"SFUEI DAL FRIÛL LIBAR - IL GIORNALE DEL FRIULI LIBERO". INDIRIZZO INTERNET http://www.ilgiornaledelfriuli.net EDIZIONE ON LINE DELLA TESTATA ISCRITTA COME GIORNALE QUOTIDIANO ON LINE, A STAMPA, RADIOFONICO E TELEVISIVO NEL REGISTRO DEL TRIBUNALE DI UDINE IN DATA 8 APRILE 2009 AL N. 9/2009. Si pubblica dal 25 novembre 2008. Proprietario: Alberto di Caporiacco. Direttore responsabile: Alberto di Caporiacco. Sede di rappresentanza in Udine, piazza S. Giacomo 11/16, 2. piano.

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martedì 7 aprile 2009

RASSEGNA STAMPA: MESSAGGERO VENETO, IL GAZZETTINO, IL PICCOLO

Cominciamo con la prima pagina del Messaggero Veneto

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L’emergenza sfollati aggravata dal maltempo.
Il governo stanzia 30 milioni e proclama il lutto nazionale
Abruzzo devastato dal sisma
Colpita la zona dell’Aquila. Distrutti interi paesi: oltre 150 morti, centomila i senzatetto
Friuli in prima fila nei soccorsi. E in regione scatta la gara di solidarietà

L’AQUILA. La maledizione del terremoto è arrivata in piena notte, alle 3.32. Epicentro a 5 chilometri di profondità e a pochi chilometri dal centro dell’Aquila. Un sisma che ha sprigionato la sua violenza inaudita contro centinaia di migliaia di persone che ancora dormivano, radendo al suolo decine di migliaia di case, infrastrutture, monumenti, edifici storici, ospedali, università. Il bilancio è di 150 morti finora accertati, oltre 2.000 i feriti, centomila le persone che hanno dovuto abbandonare le case inagibili. Poi, nel tardo pomeriggio, a complicare le cose una violenta grandinata e un acquazzone si sono abbattuti sulla zona colpita dal sisma. Il governo ha proclamato lo stato di emergenza nazionale e ha stanziato 30 milioni come primo intervento. Altri fondi strutturali saranno stanziati quando sarà più chiara l’entità dei danni. Il sisma ha distrutto interi paesi abruzzesi e messo fuori uso scuole, strade, linee telefoniche, condotte d’acqua. Il Friuli Venezia Giulia è in prima fila nei soccorsi e in regione è scattata subito la gara di solidarietà.


Comune, gettone di presenza devoluto ai terremotati

UDINE. Il Friuli si mobilita per soccorrere l’Abruzzo devastato dal sisma. In prima linea la Protezione civile e i Vigili del fuoco, subito partiti verso le zone disastrate. Ma la solidarietà si esprime anche attraverso altre forme, come quella scelta dai consiglieri comunali udinesi, che hanno devoluto ai terremotati il loro gettone di presenza.


Friuli Cresce la mobilitazione. I lavoratori: non ce la facciamo più
Crisi, la protesta scende in piazza
Giovedì sfilano Caffaro e Safilo, venerdì tocca all’Abs

UDINE. Cresce la mobilitazione nelle aziende friulane più colpite dalla crisi. I dipendenti di Safilo e Caffaro sfileranno assieme in una manifestazione che giovedì mattina attraverserà tutto il centro di Udine. La decisione è stata presa ieri dai sindacati provinciali di categoria Filcem-Cgil, Femca-Cisl e Ulicem-Uil e da Cgil, Cisl e Uil del comprensorio udinese e della Bassa friulana. Venerdì toccherà agli operai dell’Abs, che protesteranno dinanzi alla Danieli.


AIUTIAMOLI Sottoscrizione del Messaggero Veneto

UDINE. Filo diretto tra Friuli e l’Abruzzo sotto il segno della solidarietà, con gli alpini e il nostro giornale come garanti. Il MessaggeroVeneto lancia una sottoscrizione tra i lettori a favore delle popolazioni colpite dal terremoto e le penne nere dell’Ana di Udine, con i suoi 120 gruppi, si metteranno immediatamente in contatto con le sezioni abruzzesi per stabilire dove destinare le somme raccolte. E’ stato così costituito il comitato “Il Friuli per l’Abruzzo”. Domani saranno attivi i numeri di conto corrente per i versamenti.
«Noi siamo certi che il Friuli risponderà alla grande – annuncia Dante Soravito de Franceschi, presidente della sezione Ana udinese che vanta quasi 12 mila soci –. D’altra parte, quando siamo stati noi ad aver avuto bisogno, tantissima gente si è mossa. Ora abbiamo l’occasione per ricambiare quanto ricevuto».Friuli e Abruzzo, fra l’altro, sono legati da un forte vincolo di solidarietà che vede protagoniste proprio le penne nere. «Il battaglione L’Aquila – sottolinea Soravito – un tempo era parte dell’Ottavo reggimento della Julia ed era di stanza a Tarvisio. I vecchi alpini abruzzesi amano molto il Friuli, dove hanno fatto il servizio militare, e sono poi accorsi in massa, nel ’76, per dare una mano alla ricostruzione. Ma non solo, anche in altre occasioni non hanno mancato di dimostrare la loro vicinanza e amicizia con la nostra gente».Così, ora, di fronte alla tragedia che ha colpito L’Aquila, questo legame può intensificarsi ulteriormente. Messaggero Veneto e Ana di Udine hanno dato vita al comitato “Il Friuli per l’Abruzzo” che fa leva sulla sensibilità dei lettori per raccogliere fondi. Domani saranno resi noti gli estremi del numero di conto corrente su cui versare i fondi. Ogni giorno, poi, il giornale darà conto della somma raccolta completa con l’elenco dei nomi dei donatori (ma chi intende restare anonimo o rendere note soltanto le sue iniziali lo potrà fare benissimo). Nel recente passato, iniziative di questo tipo avviate dal giornale hanno sempre avuto un esito superiore alle attese, basti ricordare la grande corsa solidarietà per l’alluvione in Piemonte, poi, nel 2003 per quella della Valcanale e, un anno e mezzo fa, la sottoscrizione per l’apertura di un centro di cure palliative all’ospedale Santa Maria della Misericordia: la richiesta della Lega per la lotta ai tumori era stata di 80 mila euro, ne sono stati raccolti 137 mila.Proprio ieri sera, intanto, nella sede dell’associazione alpini di Udine, Soravito ha convocato d’urgenza una riunione con i gruppi giovanili e alcuni consiglieri per decidere come muoversi sia rispetto a una sottoscrizione interna ai vari gruppi, sia per l’iniziativa “Il Friuli per l’Abruzzo” promossa dal Messaggero. (p.l.)


