"SFUEI DAL FRIÛL LIBAR - IL GIORNALE DEL FRIULI LIBERO". INDIRIZZO INTERNET http://www.ilgiornaledelfriuli.net EDIZIONE ON LINE DELLA TESTATA ISCRITTA COME GIORNALE QUOTIDIANO ON LINE, A STAMPA, RADIOFONICO E TELEVISIVO NEL REGISTRO DEL TRIBUNALE DI UDINE IN DATA 8 APRILE 2009 AL N. 9/2009. Si pubblica dal 25 novembre 2008. Proprietario: Alberto di Caporiacco. Direttore responsabile: Alberto di Caporiacco. Sede di rappresentanza in Udine, piazza S. Giacomo 11/16, 2. piano.

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venerdì 3 aprile 2009

RASSEGNA STAMPA: MESSAGGERO VENETO, IL GAZZETTINO, IL PICCOLO

Questa la prima pagina del Messaggero Veneto

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Più trasparenza nei sistemi bancario e finanziario e altri stanziamenti di fondi.
Nuove regole per gli stipendi e i bonus ai manager
Il Cavaliere chiama il presidente Usa ad alta voce e la regina lo riprende: «Ma perché urla così?» Nella City altre proteste e rabbia per il morto
Accordo al G20: addio paradisi fiscali
Contro la crisi mille miliardi di dollari in più.
Berlusconi: «Colpa degli Usa, ora Obama ci aiuti» La Bce taglia ancora, tassi all’1,25%.
E le Borse volano, rialzo Fiat del 27%

LONDRA. Mille miliardi di dollari subito al Fmi (parte in moneta sonante, parte in crediti), 5 mila all’economia globale entro il prossimo anno. E poi l’addio ai paradisi fiscali con lista già pronta e a breve resa pubblica dall’Ocse; il rafforzamento del ruolo del Financial stability forum che diventa Financial stability board e accresce le sue prerogative. E regole dure per i bonus ai manager che fanno fallire le banche. Ieri Londra, oggi Praga; ieri i capi di Stato e di governo più potenti del pianeta, oggi i ministri dell’Economia e della finanza dei 27 paesi dell’Unione, costretti a un’azione unica più per necessità che per convinzione.


La crisi
Liquidità insufficiente per anticipare le indennità
Cig Salvataggio Caffaro, necessario presentare entro metà mese un nuovo piano ambientale
Dipendenti Abs: a rischio un mese e mezzo di paga

UDINE. Indennità di cassa integrazione a rischio, nei mesi di aprile e maggio, per gli oltre ottocento lavoratori dell’Abs di Cargnacco, ormai a casa dal 12 gennaio e fino al 12 aprile e poi per altre 7 settimane come annunciato ieri dall’azienda. L’Abs non avrebbe al momento la liquidità sufficiente per anticipare il dovuto della Cig, in attesa poi della compensazione dell’Inps a cassa integrazione terminata. Per quanto riguarda un altro fronte aperto, quello della Caffaro di Torviscosa, si dovrà presentare entro la metà di aprile una nuova proposta per giungere alla transazione del danno ambientale, operazione necessaria per rendere possibile una soluzione alla crisi che non sia il fallimento della società.


Incontro sull’integrazione tariffaria fra gli assessori Riccardi e De Anna e i vertici della cooperativa
Un solo biglietto per bus e treni
Via libera alla fusione delle società di trasporto su gomma del Fvg

di DOMENICO PECILE
UDINE. Con lo stesso biglietto si viaggerà sia in treno sia in corriera. Nel 2010 scade infatti il contratto su gomma e quindi con i nuovi affidamenti si lavorerà, appunto, all’integrazione tariffaria. E’ questo uno degli obiettivi della nuova società di trasporto nata dagli attuali quattro gestori.Proprio ieri gli assessori regionali alle Infrastrutture e Trasporti, Riccardo Riccardi, e al Personale e all’Organizzazione e Sport, Elio De Anna, hanno incontrato a Trieste i vertici della nuova società cooperativa a responsabilità limitata «Tpl Fvg» che nelle scorse settimane è stata costituita tra le quattro società di gestione del trasporto pubblico «su gomma» operative in Friuli Venezia Giulia. Saf Udine, Trieste Trasporti, Atap Pordenone ed Apt Gorizia hanno infatti fondato Tpl (Trasporto pubblico locale) Fvg, con l’obiettivo di presentarsi come un’unica forza societaria, forte delle diverse esperienze maturate sul territorio dalle quattro aziende provinciali, al prossimo bando regionale per l’assegnazione del servizio di trasporto passeggeri «su gomma» e marittimo.Mauro Vagaggini, Piergiorgio Luccarini, Silvano Barbiero, Cosimo Paparo e Paolo Polli hanno così rispettivamente illustrato le potenzialità e le possibili proiezioni della neo-costituita società ai due assessori regionali. Riccardi ha avuto l’occasione di ribadire la volontà della Regione di giungere a due bandi separati tra «rotaia» e quello che abbina il trasporto su strada a quello marittimo, considerata la «criticità, ancora oggi, del bando unico, penalizzante soprattutto per il servizio su “gomma”, che ora assorbe circa l’80 per cento del trasporto pubblico locale.Resta peraltro confermato, hanno aggiunto Riccardi e De Anna, l’obiettivo della Regione sia di arrivare, in prospettiva, proprio alla gara unica (ferrovia+strada+mare) sia di raggiungere quanto prima – come accennato – l'integrazione tariffaria tra i diversi mezzi di trasporto pubblico.E, come anticipato, l’attuale concessione per il Tpl su strada scade a fine 2010, è stato ricordato, mentre è ormai in dirittura d'arrivo, ha annunciato Riccardi, il contratto di servizio (6 anni di durata) con Trenitalia, con alcuni innovativi contenuti, quali il ruolo attivo di chi utilizza quotidianamente il mezzo ferroviario e nuovi investimenti, per fornire una qualità di servizio migliore all’utenza: risorse finanziarie cospicue, pari a circa 100 milioni di euro, di cui il 30 per cento a carico del gestore ferroviario. L’attuale legge regionale prevede, dunque, un’unica gara per il Tpl a scadenza dei contratti nel 2010, che metta assieme gomma, ferrovia e mare. La novità rilevante – precisa Riccardi – è che la competenza del “ferro” dal 2008 appartiene alla regione. Fare un unico bando per “gomma” e “ferro” – dice ancora Riccardi – pone problemi perché il servizio è conosciuto poco dalla Regione che l’ha in caricata da poco. Non solo, ma il vecchio piano prevede un aumento delle tariffe ferroviarie abbastanza consistente. «Noi – conclude – abbiamo convenuto sull’obiettivo strategico che i due servizi siano il più integrati possibili, precisando però che ci vorrà del tempo per arrivare a regime e per puntare a una vera integrazione modale».


