Frecce Tricolori disertano Grado e Trieste

GRADO Niente Air Show, o meglio niente esibizione delle Frecce Tricolori, né a Grado e nemmeno a Trieste ma solamente a Lignano. Quello che era divenuto ormai un classico dell’estate quest’anno non ci sarà a causa delle ristrettezze economiche che evidentemente coinvolgono anche il mondo dell’Aeronautica Militare. Nell’elenco delle manifestazioni alle quali interveniva sempre la Pattuglia Acrobatica Nazionale (Pan), Grado che era ormai divenuta una tappa fissa assieme a Lignano e a Iesolo, oggi non c’è più. E dal programma scompare anche Trieste.


«Aids e profilattici, il Papa è stato irriso e offeso»

ROMA I vescovi italiani si stringono intorno al Papa, da mesi bersaglio di critiche sempre più aspre anche da parte di media ed esponenti politici e di governo, attribuendone il vero motivo al «secolarismo» dilagante e lanciando un avvertimento: «Non accetteremo che il Papa, sui media o altrove, venga irriso o offeso».Sono queste le parole, durissime, emerse con maggior forza dal discorso fatto oggi dal presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco, in apertura di un Consiglio permanente che nelle attese avrebbe dovuto concentrarsi sui problemi delle famiglie colpite dalla crisi. Di questo, e degli interventi di sostegno che la Chiesa sta mettendo a punto, si parlerà nei prossimi giorni, mentre di fronte alle critiche al Pontefice, «prolungate oltre ogni buon senso», dall'Italia ma soprattutto all'estero, la cosa più urgente - ha affermato il porporato - è la difesa «del nostro amatissimo Papa».Prima le polemiche sui lefebvriani, poi quelle sui preservativi, e su quest'ultima questione, scoppiata a viaggio in Africa appena iniziato, hanno avuto da ridire non solo gruppi estremisti come quelli che manifestavano ieri a Parigi davanti a Notre Dame, ma anche politici ed esponenti di governo europei. Così la Cei, che all'ultimo Consiglio permanente, svolto a pochi giorni dallo scoppio del caso lefebvriani-Williamson aveva già levato con decisione gli scudi sul Papa, si erge oggi con forza ancor maggiore per rispedire al mittente la polemica che ha rischiato di oscurare il senso del viaggio africano di Ratzinger.«Una polemica che non aveva ragion d'essere» - ha detto Bagnasco - «se non fosse stato per l'insistenza pregiudiziale delle agenzie internazionali, e per le dichiarazioni di alcuni esponenti politici europei o di organismi sovranazionali, cioè di quella classe che per ruolo e responsabilità non dovrebbe essere superficiale nelle analisi nè precipitosa nei giudizi». Una bacchettata rivolta soprattutto a Francia, Germania e Commissione europea, accusate di essere andate oltre «un libero dissenso», giungendo fino ad un «ostracismo che esula dagli stessi canoni laici». «Irrisione», volgarita« lanciate contro il Pontefice mentre autorevoli fonti attive sul campo nella lotta contro l'Aids confermavano la sua visione sul contrasto all'epidemia. Una tragedia sulla quale - ha osservato la Cei - dovrebbero piuttosto essere i governi «a mantenere i propri impegni, al di là della demagogia e di logiche di controllo neo-colonialista».Il card.Bagnasco torna poi anche sulla vicenda dei lefebvriani e, pur affermando di non voler tornare «sulle accusa maldestre rivolte con troppa noncuranza al Santo Padre» elogia la lettera del pontefice ai vescovi del mondo sottolineando come questa abbia fatto emergere «certe discutibili e ricorrenti prassi ecclesiali» e, per contro, da parte del Pontefice «il candore di chi non ha nulla da nascondere circa le proprie reali intenzioni» e «la coerenza di una vita vissuta unicamente al servizio più trasparente alla Chiesa di Cristo».Alla radice delle contestazioni contro il Papa, il presidente della Cei vede, tuttavia, non tanto responsabilità individuali quanto «la cifra più marcata del nostro tempo qual è il secolarismo» rispetto al quale siamo, a suo giudizio, ad uno «spartiacque»: non lo scontro di civiltà, o di religioni, paventato in passato ma una insanabile dicotomia tra due modi di intendere la ragione e con essa l'uomo e la società.

Il progetto
Un parco subacqueo di 2mila metri

Cultura
Tradotto il capolavoro dello scrittore-ambasciatore serbo

L’IRA DEI VESCOVI: NEL MIRINO I MEDIA

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