Il preside friulano del convitto raso al suolo: ho perso 2 ragazzi, un incubo come nel ’76

di DOMENICO PECILE
UDINE. Un destino crudele, beffardo, micidiale. Il 6 maggio del ’76, studente diciannovenne, si trovava nel convitto di Cividale; l’altra notte, in quello nazionale dell’Aquila Domenico Cotugno dove sono morti due ragazzi, 1 risulta disperso e tre sono feriti gravi. Livio Bearzi, udinese, 52 anni, di quel convitto da quattro anni è il preside.
Un boato, quasi un’esplosione. E poi il letto che tremava, gli scricchiolii, la sensazione che qualcuno “strappasse” il muro. E urla, urla di terrore ovattate dal boato di fondo, che arrivavano dai piani di sopra. Livio Bearzi si è svegliato così: «Ho avuto più paura che nel ’76. Quella sera – racconta al telefono con la voce rotta dall’emozione – ero sveglio e avevo soltanto diciannove anni e l'incoscienza dell'età. Adesso no, sono marito e padre. Ho responsabilità. E poi sapevo che nei tre piani sopra il c’erano trenta dei sessanta ragazzi che normalmente il convitto ospita e di cui sono il preside». Tutto avviene in fretta, con una serie di automatismi dettati dalla paura e dall’istinto di sopravvivenza e in una sequenza iper-accelerata.L’uomo si accerta che sua moglie Simonetta Tomasetig stia bene. Poi il pensiero corre dritto ai figli che dormono nella stanca accanto, sempre lì, al primo piano. I genitori incontrano Andrea ed Elisabetta, 13 e 8 anni, in corridoio: si abbracciano, si baciano. Sono assieme da appena quattro giorni. La moglie e i figli vivono ancora a Barcellona dove pure Livio Bearzi risiedeva per motivi di lavoro. Poi si era dovuto trasferire a L'Aquila. Ma di Barcellona è ancora il presidente del locale Fogolâr furlan. Il terzo figlio è rimasto a Cividale, nello stesso convitto che frequentò il padre. Si chiama Enrico e ha 17 anni. Ha saputo del terremoto soltanto quando i genitori gli hanno telefonato per rassicurarlo che tutto andava bene.Padre, madre e i due figli sono lì, nel corridoio. E’ tutto ok, per adesso. Buio pesto e un silenzio rotto soltanto dalle richieste di aiuto che provengono dai piani superiori. «Ci siamo precipitati lungo le scale, ma abbiamo capito subito quello che era accaduto – dichiara l'uomo –. C’erano pezzi interi di edificio crollati. A quel punto ho preso la decisione di mettere in salvo i miei familiari. Siamo ridiscesi e siamo usciti in strada. Si intravedeva tra le tenebre che il terremoto aveva sfregiato la città, colpendola mortalmente. Mi sono procurato una torcia elettrica e sono risalitio fin dove potevo. Alcuni ragazzi stavano scendendo, gli occhi sbarrati dalla paura. Alcuni piangevano, altri gridavano, altri ancora erano sporchi per i calcinacci. Abbiamo fatto un piccolo “inventario” per capire se tutti erano riusciti a mettersi in salvo. Ma purtroppo all’appello ne mancavano nove».Nel frattempo, nella scuola sopraggiungono i primi soccorsi. Fuori, la città è quasi surreale, si avverte che ha subito la tragedia. Voci, tante voci. Gente che si chiama, che si cerca. Richieste di aiuto. Urla disperate. E le prime sirene di carabinieri e vigili del fuoco. I ventuno dei trenta ragazzi della scuola superiore si sono già messi in salvo, si abbracciano, ma sono terrorizzati per la sorte dei loro colleghi. «Cerchiamoli, cerchiamoli», ripetono...».Soltanto poco più tardi il bilancio si manifesterà in tutta la sue crudeltà: due di loro risultano deceduti, una schiacciata da un termosifone piombatole addosso dal piano superiore e l’altro da una trave di cemento. Tre sono feriti in maniera molto, molto seria. «Per uno – afferma al telefono con un filo di voce il preside del Convitto – ci siamo arresi». Ieri, in serata, risultava ancora disperso, ma le speranze di ritrovarlo in vita erano davvero flebili. «Sì – conferma Livio Bearzi – ci siamo quasi rassegnati, l’edificio è stato scandagliato, ma nella zona dove lui dormiva – si tratta di un ragazzo della repubblica ceca – è crollato tutto e tutto lì assoluto silenzio. Cosa farò adesso? Non lo so, una cosa per volta. L'insegnamento del Friuli terremotato mi farà sicuramente da guida. Per ora devo organizzare la notte, sperando che tutti noi possiamo riposare almeno qualche ora».


Brollo: ci aiutarono adesso tocca a noi

UDINE. Monsignor Brollo, che per cinque anni è stato parroco della Gemona della ricostruzione e che proprio nella “capitale” del terremoto è stato consacrato vescovo, guarda con occhi doppiamente partecipi al dramma dell’Abruzzo e invita i friulani «che hanno conosciuto il valore della solidarietà» a farsi a loro volta solidali.