LONDRA ASSEDIATA
CHI GOVERNA LA RABBIA di ALBERTO GARLINI

Quattromila persone, con una tattica che è diventata abbastanza familiare in questi giorni, hanno assediato la City londinese, impedendo ai broker di muoversi. In particolare, il reticolo umano ha cinto la Bank of Scotland e la Rbs.Banche bancarottiere e salvate da milioni di denaro pubblico. Scontri con la polizia. Furti. Incendi. I broker spaventati rispondono lanciando banconote da dieci sterline dalle finestre. Nella loro mente, una cosa logica. Volete denaro? Ve ne diamo. Le sterline, però, hanno esacerbato ancora di più gli animi. Questo assedio può essere considerato un gesto simbolico, non solo perché tocca un simbolo della finanza mondiale, ma anche perché blocca le persone. Le immobilizza. Come sappiamo, il capitale del ventunesimo secolo è mobile per definizione: detesta i confini nazionali, si muove liberamente tra i continenti seguendo gli impulsi elettronici dei terminali dei computer. Si sposta da una parte all’altra anche quando non esiste. E di questa capacità di spostarsi fa un attributo fondamentale della propria esistenza. Esattamente come i businessman che viaggino leggeri nelle business class e prelevano un’industria in India, come in Italia, con soldi che sono un po’ coreani, un po’ sauditi e un po’ brasiliani (soldi che spesso non esistono). La leggerezza, l’aerità sono connotazioni del capitalismo mondiale e dei manager che lo controllano. Assediarlo, ostacolarne la mobilità fisica è quanto di più forte si possa fare contro il capitale (anche se il termine capitale, con tutta la sua pesantezza ottocentesca, è inadeguato a raccontare cosa oggi è il denaro). È un’azione rabbiosa. Ma di una rabbia informata, che si inserisce perfettamente nei vari sequestri di manager della cronaca delle ultime settimane. È una protesta spaventata, rabbiosa, rumorosa e probabilmente inutile contro le menzogne economiche che ci sono state raccontate da trent’anni a questa parte. È la protesta contro chi azzittiva i discorsi sui salari bassi dicendo che dovevano corrispondere a criteri di economicità, mentre staccava assegni milionari per sé. La protesta contro l’ingegneria economica, contro le banche mondiali, contro un sistema fatto di debiti, che oggi mostra tutta la sua precarietà.Rabbia e giustizia. Queste sono le parole. Questi sono i temi del futuro. La rabbia ha sempre a che fare con la giustizia, ma è diversa a seconda che si agisca con il fine della giustizia o con quello della soddisfazione momentanea. Ripetiamo ad alta voce la parola giustizia: è una parola che pretende un progetto. Che non può esaurirsi nei pugni, negli sputi, negli insulti. O peggio. La rabbia, invece, è un’azione di stomaco. Un’azione che può avere anche una certa furbizia. Colpire, come colpisce, elementi simbolici forti della contemporaneità. È triste dirlo, ma un proiettile per produrre i suoi effetti dannosi ha bisogno dell’artiglieria che lo spari. E oggi l’artiglieria si chiama rabbia. Non giustizia. Rabbia. Anche se alla base c’è un bisogno di giustizia, che però non riesce ad articolarsi, a strutturarsi. Ecco: credo che questo sarà il tema del futuro politico. Già se ne intravedono le conseguenze nelle scelte di Sarkozy e della Merkel, che pretendono misure forti contro i paradisi fiscali e i manager. Che improvvisamente si accorgono della malattia che pervadeva l’economia. Credo che, a livello globale, chi riuscirà a elaborare (bene o male) questa rabbia sarà chi avrà il controllo politico dei prossimi anni. Non dimentichiamoci che Hitler fu una di queste persone. Dopo la crisi del ’29, mentre le varie organizzazioni mondiali si accapigliavano, seppe trovare parole della giusta violenza per una rabbia che sembrava non trovare sbocchi. La cavalcò, la rese domestica ai suoi scopi (anche se non del tutto e la notte del lunghi coltelli del ’34 dimostra che sono operazioni che non si svolgono senza scarti). Non so chi oggi potrà parlare ai disoccupati, a chi si vede vilipeso e umiliato. A chi è senza casa, a chi vede gli stipendi abbassarsi ogni giorno. Agli interinali, ai contratti a termine, ai cocopro, alle finte partite Iva forfettarie. A chi si è visto licenziare perché con la crisi, si sa... A chi non arriva a fine mese, mentre assegni milionari finiscono nelle tasche dei soliti noti. Spero ardentemente che il miracolo che da sempre trasforma la rabbia in progetto arrivi a un livello di elaborazione più alto rispetto alla violenza esplosa negli anni Trenta del secolo scorso. Che però il mondo si trovi di fronte a una potenza inespressa e minacciosa, che ha come contraltare lo strapotere cinese e di conseguenza il ritorno di un certo nazionalismo xenofobo (almeno come reazione), resta lo scenario più vicino alla realtà.


SCONTRO USA-UE
LA BATTAGLIA SUL DOLLARO di FRANCESCO MOROSINI

Il sipario del G20 di Londra chiude con un accordo minimalista, lasciando i sorrisi per foto ricordo fatte per mascherare i contrasti fra i Grandi. Poco, certo, rispetto alle urgenze del “che fare?”; ma almeno realistico. Così si annuncia il potenziamento sia del Fondo monetario internazionale (anche con diverse attribuzioni di vigilanza sui mercati finanziari) che della Banca mondiale. Meglio di niente: però le divisioni della diplomazia monetaria (il potere degli Usa di “fare” la politica monetaria planetaria; le opposte terapie anticrisi; la vexata quaestio della distribuzione dei costi della crisi medesima) restano tutte. D’altra parte, è regola di diplomazia, del denaro in particolare, il lasciar emergere, come a Londra, solo ciò su cui c’è consenso. Lo scopo è pure di scongiurare, col dissenso esplicito, il rischio di politiche economiche (dalla gessatura dei mercati finanziari al protezionismo) capaci di farci precipitare nel baratro. Restano i contrasti, sebbene sottotraccia. Il fatto è che al G20 si scontrano tre linee. Una (Usa, Gb e Cina) dice: prima lo sviluppo; la disciplina dei mercati segue. L’altra (guidata da Germania e Francia), paventando l’inflazione, frena sulla finanza per la crescita; ma soprattutto, temendo l’anarchia della finanza, vi antepone l’ordine delle regole. L’ultima, invece, riguarda re dollaro solo contro tutti a difendere il proprio ruolo sovrano negli scambi internazionali. Insomma, a Londra si è dovuto riconoscere che la diplomazia economico-monetaria è un ginepraio difficile da sciogliere.Difficile da sciogliere in un tour di Grandi di poche ore, specie se gli interessi posti sulla scacchiera dell’economia-mondo sono altamente contraddittori. Tuttavia, discettare sull’inutilità dei G7, G8 o G20 è eccessivo, perché i compromessi raggiunti sono comunque sempre meglio di nulla. Naturalmente, la vera speranza è che le iniezioni di liquidità d’oltreoceano (veri e propri calci monetari ai mercati) diano un elettrochoc al meccanismo reale-finanziario dell’economia capace di rimetterlo in moto. Perché questo, alleviando la pressione sociale sui palazzi, può scongiurare politiche guidate dal panico e consentire al contempo di ragionare più freddamente sulle regole. Certo, in apparenza, questi sono al massimo auspici per il post G20. Vero. Tuttavia questi stessi hanno probabilmente costituito quel filo di aspettative positive che hanno aiutato a scongiurare all’attuale G20 il cosiddetto “effetto Londra 1933”, quando la conferenza dei potenti del tempo fallì aprendo le porte, col protezionismo dell’allora presidente degli Usa Hoover, alla Grande depressione. Restano comunque sul campo i dissidi tra i protagonisti del G20 ed è facile prevedere che l’anti-deficit spending di Sarkozy, ma soprattutto del Cancelliere tedesco Merkel, continuerà a contrastare Washington. Contrapponendo agli States e a Pechino, orientati a spingere sulla domanda interna, una Vecchia Europa che punta (anche per l’invecchiamento della popolazione) più sull’export che sui consumi (al massimo tutelati rinforzando il welfare) onde evitare strappi alla finanza pubblica.«Basta debiti», dicono gli europei; ma «senza nuovi debiti degli istituti finanziari la macchina resta in panne», replicano gli Usa. Due diverse opinioni che nascondono un contrasto sulla tenuta del dollaro. La preoccupazione europea, in altri termini, è che la finanza pubblica in deficit degli States faccia crollare il prezzo del biglietto verde, producendo due effetti perversi. Il primo è di far saltare la competitività delle aziende di Eurolandia. Ma la cosa, in più, potrebbe pure creare, rendendo conflittuale il clima nei rapporti economici tra le rive dell’Atlantico, pesanti ripercussioni in sede Nato (non a caso il G20 continua a Baden con un bilaterale americano-tedesco sulle questioni militari). E questo si lega alla terza linea di frattura euroatlantica (ma qui Cina e Russia sarebbero dalla stessa parte, probabilmente con India e Brasile): quella attinente all’eccessivo ruolo di re dollaro nei pagamenti internazionali. La polemica, peraltro ora irricevibile dalla Casa Bianca, è che in tal modo è quest’ultimo a essere governato dalle decisioni monetarie (cioè dagli interessi nazionali) di Washington. E ciò, pure per la perdita di peso globale dell’economia degli Usa, crea tensioni e squilibri: di qui la richiesta di una “nuova valuta” (non-nazionale) per gli scambi dell’economia globale. Naturalmente, chi pone la questione sa che, almeno finché la supremazia militare degli States resterà ineguagliata, il dollaro resterà re. Però sempre più condizionabile. La sfida, annunciata al G20 esplicitamente da Cina e Russia, continuerà nel post G20 affinché re dollaro da sovrano assoluto passi a sovrano costituzionale. Il futuro della globalizzazione avrà anche questa partita da giocare.


Udine
La dirigente: le lezioni rimarranno sospese per tre giorni, ricorreremo alla telesorveglianza Scuola resta chiusa a causa dei vandalismi
All’istituto Volta bagni danneggiati e sistema informatico messo fuori uso

UDINE. Gli studenti mandano fuori uso i computer e la dirigente scolastica sospende per tre giorni le lezioni. Succede all’istituto privato Alessandro Volta, dove venerdì scorso alcuni allievi si sono introdotti nel sottoscala e hanno strappato il server informatico provocando un danno quantificato in 5 mila euro. E visto che i ragazzi non hanno rivelato i nominativi degli autori del danno, la dirigente ha sospeso le lezioni per tre giorni.


Tarvisio
Gli animali, tutti di razza, provenivano dalla Slovacchia
Il viaggio atroce di 92 cuccioli
Erano stipati dentro un furgone in mezzo alla sporcizia

TARVISIO. La Polizia di frontiera di Tarvisio ha stroncato l’altra notte all’ex valico di Coccau un nuovo traffico di cuccioli di razza provenienti dall’Est.


