
Nelle puntate precedenti abbiamo descritto sommariamente le caratteristiche principali dei due impianti di rigassificazione del Friuli-Venezia Giulia progettati dalle società spagnole Endesa e Gas Natural. Oggi intendiamo effettuare alcune valutazioni sul mercato del gas e sulla reale necessità della costruzione di siffatti impianti.
Le zone di ricerca e produzione italiana di idrocarburi, petrolio e gas sono localizzate prevalentemente in Val Padana, nel Mare Adriatico, nel Mar Ionio, nell’Appennino Meridionale ed in Sicilia. Il costante calo della produzione, dovuto sia allo sfruttamento delle risorse, sia al calo degli investimenti per difficoltà autorizzative, ambientali e di accettabilità sociale delle attività, hanno aumentato la quota di importazione.
Da fonti ufficiali ENI si apprende che nell’anno 2007 la domanda di gas in Italia è stata di circa 85 miliardi di m3, coperti per l’87% dalle importazioni, per l’11% dalla produzione nazionale e per il 2% dall’utilizzo delle scorte.
Attualmente il principale fornitore di gas naturale per l’Italia è l’Algeria (21,4 Miliardi di m3 pari al 28,9%), seguita dalla Russia (19,7 Miliardi di m3 pari al 26,6%), dalla Libia (8 Miliardi di m3 pari al 10,8%), dall’Olanda (6,9 Miliardi di m3 pari al 9,4%) e dalla Norvegia (4,8 Miliardi di m3 pari 6,5%). Algeria e Russia coprono all’incirca il 55% del totale delle importazioni, con un’assoluta preminenza (94%) delle importazioni via gasdotto rispetto a quelle di GNL.
Leggendo i dati pubblicati dall’Unione Petrolifera e dell’ENI, negli ultimi anni gli usi civili ed industriali hanno risentito di un decremento dell’utilizzo del gas, a favore di un aumento del settore elettrico; per gli anni a venire si prevede un tasso medio di crescita annuo della domanda pari al 2% ed in base a tali previsioni la domanda di gas in Italia dovrebbe attestarsi sui 93,2 miliardi di m3 nel 2011 per raggiungere i 111,2 nel 2020, proprio sotto la spinta degli incrementi dell’utilizzo del gas nella produzione di energia elettrica. Unione Petrolifera prevede che già dal 2013 il gas diventerà la principale fonte energetica del nostro Paese, mentre nel 2020, complice anche l’aumento della produzione di energia da fonti rinnovabili, dovrebbe avvenire lo storico “sorpasso” del gas sul petrolio.
Risultando quindi chiara l’imprescindibile necessità del gas nel nostro sistema energetico, verrebbe da pensare che tale sia anche la costruzione di impianti di rigassificazione per diminuire la dipendenza dalle importazioni via gasdotto, aprendosi quindi maggiormente alle importazioni via gasiera, andando direttamente ad acquistarlo da tutti i Paesi produttori, non solo Russia e Algeria: l’idea è che aumentando la domanda in funzione di una maggior diversificazione dell’offerta, il prezzo possa diminuire. Naturalmente i conti vanno fatti alla fine, ovverosia se i costi di liquefazione, trasporto via mare e rigassificazione siano inferiori al costo dell’importazione diretta via gasdotto. A tal proposito vanno anche considerati gli accordi trentennali di fornitura stipulati nel 2006 dal Governo proprio con i nostri maggiori fornitori, Russia e Algeria, uniti al fatto che la “vita” di un impianto di rigassificazione è proprio di circa trent’anni.
La diversificazione delle importazioni va però valutata in base alla reale disponibilità di gas, magari verificando l’effettiva produzione europea: così facendo ci sia accorgerebbe ad esempio che i rigassificatori spagnoli funzionano a metà della loro capacità produttiva perché non c’è sul mercato abbastanza gas da acquistare. Naturalmente anche in questo ambito l’Italia ha saputo distinguersi: la delibera n°178/2005 dell’Autorità Nazionale per l’Energia stabilisce che lo Stato rimborserà i gestori degli impianti di rigassificazione qualora essi producano poco per mancanza di metano da rigassificare, annullando di fatto il rischio di impresa e favorendo le banche che, essendo lo Stato garante, pur in un periodo di crisi non avranno difficoltà a finanziare queste opere.
Un’ultima considerazione ci porta a valutare il progetto della “Gaz de France” di una nave con rigassificatore a bordo (apparso su “Il Sole 24 ore” del 17/11/2006), in grado cioè di trasportare il gas liquido a bordo, rigassificarlo a bordo una volta giunto a destinazione per immetterlo direttamente nella rete di distribuzione tramite degli attacchi sottomarini: questo rende di fatto superato il concetto di impianto fisso di rigassificazione.