LA PAURA, IL CAOS, L’ORRORE
COME IN GUERRA di FERDINANDO CAMON

E’ come un bombardamento: interi edifici sono crollati abbattendosi sulle strade, sotto le strade si sono aperte voragini profonde, sul fondo delle voragini si vedono auto ribaltate, a ruote in su: erano parcheggiate in strada, sotto di loro il terreno è franato per parecchi metri; nel volo, le auto si sono capovolte.Le strade sono intasate di gente che cammina in tutte le direzioni, ma anche di anziani seduti sulle seggiole e di malati tirati fuori in fretta e furia dai reparti dell’ospedale e sistemati all’aperto. Il terremoto scatena il terrore in tutte le genti, dall’età della pietra a oggi. La natura impone le sue leggi imperscrutabili, l’uomo, inteso anche come scienza e come Stato, non ha né la forza né la conoscenza per prevenire o difendersi, può soltanto subire e rassegnarsi.Il terremoto è più maligno quando, come questo, avviene in piena notte. Se la casa trema, già non capisci niente per molti secondi quando sei sveglio, ma quando dormi il caos mentale del soprassalto dura molto di più, hai l’impressione che non finisca mai. Nei racconti di tutti coloro che se la sono cavata da un terremoto, l’apice dello spavento sta nella certezza che questa è la fine: la casa ondeggia, i muri scricchiolano, gli armadi cadono e mentre la tua paura cresce anche la fine del mondo cresce. Lo spavento crea la paralisi. La paralisi dura parecchi secondi, qui qualcuno dei sopravvissuti li ha contati, fra 10 e 25. Dopo la paralisi scatta la fuga e qui viene un altro spavento: scappando sbatti sui muri o sulla porta, perché muri e porta si spostano, nell’appartamento ti senti in trappola. Qui in Italia abbiamo terremoti ogni tanto e sono drammatici perché grandissima parte delle costruzioni non ne tiene conto, non sono antisismiche. Basta guardare le rovine degli edifici crollati: sono sbriciolati. C’è una città del mondo in cui i terremoti sono frequentissimi, circa duemila l’anno, in gran parte piccole millimetriche vibrazioni che il sistema nervoso degli abitanti non percepisce più, ma ogni tanto viene qualche mega-terremoto che fa urlare uomini e animali. L’ultimo è avvenuto una decina di anni fa. Purtroppo ero là, perché ho un figlio a Los Angeles. L’appartamento era al quarto piano, quindi non alto, aveva un lungo corridoio che bisognava attraversare per uscire da una porta. Ognuno di noi inquilini correndo sbatteva contro gli stipiti della porta, perché la porta si spostava a destra e a sinistra di 20-30 centimetri. Il terremoto scatena il panico perché lo viviamo come un rovesciamento delle leggi della fisica. Se la cosa che consideri stabile per principio, la terra, balla sotto di te, tu sei perduto. La perdizione ti paralizza il cervello, per alcuni secondi non ragioni. Ero in un albergo del Friuli quando si scatenò il terremoto, ero curvo su un lavandino, mi stavo lavando. Il lavandino, assurdamente, fece tre salti verso di me e mi sferrò tre pugni sulla pancia. Sbalordito, mi domandai: «Perché il lavandino salta?». Subito dopo sentii un trepestio di piedi che correvano giù per le scale e capii. Probabilmente (lo pensano anche altri) gli animali lo capiscono prima degli uomini e infatti i cani si mettono a uggiolare: dal Friuli all’Emilia-Romagna quelli che han sentito le scosse di avvertimento, cinque ore prima dei grandi crolli dell’Aquila, dicono che i cani guaiolavano. Ma non siamo mai (grave errore) in stato di allarme verso la natura, pensiamo di averla domata e che ormai sia benigna, non possa farci del male. Invece quando si scatena si comporta come in guerra. Anche peggio. È un nemico infido, viene senza preavviso, di notte, colpisce i più deboli, malati e bambini negli ospedali, e dopo il primo colpo continua a sferrare altri colpi, aspettando che i soccorritori siano arrivati sul posto, per travolgere anche quelli. È questo che spiega l’alto numero di morti e di feriti qui all’Aquila. Perciò il terremoto è una lezione che rende più umile, più docile, più disposta al soccorso tutta l’umanità. Fa eccezione quella piccola frangia di uomini, presenti anche qui all’Aquila, che non meritano neanche il nome di uomini e infatti si chiamano come animali: gli sciacalli.


DAI SASSI AL CEMENTO ARMATO
UN PAESE FRAGILE di VITTORIO EMILIANI

In gran parte il nostro è un paese a medio e ad alto rischio sismico, dove però – ha ragione lo scienziato Enzo Boschi – non ci si rassegna a costruire le case nuove con criteri antisismici (il cemento armato è il meno antisismico dei materiali) e a restaurare quelle vecchie o antiche con le stesse modalità, pianificando l’uso del territorio.Per tali motivi una scossa forte, ma non catastrofica, provoca danni tanto gravi e un così alto numero di vittime. I terremoti, si dice, non si possono prevedere. Però una rete di prevenzione la si può ben mettere in campo. Se è vero che i ragazzi ospitati dalla Casa dello studente dell’Aquila erano usciti per strada alla prima scossa e nessuna autorità ha saputo dar loro un consiglio utile (e sono rientrati), c’è qualcosa che non va. Come sempre, ora ci sarà una generosa gara di solidarietà. Ma, intanto, quei poveri morti non li resuscita nessuno e quei danni li pagherà, quando li pagherà, lo Stato. Senza contare il disagio per decine di migliaia di senzatetto. Il piano regionale prevede che venga loro risparmiata l’onta dei container. Per ora saranno sistemati, in parte, negli alberghi e nelle pensioni adriatiche. Ma bisognerà molto presto pensare a dar loro case e scuole prefabbricate. Per non fare sparire nel nulla intere comunità. La ricostruzione non sarà semplice. A parte il centro storico dell’Aquila che presenta costruzioni sovente di alto livello, nei centri minori le vecchie abitazioni sono per lo più di sasso.Anche stavolta paghiamo un altissimo prezzo alla nostra riluttanza a pianificare il pianificabile. Il nostro è un paese fragile, consumato, spesso dissestato da opere dell’uomo molto invasive. Penso alla migliaia di cave, sovente abusive, al flagello delle case e delle ville illegali, a strade inutili che hanno tagliato a fette le montagne, all’abbandono dei centri storici. Bando alle polemiche, dicono all’unisono Berlusconi e Bertolaso, rimbocchiamoci le maniche. D’accordo, ma allora si facciano subito piani seri di ricostruzione seguendo le migliori esperienze di zone duramente colpite dai terremoti. Il rischio maggiore è l’ulteriore sbriciolamento di identità locali e regionali invece preziose. A Venzone gli abitanti numerarono una a una le pietre cadute di case, chiese, palazzi e ricostruirono tutto com’era e dov’era.Crediamo che L’Aquila, così bella e così nobile, meriti altrettanto. Lo merita sua tradizione culturale. Oltre tutto, «è probabile che molti edifici antichi – hanno scritto Enzo Boschi e Franco Bordieri – siano stati progettati proprio per resistere alle scosse. Possono essere stati gli interventi successivi a renderli vulnerabili».Pensiamoci. Colosseo e Pantheon, perfette costruzioni antisismiche, ce lo raccontano da duemila anni.