La missione della Snaidero per le ultime sei gare: cinque vittorie per la salvezza

di VALERIO MORELLI
UDINE. Per salvarsi alla Snaidero, fanalino di coda con 12 punti, serve un percorso quasi netto negli ultimi 6 turni di A: 5 vittorie, meno che a Siena inviolata. Solo così Udine ha buone chance di lasciarsi dietro 2 squadre, destinate alla Legadue: Gmac Fortitudo Bologna, penultima a quota 14 con una gara da recuperare, e Solsonica Rieti, terzultima a 16. Guai per la squadra arancione agli arrivi alla pari. A tre è in ogni caso ultima per classifica avulsa. A due è penalizzata dallo 0-2 negli scontri diretti con la Gmac, mentre con Rieti può ancora risistemare il -7 all’andata. Penultima, dunque, può arrivare soltanto da sola e per un eventuale ripescaggio è più utile con Bologna dietro e Rieti davanti.
Solsonica. Ammirevole sul campo e precaria in società, è partita da -2 per guai amministrativi di tipo contabile. Dribblati altri problemi finanziari a stagione in corso, nel ritorno, tra qualche sciopero generale negli allenamenti, perde i pezzi: capitan Prato, migrato a Cantù prima della 5ª di ritorno a Treviso; Pasco, fuggito a Ostenda, prima dell’ultima uscita a Teramo. Il club tenta di rimpatriarlo, ma senza il suo “verticale” e ridotta all’osso le ha buscate sode in Abruzzo: 85-58. Coach Lardo – sempre gettonato a Udine, ma ha offerte con ingaggi da scudetto o giù di lì – promette altri miracoli sul parquet. Intanto, ha pronostico chiuso con Siena e a Roma, che deve riscattare il blitz fatto da Ferrara. Poi può ridettare legge al palaSojourner con Cantù. Infine, ha tre sfide salvezza nell’ordine a Caserta, con Ferrara e a Udine. Mettiamo perda fuori e vinca l’unica in casa, fa 4 punti e sale a quota 20. Dalla sua ha il +3 negli scontri diretti con la Gmac e il +7 all’andata con Udine.Gmac. Nobile decaduta, è ospite sempre più stabile dei bassifondi in A. La cura Pancotto (21,4% di vittorie) non l’ha rivitalizzata dopo le 9 giornate con coach Sakota (44,4%), anche perché il club maschera a fatica con il progetto Parco delle stelle le difficoltà emerse nel ritardato tesseramento di Scales. Il blasone Fortitudo non ha evitato la ripetizione della gara monca con la Premiata Montegranaro, vinta 74-73, ma ha escluso la squalifica del palaDozza per la moneta in testa a Terry nel derby bolognese: 3.000 euro d’ammenda per offese e minacce agli arbitri, lancio di palle di carta senza colpire e la «tenuità» del lancio al giocatore avversario, rientrato in campo; la stessa domenica 1.000 euro a Cantù solo per offese agli arbitri e 1.500 a Roma, recidiva per irregolarità nello stop lamp. Ora è da sperare che Avellino domenica non si faccia sorprendere in casa dalla Gmac e che poi Milano continui a vincere. Di riffa o di raffa, Bologna riavrà i 2 punti nel recupero con Montegranaro, seconda di tre gare in casa in 7 giorni con l’abbordabile Scavolini Pesaro a chiudere. Poi, non dovrebbe rosicare punti a Cantù e Teramo, ma rispedire a casa battuta Caserta nel mezzo. Morale: 6 punti e a quota 20 come Rieti, con il 2-0 su Udine all’attivo e il -3 con i reatini al passivo.Snaidero. Nella volata salvezza dovrà superarsi. Non basterà anche solo il trittico di vittorie dell’andata con Ferrara, ad Avellino e con Biella, a campi invertiti. Dovrà infilare pure Treviso da Final eight d’Eurocup al Carnera e, reso omaggio a Siena, ribaltare al palasport dei Rizzi il -7 subìto a Rieti: 10 punti e salvezza a quota 22, sempre che Rieti e soprattutto Gmac non vadano oltre i 20.


VINITALY E’ l’ora dei bianchi Felluga: rilancio col “Friulano”

dall’inviato RENATO D’ARGENIO
VERONA. Vinitaly dice vini bianchi. I mercati locali e quelli mondiali dicono bianchi così come le mode (dettano legge anche nel settore vitivinicolo) e, se vogliamo, il difficile momento economico. E vini bianchi vuole dire Friuli Venezia Giulia. E’ per questo che l’edizione 2009 di Vinitaly si “gioca” moltissimo nel padiglione 6 della Fiera di Verona; quello diviso dalla nostra Regione con il Trentino Alto Adige. E’ per questo che la “sconfitta” Friulano-Tocai – con tutti i fondi per la promozione che garantirà – può trasformarsi in “vittoria”.
«Indubbiamente il momento è favorevole alla nostra regione – attacca il presidente di Confagricoltura Fvg, Giorgio Colutta – e dobbiamo approfittarne. Il mercato si riavvicina con crescente interesse ai vini bianchi e per il Fvg una grossa opportunità è rappresentata dal Friulano e dalla sua dotazione finanziaria: i 10 milioni per la promozione potrebbero essere la testa d’ariete per affermare un marchio legato al nostro territorio e allo stesso tempo per affiancarlo agli altri bianchi di eccellenza. Credo che questo sia lo strumento da utilizzare in assoluta velocità: il mondo corre». Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente di Coldiretti, Dario Ermacora: «Se vogliamo trasformare la sconfitta-Tocai in opportunità bisogna fare in fretta». Di più: «Dobbiamo assolutamente migliorare la comunicazione: siamo tanti e piccoli e sa da un punto di vista qualitativo è un pregio dal punto di vista del marketing è penalizzante. In qualche modo – continua Ermacora – le istituzioni dovrebbero creare un sistema di coordinamento della comunicazione (una sorta di Turismo Fvg, ndr). Siamo consapevoli che i soldi sono sempre meno, ma è un motivo in più per pianificare l’immagine. Bisogna “vendere” il vigneto Friuli usando come cavallo di Troia il Friulano che, indubbiamente ha il vantaggio che quasi tutti ne hanno sentito parlare o conoscono il caso. Un prodotto che negli ultimi anni è migliorato tantissimo».«Finalmente c’è più spazio per i bianchi – continua il presidente di della Federazione consorzi vini doc Fvg, Stefano Trinco -: i rossi erano diventati troppo “polposi”, troppo strutturati, per cui il cliente, con il tipo di consumo che si fa oggi dei vini e del cibo, vuole prodotti facilmente abbinabili: più leggeri. Vanno molto i vini semplici: gli inglesi e gli statunitensi chiedono vini “easy” e noi siamo la patria dei vini “easy” bianchi. Non possiamo non approfittarne. Il Friulano è il vino bandiera, un vino semplice e nello stesso tempo complesso o dal lungo invecchiamento. Ha le caratteristiche per diventare, su tutta la filiera, un prodotto di grande qualità».Elda Felluga, presidente del Movimento Turismo del Vino: «Il Friuli si è sempre distinto per una produzione di eccellenza particolarmente per i vini bianchi: eleganti, di grande personalità, espressione di un variegato e magnifico territorio. Il Friulano può essere, se ben comunicato, una futura chiave di rilancio per tutto il comparto».«Erano anni che aspettavamo questo momento – conclude Bepi Pucciarelli della Turismo Fvg –: in tempi non sospetti i produttori dicevano «Fvg terra di grandi vini Bianchi», ora approfittiamone. Il bianco più diffuso è il Pinot Grigio: circa il 20%. Purtroppo si produce prevalentemente nella zona delle grave e parte della produzione è svenduta fuori regione come vino da tavola. L’obiettivo, quindi, diventa la qualità; questa piccola regione, che rappresenta il 2% della produzione nazionale, vuole emergere».L’assessore Violino. Intanto l’assessore regionale all’Agricoltura, Violino risponendo al suo predecessore Marsilio sostine che non c’è stato alcun taglio alla promozione, anzi è migliorata. «Abbiamo chiuso la partita – dice – sui 10 milioni di euro interamente pubblici avviando un percorso molto più semplice tra due interlocutori: Ministero e Regione»