MARCO TORBIANELLI
1 commento:
L'Opinione delle Libertà
Edizione 226 del 21-10-2006
La scelta dei rigassificatori è solo marketing politico
di Renzo Riva
Tempo fa avevo ipotizzato che Riccardo Illy fosse un imprenditore prestato alla politica. Oggi mi devo ricredere e devo dire che Illy è solo un politico che, sfruttando la nomea e l’influenza del gruppo di famiglia, utilizza la politica per emergere e collocarsi in una posizione preminente altrimenti impossibile. Questo non è un attacco personale, bensì alle sue tesi in campo energetico non individuabili in un partito che lui non ha: punto di forza e di debolezza allo stesso tempo. Noi di Socialisti 2005 avevamo visto con favore la piattaforma di rigassificazione prevista a Trieste, ma il subitaneo appiattimento dei Verdi per questa soluzione ci insospettisce: che sia una pura manovra di marketing politico per evitare il problema spinoso del ritorno al nucleare? Unica soluzione per il raggiungimento e mantenimento dei parametri e degli impegni sottoscritti a Kyoto. Il solo fattore evidenziato da noi “Socialisti 2005-Federalismo Fiscale“ a favore della rigassificazione era la diversificazione negli approvvigionamenti, concorrenziali rispetto al cartello Gazprom-Sonatrack (Russia-Algeria) delle forniture del gas attraverso la rete tubiera.
La lettera dell’ingegner Paolo Fornaciari presidente del CIRN (Comitato Italiano per il Rilancio del Nucleare) pubblicata dal quotidiano “Il Gazzettino” in data 22 settembre 2006 nel fascicolo di Udine ne ha demolito l’unico fattore positivo. Pertanto, confortati dagli argomenti tecnici di Fornaciari e dalla presa di posizione degli imprenditori del Nord-Est favorevoli al nucleare, chiudiamo alla tesi di Illy e ribattiamo l’antitesi della necessità di ripartire con il nucleare dichiarando un grande No ai rigassificatori. Invitiamo pertanto il presidente Illy a leggere, o rileggere, la lettera di cui sopra. Il voler perseguire la realizzazione del rigassificatore sarà pertanto rispondente solo a logiche di natura personale e non certamente tecnica e/o economica. Purtroppo la confusione che regna in Italia in campo energetico è tale da fare sprecare risorse nelle chimere del “solare fotovoltaico” e non ultimo dell’APE (Agenzia Provinciale per l’Energia) della provincia di Udine di recente costituzione rivolta “solo” ad educare il pubblico all’utilizzazione delle fonti rinnovabili. La confusione poi ha raggiunto il massimo esponenziale nella vicenda della riconversione a carbone della centrale termoelettrica laziale di Civitavecchia che ne è una lampante dimostrazione.
La costituzione poi della ESCO "Energie service company" per la promozione del risparmio energetico e dell'uso razionale dell'energia, Ente della comunità montana della Carnia, non fa altro che aumentare la pletora di organismi di spesa pubblica con l’unico pregio di aumentare il complessivo debito pubblico statale. È obbligatorio invertire questo stato di cose e rivendicare da subito il Federalismo Fiscale per evitare di dover vedere governi sinistri o ambidestri che marciano a leggi finanziarie da 40 miliardi di Euro a botta. Il fatto che nel mondo, alla data odierna, siano in costruzione n.27 reattori nucleari per 21.051 Mw, n.38 pianificati per 40.737 Mw e altri n.115 proposti per 83.620 Mw dicono niente ai nostri (ir)responsabili di qualsiasi livello? Per i nostri “talebani ecologici” verdi Cina, India, Giappone, USA Russia ecc. rappresentano il male assoluto mentre loro, “anime belle”, sono i mullah del nuovo credo ecologista.
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L'Opinione delle Libertà
Edizione 13 del 17-01-2007
Dagli anni ‘70 gli incidenti legati alla lavorazione del gas hanno causato più di tremila vittime
Resistono i pregiudizi sul nucleare ma il gas è molto più pericoloso
di Renzo Riva
A Trieste il 12 gennaio presso la Stazione marittima, si è aperta una tavola rotonda promossa dalla locale sezione di “Italia dei valori” sulla “Sicurezza degli impianti di rigassificazione di Gnl (Gas naturale liquefatto). Valutazione e quantificazione del rischio d’incidenti”. A confrontarsi sono stati tecnici, esperti e ambientalisti, i rappresentanti di Gas Natural ed Endesa, Iginio Marson presidente dell’Osg (Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale), Enrico Nobile, docente di fisica tecnica all’università di Trieste, il geologo Livio Sirovich e Carlo Franzosini in rappresentanza del Wwf.
Paolo Bassi, responsabile dell’IdV ha introdotto i lavori e presentato il moderatore, l’architetto Roberto Barocchi. Dopo le relazioni è stata data la parola al pubblico, tra cui sedeva l’estensore del presente articolo. Nei due minuti concessimi ho puntualizzato che da rappresentante del Comitato italiano per il rilancio del nucleare del Friuli Venezia Giulia non mi era possibile dismettere i panni di referente di Socialisti 2005–Federalismo Fiscale. E ho notato che quando i rappresentanti di Endesa e Gas Natural hanno affermato che mai ci sono stati morti per le operazioni tecnologiche legate ai processi di liquefazione e rigassificazione, erano nel torto.