Pozzo: non cambierei la mia Udinese con l’Inter

di MASSIMO MEROI
Giampaolo Pozzo ci crede. Il patron, nonostante la sconfitta, è rimasto “stregato” dalla prestazione dei bianconeri: «Viste all’opera le due squadre, non cambierei l’Udinese con l’Inter». Anche per questo si dice ottimista sull’esito della gara di giovedì con il Werder. Contro i tedeschi va in scena il primo atto del quarto di finale di coppa Uefa, conquistare un risultato positivo in Germania è determinante ai fini della qualificazione e Pozzo lo sa. «Per poter sfruttare il ritorno in casa, bisogna strappare un buon risultato a Brema. Dopo aver visto la squadra all’opera con l’Inter io ci credo».Pozzo, con l’Inter è stata più forte l’arrabbiatura per la sconfitta o la soddisfazione per il gioco espresso dall’Udinese?«Contro la prima della classe ci sta di perdere anche se la prestazione eccelsa sul piano del gioco meritava miglior sorte. Certo, la classifica è quello che è, ma sappiamo essere figlia di quei due mesi di buio totale».L’Udinese ha dimostrato di essere squadra nonostante molte assenze...«Questo significa che la panchina è lunga, ma evidentemente mai abbastanza. A gennaio abbiamo dato in prestito gratuito qualche giocatore che a posteriori sarebbe stato meglio tenere».Mancano otto partite alla fine del campionato. Cosa chiede alla squadra?«Saranno partite importanti perchè avremo la fotografia di come potrà funzionare questo gruppo nella prossima stagione. La classifica è mediocre visto il potenziale della squadra, qualche posizione dovremo scalarla».L’obiettivo numero uno, però, adesso è la coppa Uefa. Giovedì a Brema va in scena il primo atto del quarto di finale. Quali sono le sue sensazioni?«Sono fiducioso. La squadra contro l’Inter ha dimostrato di essere in salute. Se in Germania ripeteremo sul piano del gioco la partita con l’Inter qualcosa di buono porteremo a casa».L’allenatore dell’Inter Mourinho, ha detto che l’Udinese è la sorpresa negativa del campionato. Concorda?«La posizione di classifica è figlia di quesi due mesi di black out. Inutile tornarci sopra».Lo Special One ha anche detto che l’Udinese può vincere a brema ma che deve stare attenta al gioco aereo dei tedeschi che sono tutti altissimi...«In effetti questo è un pericolo concreto. Dovremo essere bravi a ridurre al minimo le situazioni su palla ferma».Scusi se insistiamo con il Mourinho-pensiero, ma il tecnico portoghese ha pure detto che gli piace molto Quagliarella...«Anche altri se è per questo. Ma del resto se in rosa abbiamo dodici nazionali qualcosa di buono avremo messo insieme. Comunque per principio noi non intendiamo cedere nessuno, se poi un giocatore non si sentirà più parte integrande del nostro gruppo ce lo dica e troveremo una soluzione. Se è richiesto da una delle grandi un accordo lo si trova».E dell’arbitraggio di domenica sera di Banti cosa ci dice?«Il rigore su Quagliarella non era un episodio così eclatante, però nel dubbio si fischia a favore della grande, questo è il solito andazzo. Ma per alzare la voce bisogna assistere a qualcosa di clamoroso, vedi Ayroldi a Genova».Chiudiamo con una nota lieta: Asamoah...«Più gioca e più migliora. Davvero straordinario».

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Proseguiamo con la prima pagina de Il Gazzettino, edizione Friuli

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Ieri Compagno e Peroni hanno attaccato le scelte del Ministero sulle scuole di specializzazione
Medicina, appello dei rettori
«Danni agli atenei e ai cittadini, Tondo e Kosic intervengano con Roma»

Udine Nove scuole di specializzazione in Medicina lasceranno le università del Friuli Venezia Giulia. Lo ha deciso il Miur con un decreto ministeriale del 31 marzo che fissa già per oggi i termini con cui gli atenei di tutta Italia dovranno firmare i bandi per assegnare i posti - a numero chiuso - per gli aspiranti specializzandi. I corsi di nuove aree sanitarie sono stati soppressi. O meglio, federati (questo il termine utilizzato nel decreto del Ministero) ora con l’università di Verona, ora di Padova e, in un caso, di Modena. La rapidità con cui è stata comunicata (anzi, imposta) la razionalizzazione - che non porterà ad alcuna riduzione delle spese - ha suscitato una reazione dei due rettori. Ieri mattina Cristiana Compagno e Francesco Peroni, a Udine, hanno voluto lanciare l’allarme che non riguarda solo il presente, ma rischia di avere contraccolpi anche per il futuro. «Le richieste avanzate dai due atenei basate sui fabbisogni del territorio sono state disattese - hanno detto in coro - una razionalizzazione ci può stare, ma così porterà solo a effetti negativi per le due facoltà ma anche per i cittadini di questa regione». Il timore è che il trasferimento delle scuole in Veneto ed Emilia per specialità come Urologia o Gastrentorologia conduca gradualmente a una penuria di medici che opereranno in campi dove alcune patologie sono invece ampiamente diffuse. «Ci sono alcuni atenei che vogliono opporsi ricorrendo al Tar - hanno fatto sapere i due rettori - noi preferimento innanzitutto agire con la conferenza dei Rettori e chiedere alla Regione di attivarsi politicamente per correggere gli effetti del decreto.


COMMERCIO
Domeniche aperte l’outlet di Aiello fa ricorso al Tar contro il Comune

La società proprietaria dell’outlet di Aiello, la ditta che lo gestisce e diversi negozi hanno presentato dei ricorsi al Tar per chiedere l’annullamento previa sospensiva di due provvedimenti dell’Unione dei Comuni Aiello-San Vito che riguardano la regolamentazione delle aperture


SAFILO
Un fondo di Provincia e Regione per sostenere le imprese in crisi

Dovevano essere una novantina e ieri nella mensa della Safilo c’erano quasi tutti, o di persona o con i loro delegati, i sindaci che hanno lavoratori residenti nei loro comuni. Accanto a loro i rappresentanti di provincia e Regione, ma anche i parlamentari a ribadire la loro ferma opposizione alla chiusura di Precenicco


Partecipate, in Friulia i gettoni più alti
Udine Sono i vertici di Friulia (l’amministratore delegato Federico Marescotti in primis) i più "cari" tra gli amministratori dei venti tra consorzi e società partecipate direttamente dalla Regione nel 2008. Ma anche Insiel, con gli oltre 200mila euro dell’amministratore delegato (Dino Cozzi), non scherza. L’elenco delle società partecipate è stato pubblicato sul sito ufficiale del ministero della Funzione pubblica, quello guidato da Renato Brunetta, nell’ambito dell’operazione trasparenza lanciata dal ministro. Tra le società partecipate non figurano però, ad esempio, nè Autovie Venete, nè Mediocredito, confluiti in Friulia Holding e non partecipate quindi direttamente dalla Regione.


LA LETTERA
Per trovare lavoro oggi non basta il curriculum
di Francesco Pecile (*)

Ritengo doveroso intervenire in merito alla questione sollevata dall’intervento pubblicato dal vostro quotidiano a firma del signor Renato Valusso relativamente all’operatività del Centro per l’Impiego di Udine. In un periodo di crisi occupazionale ed economica come quello che stiamo vivendo i Centri per l’Impiego diventano veri e propri termometri delle ansie, delle preoccupazioni, delle frustrazioni e delle speranze legate all’occupazione lavorativa di moltissima gente. Numerosi, infatti, sono i cittadini che in queste settimane frequentano questi uffici per trovare una risposta alle loro aspettative legate al problema del lavoro. Contrariamente a ciò che si pensa, di questi tempi non sono solo i disoccupati o i precari ad affollare quotidianamente gli uffici: vi sono anche persone che, per la critica situazione familiare o le condizioni delle aziende in cui sono impiegati, sono alla ricerca di opportunità di lavoro alternative. A tutte queste categorie di soggetti, diverse tra loro per la propria situazione personale, i Centri per l’Impiego devono fornire una risposta, una risposta che si vorrebbe (da parte di tutti, in particolare degli stessi operatori) sempre soddisfacente per l’utente e che, nella pratica, si dovrebbe tradurre in un’occupazione lavorativa all’altezza delle aspettative, al riparo da incertezze congiunturali, in grado di dare sicurezza piena alla persona e alla sua famiglia. Gli operatori dei Centri per l’Impiego si trovano però di fronte a questa difficile situazione congiunturale che stiamo vivendo con poche armi per affrontare e risolvere i problemi di chi cerca lavoro e ciò è fonte di frustrazione non solo per gli utenti che non trovano le risposte che cercano, ma anche per gli stessi operatori che, in troppe occasioni, sono privi di risposte da dare, e non per loro colpa. Il problema, come rileva il sig. Valusso, non è soltanto tecnico-informatico: il nuovo applicativo web che ha messo in rete tutti i Centri per l’Impiego della nostra Regione, permettendo un costante contatto tra tutti gli uffici, ha avuto un lento rodaggio che negli scorsi mesi ha messo a dura prova la pazienza degli utenti e degli operatori Continua a pagina II