Il premio Terzani 2009 a Rashid: uno sguardo sul caos dell’Asia centrale

Il giornalista pachistano Ahmed Rashid è il vincitore del premio Terzani 2009. Lo ha annunciato la giuria, che ha assegnato il riconoscimento all’autore di Caos Asia. Il fallimento occidentale nella polveriera del mondo, edito da Feltrinelli (2008), «per un lavoro maturato negli anni, con attenzione e autonomia intellettuale». Esperto osservatore degli scenari geopolitici dell’Asia centrale, Rashid è una voce autorevole del giornalismo internazionale. Il suo Talebani, pubblicato in Italia nel 2001, ha ottenuto un successo mondiale ed è stato tradotto in 26 lingue. «Di fronte a un vuoto profondo di conoscenza – si legge nella motivazione –, Caos Asia descrive in modo implacabile la discesa verso il disordine di una intera regione dell’Asia centrale, considerata dai paesi confinanti e dall’Occidente zona di libera, piena interferenza».La giuria del premio – presieduta da Angela Terzani e composta da nomi illustri del giornalismo: Giulio Anselmi, Toni Capuozzo, Andrea Filippi, Ettore Mo, Valerio Pellizzari, Peter Popham e Paolo Rumiz – ha apprezzato l’elevato valore informativo del libro, che svela allo sguardo occidentale il vero volto della tragedia afgana, scavalcando tutto un filone di scritti approssimativi e spesso fuorvianti: «I lettori comuni – così conclude la motivazione – leggeranno nelle sue pagine senza folclore quello che gli afgani sotto tutela straniera non hanno potuto raccontare e che la grande politica non ha saputo vedere». Angela Terzani ha sottolineato come Caos Asia dimostri quanto sia stata improduttiva la politica di sicurezza dell'Occidente dopo l’11 settembre, e quanto sia urgente invertirne il corso.«Sono felice di ricevere questo riconoscimento – ha dichiarato Ahmed Rashid – e considero un grande onore che mi venga assegnato nel nome di Tiziano Terzani, che ho avuto la fortuna di conoscere e stimare. Chiunque lo abbia incontrato non può non averne apprezzato le straordinarie doti di uomo e di giornalista». Il Premio letterario internazionale Tiziano Terzani, quest’anno alla quinta edizione, è stato istituito dall’Associazione culturale vicino/lontano di Udine in collaborazione con la famiglia Terzani. Sarà consegnato a Rashid a Udine, sabato 9 maggio, da Angela Terzani e dal vincitore del 2008, il giornalista dell’Espresso Fabrizio Gatti, nel corso dell’edizione 2009 di Vicino/lontano. Identità e differenze al tempo dei conflitti. Lo stesso giorno, Ahmed Rashid incontrerà il pubblico nel pomeriggio, intervistato dall’editorialista della Stampa Valerio Pellizzari.Il premio Terzani è fin dalla prima edizione del 2005 il perno di Vicino/lontano. Identità e differenze al tempo dei conflitti. Studiosi di discipline diverse e di diverso orientamento si confronteranno in pubblici dibattiti sulle grandi questioni aperte del nostro tempo e, in particolare, sui mutamenti profondi che stanno investendo scienza, saperi, economie, storie e tradizioni, accettando il presupposto che solo a partire da un'analisi disincantata – e il più possibile plurale – delle trasformazioni in atto sia possibile dotarsi di una plausibile visione del futuro e tentare di assumere comportamenti realistici e culturalmente/eticamente responsabili. Tra gli ospiti della prossima edizione: Bill Emmott, Marta Dassù, Gad Lerner, Renzo Guolo, Benjamin Barber, Francesco Remotti, Roberto Scarpinato, Lucio Caracciolo, Giancarlo Bosetti, Massimo Teodori, Marcello Veneziani.La rassegna si terrà dal 7 al 10 maggio, sotto l’alto patronato del presidente della Repubblica. Quattro giorni di incontri e dibattiti, lezioni e conferenze, mostre e spettacoli per tentare di comprendere la complessità del mondo in cui viviamo.


Fini plaude alla Consulta: decisione che rende giustizia alle donne

ROMA. Divide la politica la pronuncia della Consulta che ha dichiarato parzialmente illegittima la legge sulla fecondazione assistita. A intervenire con parole più che esplicite in difesa della sentenza è stato ieri il presidente della Camera, Gianfranco Fini. «E’ una sentenza che rende giustizia alle donne italiane, specie in relazione alla legislazione di tanti paesi europei», ha detto.
Ma il leader di centrodestra è andato oltre. «Fermo restando che occorrerà leggere le motivazioni della Corte - ha aggiunto - mi sembra fin d’ora evidente che quando una legge si basa su dogmi di tipo etico-religioso, è sempre suscettibile di censure di costituzionalità, in ragione della laicità delle nostre istituzioni».Con il presidente della Camera, dalle file del Pdl, si è subito schierata Alessandra Mussolini. «E’ una bella vittoria. Finalmente le donne non sono più considerate dei semplici contenitori. Fini sono andata a baciarmelo», ha detto la Mussolini annunciando "barricate" contro l’eventuale emanazione di nuove linee guida, già annunciate dal governo, che fossero tese a scavalcare questa sentenza.Ancora più chiara, per rimanere nell’area della disciolta An, la presidente della commissione Giustizia di Montecitorio Giulia Bongiorno: «E’ una bocciatura su cui non avevo dubbi. L’obbligo di impiantare tre embrioni coattivamente era palesemente incostituzionale e ha avuto conseguenze concrete estremamente gravi su moltissime donne», ha detto la penalista definendo la legge 40 «una legge discriminatoria e contraddittoria colpita nel suo cuore».La pronuncia del Consulta è stata «positiva e saggia», anche per la parlamentare del Pd Livia Turco. «Spero in un dibattito in cui si tenga conto della realtà, dei dati applicativi e in cui si abbia l’umilità di ascoltare cosa avviene nel paese», ha commentato. Sulla stessa linea Silvana Maura, deputata Idv. «Quando si legifera in maniera ideologica i risultati non possono che essere negativi».Di ben diversa opinione invece il presidente dell’Udc, Rocco Buttiglione. «Credo sia ora che qualcuno dica che l’indirizzo giurisprudenziale della Consulta è sbagliato. Così non si rispetta la volontà dei padri fondatori sulla centralità della vita e della famiglia», ha dichiarato. Più pacato il segretario dell’Unione, Pierferdinando Casini. «Rispetto la Corte Costituzionale; aspetto di leggere le motivazioni di una sentenza che peraltro riguarda parti limitate della legge; respingo al mittente l'idea che la laicità dello Stato si debba difendere con slogan contro lo stato etico, che in Italia ha avuto l'unica pratica applicazione durante il fascismo».

BUJA
Monte diverrà il “borgo della medaglia”

UDINE
Banda della colla in azione anche in via del Gelso

SEDEGLIANO
Marciapiedi contestati Stop ai lavori

MANZANO
Scuola multietnica Rappresentate 28 nazioni

La Regione: investimenti per garantire un servizio migliore nelle ferrovie

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Segue la prima pagina de Il Gazzettino, edizione Friuli

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Il pm ha calcolato il danno di immagine patito dalla Provincia e le spese per le nuove elezioni
Strassoldo, caso da 420mila euro
Cifra quantificata dalla Procura della Corte dei conti dopo l’accordo elettorale con Tavoschi

Trieste NOSTRO INVIATO Un grave danno all’immagine della Provincia di Udine, innanzitutto. Ma anche un danno economico materiale, vale a dire le spese per organizzare nuove elezioni provinciali quattro anni prima del tempo: è quanto contesta formalmente la Procura regionale della Corte dei conti a Marzio Strassoldo, presentando ai giudici un conto complessivo pesante: 420mila euro. La Sezione giurisdizionale della Corte fisserà quanto prima la data del processo pubblico per responsabilità in relazione al danno erariale. L’inchiesta, sviluppata dalla viceprocuratrice Tiziana Spedicato sotto il coordinamento del procuratore Maurizio Zappatori, si è appena conclusa con la quantificazione del danno e le richieste finali, che ora i magistrati giudicanti dovranno vagliare anche alla luce dei documenti della difesa. Il caso prende le mosse dall’ormai celebre accordo pre-elettorale raggiunto da Strassoldo con l’ex vicesindaco di Udine, Italo Tavoschi. Lo scandalo divenne pubblico nel settembre 2007, vale a dire pochi mesi dopo che Strassoldo era diventato per la seconda volta presidente a Palazzo Belgrado. Al termine di una lacerante vicenda politica con forti impatti mediatici, il presidente uscì di scena e si andò nuovamente alle urne. Nell’aprile dell’anno scorso, infine, gli elettori sancirono la vittoria del Centrodestra e del suo candidato, l’ex parlamentare della Lega Pietro Fontanini. La Procura contabile di Trieste, che si è mossa in parallelo con quella ordinaria del capoluogo friulano, contesta l’accordo illegittimo - che Strassoldo e Tavoschi formalizzarono nero su bianco - per statuire un aiuto in termini di consensi elettorali da parte del secondo a beneficio del primo. Strassoldo, da parte sua, se rieletto (cosa che in effetti avvenne) avrebbe dovuto procurare a Tavoschi un incarico dirigenziale strutturale in Provincia della durata di cinque anni (la nuova legislatura) o in alternativa un incarico dirigenziale basato su un contratto a progetto della durata di tre anni. Strassoldo non fece nulla di tutto questo, suscitando le rimostranze di Tavoschi e da ultimo la sua pubblica "denuncia", che fu anche autodenuncia, di quel pezzo di carta con le loro firme. L’ex presidente si è sempre difeso esprimendo la propria buona fede, al punto da aver messo per iscritto l’accordo contestato. La Procura della Corte dei conti ha valutato la richiesta del danno erariale anche sulla scorta del "prezzo" del patto illegittimo che sarebbe stato mirato a scambiare i voti degli elettori con un pubblico incarico. Maurizio Bait


vicino/lontano
Il Premio Terzani al giornalista Rashid

Udine Il giornalista pakistano Ahmed Rashid, una delle più autorevoli voci della stampa internazionale e autore di "Caos Asia", è il vincitore del Premio Terzani 2009. Esperto osservatore degli scenari geopolitici dell’Asia centrale, è stato scelto dalla giuria per «un lavoro maturato negli anni, con attenzione e autonomia intellettuale». Il suo "Talebani", pubblicato in Italia nel 2001, ha ottenuto un successo mondiale ed è stato tradotto in 26 lingue. «Di fronte a un vuoto profondo di conoscenza – si legge nella motivazione – "Caos Asia" descrive in modo implacabile la discesa verso il disordine di una intera regione dell’Asia centrale, considerata dai paesi confinanti e dall’Occidente zona di libera, piena interferenza». La giuria del premio ha apprezzato l’elevato valore informativo del libro, che svela allo sguardo occidentale il vero volto della tragedia afgana, scavalcando tutto un filone di scritti approssimativi e spesso fuorvianti: «I lettori comuni – così conclude la motivazione - leggeranno nelle sue pagine senza folklore quello che gli afgani sotto tutela straniera non hanno potuto raccontare e che la grande politica non ha saputo vedere». Angela Terzani, presidente della giuria, ha sottolineato come "Caos Asia" dimostri quanto sia stata improduttiva la politica di sicurezza dell'Occidente dopo l’11 settembre, e quanto sia urgente invertirne il corso. Il Premio letterario, quest’anno alla sua quinta edizione, è stato istituito dall’associazione culturale vicino/lontano di Udine in collaborazione con la famiglia Terzani. Sarà consegnato a Rashid il 9 maggio da Angela Terzani e dal vincitore del 2008, il giornalista dell’Espresso Fabrizio Gatti, nel corso dell’edizione 2009 di “Vicino/lontano. Identità e differenze al tempo dei conflitti”.