L’impianto di liquefazione di Skikda in Algeria, nell’anno 2004, ha prodotto 29 morti e 74 feriti a seguito dell’esplosione e di un incendio durato otto ore che ha provocato danni per 1 miliardo di dollari. L’ufficio investigativo di una compagnia assicuratrice attribuì la causa ad una fuga di gas liquido dalla tubazione di carico. Inoltre, in Belgio, in fase di scarico un’analoga esplosione provocò la morte di 15 persone sempre nell’anno 2004. Posso affermare senza tema di smentita che il gas è altamente pericoloso e ha provocato morti, feriti ed evacuazioni di gran lunga superiori a tutti gli incidenti nucleari verificatisi sinora, solo due ma mediaticamente superesposti, di Three Mile Island (200.000 evacuati) e Chernobyl (morti 31, feriti 299, evacuati 135.000). Il gas ed i relativi trattamenti e trasporti hanno provocato 3.241 morti, 7.906 feriti, 531.600 evacuati; tutto questo per i 52 incidenti registrati dall’anno 1970÷1998. Storicamente si ricorda, uno per tutti gli anni antecedenti, l’esplosione di un serbatoio di gas liquido a Cleveland (Ohio) che nel 1941 produsse 131 morti, 225 feriti, 680 senzatetto, 2 fattorie e 79 case distrutte. Il processo tecnologico di liquefazione e di rigassificazione è un non-senso energetico oltre che economico.
Come ha dimostrato Paolo Fornaciari presidente del Cirn (Comitato Italiano Rilancio Nucleare), i processi richiedono un dispendio energetico pari al 25%-30% dello stesso gas. Inoltre, il non-senso economico deriva dal fatto che, riconvertite parecchie centrali a olii derivati dal petrolio in centrali a gas, in epoca di prezzi bassi, sono diventate antieconomiche e se non ci fosse energia nucleare importata (18% del totale elettrico) a calmierare il prezzo attuale praticato la bolletta della luce sarebbe ancora più cara. Poi parlare di liberalizzare il mercato elettrico (80% del costo deriva dal combustibile) è da prodiani e chi oggi la propone meriterebbe il Nobel per l’economia fantascientifica.
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L'Opinione delle Libertà
Edizione 71 del 28-03-2007
Energia - Nucleare e disinformazione
di Renzo Riva *
Da nuclearista convinto e membro del Cirn (Comitato italiano rilancio nucleare) non posso tacere di fronte alla mistificazione sui concetti trasmessi e mediaticamente propalati attraverso la stampa locale.
L'energia è un problema troppo serio e pertanto andrebbe affrontato non parzialmente e pro domo loro.
Fabio de Visintini, direttore della comunicazione della Regione Frinii Venezia Giulia, dimostra d'essere più realista del Re-Illy, nell'editoriale pubblicato su "Regione/guida" del primo marzo 2007. Ho capito perfettamente la sua azione. Al Presidente Usa G.W. Bush non arriverà la voce di chi è più preoc¬cupato di compiacere il suo editore con i suoi "no-tutto" che la verità scientifica.
D'altronde anche il suo editore non è da meno e nel propagandare la "spesa pubblica che aumenta il debito pubblico" afferma che i pannelli fotovoltaici hanno una bassa resa: 20%; in questo caso dà i numeri.
Senz'altro alla prossima tornata elettorale non voterò l'attuale maggioranza, raccogliticcia d'inte
ressi stranamente contrapposti ma determinata nel votare leggi di "spesa improduttiva''.
Che poi James Lovelock padre di Gaia dichiari: "Votiamoci al nucleare prima che sia troppo tardi. Offrirei il mio giardino per ospitare le scorie radioattive"; nonché Patrick Moore, fondatore di "Green Peace" dichiari la sua conversione al nucleare, ai nostri intrepidi "capitani coraggiosi" regionali non interssa.
Loro seguono le chimere (al momento attuale) dell'idrogeno di Jeremy Rifkin, che in ogni caso sarà prodotto in quantità industrialmente significativa solo potendo ricorrere all'energia, termica ed elettrica, prodotta da fonte nucleare. Questi personaggi politici e non, autoreferenziantisi vicendevolmente, stanno precipitando il nostro territorio nella voragine di debito pubblico mai conosciuto prima: in un periodo di mantenimento di parametri come l'attuale. L'industria e l'imprenditoria dicano chiaramente la loro rivolgendosi direttamente a tutti i cittadini affinché nessuno possa dire domani: non lo sapevo.
Black out, penuria d'energia ed a prezzi non competitivi, delocalizzazioni produttive e quant'altro, con le inevitabili conseguenze che ognuno può trarre, ci morderanno nel tenore di vita, durata e qualità della stessa.
Vogliamo ritornare all'era pre-industriale con aspettative di vita media di quaranta anni?
Fame, malattie e quant'altro già sperimentato e patrimonio dell'umana conoscenza?
Vanificheremo i sacrifici dei nostri antenati che ci hanno permesso d'accedere alla civiltà e società del benessere?
Renzo Riva
CIRN (Comitato Italiano Rilancio Nucleare) Sezione Friuli
Renzo Riva
Via Avilla, 12/2
33030 Buja - UD
renzoslabar@yahoo.it
349.3464656
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