L’EMERGENZA
Soccorsi in Abruzzo il Friuli capofila
È friulano il rettore della casa dello studente dell’Aquila

Palmanova Con una forza di 395 volontari già arrivati all’Aquila, 106 mezzi, oltre 200 gruppi elettrogeni, 3 cucine da campo, tende e quant’altro in abbondanza, il piccolo ma munitissimo esercito della protezione civile friulana è partito per l’Abruzzo nel volgere di pochissime ore dalla tragica scossa delle 3.32. Già alle 4 di ieri mattina la sala operativa di Palmanova, coordinata dal direttore regionale Guglielmo Berlasso, aveva mobilitato le squadre di 100 Comuni, preallertando anche quelle degli altri 119. A mezzogiorno l’assessore regionale Vanni Lenna ha potuto constatare la rinnovata, perfetta efficienza del sistema, annunciando che il Friuli Venezia Giulia è stato designato Regione capofila dell’emergenza. Intanto nell’Abruzzo martoriato dal sisma non si può dare pace Livio Bearzi, il friulano che è rettore della casa dello studente dell’Aquila in cui hanno perso la vita tre ragazzi rimasti intrappolati sotto le macerie dell’istituto. Bearzi da due anni si trovava al vertice del convitto abruzzese: «Solo qualche giorno fa i tecnici della Provincia ci avevano detto che la struttura avrebbe potuto tenere. E invece oggi contiamo i morti».


Uno contattava le vittime attraverso gli annunci pubblicati sui giornali, l’altro faceva da autista
Prostitute rapinate, due arresti
In carcere due rumeni. Uno era coinvolto nell’omicidio di viale Ledra

Udine Si spacciava per cliente, ma una volta entrato nell’appartamento rapinava le prostitute. La polizia sabato sera ha arrestato per tentata rapina Marian Marius Voinescu, 21 anni, di Lavariano e il complice che lo aspettava in auto, Rares Catalin Cinezeanu, 34 anni, di Udine, già coinvolto nell’omicidio di viale Ledra. Le indagini sono iniziate dopo le denunce presentate da tre prostitute straniere. Dalle intercettazioni telefoniche è emerso che Voinescu contattava le prostitute attraverso gli annunci.


Cisl, arriva Bonanni per il rinnovo dei vertici regionali

Si celebrerà a Trieste, domani e giovedì, il decimo congresso quadriennale della Cisl del Friuli Venezia Giulia. L’appuntamento – che segna uno dei momenti fondamentali nella vita dell’organizzazione sindacale – vedrà domani la partecipazione nel capoluogo giuliano del segretario generale Raffaele Bonanni. Ai lavori sono attesi oltre 200 delegati, chiamati a confrontarsi sui temi del lavoro e quest’anno anche della crisi e ad eleggere la nuova dirigenza del primo sindacato in regione per numero di lavoratori attivi iscritti.


Il centrodestra attacca: «Così si svende Amga»

In consiglio comunale il leader del centrodestra Enzo Cainero ha attaccato a spada tratta i patti parasociali di Amga per il prossimo quinquiennio. Nel mirino di Cainero la possibilità per E.On Italia spa di accrescere la sua partecipazione in Amga cedendo la sua quota di una società croata. «Con questi patti - ha detto - stiamo svendendo l’Amga. Non potrà nemmeno decidere operazioni importanti senza il consenso di E.On».


60 ANNI DELLA BRIGATA
La "Julia" chiama e tutti i sindaci rispondonoSarà la Provincia a coordinare gli eventi celebrativi

La Julia chiama e la Provincia di Udine risponde compatta. In vista delle celebrazioni del 60° anniversario della costituzione della Brigata Alpina “Julia”, la Provincia è stata chiamata a far parte del Comitato promotore e coordinatore delle cerimonie. E quale ente di area vasta, le è stato assegnato il ruolo di regia per le manifestazioni, in particolare bandistiche, che coinvolgeranno il territorio provinciale. Nel salone del Consiglio di palazzo Belgrado il presidente Pietro Fontanini e l’assessore Adriano Piuzzi, che rappresenta la Provincia nel Comitato, assieme, tra gli altri, al presidente e al vicepresidente del Comitato Enzo Cainero e Dante Soravito de Franceschi, al generale della Julia Gianfranco Rossi e ad alcuni rappresentanti dell’Associazione nazionale alpini, hanno incontrato i venti sindaci dei comuni dove la storica brigata ha o aveva una caserma – Udine, Spilimbergo, Pontebba, Forni Avoltri, Paluzza, Tarvisio, Sappada, Malborghetto-Valbruna, Paularo, Tolmezzo, Venzone, Chiusaforte, Moggio Udinese, Gemona, Cavazzo Carnico, Cividale, Tricesimo, Codroipo, Osoppo e Basiliano - per verificare la disponibilità ad ospitare gli eventi collaterali legati all’anniversario. «Un “sì” incondizionato quello dei sindaci friulani – ha commentato Fontanini – a dimostrazione dell’affetto che la nostra terra nutre nei confronti degli alpini della Julia». L’assessore Piuzzi si è impegnato ad effettuare nelle prossime settimane i necessari incontri nei comuni interessati per definire i singoli programmi. «Tante le iniziative in programma – ha anticipato Piuzzi – che interesseranno, oltre al capoluogo friulano, le cittadine che hanno una struttura della Brigata. A dire il vero, quando ho convocato l’incontro con i sindaci, non ho dubitato nemmeno per un minuto che qualcuno avrebbe potuto mancare all’appuntamento. Per il Friuli, infatti, la Julia non è solo un corpo delle forze armate, ma un simbolo di appartenenza alla quale sono legati i ricordi e i valori di decine di migliaia di persone». Il clou della manifestazione sarà domenica 13 settembre a Udine con la sfilata degli alpini in congedo e dei reparti della “Julia”. Già a partire da venerdì 11 settembre le iniziative che toccheranno, attraverso i 18 comuni direttamente coinvolti, tutto il territorio provinciale.