I vicini lamentavano rumori. Ieri pomeriggio l’atto è stato eseguito dalla polizia municipale
"Provinciali", sigilli notturni
Per il locale il provvedimento del gip varrà solo dopo le 21

Udine Un altro locale tra i più frequentati del centro storico udinese finisce nel mirino delle autorità in seguito alle lamentele dei vicini per il rumore eccessivo. Nel pomeriggio di ieri la polizia comunale ha eseguito un provvedimento di sequestro del bar trattoria "Ai provinciali", disposto dal gip Paolo Alessio Vernì su richiesta del pm Lucia Terzariol. Il locale, gestito da Massimo Cubesi, assistito dall’avvocato Federico Mauro, è situato in via della Prefettura quasi all’angolo con via Manin. Mentre nelle ore diurne è punto di riferimento soprattutto dei tanti lavoratori in pausa pranzo, la sera la sua clientela cambia ed è più giovanile. La musica però ha determinato numerose telefonate di protesta e interventi delle forze dell’ordine. Sono state compiute anche verifiche strumentali con la collaborazione dell’Arpa negli alloggi dei cittadini che apparivano come maggiormente disturbati e alla luce di questi si è arrivati alle prescrizioni di ieri. Da sottolineare che il Gip ha tenuto conto della doppia anima del locale e ha dato la possibilità al titolare di continuare a lavorare, soltanto però dalle 7 alle 21. La chiusura "a tempo" è in vigore con effetto immediato.


Corsa contro il tempo per salvare la Caffaro

La Caffaro (Gruppo Snia) di Torviscosa si è impegnata a presentare formalmente, e in tempi brevi, una nuova proposta per giungere alla transazione del danno ambientale. L'impegno è stato preso in un incontro, ieri a Roma, del governatore Renzo Tondo, con i vertici aziendali e i ministeri dell'Ambiente e dello Sviluppo economico. La proposta appare come premessa necessaria per rendere possibile una soluzione alternativa al fallimento della società proprietaria dello stabilimento di Torviscosa. «Su questo problema - ha commentato Tondo - siamo costantemente impegnati». Prima di aprire il confronto con i vertici della Caffaro, la situazione era stata esaminata congiuntamente da rappresentanti degli enti pubblici coinvolti nella situazione. Non appena la Caffaro formalizzerà la nuova proposta il tavolo si riunirà immediatamente per la sua valutazione.

REGIONE
Volontari della sicurezza Seganti: «È vero senso civico»

Il Consiglio regionale ha approvato tre dei 27 articoli di cui si compone la riforma della sicurezza e della polizia locale Il voto finale è atteso per la prossima settimana L’assessore Seganti ha difeso con forza la legge su cui il centrodestra ha fatto quadrato: «Essere volontari eleva il senso civico»


3 APRILE 1077-2009
Patrie dal Friûl: la data ricorda quando è nato il Friuli d’oggi

Udine Cresce di anno in anno il numero di amministrazioni, di enti e associazioni che ricordano oggi il 3 aprile del 1077, data di fondazione dello stato friulano. Si ricorda oggi il primo documento ufficiale con cui da parte dell’imperatore Enrico IV, veniva riconosciuto a questo popolo, a questo territorio non solo una sua particolarità naturale, ma anche il suo diritto ad organizzarsi in istituzione politica. Stiamo parlando di mille anni fa sia dal punto di vista strettamente temporale sia da quello delle strutture pubbliche. Eppure anche in questa manifestazione della storia appare la singolarità del Friuli: chi mai prima di allora avrebbe potuto ad esempio pensare ad una qualche forma di rappresentanza, oggi la chiameremmo democrazia, ad un Parlamento in funzione, prima di quello inglese, su cui invece puntano l’attenzione i libri scolastici? Qui però non si tiene una lezione di medioevalistica e neppure un’orazione funebre per i tempi antichi. La constatazione, quella sì invece, che fin dal 1077 la "Patrie dal Friûl" non rappresenta un sentimento o una scritta sulle carte geografiche, ma un’affermazione di princìpi, adeguatamente codificati. Se fosse necessario precisare: il proseguimento naturale della chiesa aquileiese, fattasi Patriarcato e, con la definizione "Stato", divenuta compiuta sintesi geopolitica. Il presidente della Regione, Ballaman, ha aperto ieri i lavori del consiglio ricordando il 3 aprile. Un discorso, un fatto rilevante nella, ancora presente, ritrosia a trattare l’argomento da parte di molti esponenti di partito, di entrambi gli schieramenti. Ma la Festa oggi è ancor più bella grazie alla notizia che tra i sei vincitori del concorso indetto dalla Provincia di Udine dal titolo "Disegna la storia del Friuli" al secondo posto si è classicato un giovanissimo studente di Cordovado. Si chiama Enrico Truong Nguyen e ha preso colori e matite per rappresentare l’arrivo dei barbari. Enrico è figlio di Truong Wu, un vietnamita arrivato qui 30 anni fa, dove ha sposato Lucia Cristante. Il Friuli oggi è questo, fedele alle sue radici, aperto al nuovo, con la precisa consapevolezza che l’essere considerato Stato per oltre quattro secoli, non fu per errore o per distrazione. Andrea Valcic


Sequestrati 92 cuccioli

Viaggiavano in condizioni igieniche spaventose, tra i loro escrementi, ammassati in gabbiette stipate in un furgone che arrivava dalla Slovacchia. La Polterra di Tarvisio ieri ha sequestrato 92 cuccioli di razza e denunciato due slovacchi per maltrattamento di animali.


L’arte va all’asta per aiutare il sociale

Giovanni Borta, i fratelli Caneva e Giorgio Celiberti sono solo alcuni dei 31 artisti, provenienti da ogni capoluogo di provincia, che il 18 aprile (ore 15) si riuniranno a palazzo Kechler, in piazza XX Settembre a Udine, per mettere all’asta le proprie opere. Il ricavato sarà devoluto alla "Staffetta della speranza" per l’acquisto di Fibroscan, un macchinario che permette una diagnosi rapida e indolore del fegato. Costa 84.500 euro e verrà destinato al Centro trapianti di Udine. Ad oggi la Staffetta ha raccolto 40mila euro.


CALMA E GESSO
La Storia ridotta a reminiscenze di spot pubblicitari con i Crociati che diventano i legamenti di Di Natale

La "bestia nera" per molti studenti, Marco in testa, continua ad essere la storia: quasi come se il tempo che passa fosse qualcosa che è meglio dimenticare, e non vi fosse alcuna speranza per quei disadattati "feticisti della memoria" che sono gli storici. Gente che evidentemente non sa vivere il presente tanto che si rifugia in ponderosi e polverosi tomi per dare un senso alla propria vita: servirebbe loro una cura disintossicante a base di "reality" da vivere giorno per giorno, "talent show" da misurare sfida dopo sfida, telenovelas da gustarsi centellinando puntata su puntata. Anche perché, diciamolo, a cosa serve la storia? A studiare la biografia di grandi personaggi? Macché. Di Gandhi basta sapere che "è quello della Telecom": tanto che "Mahatma" dev’essere associato a qualche nuova offerta. Stalin? Metteva i prigionieri politici nei "gulasch", che devono essere stati gulag al confine con l’Ungheria, e prossimi a vaste distese di paprika. La parabola di Gabriele D’Annunzio si è chiusa non al Vittoriale ma al "Litorale degli Italiani", una residenza che effettivamente sta sul Lago di Garda, chi può smentirlo? Come è difficile spiegare che Vasco de Gamma, se non gli si mette una "m" sola, potrebbe essere il fratello di Vasco de Alfa e Vasco de Beta. I refusi storici si sprecano: basta avere la pazienza di raccoglierli senza sbellicarsi. Ad esempio, è bene sapere che i "conquistadores" spagnoli oltre a Incas ed Aztechi eliminarono definitivamente dalla faccia della terra anche i "tacos". È vero, son roba dell’America centrale, ma basta pranzare in un ristorante messicano per vedere che sono vivi e vegeti. E i Crociati? Sono i legamenti che si è stirato Di Natale... Al culmine della rivoluzione agricola dell’anno Mille furono sperimentate dai contadini la rotazione triennale e l’inseminazione artificiale... Ma perché tanto odio per una materia che parrebbe inoffensiva solo se studiata con un minimo impegno? Qualche data, qualche causa o conseguenza, una o due biografie e anche il più rigido degli insegnanti dovrebbe arrendersi all’evidenza. E invece l’allergia alla storia è dilagante perché forse è proprio il senso della storia che non si riesce a comunicare: e questa disciplina è sotto accusa perché probabilmente oggi sin dal nucleo della propria famiglia i ragazzi sono abituati a relegare il passato nell’ufficio delle cose dimenticate, dando anche alle persone che ne sono depositarie un valore relativo, formale ma non sostanziale. A meno che non divengano icone, magari di una compagnia telefonica.

TURISMO
Gli albergatori chiedono una moratoria sui nuovi hotel

LATISANA
Acquistata villa Samueli si amplia la casa di riposo

UDINESE
Leonardi: «Abbiamo voglia di riaprire il campionato»

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Infine la prima pagina de Il Piccolo di Trieste

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IL VASCELLO SUI FONDALI DI GRADO
Monili e gioielli scoperti sul relitto del ”Mercurio”
Tesoro a 17 metri di profondità dal 1812: recuperato solo in parte

ACCORDO RAGGIUNTO A FATICA AL VERTICE DI LONDRA. LE BORSE VOLANO
Il G20 punta mille miliardi contro la crisi
Stop ai paradisi fiscali. Obama: «È la svolta». Berlusconi: «Visto? Siamo uniti»

LONDRA È di altri mille miliardi la scommessa del G20 contro la crisi. I fondi andranno all'Fmi e alle altre istituzioni finanziarie internazionali entro la fine del 2010 a sostegno della ripresa dell'economia mondiale. La misura fa parte di un pacchetto faticosamente messo a punto al vertice di Londra. Inoltre è stata stilata una lista nera dei Paesi paradisi fiscali: verranno isolati. Soddisfatto Obama: «È la svolta». Berlusconi: «Una dimostrazione di unità». E le borse volano.


IN FUGA DALLA RIFORMA GELMINI
Alunni italiani iscritti alla scuola in Slovenia
Da Muggia all’elementare di Crevatini. I genitori: «Oltreconfine è meglio»

TRIESTE La contestata riforma voluta dal ministro Maria Stella Gelmini proietta troppe incertezze sulla scuola italiana. Almeno così la pensa un nutrito manipolo di genitori residenti a Muggia. Che hanno escogitato un’alternativa: iscrivere i propri pargoli alla scuola elementare di lingua italiana di Crevatini, in Slovenia, pochi chilometri dal confine. «Lì è molto meglio», sostengono.


ANALISI DELL’INTESA
MINIMALISTA MA REALISTA di FRANCESCO MOROSINI

Il sipario del G20 di Londra chiude con un accordo minimalista lasciando i sorrisi per foto ricordo fatte per mascherare i contrasti tra i Grandi. Poco, certo, rispetto alle urgenze del ”che fare?”; ma, almeno, realistico. Così si annuncia il potenziamento del Fondo monetario internazionale (anche con diverse attribuzioni di vigilanza sui mercati finanziari) che della Banca mondiale. Meglio di niente: però le divisioni della diplomazia monetaria (il potere degli Usa di "fare" la politica monetaria planetaria; le opposte terapie anticrisi; la vexata questio della distribuzione dei costi della crisi medesima) restano tutte. D'altra parte, è regola di diplomazia, del denaro in particolare, di lasciar emergere, come a Londra, solo ciò su cui c'è consenso. Lo scopo è pure di scongiurare, col dissenso esplicito, il rischio di politiche economiche (dalla gessatura dei mercati finanziari al protezionismo) capaci di farci precipitare nel baratro. Restano i contrasti, sebbene sottotraccia. Il fatto è che al G20 si scontrano tre linee. Una (Usa, Gb e Cina) dice: prima lo sviluppo; la disciplina dei mercati segue; l'altra (guidata da Germania e Francia), paventando l'inflazione, frena sulla "finanza per la crescita"; ma soprattutto, temendo l'anarchia della finanza, vi antepone l'ordine delle regole. L'ultima, invece, riguarda Re dollaro "solo contro tutti" a difendere il proprio ruolo sovrano negli scambi internazionali.Insomma, a Londra si è dovuto riconoscere che la diplomazia economico-monetaria è un ginepraio difficile da sciogliere in un tour di Grandi di poche ore, specie se gli interessi posti sulla scacchiera dell'economia/mondo sono altamente contraddittori.
Tuttavia, discettare sull'inutilità dei G7, G8 o G20 è eccessivo perché i compromessi raggiunti sono comunque sempre meglio di nulla. Naturalmente, la "vera" speranza è che le iniezioni di liquidità d'oltreoceano (veri e propri "calci monetari" ai mercati) diano un elettroshock al meccanismo reale/finanziario dell'economia capaci di rimetterlo in moto. Perché questo, alleviando la pressione sociale sui Palazzi, può scongiurare politiche guidate dal panico e consentire, al contempo, di ragionare più freddamente sulle regole. Certo, in apparenza, questi sono al massimo auspici per il post G20. Tuttavia questi stessi hanno probabilmente costituito quel filo di aspettative positive che hanno aiutato a scongiurare all'attuale G20 il cosiddetto "effetto Londra 1933", quando la conferenza dei potenti del tempo fallì aprendo le porte, col protezionismo dell'allora presidente degli Usa Hoover, alla Grande depressione.Restano comunque sul campo i dissidi tra i protagonisti del G20; ed è facile prevedere che l'anti deficit spending di Sarkozy, ma soprattutto del Cancelliere tedesco Merkl, continuerà a contrastare Washington. Contrapponendo agli States e a Pechino, orientati a spingere sulla domanda interna, una Vecchia Europa che punta (anche per l'invecchiamento della popolazione) più sull'export che sui consumi (al massimo tutelati rinforzando il welfare) onde evitare strappi alla finanza pubblica.«Basta debiti» dicono gli europei; ma «senza nuovi debiti degli istituti finanziari la macchina resta in panne» replicano gli Usa. Due diverse opinioni che nascondono un contrasto sulla tenuta del dollaro. La preoccupazione europea, in altri termini, è che la finanza pubblica in deficit degli States faccia crollare il prezzo del biglietto verde producendo due effetti perversi. Il primo è di far saltare la competitività delle aziende di Eurolandia. Ma la cosa, in più, potrebbe pure creare, rendendo conflittuale il clima nei rapporti economici tra le rive dell'Atlantico, pesanti ripercussioni in sede Nato (non a caso il G20 continua a Baden con un bilaterale americano/tedesco sulle questioni militari). E questo si lega alla terza linea di frattura euro-atlantica (ma qui Cina e Russia sarebbero dalla stessa parte probabilmente con India e brasile): quella attinente all'eccessivo ruolo di Re dollaro nei pagamenti internazionali.La polemica, peraltro ora irricevibile dalla Casa Bianca, è che in tal modo è quest'ultimo a essere governato dalle decisioni monetarie (cioè dagli interessi nazionali) di Washington. E ciò, pure per la perdita di peso globale dell'economia degli Usa, crea tensioni e squilibri: di qui la richiesta di una "nuova valuta" (non-nazionale) per gli scambi dell'economia globale. Naturalmente, chi pone la questione sa che, almeno finchè la supremazia militare degli States resterà ineguagliata, il dollaro resterà Re. Però sempre più condizionabile. La sfida, annunciata al G20 esplicitamente da Cina e Russia, continuerà nel post G20 affinché Re dollaro da sovrano assoluto passi a sovrano costituzionale. Il futuro della globalizzazione avrà anche questa partita da giocare.Francesco Morosini


IL NO ALLA LEGGE 40
Fecondazione Fini: «Ha ragione la Consulta»