TARVISIO
Nessun allarmismo a Cave la miniera si sta assestando

PALMANOVA
Folla commossa in Duomo ai funerali di Mauro Mazzilli

UDINESE
Quagliarella piace all’Inter offerti Acquafresca e 8 milioni

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Infine la prima pagina de Il Piccolo

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IL FISCO IN REGIONE
Lotta all’evasione: 42% di controlli in più Recuperati 140 milioni
Nel mirino dell’Agenzia delle entrate ville all’estero e yacht con bandiere ombra

TRIESTE L’attività di contrasto all’evasione fiscale effettuata dall’Agenzia delle entrate ha portato al recupero nel Friuli Venezia Giulia di 140 milioni di euro. Di questi, 66 milioni sono versamenti diretti effettuati dai contribuenti ma comunque in risposta all’attività di controllo, mentre altri 73 milioni (in questo caso con un aumento del 13 per cento rispetto al 2007) derivano da riscossioni con cartelle di pagamento a seguito dell’attività di accertamento messa in atto dagli uffici delle Entrate. I dati sono stati resi noti in occasione della riorganizzazione degli uffici partita proprio ieri da Trieste con la costituzione della nuova Direzione provinciale, con al vertice Daniela Pellizzari. La nuova Direzione è articolata in un Ufficio controlli e in un Ufficio territoriale e mantiene la propria sede in via Stock.


SISMA DEVASTANTE NELLA NOTTE VICINO ALL’AQUILA. INTERI PAESI RASI AL SUOLO
La terra trema, strage in Abruzzo
Oltre 150 morti, 70 mila i senza tetto. Si scava tra le macerie. Il Fvg capofila dei soccorsi

L’AQUILA Più di 150 i morti e oltre un centinaio i dispersi causati dal terremoto che la notte scorsa ha colpito l'Abruzzo. Interi paesi rasi al suolo.Settantamila sfollati. Migliaia gli edifici lesionati, danni gravi alle infrastrutture. Almeno 70 mila persone sono rimaste senza tetto.Il terremoto. Scossa principale alle 3.32. Intensità 5,8 gradi scala Richter, meno che in Friuli e Irpinia. Epicentro a 10 km dall'Aquila. Prima e dopo il consueto sciame sismico, con scosse minori.Le polemiche. Scontro sul sismologo che nei giorni scorsi aveva predetto un «evento devastante». Il capo della Protezione civile: «Assurdità».Il governo. Subito riunito il Consiglio dei ministri. Berlusconi: «Già stanziati i fondi per gestire l’emergenza, sul posto 5000 soccorritori».Il Friuli Venezia Giulia. Dal Fvg già inviati in Abruzzo 400 volontari. La Regione è capofila nazionale e coordina le operazioni.


NOI E LA CATASTROFE
IN BALÌA DELLA PAURA di FERDINANDO CAMON

È come un bombardamento: interi edifici sono crollati abbattendosi sulle strade, sotto le strade si sono aperte voragini profonde, sul fondo delle voragini si vedono auto rovesciate, a ruote in su: erano parcheggiate in strada, sotto di loro il terreno è franato per parecchi metri, nel volo le auto si sono capovolte. Le strade sono intasate di gente che cammina in tutte le direzioni, ma anche di anziani seduti sulle seggiole, e di malati tirati fuori in fretta e furia dai reparti dell'ospedale e sistemati all'aperto. Il terremoto scatena il terrore in tutte le genti, dall'età della pietra a oggi. La Natura impone le sue leggi imperscrutabili, l'uomo, inteso anche come scienza e come Stato, non ha la forza né la conoscenza per prevenire o difendersi, può soltanto subire e rassegnarsi.Il terremoto è più maligno quando, come questo, avviene in piena notte. Se la casa trema, già non capisci niente per molti secondi quando sei sveglio, ma quando dormi il caos mentale del soprassalto dura molto di più, hai l'impressione che non finisca mai. Nei racconti di tutti coloro che se la sono cavata da un terremoto, l'apice dello spavento sta nella certezza che questa è la fine: la casa ondeggia, i muri scricchiolano, gli armadi cadono, e mentre la tua paura cresce anche la fine del mondo cresce. Lo spavento crea la paralisi. La paralisi dura parecchi secondi, qui qualcuno dei sopravvissuti li ha contati, fra 10 e 25.
Dopo la paralisi, scatta la fuga, e qui viene un altro spavento: scappando sbatti sui muri o sulla porta, perché muri e porta si spostano, nell'appartamento ti senti in trappola. Qui in Italia abbiamo terremoti ogni tanto, e sono drammatici perché grandissima parte delle costruzioni non ne tengono conto, non sono anti-sismiche. Basta guardare le rovine degli edifici crollati: sono sbriciolati.C'è una città del mondo in cui i terremoti sono frequentissimi, circa duemila all'anno, in gran parte piccole millimetriche vibrazioni che il sistema nervoso degli abitanti non percepisce più, ma ogni tanto viene qualche mega-terremoto che fa urlare uomini e animali. L'ultimo è avvenuto una decina di anni fa. Purtroppo ero là, perché ho un figlio a Los Angeles. L'appartamento era al quarto piano, quindi non alto, aveva un lungo corridoio che bisognava attraversare per uscire da una porta. Ognuno di noi inquilini correndo sbatteva contro gli stipiti della porta, perché la porta si spostava a destra e a sinistra di venti-trenta centimetri.Il terremoto scatena il panico perché lo viviamo come un rovesciamento delle leggi della fisica. Se la cosa che consideri stabile per principio, la terra, balla sotto di te, tu sei perduto. La perdizione ti paralizza il cervello, per alcuni secondi non ragioni. Ero in un albergo del Friuli quando si scatenò il terremoto, ero curvo su un lavandino, mi stavo lavando. Il lavandino, assurdamente, fece tre salti verso di me, e mi sferrò tre pugni sulla pancia. Sbalordito, mi domandai: «Perché il lavandino salta?». Subito dopo sentii un trepestio di piedi che correvano giù per le scale, e capii.Probabilmente (lo pensano anche altri) gli animali lo capiscono prima degli uomini, e infatti i cani si mettono a uggiolare: dal Friuli all'Emilia Romagna quelli che han sentito le scosse di avvertimento, cinque ore prima dei grandi crolli dell'Aquila, dicono che i cani guaiolavano. Ma non siamo mai (grave errore) in stato di allarme verso la Natura, pensiamo di averla domata, e che ormai sia benigna, non possa farci del male. Invece quando si scatena si comporta come in guerra. Anche peggio. È un nemico infido, viene senza preavviso, di notte, colpisce i più deboli, malati e bambini negli ospedali, e dopo il primo colpo continua a sferrare altri colpi, aspettando che i soccorritori siano arrivati sul posto, per travolgere anche quelli. È questo che spiega l'alto numero di morti e di feriti qui a L'Aquila. Perciò il terremoto è una lezione che rende più umile, più docile, più disposta al soccorso tutta l'umanità. Fa eccezione quella piccola frangia di uomini, presenti anche qui all'Aquila, che non meritano neanche il nome di uomini, e infatti si chiamano come animali: gli sciacalli.Ferdinando Camon(fercamon@alice.it)


CRISI ECONOMICA GLOBALE
L’ITALIA PUÒ USCIRNE SE SCEGLIE LA QUALITÀ di INNOCENZO CIPOLLETTA

L'Italia entra in una recessione che non le appartiene, perché nata da squilibri finanziari generati sul mercato statunitense, dopo un lungo periodo di crescita bassa, malgrado un aumento del commercio mondiale che non ha precedenti come intensità e come numero di Paesi coinvolti.L'Italia è dunque diventata estranea a quello che sta avvenendo nel mondo? Può solo subire i riflessi delle crisi senza approfittare delle fasi di crescita? Non è così.
In realtà il nostro Paese ha fatto una profonda riconversione durante gli ultimi 7-8 anni, finendo per alzare di molto il livello della qualità delle sue produzioni, sotto la spinta della concorrenza dei nuovi Paesi industriali. C'è stato un forte fenomeno di specializzazione che ha caratterizzato l'Italia e altri Paesi. Questa recessione, che sta coinvolgendo il mondo, rappresenterà un ulteriore fattore di specializzazione internazionale. Sta tramontando definitivamente il mondo che avevamo conosciuto fino a qualche anno fa. Un mondo dove ogni nazione pretendeva di mantenere una gamma di produzioni relativamente completa grazie a mercati interni (relativamente) protetti. La costruzione dell'euro ha portato ad una specializzazione spinta all'interno dell'Europa, in particolare nel settore dei servizi che finora era stato, per alcuni aspetti, risparmiato. La globalizzazione e l'irruzione di nuovi competitors a bassi costi di produzione (Cina, India, Brasile, Vietnam e altri) stanno ulteriormente specializzando il commercio mondiale.La nuova specializzazione non avviene più tanto tra settori produttivi, quanto nella gamma delle produzioni. I nuovi competitors si appropriano della fascia dei consumi di massa, tentando di spingersi verso gamme più elevate. I Paesi di più antica industrializzazione si stanno collocando su fasce di produzione di qualità più elevata, prodotti di alta marca, prodotti fatti quasi su misura, prodotti esclusivi o di lusso. I prodotti di massa beneficiano di bassi salari e di sistemi di produzione automatizzata, che ormai sono caratteristici dei paesi di nuova industrializzazione. I prodotti d'alta gamma sono invece contraddistinti da un forte contenuto di servizio (marketing, progettazione, design, pubblicità, comunicazione, servizio di vendita, assistenza post vendita, ecc.) e da una produzione di tipo artigianale. Processi di delocalizzazione e di costruzione di catene di produzione internazionali fanno incrociare questi due segmenti di produzione, che tuttavia restano separati. Lo stesso sta avvenendo nel campo dei servizi, dove si stanno determinando segmentazioni del mercato a seconda della qualità del servizio. Questo vale nella finanza, nei trasporti, nelle comunicazioni, ecc.Questo nuovo scenario sta modificando il concetto di specializzazione internazionale, che un tempo si basava essenzialmente sui settori. I settori maturi erano quelli di primo accesso dei Paesi di nuova industrializzazione, mentre i Paesi di vecchia industrializzazione si specializzavano nei prodotti tecnologicamente avanzati. Ora, anche nelle produzioni tecnologicamente avanzate vi sono diverse gamme di produzioni, a seconda della qualità e del servizio connesso. Tutti i paesi sono presenti in tutti i settori, ma le produzioni che essi svolgono differiscono in modo significativo.È così che constatiamo ormai una forte presenza di Cina ed India anche nei settori tecnologici. Questo ha fatto pensare a un probabile declino di Paesi, come l'Italia, che non erano riusciti finora ad accedere stabilmente ai settori tecnologicamente avanzati e che rischiano così di restare marginalizzati nelle produzioni tradizionali. Ma non è così. Ormai i Paesi si fanno competizione in tutti i settori e la specializzazione avviene all'interno dei settori, in quelle che un tempo avevamo chiamato nicchie di settore.Questo nuovo scenario internazionale apre possibilità maggiori per Paesi, come l'Italia, che finora si trovavano costretti a competere nella tenaglia formata dai paesi di nuova industrializzazione, che occupavano le quote dei mercati a basso prezzo, e i Paesi industrializzati, specializzati nei prodotti tecnologicamente avanzati. In un certo senso, oggi si rimescolano le carte e la competizione avviene su tutti i settori. L'Italia, che ha sempre avuto un'industria attenta alla produzione di beni di alta qualità e che ha una forte cultura artigianale, può competere su questo nuovo scenario occupando posizioni di un certo rilievo, grazie ai suoi settori tradizionali che però hanno avuto la capacità forte di rinnovarsi e di spostarsi verso segmenti di più elevata qualità.Certo, in questo nuovo scenario, si può essere attaccati da più parti e non esistono più settori protetti e barriere tecnologiche insormontabili. Ma questi rischi vanno affrontati con investimenti nella qualità e nell'istruzione (che rappresenta la principale fonte della qualità), sicché il nostro Paese non è a priori escluso dalla competizione internazionale, come si temeva quando si pensava che solo i Paesi con grandi imprese o con settori innovativi avrebbero potuto resistere sui mercati internazionali. Dopo la crisi recessiva, spetterà alle nostre imprese il compito di conquistare nuovi segmenti di mercato. Esse ne avranno tutte le possibilità.Innocenzo Cipollettatesto tratto dallanewsletter mensile dellaFondazione Nord Est

Amianto, al via il maxi-processo L’Inail chiede 250 milioni di euro

Quando i risparmi restano ”in sonno”
A Trieste oltre duemila libretti postali dimenticati. Ma ora i titolari devono affrettarsi

TRIESTE Il numero dei libretti di risparmio postale inseriti negli elenchi delle posizioni «dormienti», quelle cioè in cui non si registra più alcun movimento da almeno un decennio, è altissimo. A Trieste, secondo gli ultimi dati messi in rete da Poste Italiane, sonnecchiano indisturbati da anni ben 2097 depositi, alcuni dei quali creati probabilmente ad inizio secolo e intestati a persone ormai passate a miglior vita. La fetta più consistente, 600 libretti tra portatore e nominativi, giace tra le pratiche dell’ufficio di Trieste centro. Ma i risparmiatori sbadati non mancano nemmeno nelle piccole frazioni e nei Comuni minori: a Basovizza per esempio «dormono» da anni 33 libretti nominativi, a Muggia i depositi dimenticati sono più di 80.