di NATALIA ANDREANI
ROMA Divide la politica la pronuncia della Consulta che ha dichiarato parzialmente illegittima la legge sulla fecondazione assistita. A intervenire con parole più che esplicite in difesa della sentenza è stato ieri il presidente della Camera, Gianfranco Fini. «È una sentenza che rende giustizia alle donne italiane, specie in relazione alla legislazione di tanti paesi europei», ha detto in una nota.Ma il leader di centrodestra è andato oltre. «Fermo restando che occorrerà leggere le motivazioni della Corte - ha aggiunto - mi sembra fin d’ora evidente che quando una legge si basa su dogmi di tipo etico-religioso, è sempre suscettibile di censure di costituzionalità, in ragione della laicità delle nostre istituzioni».Con il presidente della Camera, dalle file del Pdl, si è subito schierata Alessandra Mussolini. «È una bella vittoria. Finalmente le donne non sono più considerate dei semplici contenitori. Fini sono andata a baciarmelo», ha detto la Mussolini annunciando «barricate» contro l’eventuale emanazione di nuove linee guida, già annunciate dal governo, che fossero tese a scavalcare questa sentenza.La pronuncia del Consulta è stata «positiva e saggia», anche per la parlamentare del Pd Livia Turco, convinta che questa decisione serva a riaprire un dibattito tecnico e pacato. Pacata la reazione del segretario dell’Unione, Pier Ferdinando Casini. «Rispetto la sentenza della Corte, ma ritengo che questa enfasi sia fuori misura», ha commentato aggiungendo di non ritenere che la legge sia stata demolita. «L’impalcatura del provvedimento non mi sembra affatto ne sia uscita toccata. Respingo al mittente l'idea che la laicità dello Stato si debba difendere con slogan contro lo Stato etico, che in Italia ha avuto l'unica pratica applicazione durante il fascismo», ha detto il leader Udc.In attesa delle motivazioni della sentenza della Corte che dovrebbero fornire elementi di chiarimento, le interpretazioni sul «cosa succede adesso» si contrappongono in senso più o meno restrittivo. Tra gli addetti ai lavori c’è grande incertezza: i centri specializzati lamentano la mancanza di indicazioni concrete, mentre l’annuncio di nuove linee guida alla legge da parte del sottosegretario al Welfare Eugenia Roccella ha fatto aumentare i dubbi. La vice-Segretaria dell’Associazione Coscioni e presidente di Amica Cicogna Filomena Gallo lancia un messaggio chiaro: "Con le linee guida non è possibile in alcun modo reinserire disposizioni giudicate incostituzionali dalla Corte in una legge, ma non è possibile neanche ripristinare il divieto di analisi pre-impianto. Se un atto di tale contenuto fosse emanato inevitabile sarebbe una sentenza di illegittimità della magistratura".Per il responsabile di alcuni centri di procreazione e presidente dell’Osservatorio sul turismo procreativo Andrea Borini "il punto fermo è che non è più obbligatorio fecondare tre ovociti né trasferire tre embrioni. Finché non ci saranno linee guida in proposito, si adotterà il sistema che si ritiene più giusto, caso per caso"."Le legge ha bisogno di manutenzione", ha detto ieri il presidente della Società italiana di ostetricia e ginecologia, Giorgio Vittori, lanciando la proposta di "un tavolo condiviso tra società scientifiche, istituzioni e associazioni di pazienti". La sentenza, comunque, dovrebbe contribuire a ridurre il fenomeno del ’turismo procreativo’: sono circa 10.000, ricorda la Società italiana di studi di medicina della riproduzione, le coppie italiane che, ogni anno, si rivolgono ai centri esteri di procreazione assistita.


«Ecco come Silvio ha preso il Paese» di ALESSANDRO MEZZENA LONA

C’era chi seppelliva Silvio Berlusconi con una risata. Chi gli dava al massimo un anno di vita sul palcoscenico della politica italiana. Chi si limitava a urlare che il padrone della Fininvest si trascinava dietro un plateale conflitto d’interessi. Ma una cosa è certa: nessuno, quel 26 gennaio del 1994, poteva immaginare che lo ”scendo in campo” pronunciato dal Cavaliere in un messaggio video era solo il preludio di una lunga storia. Che avrebbe finito per cambiare l’Italia.Di giornalisti bravi, in quegli anni, il ”Corriere della Sera” ne aveva molti. Ma il direttore Paolo Mieli decise di affidare a una giovane, rampante cronista il compito di tallonare l’«alieno» piombato nei sacri recinti della politica romana. A Maria Latella disse solo: ”Ti mandiamo a Roma, alla redazione politica». Era una promozione sul campo, quella, una grande sfida professionale. Ma anche un biglietto per l’Inferno, visto che lei, allora, era mamma di una bambina piccola. E doveva arrabattarsi tra casa e redazione, con ritmi degni del più infaticabile maratoneta.La storia di quegli anni, di come è cambiata la politica italiana, di come un partito nuovo di zecca, Forza Italia, ha dato rapidissima scalata alla stanza dei bottoni, Maria Latella, che adesso dirige il settimanale ”A” e conduce un programma di attualità e politica su Skytg 24, ha voluto ripercorrerla in un libro. Si intitola ”Come si conquista un Paese. I sei mesi in cui Berlusconi ha cambiato l’Italia”, lo pubblica Rizzoli (pagg. 334, euro 19), e viene presentato domani nella Sala Alessi del Circolo della Stampa di Trieste, in corso Italia 13, alle 17.30. A dialogare con l’autrice sarà Fabio Amodeo.«Sono una cronista, non una storica»: Maria Latella ha raccontato la rapidissima ascesa di Berlusconi al Potere con il piglio e la precisione di una giornalista di razza. Dimostrando come, in Italia, quasi tutti pensavano che gli ”azzurri” sarebbero passati come una meteora. Che gli elettori avrebbero messo in soffitta il Cavaliere dopo il primo, inevitabile soprassalto di curiosità.«Ho scritto questo libro per due ragioni - spiega Maria Latella -. La prima è perché sono convinta che tra la fine del 1993 e l’inizio del ’94, in sei mesi, si è deciso il futuro dell’Italia per i successivi 15 anni. E i giovani cronisti come me, ma anche i giornalisti parlamentari più navigati, non l’hanno capito. Adesso, spero che il mio ”Come si conquista un Paese” aiuti a comprendere un po’ di più».La seconda ragione?«In quei mesi è cambiato anche il modo di essere giornalisti. Di seguire la politica. E siccome quello è stato un periodo importante della mia vita professionale, non volevo perdere il ricordo. Così ho deciso di scrivere un nuovo libro».Oggi Luciano Violante riconosce: non avevamo capito niente. Com’è possibile?«Fino ad allora nessuno aveva costruito una forza politica, un partito, come fosse una libreria componibile dell’Ikea. Certo, scrivevamo decine di articoli sul fatto che quelli di Forza Italia dovevano vestirsi in un certo modo. Sul kit del candidato che veniva consegnato a tutti gli ”azzurri” il 6 febbraio del 1994, quando si svolse alla Fiera di Roma il primo comizio della campagna elettorale di Berlusconi. Abbiamo sparso anche molta ironia in quei pezzi».La libreria Ikea si è rivelata vincente?«Berlusconi non aveva alternativa. C’era troppo poco tempo per mettere assieme un partito nuovo. Doveva organizzare qualcosa che reggesse agli occhi degli elettori. Proprio come una libreria Ikea. Che ti viene venduta con delle istruzioni precise. Se tu vuoi montarla senza seguirle, verrà fuori tutta storta».Faccia un testacoda tra passato e presente: il Pdl, oggi, assomiglia a un partito vecchio stampo?«No, non posso dire che assomiglia a un partito come quelli della Prima Repubblica. Nasce dalla fusione di un movimento che ruota attorno a un uomo solo, Forza Italia, con un partito strutturato come An. Già questo è insolito».Com’è insolita la politica oggi in Italia...«Io credo che la politica sarà sempre più coinvolgimento degli elettori attraverso Internet. O attraverso certi personaggi simbolo delle diverse province d’Italia. No, non credo proprio che si ritornerà a puntare su un organizzazione partitica strutturata in sezioni».Da lei intervistato, Paolo Mieli dice: »Se nel 1994 Berlusconi non avesse vinto sarebbe stato un pasticcio».«Credo che volesse dire: se il centrosinistra avesse vinto, avrebbe avuto grossi problemi a governare. Difficoltà che si sono puntualmente presentate quando Prodi ha battuto Berlusconi. Prendiamo un episodio: Berlusconi si è fatto disarcionare, nel dicembre del 1994, dal ribaltone della Lega Nord, che è uscita dalla maggioranza. Da allora, però, scherzetti del genere non se li è fatti fare più. Il centrosinistra, al contrario, è caduto sempre per sgambetti interni alla maggioranza».Lei dice: Berlusconi aveva promesso di affrontare subito i tre punti nodali tasse-pensioni-giustizia. Solo promesse?«Delle tasse non si parla più, anche perché la crisi economica impedisce proprio di affrontare il tema della riduzione delle tasse. E poi, le teorie che piacevano tanto al Berlusconi del ’94 e al ministro Martino, come quelle dell’economista americano Milton Friedman, sono state spazzate via».E le pensioni, la giustizia?«Quindici anni dopo, il tema delle pensioni è ancora caldissimo. E rientra nell’immobilismo di questo Paese, che non riesce mai ad affrontare un problema per risolverlo rapidamente. Lo stesso posso dire per la giustizia. Nel 1998 ho condotto un programma tivù intitolato ”Salomone” in cui segnalavo i ritardi nei processi. Sono passati più di dieci anni e nulla è cambiato».Neanche un manager può cambiare l’Italia?«Qualcuno dice che, in certi casi, la lentezza italiana è un vantaggio. Per esempio, la prudenza delle nostre banche ha messo al riparo almeno una parte di esse da un’avventura finanziaria che è stata devastante soprattutto in America. Però, se non si riesce per decenni a varare delle riforme vitali per un Paese come il nostro, allora è il momento di farsi delle domande. Anche se sono imbarazzanti».Giornalista di un grande quotidiano come il ”Corriere” e mamma: una vita infernale?«Volevo raccontare la politica, e mi è capitato di poter seguire per il ”Corriere” una fase molto interessante nella storia dell’Italia. Però ero anche mamma di una bambina piccola, con uno stipendio normale da giornalista. E non c’era mai tregua»Una vita da single senza essere single?«Sere, domeniche, giorni di festa: ero sempre in movimento. Non potevo certo telefonare al caporedattore e dire: ”Oggi non posso seguire Berlusconi perché ho un problema a casa”».Se potesse tornare indietro?«Gestirei la parte familiare in maniera diversa. Anche se, con un direttore come Paolo Mieli che non andava mai in vacanza...».Cosa pensa sua figlia dei giornalisti?«Adesso ha 24 anni e dice che non vorrebbe mai fare il mestiere a cui io ho dedicato tanto».