Presto i distributori di carburante aperti anche nei centri commerciali

Obama: «Non siamo in guerra con l’Islam L’Iran scelga tra le armi e la pace»

Le ultime ore di Mussolini «Gli spararono alle spalle» di PIETRO SPIRITO

Il 28 aprile 1945 Benito Mussolini e Claretta Petacci vengono fucilati a Giulino di Mezzegra. Il giorno dopo, i loro corpi – con quelli degli altri gerarchi fascisti uccisi a Dongo – saranno esposti in piazzale Loreto a Milano. La morte di Mussolini chiude il ventennio fascista e segna al tempo stesso la fine di una gigantesca caccia all’uomo. In quei giorni, infatti, sono in molti a voler catturare il duce, primi tra tutti gli americani, che vorrebbero sottoporlo a un regolare processo. Bruciati sul tempo dall’azione dei partigiani comunisti, più veloci di loro a mettere le mani sulla colonna in fuga, i servizi segreti statunitensi vogliono però capire subito come e perché il loro piano è fallito e incaricano uno dei loro agenti più abili, Valerian Lada-Mocarski, di ricostruire la fuga e la fine di Mussolini. Pochi giorni di indagine sul campo e di colloqui con i testimoni e, dopo una prima relazione più approssimativa, il 30 maggio 1945 l’agente numero 441 dell’Oss, Office of strategic service, è in grado di inviare al suo capo, Allen Dulles, un rapporto definitivo su come si sono realmente svolti i fatti. Una ricostruzione meticolosa, che è rimasta sepolta negli archivi della Cia fino all’anno 2000. Ora questo materiale è tornato alla luce: è un documento in presa diretta, scritto a caldo, che racconta con precisione e stile essenziale ma vivido l’episodio più drammatico e significativo della recente storia italiana. Soprattutto, il rapporto di Lada-Mocarski smentisce almeno in parte la versione ufficiale passata alla storia. Adesso a illustrare i documenti, ripercorrendone la genesi e spiegando il contesto in cui maturarono gli eventi, intervengono il ricercatore Mario J. Cereghino, che ha ritorvato i rapporti segreti negli archivi di Washington, assieme a Giorgio Cavalleri e Franco Giannantoni, esperti studiosi in particolare degli eventi che precedettero e seguirono la morte del duce. I risultato è il libro ”La fine. Gli ultimi giorni di Benito Mussolini nei documenti dei servizi segreti americani (1945-1946)” (Garzanti, pagg. 277, euro 16,60), da giovedì nelle librerie. Mettendo a confronto tutte le versioni e le ipotesi sulla fucilazione di Mussolini e della Petacci, e basandosi sui rapporti dei servizi segreti americani - e in particolare sul memorandum segreto redatto il 30 maggio 1945 - gli autori ricostruiscono momento per momento i fatti, arrivando alla conclusione che la versione ufficiale presentata dal Partito comunista non è corretta, e che, ad esempio, a sparare per primo due colpi di pistola alla schiena, e non al petto, a Mussolini fu Walter Audisio, nome di battaglia ”Valerio”, e subito dopo partì la raffica di Michele Moretti, nome di battaglia ”Pietro”. Non solo, ma Mussolini, ancora vivo, ricevette due colpi di grazia a bruciapelo da Luigi Canali, il ”Capitabno Neri”.Ma ecco come si svolsero mi fatti secondo la ricostruzione dell’agente Valerian Lada-Mocarski contenuta nel libro ”La fine”. Nelle prime ore del 27 aprile, un piccolo gruppo di partigiani della 52a brigata “Luigi Clerici” sta pattugliando la strada provinciale fra Menaggio e Gravedona, sulla sponda occidentale del lago di Como. Nei pressi di Pianello Lario, un piccolo insediamento a sud di Musso, la pattuglia sente il rombo di una motocicletta che arrivava da Musso, in direzione di Como. Armi in pugno, i partigiani bloccano la strada e intimano al motociclista di fermarsi. L’uomo dice di essere un milite fascista, appartenente alla polizia di Como. Il motociclista viene interrogato e spiega di essere di ritorno da Musso, dove i partigiani locali hanno appena fermato una lunga autocolonna di cui fanno parte alti funzionari del partito fascista. E aggiunge che nella colonna si trova “un pezzo grosso”, lasciando intendere che si tratta di Mussolini. Vari partigiani della pattuglia si precipitano a Musso e trovano l’autocolonna segnalata dall’uomo, ferma nella strada principale della cittadina. Alla fine Mussolini viene riconosciuto e arrestato e quindi portato con Claretta Petacci prima a Bonzanigo, poi sul luogo dell’esecuzione, a Giulino di Mezzegra, davanti al cancello di Villa Belmonte.È il 28 aprile. Mussolini e la Petacci vengono fatti uscire dall’auto e, si legge nel memorandum dei servizi segreti Usa, «terrorizzati e confusi, ascoltarono la sentenza di morte dal civile giunto da Milano (si tratta del partigiano Audisio, ndr)». A Mussolini, si legge sempre nel rapporto, viene quindi ordinato di spostarsi di qualche passo verso il muro, a nord del cancello. Quasi contemporaneamente, scrive sempre l’agente Usa, «partono gli spari dal revolver del civile (sempre Audisio) e dal mitra del partigiano (si tratta di Moretti)». «L’uomo di Milano - si legge ancora - si trovava a nord di Mussolini (a sinistra) e i suoi due colpi sembrano essere stati esplosi una frazione di secondo prima di quelli sparati dal mitra del partigiano. Le pallottole (del revolver del ”civile”, ndr) raggiunsero obliquamente il Duce, sulla schiena, mentre i tre proiettili sparati dal mitra lo colpirono direttamente al petto. Il partigiano che aveva sparato questi colpi era posizionato a sud di Mussolini (a destra). Il Duce si accasciò di lato, contro il muro. Fu poi il turno della Petacci. Sollevò le braccia in un gesto disperato, fu raggiunta da diversi colpi al petto e cadde accanto al suo amante. I loro corpi si sfioravano. Mussolini non era ancora morto: un occhio era aperto e guardava in alto. In quel preciso momento, dal lato più basso della strada, arrivò un ufficiale dell’unità partigiana locale (è Luigi Canali, alias ”Capitano Neri”, ndr). Voleva capire cosa fossero i colpi di arma da fuoco che aveva udito da sotto. Il capo partigiano (Aldo Lampredi, braccio destro di Longo, ndr) che si trovava tra i fucilatori lo riconobbe e gli fece il gesto di avvicinarsi. Osservando che Mussolini era ancora vivo, il nuovo arrivato lo finì con due colpi del suo revolver».La cronaca dell’esecuzione di Valerian Lada-Mocarski continua con molti altri particolari, che aggiunti agli altri capitoli del libro fanno de ”La fine” la più completa e particolareggiata ricostruzione di un momento fondamentale della recente storia d’Italia.

Cultura
Esce ”La fine”, studio sui documenti Cia

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