Estradato dagli Usa il boia della Risiera
Ivan Demjanjuk, 88 anni, sarà processato in Germania: era scampato alla forca

TRIESTE È stato cacciato dagli Stati Uniti e sarà consegnato lunedì alle autorità giudiziarie di Monaco di Baviera, John Ivan Demjanjuk, 88 anni, il boia del campo di sterminio nazista di Sobibor la cui inquietante presenza era stata segnalata anche nella Risiera di San Sabba a Trieste. I giudici del capoluogo bavarese lo accusano dello sterminio di 29 mila ebrei e intendono processarlo al più presto nonostante le pietose condizioni in cui l’anziano operaio è stato ridotto dalla leucemia. Demjanjuk, ex operaio metalmeccanico negli stabilimenti della Ford di Cleveland, è stato privato per la seconda volta della cittadinanza americana acquisita per la prima volta nel 1958 e sarà caricato domenica a bordo di un aereo.


ETICA MINIMA
STIAMO TORNANDO ANALFABETI di PIER ALDO ROVATTI

Gli italiani hanno davvero imparato a leggere e scrivere? Le risposte storico-sociologiche sembrano confortanti. Ci sono voluti molti decenni dall’Unità d’Italia per superare un pesante handicap, ma oggi possiamo tranquillamente verificare che differenze e ritardi sono stati colmati e che l’italiano medio sa leggere e scrivere, anche se restano problemi di scolarizzazione e alcune sacche buie. Tutto bene, allora? No. Infatti, se guardiamo con occhi meno superficiali, il quadro cambia e la parola analfabetismo riaffiora.L’italiano medio scrive male e a fatica: non ha abitudine alla scrittura, che la scuola penalizza relegandola al margine, al punto che se questo italiano arriva all’università porta con sé un’esperienza desolatamente limitata. Ha compitato qualche tema scolastico, qualche riassunto, e per conto suo qualche lettera privata. Non ha un’idea di cosa significhi scrivere e quasi nessuna pratica. Insomma, scrive ma non sa scrivere. È dubbio che la pratica degli sms, oggi diffusa, glielo abbia insegnato, e anzi sembra più facile pensare che lo abbia allontanato dalla scrittura.Basta metterlo alla prova. Cosa che l’università evita quasi sempre, non solo nelle facoltà tecnico-scientifiche ma anche in quelle umanistiche. Le occasioni di scrittura sono ridotte al minimo, se si fa l’eccezione dei cosiddetti appunti. Il fatto che nelle nostre università una discreta parte dei docenti, del pari, siano riluttanti alla scrittura (e qualche volta penino perfino a mettere insieme un programma d’esame), la dice lunga sulla situazione generale.Così, l’italiano medio arriva all’età adulta, entra nel mondo del lavoro (se ha fortuna) e nella cosiddetta vita sociale con un gap assai evidente quanto alla scrittura. E anche chi ci entra dalla porta principale e riesce ad acquisire una condizione favorevole per reddito e prestigio, spesso fa molta fatica a scrivere una lettera decente o a stendere un comunicato chiaro e comprensibile (non dico godibile), e non è raro che allora si rivolga a qualcuno, ritenuto affidabile: politici, dirigenti d’azienda (rettori di università non esclusi), imprenditori, nessun ruolo fa eccezione. La relativa scomparsa della carta, a vantaggio della comunicazione elettronica standardizzata, completa l’opera. È un vero disastro per la povera scrittura.Ma, almeno, tutti sanno leggere. Davvero? E se fosse qui, dove meno ce lo aspettiamo, il bubbone più grave? A livello elementare sappiamo riconoscere lettere e parole, ma la lettura è ben altro. Chiede attenzione, una certa lentezza, riflessione. Tutte caratteristiche che stanno subendo un evidente degrado, sostituite da disattenzione, rapidità, automatismo. Siamo entrati ormai in un’epoca in cui il valore massimo è la fretta. Non abbiamo tempo e allora saltiamo le pagine, oppure riduciamo ogni pagina a qualche riga. Accade quando leggiamo un articolo di giornale (dove spesso ci basta il titolo), quando siamo alle prese con un documento e perfino quando ci rilassiamo con un romanzo. (Alzi la mano un mio collega che legge una tesi di laurea riga per riga.)Risultato: non c’è ascolto verso la pagina scritta, e stiamo tutti disabituandoci alla lettura, come in una specie di analfabetismo di ritorno. E non c’è bisogno di ricordare che per imparare a scrivere occorre saper leggere.Concludo riferendomi alle recenti esternazioni di Alessandro Baricco (uno che sa scrivere) a proposito dei denari pubblici da destinare alla cultura, e soprattutto a un aspetto curioso della sua replica ai critici (sul quotidiano “La Repubblica”). Avete letto solo le prime righe – dice Baricco – e non tutto il resto, perché eravate troppo occupati con la vostra playstation. Per favore, staccatevi un momento dalla playstation! Condivido pienamente. Nessuno più legge perché nessuno stacca la mente da ciò che sta facendo (playstation è una provocazione) e in cui resta immerso anche durante la lettura.


Picchia l’arbitro a fine partita Studente squalificato tre anni di MATTEO CONTESSA

TRIESTE Un momento di follia verso la fine di un incontro di calcio fra scuole superiori valevole per i Giochi sportivi studenteschi, un’aggressione all’arbitro apparentemente sproporzionata alla causa scatenante (se mai ce ne fosse una che rendesse proporzionato un atto di violenza fisica). Morale della favola: 3 anni tondi tondi di squalifica, una carriera macchiata prima ancora di cominciare.La sanzione del giudice sportivo si è abbattuta su A.D.V., studente dell’Ipsia Galvani di Campanelle. Una sanzione pesantissima, ma inevitabile visto l’accaduto. Ciò che però sconcerta e fa riflettere è l’aberrazione assolutamente gratuita in una situazione banale; e dunque, fondamentalmente, la mancanza di rispetto per l’altro. Ma qui si finisce sul piano inclinato dei valori etici e delle loro deviazioni,Il fatto: si era al 33’ della ripresa della sfida contro il liceo scientifico Galilei del 18 febbraio scorso, il pallone era finito in fallo laterale e A.D.V., con la maglia numero 9 del Galvani, ha iniziato dapprima a inveire platealmente e pesantemente contro l’arbitro, agitando nervosamente le braccia. Quando il direttore di gara gli ha mostrato il secondo cartellino giallo e stava per estrarre il rosso, il centravanti ha perso la testa, gli si è avvicinato minacciandolo, lo ha spintonato energicamente e alla fine gli ha rifilato un ceffone sulla guancia destra, facendola sanguinare. Sono dovuti intervenire alcuni avversari e il suo insegnante per bloccarlo, perchè lui non aveva nessuna intenzione di fermarsi lì. Il direttore di gara a quel punto ha interrotto definitivamente la partita e se n’è tornato negli spogliatoi, mentre A.D.V. continuava a inveirgli contro in maniera scurrile e tentava di divincolarsi dalla presa di chi lo tratteneva per completare l’opera appena cominciata. In merito alla vicenda registriamo le dichiarazioni piuttosto seccate della preside del Galvani, Pasqualina Mocciaro: «Non voglio assolutamente rilasciare dichiarazioni in merito, si tratta della privacy di un minorenne e non rivelo se ci siano stati o meno interventi disciplinari da parte nostra. La scuola comunque non c'entra niente». Ma il ragazzo (17 anni e mezzo d’età) stava giocando con la maglia della scuola in una partita ufficiale dei Giochi studenteschi. E poi, a dirla tutta, la privacy non è una coperta elastica buona a coprire tutto, anche le malefatte. Ma tant’è...La pesante sanzione comminata all’attaccante del Galvani direttamente dal giudice sportivo della Federcalcio ha invece un’altra motivazione: A.D.V. è infatti un tesserato del Domio e come tale sottoposto alle regole disciplinari del calcio. «Ma con la nostra società il ragazzo da un paio d’anni non ha più alcun rapporto - spiega il presidente del Domio, Antonio Bianco - è sparito completamente dalla circolazione senza darci più notizie. In tutto questo periodo non ci ha mai chiesto lo svincolo e dunque è rimasto tesserato per noi, ma sarà nostra cura interrompere il rapporto, non appena inizierà il periodo riservato allo svincolo d’ufficio».Anche Bianco è restìo a parlare della vicenda. «Non voglio commentare, per noi la notizia della squalifica è stata un fulmine a ciel sereno. Prima di lasciar perdere, il ragazzo aveva giocato con noi per alcuni anni e aveva un comportamento del tutto normale, in linea con quelli di tutti gli altri ragazzini. Dev’essersi trattato della follia di un momento e nient’altro, ma chissà per quale motivo». (Ha collaborato Elisa Lenarduzzi)

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